solidarietà con i prigionieri politici baschi

Il 9 maggio scorso Patxi Ruiz, prigioniero politico basco, veniva convocato dal direttore del carcere di Murcia II e pesantemente minacciato di ritorsioni anche fisiche, con il pretesto della sua partecipazione attiva ad alcune proteste dei detenuti contro la gestione penitenziaria dell’emergenza covid. Per denunciare questi fatti, e più in generale per attaccare le condizioni di ricatto e minaccia sistematica a cui sono sottoposti i prigionieri politici, dal giorno seguente Patxi ha intrapreso un duro sciopero della sete (durato 12 giorni) e un lungo sciopero della fame, terminato settimana scorsa dopo più di 30 giorni di totale rifiuto del cibo.

In vista del corteo nazionale di sabato 27 giugno ad Irun, e in attesa che Patxi prenda parola direttamente sulla fine dello sciopero, abbiamo sentito Mario il Lungo, un “vecchio” compagno italiano, da più di 20 anni in Euskadi, attivo nel movimento pro-amnistia basco. Sarà lui a trarre per noi un bilancio delle mobilitazioni in sostegno alla lotta di Patxi e a raccontarci di come, dentro le carceri e per le strade, siano stati rotti gli schemi desolidarizzanti che il “processo di resa” vorrebbe imporre a tutto il popolo basco, con la complicità della sinistra istituzionale.

Dall’emergenza all’eccezione permanente. I rischi di un carcere bloccato nella Fase 2

Da Napolimonitor, un articolo dell’Avv. Luigi Romano

Le dichiarazioni del magistrato Nino Di Matteo, presidente dell’Associazione nazionale magistrati di Palermo, sulla presunta trattativa tra stato e mafia durante la rivolta al carcere di Salerno lo scorso 7 marzo, rappresentano un clamoroso tentativo – condiviso in queste settimane con alcune “correnti” vicine al mondo dell’antimafia – di riscrittura dei fatti che hanno riguardato le prigioni del paese durante i primi mesi dell’emergenza Coronavirus. La campagna mediatica ha coinvolto i principali quotidiani e periodici italiani, ma gli eventi andarono diversamente da come si prova ora a raccontarli. Appena ricevuta notizia della sollevazione, infatti, entrammo personalmente nel carcere di Fuorni insieme al Garante dei detenuti campano, per monitorare lo stato delle garanzie in quel frangente estremamente delicato. A differenza di quanto si è detto nei talkshow televisivi (sede attuale del dibattito sulla “questione penitenziaria”…) ci venne riferito che soltanto i detenuti comuni avevano preso parte alla sommossa, spaventati per la corsa inarrestabile dei contagi e per l’improvvisa interruzione dei colloqui con i familiari (notizia ricevuta dai telegiornali). Il famoso “papello” che secondo Di Matteo sarebbe prova della trattativa, conteneva la semplice richiesta di evitare trasferimenti punitivi. Quella notte invece, dopo l’intervento dei corpi antisommossa, furono trasferiti in tanti.

L’istituzione carceraria ha come caratteristica un tempo di assimilazione particolare rispetto alle trasformazioni del mondo esterno, dettata soprattutto da esigenze contenitive (come, quando, chi recludere). Mentre le nostre città si orientano verso la normalizzazione delle interazioni economiche e sociali seguendo prassi contraddittorie di “convivenza con il virus”, il carcere è ancora fermo alla Fase 2. L’ultima disciplina risale al decreto legge n. 29 del 10 maggio, e dispone il ripristino dei colloqui in presenza con i familiari a partire dal 18 maggio, attraverso ingressi in “forma contingentata” (due colloqui al mese) la cui gestione è affidata alle direzioni degli istituti, di concerto con le autorità sanitarie. Il processo di ristrutturazione dell’istituzione penitenziaria che in questi giorni ha portato alla nuova nomina di Petralia (altro pubblico ministero) alla guida del Dap, ha sicuramente influito sulla lentezza dei processi decisionali. All’inizio dell’estate i colloqui in presenza sono ancora pochissimi e la ripresa delle attività trattamentali è ancora lontana. Di fatto in carcere entra quasi esclusivamente il personale in divisa.

