Il 25 MAGGIO va in scena l’attacco giudiziario alla lotta di classe. Contro la repressione delle lotte dei lavoratori, solidarietà di classe e massimo sostegno!

Il 25 maggio si tiene a Milano il processo di appello per la lotta alla DHL nel quale sono già stati condannati in primo grado 7 compagni del CSA Vittoria e del SI Cobas.

Insieme a questo processo sta andando avanti una pesante repressione, che ha alzato il tiro anche in legame con la guerra che per Stato borghese, governo, richiede l’imposizione della massima “pace/ordine sociale” per andare avanti nella loro guerra di predoni imperialisti – arresti di studenti e giovani compagni a Torino, persecuzione dei disoccupati e compagni del Si.cobas a Napoli, provocazioni verso l’USB, processo a decine e decine di lavoratrici Slai cobas sc in lotta a Palermo, criminalizzazione a Taranto delle proteste contro l’invio di navi da guerra, ecc.

Mai come ora dobbiamo dire: Toccano uno toccano tutti! Perché mai come ora questa repressione è legata da un pesante filo nero comune e richiede una risposta comune verso ogni repressione! 

Da Si Cobas Lavoratori Autorganizzati

Il 25 MAGGIO va in scena l’attacco giudiziario alla lotta di classe!!! 

Nel marzo 2015 dopo un lungo ciclo di scioperi davanti ai cancelli della DHL – colosso della logistica nazionale e internazionale – di Settala e Liscate, in concomitanza dello sciopero generale della logistica indetto dal SiCobas, venne organizzata una presenza di massa alla DHL di Settala. Una giornata di lotta importante che coniugava una piattaforma nazionale di rivendicazioni per tutti i lavoratori della logistica ad una dura vertenza interna per migliori condizioni di lavoro e di agibilità sindacale.

Quel ciclo di lotte portò alla firma di un accordo sindacale che ha migliorato le condizioni di vita e per centinaia di lavoratori e lavoratrici ottenendo il risultato non secondario di far emergere il modus operandi di questa (come di tutte) multinazionale della logistica che sarà in seguito indagata per una frode milionaria ai danni dei lavoratori.

Eravamo in tantissimi davanti davanti a quei cancelli, sbarrati durante la notte per una serrata dei padroni; lavoratori, studenti, compagni e compagne accorsi in solidarietà alla lotta degli operai e delleoperaie della DHL per un’assemblea operaia di massa sulle motivazioni dello sciopero, inquadrando la giornata in una prospettiva di classe e per il ribaltamento dei rapporti di forza all’interno dei luoghi di lavoro e della società nel suo insieme.

Per quella bella e combattiva assemblea di lotta, diversi compagni solidali e lavoratori sono stati condannati in primo grado a pesanti pene da 1 anno e 8 mesi fino a 2 anni 3 mesi e 2 anni 6 mesi evidenziando cosi un salto qualitativo e importante della repressione nei confronti del movimento di lotta sindacale politico dei lavoratori della logistica come elemento qualificante e avanzato della lotta di classe in Italia.

II prossimo 25 maggio si svolgerà il processo di secondo grado per 7 compagni del Csa Vittoria e del SiCobas incluso il coordinatore nazionale.

Crediamo importante sollecitare una presenza in tribunale per sostenere gli imputati e rivendicare il diritto di sciopero e che la repressione non fermerà, come non ha infatti fermato, le lotte dei lavoratori.

Dopo anni di attacco alle lotte operaie con cariche davanti ai cancelli e fogli di via e arresti e processi  contro i militanti dell’ opposizione di classe, i venti di guerra e l’escalation guerrafondaia del governo Draghi diventano il quadro di contesto che servono a motivare e a spingere per un irrigidimento repressivo nei confronti dell’espressione del dissenso e della resistenza di classe alla ristrutturazione in corso ma la repressione non ferma la lotta di classe.

MERCOLEDI 25 MAGGIO ORE 8,30 presenza davanti ai cancelli del Palazzo di Giustizia – ORE 9,00 presenza in aula in solidarietà agli imputati.

Csa Vittoria – SiCobas

Carcere di Salerno: altro che malore, Vittorio è stato ammazzato di botte!

Stroncato da un malore nel corso di un scontro con due agenti (ora indagati)

Detenuto morto in carcere, l’autopsia: sul corpo segni di percosse che andavano avanti da giorni. E’ caduto dalle scale?

