Archivio mensile:Maggio 2020
Verso il 19 giugno, per una mobilitazione nazionale contro carcere e repressione.
Se l’emergenza covid passa, restano, anzi, aumentano le leggi e i provvedimenti liberticidi. Ai vari decreti e pacchetti sicurezza si aggiungono misure emergenziali, sanzioni e controllo sociale sempre più capillare, dpcm per imporre il distanziamento sociale dalle lotte e l’assembramento sociale per il profitto dei padroni.
Sulla repressione delle lotte proletarie, con l’attacco preventivo al diritto di sciopero in occasione della giornata internazionale delle donne, di manifestazione e di organizzazione sindacale e politica, la borghesia si è organizzata invece per cancellare ogni forma di libertà di espressione, militarizzando ogni aspetto della vita sociale.
Ogni manifestazione di dissenso viene immediatamente punita, sia attraverso multe comminate a proletari già sfiniti dall’isolamento emergenziale e dalla mancanza di un salario, sia utilizzando l’arresto ed il carcere per punire la solidarietà proletaria.
Il diritto alla salute, preso a pretesto per governare il lockdown, lascia ora il posto all’unico diritto che si è inteso e s’intende tutelare, quello della sicurezza dei padroni, perché primario deve essere solo “lavorare per produrre profitto”.
Non si contano così le sanzioni, i licenziamenti punitivi su lavoratrici e lavoratori che si sono rifiutati di lavorare in condizioni di insicurezza, o che hanno osato solo denunciare la mancanza di dpi sul luogo di lavoro; le cariche, il controllo militare, la repressione poliziesca delle lotte operaie e sindacali, sulle manifestazioni e scioperi di lavoratori, disoccupati, migranti, pur se effettuate rispettando le regole sul distanziamento sociale e l’uso delle mascherine; i divieti assurdi, le misure “cautelari” imposte a lavoratrici e lavoratori precari, denunciati per aver difeso lavoratrici e lavoratori sfruttati, come successo a Bologna per le maschere bianche, con accuse gravissime, come tentata estorsione, diffamazione ecc.
Ma la repressione padronale delle lotte proletarie è andata ben oltre i limiti della cosiddetta “legalità”, con vere e proprie aggressioni criminali ai danni di lavoratori ribelli e delegati dei sindacati di base e di classe (ultimi esempi, l’episodio del bracciante di Terracina, picchiato e licenziato perché chiedeva una mascherina, oppure quello di Francesco Masella, delegato Slai Cobas s.c., vigliaccamente aggredito perché pretendeva il rispetto dei diritti dei lavoratori).
E anche sulla repressione prettamente politica ci sarebbe e c’è molto altro da dire, ma su questo ci viene incontro, ancora una volta, la procura di Bologna, che avvalora l’arresto di 12 compagne e compagni, accusati di associazione sovversiva, con la « strategica valenza preventiva, volta ad evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturiti dalla particolare descritta situazione emergenziale, possano insediarsi altri momenti di più generale “campagna di lotta antistato” oggetto del citato programma criminoso di matrice anarchica, in quanto gli indagati avrebbero partecipato negli ultimi mesi di lockdown a sit-in e proteste in favore delle rivolte nelle carceri per il rischio coronavirus».
Ed è nelle carceri, lì dove il conflitto è esploso con maggiore radicalità, che si è abbattuta con maggior virulenza la repressione, causando il massacro di almeno 14 persone, torture, pestaggi, riduzione alla fame, umiliazioni, trasferimenti punitivi e ulteriore aggravamento delle già tragiche condizioni sanitarie e di sovraffollamento, che hanno favorito il diffondersi dell’epidemia nel silenzio più totale.
La legittima lotta dei detenuti per il diritto alla cura e all’affettività, per una vita dignitosa, la richiesta di amnistia/indulto sono stati soffocati nel sangue, nell’isolamento, nella desolidarizzazione e nella disinformazione, senza nessuno dei minimi benefici indicati nei Dpcm per l’emergenza coronavirus. Lo scatto di dignità, che le rivolte hanno restituito a quella discarica sociale chiamata carcere, affossato sempre dalla stessa arma, quella della paura.
