Solidarietà e sostegno- Basta con “due pesi e due misure” i diritti degli immigrati sono uguali; dall’Africa, all’Asia all’Ucraina, basta con il razzismo!

Il 31 saremo in piazza in tutta Italia per chiedere:

permesso di soggiorno incondizionato per tutti, non legato al contratto di lavoro né alla residenza;

cittadinanza per tutti i bambini nati in Italia;

abolizione di tutti i decreti sicurezza;

fine degli abusi e dei lunghi tempi di attesa nelle questure;

azzeramento dei costi dei permessi;

chiusura dei centri di detenzione (CPR) e fine dei rimpatri;

permesso di soggiorno valido in tutta l’unione europea.

Documenti per tutti/e, contro razzismo e repressione!

https://www.ondarossa.info/redazionali/2022/03/31-marzo-sciopero-degli-immigrati-e

Pestano un detenuto a San Vittore: condannati otto agenti

L’uomo è stato stato picchiato della polizia penitenziaria affinchè non testimoniasse in tribunale contro gli agenti.

Le pene vanno da un anno e mezzo a 4 anni di reclusione. Altri quattro agenti imputati sono stati assolti. L’uomo, ora 56enne, sarebbe stato picchiato perché non testimoniasse in tribunale contro gli agenti.

Sono stati condannati a pene comprese tra un anno e mezzo e quattro anni di reclusione sette agenti del carcere milanese di San Vittore imputati per le violenze a Ismail Ltaief, un detenuto tunisino all’epoca 51enne, tra il 2016 e il 2017. Lo ha deciso lunedì pomeriggio la settima sezione penale del tribunale di Milano. Altri quattro agenti imputati sono stati assolti. Il pm titolare dell’inchiesta, Leonardo Lesti, aveva chiesto condanne fino a 4 anni di carcere.

Stando all’indagine, Ltaief, che si trovava in cella per un tentato omicidio avvenuto nel cosiddetto “boschetto” di Rogoredo (qui il suo racconto ad Andrea Galli sugli orrori del bosco), sarebbe stato “punito” perché nel 2011, quando era in carcere a Velletri (Roma), aveva denunciato degli agenti della polizia penitenziaria – di recente assolti dalla Corte d’Appello di Roma – per presunti furti in mensa e percosse. I pestaggi sarebbero avvenuti pure per impedirgli di testimoniare nel processo “bis” davanti al Tribunale della cittadina laziale sulla vicenda delle presunte ruberie.

La maggior parte degli imputati, con le loro famiglie, erano presenti in tribunale durante la lettura della sentenza. Le motivazioni verranno depositate entro 60 giorni. Il legale di parte civile, Matilde Sansalone, dopo la lettura del dispositivo ha commentato: “Al di là della tristezza della situazione che non è edificante, esprimo soddisfazione non per le condanne ma perché è un bene che vengano alla luce comportamenti non consoni a servitori dello Stato e che sono stati così a lungo sottaciuti”.

dal Corriere della Sera

Ancora repressione del dissenso in val di Susa: 2 arresti e 11 misure cautelari contro i notav. Solidarietà dal SRP

Questa mattina all’alba è andata in scena l’ennesima operazione di polizia ai danni del movimento No Tav tra la valle e Torino. Due attivisti, Giorgio e Umberto, sono stati portati in carcere e sono state emesse altre 11 misure cautelari tra arresti domiciliari, obblighi di firma e divieti di dimora.

L’operazione riguarderebbe una serie di iniziative e manifestazioni che hanno avuto luogo dall’estate del 2020 in Val Clarea, a San Didero mescolate in un unico calderone con fatti avvenuti a Torino. Ad essere contestati agli attivisti e alle attiviste sono i reati di violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale. Sono state perquisite le case degli attivisti e delle attiviste ed i presidi No Tav dei Mulini e di San Didero alla ricerca di non si capisce bene cosa.

