BOLOGNA, 15 GIU – Tre agenti di polizia penitenziaria sono accusati a Ferrara del reato di tortura per aver fatto spogliare e picchiato in cella un detenuto. Per loro la Procura ferrarese ha chiesto il rinvio a giudizio e l’udienza preliminare è fissata per il 9 luglio.
La vittima, riportano i quotidiani locali, è in carcere per omicidio. I fatti risalgono al 30 settembre, dopo di che l’uomo è stato trasferito a Reggio Emilia. Secondo il pm Isabella Cavallari, in occasione di una perquisizione, è stato oggetto di “trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”: è stato fatto denudare e inginocchiare e in quella posizione percosso, anche con un oggetto di metallo, quindi lasciato lì fino a quando non l’ha notato il medico del carcere. Due agenti sono accusati anche di falso e calunnia, per i rapporti sulla vicenda. Il detenuto ha avuto una prognosi di 15 giorni.
Imputata anche un’infermiera del carcere, per false attestazioni.
Archivio mensile:Giugno 2020
Ancora violenza sbirresca su un rider a Milano.
Un rider pendolare, sabato 13 giugno, non è potuto salire con la sua bicicletta su un treno di Trenord per tornare a casa. Quando si è ribellato Emma è stato portato in Questura, dove è stato trattenuto per più di 6 ore, interrogato, intimidito e picchiato con calci e pugni lungo tutto il corpo. Calci nelle parti intime, botte sulla schiena, sulle gambe (un rider ci lavora con le gambe), sulle braccia.
Ne parliamo con il collettivo Deliverance Milano da Radio Onda Rossa
Pietro, Diego e Fabiano arrestati e processati per una birra! Miserabili sbirri, giù le mani dai compagni! Solidarietà da SRP
Ieri sera una quantità indescrivibile di agenti si è infilata in una delle vie più frequentate della “movida” napoletana, tra via Mezzocannone e piazza Bellini. Per chi non conosce Napoli, siamo in piena zona universitaria, come San Lorenzo a Roma o piazza Verdi a Bologna.
Ma i poliziotti puntano dritti su tre giovani attivisti del centro sociale “Mezzocannone occupato”. Due hanno con sé i documenti, il terzo li ha dimenticati a casa. Tanto basta per dare il via a un delirio esagitato che trasforma quella che avrebbe dovuto essere una banale “opera di dissuasione dagli assembramenti” – il coronavirus gira ancora, anche se al Sud meno che altrove – in una scena simil-Minneapolis.
Il video chiarisce al di là di ogni dubbio che gli agenti sono “schizzati” e rischiano di far esplodere una rivolta per pura incapacità a capire dove stanno e perché, soprattutto, ci stanno.
I tre ragazzi fermati senza motivi sono stati poi addirittura trasferiti in carcere nella notte. In un comunicato sulla propria pagina facebook il gruppo “Mezzocannone Occupato” annuncia: “Quanto accaduto al centro storico di Napoli ci racconta ancora una volta di un episodio di violenza ingiustificata da parte delle forze dell’ordine, a farne le spese sono stati tre giovani ragazzi che non avevano colpa alcuna se non quella di stare bevendo una birra in una piazza della loro città. Stamattina saremo per le strade del centro storico per volantinare e per raccontare a tutta la città quanto accaduto! Diciamo basta agli abusi in divisa!”.
Il questore Alessandro Giuliano, indifferente alla realtà e alle prove documentali, dirama una nota che in altri tempi sarebbe stata definiti una “favola nera”: “Gli operatori delle Volanti hanno gestito la situazione con equilibrio, a fronte di un inaccettabile comportamento aggressivo e minaccioso di decine di persone. Verranno svolte indagini per individuare i responsabili di queste condotte”. Promettendo insomma, se non verrà sostituito rapidamente, di far diventare Napoli teatro di una caccia al giovane in uscita serale.