Segni di violenza, riconducibili a percosse subite da giorni, sul corpo di Vittorio Fruttaldo, il detenuto di 35 anni stroncato da un malore dopo uno scontro fisico con gli agenti di polizia penitenziaria nel carcere di Fuorni a Salerno. E’ quanto emerge da un primo esame esterno sul cadaere dell’uomo deceduto lo scorso 10 maggio durante il trasporto in ambulanza all’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. L’autopsia, iniziata ieri, verrà completata oggi e il quadro sarà più chiaro.

Nel frattempo emergono dettagli raccapriccianti che smentiscono la versione fornita dal sindacato di polizia penitenziaria secondo cui il detenuto, affetto da problemi di natura psichiatrica (circostanza smentita dai referti medici), avrebbe aggredito due agenti con un coltello rudimentale e, nel corso della colluttazione, sarebbe stato stroncato da un malore.

In realtà, stando a quanto appurato dal professore di medicina legale dell’Università di Salerno incaricato dell’autopsia, sul corpo di Vittorio sono presenti lividi e segni di violenza riconducibili a percosse che andavano avanti da giorni, da tempo, non relative alla sola giornata del 10 maggio. Vittorio, secondo quanto appreso dal Riformista, era un detenuto che aveva problemi di tossicodipendenza. Avrebbe finito di scontare la sua pena a ottobre 2022 e necessitava di una terapia per disintossicarsi.

Che ci faceva dunque in carcere? E perché gli agenti penitenziari lo ritengono un soggetto affetto da problemi di natura psichiatrica pure in assenza di un referto medico che cristallizzi il tutto? Il 35enne, originario di Aversa, sarebbe stato ‘rieducato‘ dai poliziotti dopo essersi reso protagonista di un’aggressione avvenuta a inizio maggio. Fruttaldo avrebbe rifilato uno schiaffo a un agente in seguito a un alterco e da quel giorno, sempre secondo quanto appreso dal Riformista, sarebbe stato sistematicamente picchiato.

Una circostanza che saranno le indagini della procura di Salerno a dover confermare. Tuttavia restano i segni di violenza risalenti anche ai giorni precedenti il decesso e la richiesta, nella prima perizia mandata ai pm (ieri però in scipero), di acquisire anche le telecamere di videosorveglianza relative ai giorni precedenti, in modo tale da far luce sui presunti pestaggi che il detenuto subiva.

Oggi nel frattempo verrà completata l’autopsia che fornirà ulteriori dettagli sul decesso del 35 anni. Al momento i due agenti “aggrediti” (secondo il sindacato) sono indagati per omicidio preterintenzionale (quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente). Accusa che potrebbe cambiare dopo l’esito dell’autopsia.

Fondamentali saranno anche le testimonianze degli altri detenuti che dovrebbero essere ascoltati dagli investigatori per far luce su quanto accaduto nel carcere di Salerno ed evitare che si ripetano episodi analoghi alla mattanza di Santa Maria Capua Vetere quando, prima delle misure cautelari e delle devastanti immagini che sconvolsero l’opinione pubblica, i detenuti, impauriti di subire ulteriori ripercussioni, derubricavano le percosse subite con l’oramai celebre “sono caduto dalle scale“.

Carcere di Ascoli. “Svegliati a manganellate”

Da Osservatorio repressione

I fatti sarebbero accaduti nell’istituto della città marchigiana pochi giorni dopo la rivolta avvenuta nella casa circondariale di Modena. “Picchiati molti stranieri”. La Procura di Ascoli Piceno apre un’indagine

di Nello Trocchia

“Individuate gli eventuali responsabili delle violenze che sarebbe state commesse da alcuni agenti della polizia Penitenziaria a danno di alcuni detenuti”.

È la richiesta che arriva dall’associazione Antigone, in un esposto presentato in questi giorni alla procura marchigiana alla luce delle testimonianze rese dai detenuti reclusi nella casa circondariale, nel marzo 2020. Un fascicolo è già aperto contro ignoti e prende l’abbrivio proprio dal racconto degli ospiti del carcere nel periodo iniziale dell’emergenza pandemica, tutti detenuti che erano stati trasferiti ad Ascoli da Modena dove, nel carcere Sant’Anna, c’era stata una violenta rivolta.