L’operazione condotta questa mattina tenta nuovamente di indebolire il movimento riproponendo la solita retorica a cui ci hanno abituato questura e procura nella nostra lotta ultratrentennale: si tenta di praticare una distinzione tra buoni e cattivi all’interno del movimento, si cerca di ricostruire fantasiose regie oscure e si ripropone nuovamente un’inversione tra aggressori e aggrediti. L’obbiettivo è ben chiaro, costruire il clima per tentare di silenziare le resistenze dei Mulini e di San Didero che in questi anni hanno rappresentato, nonostante le difficoltà della pandemia, due esperienze importanti di lotta popolare e opposizione al business della grande opera inutile. Due resistenze che hanno evidenziato il prisma di contraddizioni di un sistema politico e di sviluppo che si cala la maschera del green mentre inquina e devasta i territori, che mostra un paternalismo insopportabile verso i giovani mentre ignora le loro paure, i loro bisogni e le loro volontà, che spende miliardi in opere inutili mentre la sanità e la scuola sono al collasso, che si dice pacifista mentre finanzia il riarmo.

In Val di Susa abbiamo vissuto anni di pandemia in cui mentre chiedevamo risorse per affrontare la crisi sul territorio, mentre cercavamo di prenderci cura della nostra comunità e dei nostri affetti il sistema del Tav occupava intere porzioni del nostro territorio con migliaia di uomini, idranti e lacrimogeni per installare cantieri che servono solo a drenare denaro pubblico. Il nostro è un movimento con decenni di storia alle spalle, abbiamo visto passare governi, questori e prefetti. Abbiamo sempre deciso collettivamente come portare avanti la nostra resistenza, come affrontare la violenza istituzionale che nonostante la contrarietà popolare all’opera ha militarizzato senza remore un’intera valle. Non ci faremo certo intimorire da questa operazione, consapevoli che in questi tempi di guerra, crisi climatica e sociale la nostra lotta, nel nostro piccolo, è uno spiraglio per costruire una speranza per il futuro.

2 quadri dell’NPA assassinati a sangue freddo dalle forze di sicurezza nella provincia di Negros Occidental

10 marzo 2022

Secondo le indagini sui testimoni a Barangay Amin, Isabela, nella provincia di Negros Occidental, Virgilio Marco “Ka Bidam” Tamban e Ben Jack “Ka Yuhan” Rueles furono catturati senza pietà e uccisi dal 62esimo battaglione di fanteria e dal PNP-Isabela intorno alle 3 AM lo scorso 9 marzo. La casa in cui alloggiava l’unità NPA è stata saccheggiata, provocando l’arresto immediato e il successivo omicidio di Ka Bidam e Ka Yuhan, contrariamente alle affermazioni dell’AFP secondo cui i due sarebbero stati uccisi in un incontro.

Inoltre, Robert “Ka Kits” Ansino inizialmente è scappato, ma è stato ferito dopo il tiro al volo del nemico durante l’omicidio. Mentre rispondeva al fuoco e ferendo 2 soldati dell’AFP, ha riportato gravi ferite e ha cercato rifugio nel vicino villaggio. Non più in grado di combattere, fu catturato dal nemico e portato in ospedale.

La squadra dell’NPA è stata inviata nell’area per condurre lavori di massa, indagare e risolvere i reclami tra i residenti nell’area, soprattutto dopo che le continue operazioni militari hanno causato il terrore nei villaggi.

Una cosa è chiara: non c’era intenzione di scontare un mandato di perquisizione alle 3 del mattino. Il chiaro motivo del raid è l’omicidio di Tamban e dei suoi compagni, coerentemente con l’ordine del loro comandante in capo Duterte di non fare prigionieri, violando chiaramente l’Accordo globale per il rispetto dei diritti umani e il diritto umanitario internazionale (CARHRIHL). Questa, però, non è una storia nuova per AFP e PNP, come è accaduto nei massacri di Ka Dennis e altri 4 compagni a Mabinay lo scorso 2020 e Ka Anita e compagni Manapla lo scorso 2021.