Il centro sociale ‘Mezzocannone occupato’ riferisce su fb: “Tre nostri attivisti sono stati bloccati ingiustificatamente a Piazza Bellini. Segue il video che documenta gli abusi perpetrati dalle forze dell’ordine. Chiediamo a tutte e tutti di raggiungerci fuori la Questura per dire basta a qualsiasi forma di abuso in divisa”.
In alcuni video si sentono le urla di diversi presenti che chiedono di sapere il perché dell’azione delle cosiddette forze dell’ordine le quali fanno salire sulle auto alcune persone per condurle in Questura.
Si sente anche la voce di una giornalista che chiede con insistenza di conoscere i motivi dell’azione della polizia. Nessuna risposta, solo il “comportamento” che potete vedere…
Pietro, Diego e Fabiano sono stati portati a Poggioreale nonostante non abbiano fatto assolutamente nulla di grave.
Servirà una presa di parola forte, collettiva e plurale perché dietro questi assurdi arresti si cela la costruzione di una svolta autoritaria, militare e repressiva che qualcuno vorrebbe imporre alla nostra città.
La libertà di Pietro, Diego e Fabiano è la libertà di ognuno di noi.
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COMUNICATO MEZZOCANNONE OCCUPATO NAPOLI
APPUNTAMENTO LUNEDI 15 GIUGNO ALLE 19,30 A PIAZZA BELLINI, PER RICOSTRUIRE INSIEME LA VERITÀ SUI FATTI DI IERI SERA, PER SMENTIRE LE BUFALE DELLA STAMPA CHE IGNORA VOLONTARIAMENTE I VIDEO CHE STANNO GIRANDO E CHE RACCONTANO DI UN ABUSO IN PIENA REGOLA E SOPRATTUTTO PER RISPEDIRE AL MITTENTE OGNI ACCUSA E MISTIFICAZIONE.
Ieri sera a Piazza Bellini tre ragazzi, che sono anche tre attivisti storici di Insurgencia, sono stati fermati (e successivamente arrestati e portati in carcere) durante uno dei pattugliamenti delle forze dell’ordine nelle zone più affollate del centro storico. La colpa? Ancora ora, risulta incomprensibile.
Pare che la follia cui stiamo assistendo sia iniziata perché qualcuno, tra i controllati, non portava con sé il documento di identità, cosa che – ricordiamolo visto il numero di assurdità che siamo costretti a leggere in queste ore – non costituisce di per sé reato (in Italia è obbligatorio solo esplicitare le proprie generalità, non esibire immediatamente una loro certificazione). Questo pretesto ha dato la stura al solito atteggiamento provocatorio delle forze dell’ordine, di cui abbiamo avuto tante prove in questi mesi: complice lo stato d’emergenza sanitario, l’applicazione delle misure di prevenzione è stata spesso il pretesto per degli abusi ingiusitificabili (dal rider arrestato a Milano perché impossibilitato a tornare a casa, al giornalista messo in quarantena per il suo racconto del lockdown, all’infermiere multato per aver svolto prestazioni mediche di domenica).
La pubblica sicurezza, lo diciamo da settimane, non può diventare una retorica buona per trasformare la gestione dell’ordine in una pratica da far west. Crediamo che atteggiamenti arbitrari come quelli di ieri sera – che hanno il solo scopo di alimentare quelle narrazioni che vogliono gettare le responsabilità dell’attuale crisi sui cittadini – vadano stroncati sul nascere.
Da mesi tutti gli abitanti di Napoli fanno sacrifici immensi per tutelare la salute propria e quella dei propri cari: ora che, timidamente, la città riprende a respirare, non può essere soffocata dagli arbitri di una legge marziale non scritta, che diffonde il terrore tra la popolazione e revoca, in modo insensato, la libertà di chi, secondo qualcuno, si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Le forze dell’ordine, cioè, non possono diventare la mano militare di quelle forze reazionarie che vedono nell’emergenza sanitaria un’occasione per blindare la città di Napoli, impedendo ogni forma di socialità, di incontro, di vita in comune. Cosa che poi nel dibattito pubblico viene ridotta alla ridicola polemica sulla movida, anzi sulla “malamovida”, che cela in realtà l’interesse di una certa borghesia della Napoli bene, la stessa che ha avuto magari posto di potere durante le gestioni criminali dell’emergenza rifiuti dell’era Bassolino, la stessa che oggi organizzata in fantomatici comitati civici, in molto casi usa le proprie posizioni di potere per imporre le priorità nella gestione dell’ordine pubblico, con l’intento esplicito di svuotare le strade della città, imponendo ordine e disciplina in nome di un’idea repressiva di sicurezza.