“Individuate gli eventuali responsabili delle violenze che sarebbe state commesse da alcuni agenti della polizia Penitenziaria a danno di alcuni detenuti”. È la richiesta che arriva dall’associazione Antigone, in un esposto presentato in questi giorni alla procura di Ascoli Piceno alla luce delle testimonianze rese dai detenuti reclusi nella casa circondariale, nel marzo 2020. Un fascicolo è già aperto presso la procura marchigiana e si fonda sul racconto dei reclusi del carcere nel periodo iniziale dell’emergenza pandemica. Gli avvocati hanno scoperto l’esistenza di un fascicolo dalla consultazione degli atti, un fascicolo modello 44, iscritto contro ignoti. Le testimonianze dal quale si origina sono quelle dei detenuti trasferiti ad Ascoli da Modena dove, nel carcere Sant’Anna, c’era stata una violenta rivolta. All’inizio della pandemia le carceri italiane sono teatro di rivolte, a Modena viene devastata una parte del penitenziario, ma soprattutto muoiono 9 detenuti per assunzione di un mix letale di farmaci dopo l’assalto alla farmacia dell’istituto.

Le indagini di Modena – A Modena, nel carcere Sant’Anna, l’8 marzo 2020, i detenuti hanno inscenato una rivolta violenta che è stata arginata dagli agenti della polizia penitenziaria, intervenuti per “riprendere” il controllo del carcere. Per i fatti accaduti in quelle ore la procura ha aperto tre fascicoli. Uno per le devastazioni compiute dai detenuti, un altro per la morte di nove reclusi e, infine, uno per le violenze che i poliziotti penitenziari avrebbero compiuto durante e dopo la rivolta.

La prima indagine è ancora in corso. La seconda inchiesta è stata archiviata perché i detenuti sono morti, secondo i risultati delle indagini, per overdose di metadone e non sono emerse altre responsabilità. Contro l’archiviazione del fascicolo è stato presentato un ricorso, poi respinto. L’inchiesta relativa alle violenze sui detenuti è, invece, nella fase delle indagini preliminari, sul registro degli indagati ci sono 4 agenti della polizia penitenziari, coinvolti per i reati di lesioni e tortura. Un fascicolo che è stato aperto dopo la presentazione di diversi esposti da parte di Antigone e di alcuni detenuti. Le indagini di Modena si intrecciano con quelle della procura marchigiana. Le violenze denunciate dai detenuti nel carcere di Ascoli Piceno emergono dalla lettura di alcuni atti relativi alla morte di uno dei reclusi trasferiti da un carcere all’altro: Salvatore Piscitelli.

La morte di Piscitelli – Un procedimento penale è stato aperto dalla procura di Ascoli per ricostruire le ore precedenti la morte del detenuto. Piscitelli era stato pestato, emerge dall’autopsia e dalle testimonianze, ma muore per aver assunto un mix letale di sostanze e, secondo i pubblici ministeri, anche nel ritardo nei soccorsi non è configurabile alcun reato. Contro questa archiviazione ha presentato ricorso proprio Antigone, tramite l’avvocata Simona Filippi. Nel fascicolo dell’inchiesta, nata per ricostruire eventuali responsabilità nella morte di Piscitelli, vengono allegati gli interrogatori di diversi detenuti. I reclusi, ascoltati come persone informate sui fatti, dopo la presentazione di un esposto, hanno denunciato sia violenze e pestaggi che avrebbero subito sia di cui sono stati testimoni.

Così si arriva all’indagine della procura di Ascoli e al nuovo esposto di Antigone che prende spunto proprio dalla lettura delle testimonianze depositate nel fascicolo Piscitelli. L’associazione chiede alla procura marchigiana di individuare i responsabili della mattanza tra il personale della polizia penitenziaria. Ora c’è un fascicolo contro ignoti dei magistrati di Ascoli, che dovranno riscontrare le dichiarazioni prima di decidere se proseguire nell’inchiesta. Ma cosa raccontano i detenuti? Torniamo a quelle ore quando i reclusi vengono trasferiti da Modena ad Ascoli. È la notte dell’8 marzo.

Il racconto dei detenuti – Claudio C. racconta, il 18 dicembre 2020, la prima mattina nell’istituto di pena, un risveglio a colpi di manganello. “Prima della conta che si fa verso le otto, otto e qualcosa (…) è arrivata su la squadretta, otto-nove appuntati, casco, scudo e manganello. Sono partiti dal lato destro (…) cella per cella, ‘Collega, apri qua’, entravano si sentivano solo le urla dei detenuti (…) Certo il personale di Ascoli Piceno. Cella per cella. Non ne hanno saltata una, cioè tranne qualcuna di noi italiani, agli stranieri non hanno saltato una cella”, spiega ai pubblici ministeri di Modena che lo ascoltano, prima che gli atti prendano per competenza la strada della procura ascolana.