L’LPC-NPA saluta Ka Bidam, 23 anni, residente a Barangay Maniak, città di Guihulngan, e Ka Yuhan, 25 anni, di Barangay Jonobjonob, città di Escalante. Erano entrambi rivoluzionari esemplari, nonostante la loro giovane età. Ka Yuhan e Ka Bidam hanno dato l’esempio che i giovani dovrebbero prendere le armi contro uno stato che uccide i suoi cittadini per il bene degli interessi di pochi elite. In quanto veri soldati del popolo, i loro ricordi vivranno e ispireranno di più a intraprendere il percorso che hanno intrapreso, il percorso dedicato a costruire una società di pace giusta e duratura, una società che può essere costruita solo dalla rivoluzione armata del oppresso contro gli oppressori.

Giustizia per Ka Bidam e Ka Yuhan!
Resisti alla guerra sporca e brutale del regime USA-Duterte!
Unisciti all’NPA!

Palestina: tre palestinesi feriti in Cisgiordania. Un palestinese gravemente ferito il 1° marzo, durante una marcia a sostegno dei prigionieri politici, è morto

Ahmed Hikmat

Tre persone ferite da proiettili di metallo ricoperti di gomma, altre dozzine sono soffocate e sono svenute nell’assalto guidato dall’IDF alla festa del campus universitario Kadoorie, nella città di Arroub, a nord di Hebron. Nella Cisgiordania settentrionale, centinaia di palestinesi hanno partecipato al funerale del 23enne Ahmed Hikmat Seif nel villaggio di Burqa, a nord-ovest di Nablus. Seif è morto mercoledì per le ferite riportate all’inizio di questo mese. Era stato colpito il primo marzo da 3 proiettili all’addome e alla schiena durante una marcia a sostegno dei prigionieri nella città di Burqa repressa dalle forze di occupazione.

Corsica: Ucciso in carcere l’indipendentista Yvan Colonna. Migliaia di persone in piazza, scontri con la polizia


Le strade della Corsica sono attraversate ormai da una settimana da migliaia di persone, con durissimi scontri contro la polizia.
 In piazza sindacati studenteschi e realtà indipendentiste e autonomiste dopo l’omicidio in carcere, nel sud della Francia, di Yvan Colonna.

Lo storico indipendentista, condannato all’ergastolo per l’omicidio nel 1998 del prefetto Erignac (accusa da lui sempre respinta) sarebbe stato ucciso da un 38enne carcerato jihadist per un diverbio…religioso, terminato con un lungo pestaggio, senza che gli agenti penitenziari intervenissero.

La spiegazione delle autorità francesi non ha però convinto nessuno, in Corsica, tanto che ogni sera ci sono cortei, assalti dei commissariati, molotov e granate stordenti. Almeno due i feriti gravi, un 14enne e un 16enne a Bastia.

Nonostante questo la mobilitazione prosegue e si allarga: i lavoratori del “Sindicatu Travagliadori Corsi marinari” hanno impedito a un traghetto proveniente da Tolone di sbarcare rinforzi per gli agenti anti-sommossa, tenendolo bloccato per 14 ore e facendo infine sbarcare tutti i passeggeri tranne gli agenti, che sono tornati indietro.

La corrispondenza con Francesco Lanfranchi, giornalista di Alta Frequenza, storica emittente radiofonica della Corsica, dove trasmette dal 1981. Ascolta o scarica

da Radio Onda d’Urto

Contro la Repressione delle lotte il soccorso rosso proletario sottoscrive e invita a sottoscrivere questo appello

Io sto con Maria, Mimì, Eddy, Ciro, Antonio!

Appello pubblico contro gli avvisi orali notificati a Eddy, Mimì, Maria, Antonio e Ciro che minacciano le libertà personali e sindacali e il diritto al dissenso di tutti e tutte.