Se 50 anni fa, in una fase storica di lotte di classe molto diversa dall’attuale, la controrivoluzione preventiva generava le carceri speciali, usava le bombe fasciste/di stato e istituiva il regime differenziato per disciplinare il conflitto sociale che dalle fabbriche esplodeva alle piazze, ai quartieri, alle carceri; dal lockdown in poi sembra che l’onda securitaria riparta proprio da lì, dalle carceri, da dove i detenuti del popolo, in gran parte immigrati, si sono ribellati alla condizione di ostaggi sacrificabili sull’altare della sicurezza nazionale per riversarsi fuori dalle gabbie e contaminare, con la giusta ribellione, il proletariato fuori. Ecco quindi la borghesia agitare lo spauracchio della paura nelle scarcerazioni facili, di una presunta regia mafiosa dietro le rivolte, quando i veri mafiosi sono tutti fuori ai posti di comando e continuano ad estorcere, anche senza lupara, denaro e disciplina ad un proletariato impoverito e impaurito. La logica è sempre la stessa, quella della paura, del terrorismo padronale.
Ma la paura è un asso nella manica che anche i proletari devono cominciare a vedere nelle proprie mani, per capire la propria forza, recuperare agibilità politica e sindacale, contrastare in maniera efficace le politiche di macelleria sociale in atto e in preparazione di questo marcio sistema capitalistico e lottare in tutti i campi in una prospettiva rivoluzionaria per il potere proletario.
E la lotta, a 360°, che si impone, non può prescindere da una mobilitazione specifica, unitaria e organizzata contro il carcere e la repressione sociale e politica, quali strumenti di controllo del sistema borghese sul proletariato. Non può prescindere dalla solidarietà di classe e militante nei confronti di tutti i prigionieri politici e dei proletari ribelli detenuti nelle carceri dell’imperialismo.
Per questo proponiamo di costruire per il 19 giugno, giornata di solidarietà internazionale con i prigionieri rivoluzionari, una mobilitazione nazionale contro carcere e repressione.
Soccorso rosso proletario
24 maggio 2020
Bologna – Nuovo corteo il 30 maggio alle ore 17
Immagine
Modena, rivolta in carcere – la Polizia Penitenziaria denunciata per presunti pestaggi
Proseguono avvolte nel massimo riserbo le indagini sulla rivolta che lo scorso 8 marzo ha causato nove vittime fra i detenuti del carcere di Sant’Anna e la distruzione di una porzione consistente della strutttura. Complice anche l’emergenza sanitaria, sull’intera drammatica vicenda è calato un silenzio difficile da squarciare.
Come noto la Procura ha delegato la Squadra Mobile di Modena ad investigare sulla dinamica dei fatti, sull’assalto all’infermeria, i danneggiamenti, le violenze e soprattutto le morti di 5 detenuti all’interno delle celle, per i quali il primo informale riscontro autoptico ha suggerito una morte per overdose da farmaci. Ancora più complessa l’inchiesta sui carcerati, altri 4, morti durante e dopo il traporto verso altri penitenziari.
In questo quadro di ancora assoluta incertezza, nella giornata di ieri la Gazzetta di Modena ha reso noto che due detenuti hanno presentato esposti in Procura sui presunti atti di violenza compiuti dalla Polizia Penitenziaria durante gli scontri: chi ha denunciato sostiene di aver assistito a pestaggi nei confronti di persone che non avevano preso parte in maniera attiva alla rivolta, a seguito del blitz che lentamente e faticosamente ha riportato la calma nella struttura.
BRT SEDRIANO – ESERCITO E CARABINIERI ENTRANO NELL’ASSEMBLEA DEI LAVORATORI – Forte solidarietà
Alcune info sulle mobilitazioni sotto i carceri di Bologna e Alessandria in solidarietà di compagne e compagni colpiti dalla repressione, contro arresti e divieti di dimora
23 maggio a Napoli: violenze e calunnie della polizia contro lavoratori e disoccupati in lotta
Napoli: cariche contro il corteo dei lavoratori
Riprendiamo da infoaut ed esprimiamo la massima solidarietà a lavoratori/lavoratrici/disoccupat* caricati dalla polizia.
Questo pomeriggio a Napoli una piazza di centinaia tra lavoratori e lavoratrici, disoccupate e disoccupati, abitanti in lotta dei territori, attivisti delle spese solidali è uscito per le strade della città.
Decine di vertenze si sono incontrate a piazza Dante per poi muoversi in corteo verso i palazzi istituzionali dopo le mancate promesse verso le cassintegrazioni in ritardo agli operai, l’assenza di sostegni al reddito per i disoccupati, e tutti i numerosi problemi che affliggono questa città nell’emergenza post Covid.
La piazza è partita distanziata e con le misure di sicurezza sanitaria applicate da tutti i partecipanti, fin quando una volta mossi in corteo la Questura di Napoli ha voluto mostrate i muscoli nello stoppare centinaia di persone in movimento verso il Comune.
Sorpassato lo sbarramento celerini e polizia hanno ben pensato di provocare il corteo con manganellate alle persone di passaggio verso la piazza, trovando però la determinata resistenza dell’intero corteo.