Gli stranieri venivano massacrati, ma non tutti gli italiani si salvano dalle botte. “La mattina sono venuti e ci hanno picchiati (…) il giorno invece sentivo urlare altri, altri ragazzi delle altre stanze (…) Poi dopo sono ancora tornati, ma senza più i manganelli, solo con gli schiaffi. Per ricordarci che noi eravamo pezzi di merda, figli di puttana”, dice Bianco F.

Le testimonianze sono convergenti, i detenuti presentano l’esposto solo a dicembre per paura di ritorsioni. “Invece nei giorni successivi, non ricordo se il 10,11,12 o 13 marzo, siamo stati picchiati tutti, me compreso, dagli agenti della polizia Penitenziaria del carcere di Ascoli Piceno. Ricordo che gli agenti, in quei giorni, passavano, non ricordo se di mattino o di pomeriggio, ma passavano e aprivano le celle, tutti muniti di sfollagente, casco protettivo e scudo, e ci picchiavano col manganello, colpendoci ripetutamente su tutto il corpo, per più minuti (…) A me personalmente è accaduto almeno due volte e sono entrambe avvenute nei primi giorni di detenzione”, dice Belmonte C, ascoltato il 24 giugno 2021.

“La maggior parte delle persone che venivano picchiate erano stranieri (…) a un detenuto albanese, che noi chiamavamo Gas, ma non so dire quale fosse il suo vero nome, una mattina hanno rotto la mano, tra il mignolo e l’anulare”, dice Nicola T. ai magistrati, il 19 dicembre 2020. L’accoglienza, a colpi di manganello, raccontata dai detenuti ospiti del carcere di Ascoli Piceno è il seguito di quanto accaduto a Modena dove i reclusi raccontano di aver subito altre botte: il pestaggio nello stanzone.

da Il Domani

La solidarietà è un’arma! Iniziativa benefit per compagn inquisit per la manifestazione a L’Aquila

Evento di LOSKA
Pubblico Chiunque su Facebook o fuori Facebook
Un’iniziativa tenutasi all’Aquila nel 2017, in solidarietà alla prigioniera Nadia Lioce, sottoposta da oltre 19 anni all’isolamento e quindi al 41bis, si è trasformata in un processo a carico di 31 compagnu che presero parte al presidio. Le accuse sono di manifestazione non autorizzata e la data dell’inizio del processo è fissata per il 18 maggio 2022. In relazione a questa premessa, abbiamo pensato di organizzare, il giorno 19 maggio, un evento solidale che comprenderà aperitivi, cucina tunisina e dj set, per poter finanziare le spese legali d compagnu coinvoltu nel processo.

India – Il prof Saibaba comincia uno sciopero della fame – campagna di informazione in Italia

in via di traduzione

INDIA: La última tortura y una nueva humillación contra el profesor Saibaba. El profesor inicia una huelga de hambre el dia 16 de mayo contra la instalación de una cámara en su celda (Palabras de Azadi desde la India)

No hay palabras para describir lo que ha significado la ultima carta del profesor Saibaba a Vasantha su mujer en la que amenaza con una nueva huelga de hambre y esta vez el menciona hasta morir si es preciso tras la última humillación infringida por parte de las autoridades de la prisión quienes con la excusa de protegerle, le han monitorizado 24/7 a través de CCTV o sea un circuito cerrado de televisión que ha sido instalado frente a su celda de modo y manera que todo y quiero decir TODOS sus movimientos pueden ser seguidos incluyendo cuando necesite ir al baño para satisfacer sus necesidades o cuando tome un ducha…
Ya sabéis todos que se encuentra en una celda de aislamiento (comúnmente conocida como anda cell), justo enfrente de la puerta de la celda ha sido colocada una cámara de modo y manera que la palabra privacidad ha sido literalmente destruida.

Todos sabemos que el proceso en el cual se le condeno a cadena perpetua fue una farsa. Condenarle a cadena perpetua fue un intento de dar una lección y un aviso a todos aquellos que compartían las mismas ideas que el profesor. Desde que entro en la prisión de Nagpur sus condiciones han ido de Guatemala a Guatepeor y no hay día en que no tengamos un sobresalto, El ultimo fue denegarle el acceso a una botella de agua de plástico que el profesor pudiera sostener fácilmente debido a sus limitaciones. Fue su abogado quien batallo con las autoridades de la prisión contra semejante estupidez porque no tiene otro nombre bueno si, tortura ya que en la India es verano y este año se están batiendo récords con temperaturas que van de los 40 a los 48 grados. Si ya es duro en libertad, imaginad en una celda de aislamiento y mas en una persona con las discapacidades que sufre el profesor y que no hacen sino empeorar debido a la falta de asistencia por las autoridades de la prisión.