Il 23 febbraio 2022 a Napoli sono stati notificati degli “avvisi orali” dalla Questura di Napoli ad Eddy, Mimì, Maria, Antonio e Ciro, protagonisti/e del movimento di lotta per il lavoro “Disoccupati 7 Novembre” e del sindacato intercategoriale “Si Cobas”. Avvisi orali che esortano al buon comportamento e in cui il questore in persona “intima di tenere una condotta conforme alla legge” per evitare “l’applicazione di una delle misure di prevenzione previste”. Intimazione che si trasforma, nel caso di Eddy, in aperta accusa di essere dedito, tramite il proprio impegno sindacale, ad “attività illecite ai fini del proprio sostentamento”.

Quella fredda mattina di febbraio ha risvegliato una sensazione, mai sopita, di inquietudine e una consapevolezza poco gradita: chi oggi chiede possibilità occupazionali, un salario stabile, apertura di posti di lavoro o difesa di quelli esistenti, viene trattato come un soggetto dalla pericolosità sociale, indagato/a e perseguita/o come tale. Tutto questo accade a Napoli e in tanti altri posti d’Italia dove scelte politiche ed economiche hanno favorito nel corso degli anni la piaga del lavoro nero, l’aumento esponenziale di precarietà e della disoccupazione. Mentre da nord a sud risulta ormai assente qualsiasi forma di welfare, milioni di persone vivono in condizioni di indigenza o povertà assoluta con un aumento considerevole del numero di lavoratori e lavoratrici che o hanno perso il lavoro o sono state/i costretti/e a firmare contratti a tempo determinato.

Alla luce di questa situazione ci chiediamo e chiediamo a chi non ha smesso di riflettere criticamente sulla realtà che vive quotidianamente: è forse contro la legge lottare per il riconoscimento del diritto al lavoro sicuro e retribuito? È forse contro la legge il tentativo di tanti e tante di provare a sottrarsi alla marginalità sociale, vera e propria piaga che condanna ad una vita infernale fasce sempre maggiori della popolazione a Napoli come altrove? È forse contro la legge il diritto di sciopero, l’attività sindacale condotta senza compromessi a ribasso, per il rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro, delle norme di sicurezza, per la costruzione di presidi sanitari nei posti di lavoro in tempi di pandemia?

Al di là delle legittime valutazioni personali, siamo dinanzi all’ennesimo attacco nei confronti del movimento di lotta “Disoccupati 7 Novembre” e di un sindacato, il “Si Cobas”, sempre in prima linea nella difesa dei lavoratori e delle lavoratrici in diversi stabilimenti lavorativi. Attività perseguite non solo dalla Questura, ma anche da grandi aziende interessate nel mantenere intatti i propri profitti senza garantire diritti. Un’escalation fatta di multe, denunce, procedimenti di vario tipo, cinque processi da tenere nel solo mese di marzo, fino all’indagine per “Associazione a delinquere” che ha colpito alcuni/e di loro.

Oggi arriva la notifica dell’avviso orale, una misura dichiarata come preventiva ma che limita pesantemente i destinatari e le destinatarie, fondando la sua legittimità su congetture pretestuose, formulabili solo se si dà per assunto che la legge non valga per tutte e tutti e che dunque non esista libertà personale, sindacale e politica. La Questura di Napoli ritiene necessarie le notifiche di questi provvedimenti ai danni di chi porta avanti le sue battaglie in modo chiaro e trasparente per il diritto al lavoro in quella che è una delle città con il più alto tasso di disoccupazione, lavoro nero, sommerso e irregolare di tutta Europa. Una città che sta duramente soffrendo questi due anni di pandemia che hanno aggravato una preesistente crisi economica e sociale. In un momento così delicato le istituzioni, invece di dare risposte concrete al disagio sociale, alla disoccupazione, alla precarietà ed al lavoro nero, criminalizzano e reprimono chi si organizza per emanciparsi dalla povertà e dalla marginalità tramite la lotta.