Vogliono utilizzare l’emergenza sanitaria per il fine politico del controllo, dell’impoverimento, nell’unico obiettivo di permettere la ripresa dell’accumulazione dei profitti sulla nostra miseria e salute.
Questa crisi è vostra e non la pagheremo! Non un passo indietro, questa è la nostra fase2.
Ecco la verità
Una doverosa risposta alle calunnie a mezzo stampa del capo della polizia Gabrielli.
Come realtà promotrici della manifestazione a Piazza Dante di sabato 23 maggio, riteniamo opportuno stigmatizzare e smentire categoricamente le dichiarazioni del capo della polizia Franco Gabrielli in merito agli incidenti avvenuti all’angolo di via Roma.
La manifestazione a piazza Dante infatti, come riconosce lo stesso Gabrielli, era stata regolarmente autorizzata dalla Questura. Come organizzatori ci siamo fatti carico di seguire scrupolosamente la procedura burocratica, e di nostra iniziativa ci siamo finanche recati mercoledì scorso in Questura per far presente che, dato il silenzio delle istituzioni sulle vertenze da noi rappresentate, ritenevamo necessario concordare una modalità per permettere ai manifestanti di spostarsi verso piazza Municipio, dichiarandoci disponibili a muoverci alla “spicciolata” attraverso i marciapiedi e nel pieno rispetto delle distanze di sicurezza.
In quell’occasione, i vertici della Digos, nel precisare che il DPCM Rilancio confermava il divieto di indire cortei, dichiaravano che non vi era alcun problema a consentire lo spostamento di persone attraverso marciapiedi e zone pedonali, precisando altresì che “nessuna autorità può ledere il diritto individuale a spostarsi liberamente”.
Durante il presidio abbiamo invece constatato che la Questura aveva completamente sigillato il varco d’accesso a via Toledo, ivi compresi i marciapiedi, al fine di impedirci ogni spostamento verso i palazzi istituzionali, con un’aperta violazione sia dei patti intercorsi, sia soprattutto del diritto fondamentale di ogni cittadino a muoversi e spostarsi liberamente per le vie cittadine.
Solo a quel punto, spinti dalla comprensibile indignazione e rabbia diffusasi tra i manifestanti a seguito di questa vera e propria provocazione, ci siamo visti costretti a muoverci alla spicciolata per i vicoli interni di Montecalvario.
Ciò tuttavia non è bastato a far abbassare la tensione nelle forze dell’ordine, le quali nei minuti successivi hanno iniziato a passare al setaccio ossessivamente ogni angolo di accesso a via Roma con l’intento di sequestrare i manifestanti dentro i vicoli di Montecalvario. È in quegli istanti che, in risposta alla ferma determinazione dei manifestanti a raggiungere piazza Matteotti (dove peraltro nel frattempo era già stato concordato un incontro tra una nostra delegazione e il vicesindaco Panini) un ampio schieramento di polizia in assetto antisommossa ha incredibilmente caricato e manganellato alla cieca, ferendo almeno cinque tra lavoratori e disoccupati.
Che il CoVid-19 non fosse altro che un pretesto per instaurare nel nostro paese uno stato di Polizia, lo avevamo compreso già nei mesi scorsi, laddove il diritto di sciopero e di assemblea è stato messo fuorilegge nel mentre i padroni erano lasciati liberi di ammassare e di ammazzare migliaia di lavoratori in fabbriche e magazzini trasformati in enormi focolai pandemici, o allorquando la Questura di Napoli non si è fatta scrupoli nel rifilare multe di 400 euro a disoccupati già ridotti alla fame e colpevoli di aver aperto uno striscione fuori alla Prefettura o al Comune dopo anni di prese in giro da parte delle Istituzioni…
Ma che ora il capo delle forze dell’ordine voglia presentare i suoi uomini alla stampa come dei miti agnellini vittime delle violenze di lavoratori e disoccupati scesi in piazza solo per reclamare il diritto al salario e il rispetto delle norme e dei CCNL varati e disattesi dal loro stato e dal loro governo, questo ci sembra davvero assurdo, ed è un offesa all’intelligenza di chi a via Roma ha potuto vedere coi propri occhi l’accanimento che ci è stato riservato dagli uomini della Questura e del reparto mobile di Napoli.
Auspichiamo che la stampa cittadina, che ha dato ampio risalto alle dichiarazioni strumentali di Gabrielli e continua impropriamente ad etichettarci come “centri sociali”, sia altrettanto disponibile a garantirci il diritto di replica.
SI Cobas Napoli e Caserta
SI Cobas Manutenzione Stradale- Banchi Nuovi
Movimento Disoccupati 7 novembre
Laboratorio Politico Iskra