Pretendiamo che i tre ragazzi arrestati vengano immediatamente rilasciati, e soprattutto pretendiamo che si scriva la parola fine alla stagione della strategia del terrore che qualcuno pensa sia arrivato il momento di aprire nella nostra città.
Stop abusi in divisa, libertà di movimento e diritto per tutte e tutti a vivere la nostra città.
AGGIORNAMENTI DOPO IL CORTEO E IL PRESIDIO DAVANTI LA QUESTURA:
VERSO IL 19 GIUGNO INSIEME CONTRO LA REPRESSIONE
OPERAIE IN ASSEMBLEA ALLA PORTINERIA MONTELLO SPA
CONTRO IL DIVIETO DI ASSEMBLEA IN FABBRICA ALLO SLAI COBAS SC
PERMESSA SOLO ALLA CONCILIANTE CGIL
E IN SOLIDARIETÀ AI LAVORATORI TNT CONTRO LE VIOLENTISSIME CARICHE DELLA POLIZIA DI STATO
Domenica 14 giugno (la fabbrica è a ciclo continuo) nelle assemblee già previste per far fronte ad un pesante piano di ristrutturazione che prevede anche un imminente uso della Cig Covid 19, le operaie che hanno partecipato hanno condiviso questi importanti punti:
- difendere tutti i posti di lavoro;
- no alla repressione, solidarietà agli operai TNT di Peschiera Borromeo attaccati durante lo sciopero per l’occupazione con pesanti cariche dalla polizia di Stato;
- difendere il diritto di assemblea in fabbrica, le assemblee servono ai lavoratori per decidere;
- impegno del gruppo già organizzato con lo Slai Cobas sc e dei suoi delegati per l’unità di lotta sugli interessi di classe con gli altri operai della fabbrica, che padrone e Cgil dividono attraverso le tessere sindacali e il tipo di contratto, cercando di metterli in concorrenza;
- pubblica denuncia del ruolo della Cgil che da sempre asseconda le scelte industriali di Montello, e usa il suo potere di manovra in azienda per bloccare le lotte ogni volta che ci sono rivendicazioni in fabbrica;
- preparare nuove iniziative di lotta per il 19 giugno, per i posti di lavoro, contro la repressione in fabbrica e di solidarietà ai lavoratori TNT.
Solidarietà ai compagni anarchici arrestati
“C’è il verificarsi di numerosi atti penalmente rilevanti che presentano diverse analogie con le condotte riferibili agli odierni indagati…. se non assurgono a grave indizio tuttavia rafforzano la concretezza del pericolo”.
Sono le parole con le quali il gip Anna Maria Gavoni ammette in pratica l’assenza dei gravi indizi necessari per la carcerazione preventiva, ma procede ugualmente ad arrestare.
Così la mattina del 12 giugno a Roma i carabinieri dei ROS irrompono con violenza in uno spazio occupato (il Bencivenga), perquisiscono abitazioni private e arrestano, con l’accusa di terrorismo e istigazione a delinquere, 7 compagne e compagni anarchici (5 in carcere e 2 ai domiciliari) nella cosiddetta operazione “Bialystok” (dal nome del libro dedicato agli anarchici russi all’inizio del XX Secolo).
Alle compagne e compagni arrestati sono addebitate soprattutto azioni di solidarietà con i compagni prigionieri, come i presidi davanti alle carceri di La Spezia e Teramo e le azioni creative a La Spezia per denunciare i pestaggi, da parte delle guardie di quel carcere, contro Paska, un altro compagno detenuto.