Nel frattempo, la chiusura delle indagini per la mattanza di Santa Maria Capua Vetere, con cinquantasette indagati tra gli agenti in servizio, ha provocato la scontata reazione dei sindacati autonomi di polizia penitenziaria: “Non siamo né picchiatori né torturatori, ma garantiamo la sicurezza nelle carceri italiane, e lo facciamo nell’esclusivo interesse dei cittadini”, è stata la flebile linea di difesa di sei sigle riunitesi compatte, assecondata dai partiti e dai gruppi parlamentari di destra. Continue reading

Carcere di Sulmona ancora senza colloqui, ma con l’esercito inviato da un mese a vigilare all’esterno del penitenziario

Lo ha comunicato Mauro Nardella, segretario territoriale della Uil-Pa, soddisfatto per la novità che garantirà il potenziamento della sicurezza e una utile simbiosi tra esercito e polizia penitenziaria: “Il servizio di vigilanza esterna agli istituti penitenziari, detta Veip, darà un consistente sostegno a realtà penitenziarie che ospitano detenuti tra i più pericolosi d’Italia”. Continue reading

Lo stato reprime, la valle resiste. Il saluto di Nicoletta Dosio agli arresti domiciliari

La lotta NO TAV si rimette in cammino lungo i sentieri della Clarea. Da giorni arrivavano scampoli di notizie su un’imminente ripresa dei lavori. Da tempo materiali si andavano ammassando oltre le reti, lungo il torrente, ai piedi dei piloni autostradali. Intanto in Valle aumentavano i controlli; gli alberghi collaborazionisti si preparavano ad ospitare le truppe, ogni mattina si sentiva il rombo dell’elicottero che saliva da Torino.

Ieri il movimento NO TAV si è ritrovato a Giaglione e si è messo in marcia. E’ nato il presidio permanente ai Mulini di Clarea. Le foto ci raccontano la bella giornata di sole, la costruzione delle barricate, l’allegria che accompagna la vita anche nei momenti più duri, quando si attende e si sa che il difficile sta per venire, ma si è anche consapevoli che, nonostante tutto, non si può disilludere un sogno ed abdicare al senso di responsabilità verso il futuro

Sono arrivati, di notte, come sempre. Hanno circondato il presidio, alzato barriere sui sentieri, ma non sono ancora riusciti a piegare i resistenti, alcuni saliti sugli alberi, altri sui tetti dei mulini, qualcuno incatenato ai cancelli. Le bandiere NO TAV garriscono con le rondini, al vento della Clarea.

In Valle volano incessanti le notizie, gli appuntamenti del fare concretamente, gli appelli alle realtà solidali: come sempre si deve partire insieme, con una risposta che sia di tutti e per tutti.

La rabbia è tanta: si può che provare odio per i lobbisti che, rinchiusi nel Palazzo, continuano a presentare come pubblica utilità la devastazione sociale e ambientale legata a questa e alle altre Grandi Opere, inutili, costosissime, mortali.

Questo è il CuraItalia messo in piedi dalla folle bulimia dei nostri nemici di sempre che siedono nelle istituzioni e non rinunciano a trasformare in oro per i loro forzieri aria, acqua, suolo, salute, cultura, bellezza…e la memoria del passato, la vita del presente, la speranza del futuro di tutti.

Care compagne, cari compagni, per la prima volta non sono con voi nei luoghi della resistenza. Questi arresti domiciliari mi pesano insopportabilmente e più che mai in questi momenti, quando tutte e tutti sarebbero indispensabili, anche chi come me ha ormai poco da dare in forza fisica…ma il cuore è vivo e batte il ritmo della lotta….