Questo atteggiamento risulta difficilmente comprensibile se proviene dalle stesse istituzioni che accettano di sedere al tavolo con questi “pericolosi” individui. Basti pensare che il Movimento dei/delle disoccupati/e ha incontrato numerose volte il vescovo di Napoli, Mimmo Battaglia, in sedi istituzionali Prefetti, Sindaci, delegati di ogni ente locale, ha partecipato ai tavoli organizzati con i ministri del Lavoro, in ultimo Andrea Orlando, e ha interloquito perfino con la segreteria del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Deputati e senatori della Repubblica si sono espressi per sollecitare una soluzione alla vertenza dei “Disoccupati 7 Novembre”, oggi dichiarati/e come delinquenti dagli stessi organi dello stato. Lo stesso Movimento è tutt’ora in trattativa dopo aver conquistato, tramite la lotta, la possibilità di sedersi al tavolo interistituzionale convocato dalla Prefettura per l’Emergenza lavoro a Napoli.

La storia del Movimento “Disoccupati 7 Novembre”, è la storia di una lotta che non ha retroscena, segreti o scheletri nell’armadio. Essa ha il merito di essere diventata un presidio di democrazia diretta per l’accesso al lavoro, uno spazio di crescita per molti disoccupati e molte disoccupate e per chi ha sempre vissuto combattendo contro la miseria, in una città che ha fatto della conoscenza privata e del clientelismo l’unica via per un’occupazione stabile. Forse questa lotta, al pari della solidarietà tra lavoratori e lavoratrici e disoccupati/e, fa paura a qualcuno? Mentre si moltiplicano dubbi, domande e perplessità, esiste solo una certezza: non possiamo e non dobbiamo accettare che si reprima in questo modo il dissenso di chi lotta per i diritti di tutti e tutte. Precedenti, simili, tentativi di indagine da parte degli inquirenti, a Napoli come in altre città nei confronti di movimenti di lotta o attivisti/e, si sono rivelati un buco nell’acqua per la loro infondatezza. Resta la gravità dell’attacco portato avanti, anche nel caso di Eddy, Maria, Mimi’, Ciro e Antonio, con il solo obiettivo di provare a minare la possibilità di azione e organizzazione per settori sociali in crisi.

Dinanzi a questo pericolo ci rivolgiamo a chi ancora crede che cambiare le cose sia possibile, a chi ritiene inaccettabile tale procedimento, a chi guarda alla necessità di schierarsi al fianco di chi legittimamente combatte per una vita degna soprattutto in questa fase di crisi prolungata.

Ci rivogliamo ai giornalisti e alle giornaliste, interessate/i a raccontare la storia collettiva del Movimento “Disoccupati 7 Novembre”, e a chiunque, in giro per l’Italia, voglia confrontarsi con i/le protagonisti di questa lotta oggi sotto attacco.

Ci rivolgiamo alla società civile tutta, al mondo accademico, al mondo della informazione, ai giuristi e alle giuriste, agli artisti e alle artiste, agli e alle intellettuali, auspicando che in tanti e in tante sottoscrivano quest’appello*.

Siamo convinti/e che sia necessaria una presa di parola collettiva rispetto a questa vergogna.Non basta una difesa legale quando è lo stesso Stato colui che ti accusa. La risposta, in questo caso, deve essere sociale e collettiva. L’ isolamento è la più grande arma del potere, non lasciamo nessuno e nessuna da sola/o a subire la repressione. Difendiamo il nostro diritto al dissenso, resistiamo agli attacchi che subiamo e proseguiamo insieme le nostre battaglie per migliorare l’esistenza di tutti e tutte noi.

Io sto con Maria, Mimì, Eddy, Ciro, Antonio!

*Per chiunque volesse sottoscrivere l’appello può scriverci alla pagina fb “Laboratorio Politico Iskra” oppure alla pagina Ig “Laboratorio politico Iskra”