Sotto accusa quindi è ancora una volta la solidarietà ai prigionieri politici e ai detenuti rivoltosi e il “programma per portare avanti una conflittualità viva e accesa per avviare la fase dell’insurrezione” attraverso scritte, volantini, manifestazioni non autorizzate.
Si parla anche dell’incendio di alcune autovetture ENJOY, del gruppo ENI, e di un attentato esplosivo ad un commissariato dei carabinieri avvenuto il 7 dicembre 2017 in seguito al quale è stata avviata l’inchiesta che oggi, con il tempismo che ricorda quello dell’operazione “Ritrovo”, ha portato alla custodia cautelare in carcere di Claudio, Roberto, Flavia, Nico e Francesca (Paska e Daniele sono ai domiciliari).
“Da una prima lettura emergono clamorose lacune motivazionali in ordine alla sussistenza della finalità di terrorismo e l’incredibile distanza tra la gravita dei fatti contestati e la realtà” dice l’avvocato Eugenio Losco che assiste uno degli arrestati.
“Mi pare che l’accusa di associazione terroristica sia del tutto sovradimensionata rispetto alla tipologia di condotte contestate e attribuite agli indagati” spiega l’altro difensore, Ettore Grenci. I difensori ricorreranno al Riesame.
Gli arresti romani arrivano pochi giorni dopo il flop registrato dalla procura di Bologna. Anche lì 7 anarchici arrestati ma scarcerati dopo tre settimane dal Riesame per mancanza di elementi utili a giustificare i provvedimenti restrittivi. La logica degli arresti, le accuse che li sottendono, basate soprattutto sull’istigazione a delinquere, sembra quindi la stessa utilizzata a Bologna e giustificata da una “strategia di tipo preventivo”, per governare un problema politico ed economico in vista dello scoppio del prossimo bubbone della crisi capitalistica.
Ma intanto ti sbatto il mostro in prima pagina e in galera, mentre i veri mostri, i veri eversivi dell’ordine democratico, i responsabili delle morti in carcere, dei pestaggi e delle torture a seguito delle rivolte carcerarie (ma anche prima), se ne fregano della “costituzione” e dello “stato di diritto”. Uno stato che continua a sostenere menzogne, come una presunta regia anarco-mafiosa delle rivolte, per coprire le vere associazioni a delinquere dei suoi servi in divisa non è uno stato di diritto; così come non può essere considerato uno stato democratico quello che si inginocchia sui più deboli davanti ai più forti, sugli oppressi davanti agli oppressori, sugli antifa davanti a fascisti e razzisti, che ben sono rappresentati, ancora una volta, dalle sue forze dell’ordine e dalla polizia penitenziaria.
Ai compagni e alle compagne anarchic* arrestat* va la nostra piena solidarietà.
Respingiamo ogni tentativo di criminalizzare le pratiche attive di lotta sociale e anticarceraria
Contro il terrorismo di stato e padroni rilanciamo la solidarietà proletaria!
TUTTE E TUTTI LIBERI
Soccorso Rosso Proletario
14/06/2020
Per scrivere ai compagni in galera:
Nico Aurigemma
cc di Rieti viale maestri del lavoro 2
02100, Rieti (RI)
Francesca Cerrone
C.P.de Almeria-El Acebuche CTRA. cuevas-ubeda km2,5
04030, Almèria
Claudio Zaccone
CC di Siracusa, strada monasteri 20
96014, cavadonna, (SR)
Flavia Digiannantonio
C.C di Roma Rebibbia
via Bartolo Longo 72
00156, Roma
Roberto Cropo
Num ecrou : 1010197
Centre pénitentiaire
1 allée des thuyas
94261 Fresnes CEDEX
FRANCIA
Il carcere tortura di Santa Maria Capua Vetere va chiuso
Le guardie carcerarie, vili picchiatori e torturatori, vanno sospesi e allontanati
Il sindacato SAP è una vera associazione a delinquere fuori dallo stato di diritto e dalla costituzione, va sciolto
Il Ministro della giustizia Bonafede è responsabile oggettivo politicamente di quello che è successo a Santa Maria Capua Vetere e nelle altre carceri
Soccorso rosso proletario ha indetto una giornata di informazione il 19 giugno
invita al fronte unito tutte le forze che si occupano di carcere e repressione e chiede a tutti i compagni singoli o organizzati a dare una mano per far avanzare queste proposte e queste azioni
info srpitalia@gmail.com
Da Contropiano
Scoppia il bubbone di Santa Maria Capua Vetere, carcere da tortura
Da alcuni giorni il penitenziario di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) è al centro delle cronache per un susseguirsi di eventi che richiamano non solo la gestione autoritaria ed antisociale del sistema penale italiano ma, anche, uno “scontro” tra apparati dello Stato attorno a snodi significativi (la questione Giustizia) dell’agenda politica del nostro paese.