Nicoletta

Udine presidio solidale al carcere sabato 27 giugno h14,30

Assemblea contro il carcere e la repressione

organizza
SABATO 27 GIUGNO
dalle ore 14.30
in Via Ragusa a Udine
PRESIDIO SOLIDALE CON I DETENUTI
SOTTO LE MURA DEL CARCERE DI UDINE
In continuità con il presidio che si è tenuto giovedì 11 giugno di fronte alla Direzione del Distretto Sanitario di Udine per protestare contro la condizione igienico-sanitaria del carcere di Via Spalato, segnalata più volte da dentro e per coinvolgere in questa protesta le/gli utenti del sistema sanitario.
DIFFONDI!!   PARTECIPA!!
allegato il volantino
Per contatti:
Associazione Senza Sbarre
Casella Postale 129 – Trieste centro – 34121 Trieste

soccorso rosso proletario appoggia la richiesta e parteciperà alle iniziative

La necessità dell’amnistia sociale

Sono quasi cinquantaquattromila le persone private della libertà che affollano le carceri italiane. Cinquantaquattromila persone costrette a spartire celle già anguste con migliaia di persone in più rispetto alla loro capienza regolamentare, determinando un sovraffollamento che impone una forzata prossimità e che annulla di fatto il rispetto di quella dignità umana che di diritto dovrebbe competere a chiunque.

In questi giorni in cui un’emergenza sanitaria ci impone il confronto con la vulnerabilità dei nostri corpi, dopo aver vissuto le nostre abitazioni come luoghi di reclusione forzosi, non possiamo non rimettere al centro di un ragionamento politico all’altezza della fase chi vive una vulnerabilità e una reclusione più assoluta e disperante: quella di decine di migliaia di persone il cui diritto alla incolumità e alla salute è stato negato, salvo qualche debole misura scarcerativa applicabile solo ad un numero esiguo di reclusi, dal decreto “Cura Italia”.

Ma se ieri si è voluta ignorare l’urgenza delle problematiche carcerarie, l’emergenza di oggi rende indifferibile la necessità di una soluzione. Continue reading

Verità e giustizia per Sasà. Solidarietà del soccorso rosso proletario

Gli amici di Sasà, l”attore’ morto durante le rivolte in carcere, vogliono sapere cos’è successo

” Noi amici teatranti di Sasà siamo tanti e siamo indignati e chiederemo a gran voce che si faccia un po’ di luce nel buio di quelle notti della democrazia, del diritto, della dignità, della Costituzione”.

Ha interpretato Pinocchio, il ‘vecchietto’ del ‘Rovescio e diritto’ di Camus, veniva anche pagato per recitare nella compagnia del teatro del carcere di Bollate che si è esibita sui palcoscenici italiani più importanti.

Salvatore Cuono Piscitelli aveva 40 anni, era una delle 13 persone detenute, lui per furto e utilizzo di una carta di credito rubata, che, tra l’8 e il 10 marzo, hanno perso la vita durante le rivolte scoppiate in tutta Italia, provocate anche dalla compressione del diritto di colloquio durante la fase più acuta della pandemia. I suoi amici teatranti dell’istituto di Bollate hanno saputo solo da pochi giorni che tra quei morti, per molte settimane rimasti senza nome, i loro corpi cremati subito dopo le autopsie, c’era l’uomo che per loro era solo ‘Sasà’. E ora, assieme alla nipote Rosa di 22 anni, hanno delle richieste da fare, affidate all’avvocato Antonella Calcaterra: “Vogliamo sapere cos’è successo – spiega all’AGI Michelina Cappato che del progetto ‘Teatrodentro’, poi terminato per mancanza di fondi, di era tra gli animatori – le poche notizie trapelate dicono che, dopo le proteste e come centinaia di altri, è stato trasferito da Modena, dove era recluso, ad Ascoli, ma ad Ascoli non è arrivato vivo. Noi amici teatranti di Sasà siamo tanti e siamo indignati e chiederemo a gran voce che si faccia un po’ di luce nel buio di quelle notti della democrazia, del diritto, della dignità, della Costituzione”. Continue reading