Ricapitoliamo, brevemente, i fatti:
nelle prime settimane dell’emergenza/Covid in molte carceri italiane ci sono state proteste e rivolte le quali sono state soffocate nel sangue e con un numero enorme di morti e di feriti. Come è tradizione della storia giudiziaria dell’Italia, ad una legittima preoccupazione da parte dei detenuti verso un pericolo di contagio sanitario di cui nulla si conosceva, e nei confronti di una diffusa collera per l’improvvisa abolizione di colloqui e contatti con le famiglie, lo Stato ha ritenuto di risolvere questa “complicazione” con l’uso massiccio della forza. A manganellate, insomma.
In quasi tutti gli istituti di pena italiani le proteste sono state risolte manu militari, con il placet del Ministero di Grazia e Giustizia e dell’intero governo, mentre gli strateghi della comunicazione hanno coperto immediatamente la mattanza, prima opacizzando e mistificando sulle ragioni di queste proteste e, subito dopo, rimuovendo totalmente dalle cronache quotidiane il grande numero di morti causato da tali modalità di intervento.
A Santa Maria Capua Vetere, il 6 aprile scorso, nell’ambito delle operazioni di “ripristino dell’ordine nel locale carcere” gli squadroni della Polizia Penitenziaria si sono scatenati nell’uso della repressione ed hanno prodotto un intervento violentissimo a base di teste fracassate, umiliazioni fisiche e psichiche di ogni tipo ed accertati episodi di vera e propria tortura verso la stragrande maggioranza dei detenuti.
Questo massacro è stato denunciato dai familiari dei detenuti e da alcune associazioni indipendenti, le quali hanno consegnato alla Procura della Repubblica video, registrazioni di telefonate ed altri seri elementi di prova che hanno configurato una mole di materiale accusatorio verso la gratuita e vigliacca violenza da parte della Polizia Penitenziaria.
Evidentemente tale raccolta di prove e testimonianze è stata talmente precisa e particolareggiata che la Procura ha dovuto aprire una inchiesta con 57 indagati.
Tre giorni fa 44 di questi “avvisi di garanzia” sono stati notificati dai Carabinieri agli agenti della Polizia Penitenziaria impegnati nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Continua a leggere
Contro la repressione delle lotte dei lavoratori una forte risposta
DAGLI OPERAI, DAI LAVORATORI DELLA SANITÀ, NELLA PIAZZA IN LOTTA CONTRO PADRONI E REGIONE LOMBARDIA, LA DENUNCIA E L’APPELLO ALLA LOTTA CONTRO LA REPRESSIONE – QUELLA BRUTALE DELLA POLIZIA DI STATO ALLA TNT, QUELLA DEI PADRONI DELLA SANITÀ CHE IMPONGONO CENSURE E DIVIETO DI PAROLE AI LAVORATORI
Diffuso in piazza un nuovo appello del PATTO D’AZIONE FRONTE UNITO ANTICAPITALISTA, ‘…per organizzare insieme nuove risposte di solidarietà ai lavoratori TNT e di lotta alla repressione, con la proposta di una giornata unitaria per il 19 giugno 2020.