Esta vez han llegado tan pero tan lejos en su intento de torturarle que el profesor ha amenazado con empezar una nueva huelga de hambre para protestar contra semejante intrusión en su ya escasa privacidad.

Ayer sábado, Vasantha junto con G. Ramadevudu -el hermano del profesor- hicieron publica una carta parte de cuyo texto os transcribo:

“El martes (10.05.2022), las autoridades de la cárcel fijaron una cámara de circuito cerrado de televisión de gran angular delante de su celda anda que puede grabar en vídeo toda la celda, incluido el asiento del inodoro, el lugar de baño y todo lo que hay en la pequeña celda. Por lo tanto, no puede utilizar el retrete para orinar o ni siquiera puede bañarse ante la cámara, ya que ésta lo graba todo durante las 24 horas del día. Ahora, ¿cómo puede vivir el Dr. G N Saibaba en estas circunstancias?”.

“Los ayudantes también se sienten intimidados por la cámara que los observa de cerca, ya que sus cuerpos están constantemente expuestos al ojo de la cámara. Esto es claramente para intimidarle e insultarle. Es un medio que viola su intimidad. Su derecho a la intimidad, a la vida y a la libertad está en peligro porque no puede usar el baño, ni bañarse, ni cambiarse de ropa delante de una cámara que no sólo está funcionando las 24 horas, sino que lo graba todo y lo vigila constantemente desde el despacho del superintendente de la cárcel”.

” Bajo estas condiciones de presión, ha decidido hacer una huelga de hambre indefinida hasta la muerte o (hasta) que se retire la cámara, y los administradores responsables de la prisión se disculpen por violar a sabiendas y brutalmente los derechos naturales del cuerpo y los derechos previstos por la constitución. El Dr. G N Saibaba tiene previsto iniciar su huelga de hambre dentro de dos días en la Cárcel Central de Nagpur”.

En la carta, tanto Vashanta como Ramadevudu añaden:

“Le pedimos que tome medidas inmediatas y le provea de la privacidad y la dignidad e instruya a las personas involucradas en la Cárcel Central de Nagpur para que retiren las cámaras de videovigilancia que mantienen su privacidad en juego y le provean de los diagnósticos y tratamientos adecuados requeridos para todos sus problemas de salud inmediatamente. De acuerdo con su condición, concédale la libertad condicional y permítale recibir la medicación adecuada y el apoyo médico necesario que no está disponible en Nagpur”.

Solo quiero recordaros que el profesor no solo está afectado por las secuelas de la polio que sufrió de niño, sino que además sufre problemas cardíacos, hipertensión, paraplejia, cifoescoliosis de la columna vertebral, enfermedad neuromotora debido a los malos tratos en el interior de la prisión, pancreatitis aguda, así como un quiste en el cerebro. Por dos veces dio positivo por Covid19, en 2021 y en enero de este año lo que empeoro aún más sus dolencias dada la carencia de una buena atención médica por parte de los responsables de la cárcel de Nagpur.

¿Es que el gobierno quiere acabar con el cómo acabaron con Stan Swamy?

¿Es que el gobierno no conoce las reglas Mandela para prisioneros políticos?

Por favor, haced correr la voz. Dadas sus condiciones, no soportaría una huelga más. El profesor debe de ser inmediatamente puesto en libertad condicional para poder ser atendido adecuadamente.

No podemos consentir que muera en prisión, torturado y humillado por aquellos cuyo diccionario no incluye palabras como respeto, humanidad y mucho menos dignidad.

#LibertadParaSaibaba

#DerogacionUAPA

#PensarNoEsUnCrimen

El profesor empezara la huelga mañana lunes 16 de mayo, alcemos nuestras voces pidiendo su libertad.

Y aunque parezca extraño, por una vez varios medios representativos de la prensa burguesa se han hecho eco de la noticia aunque no sabemos si por respeto hacia el profesor o el morbo que implicaría otra muerte en prisión pues raramente los prisioneros políticos son noticia en ese tipo de prensa.

https://cetabtitan.com/cctv-camera-captures-footage-of-toilet-gn-saibaba-to-go-on-hunger-strike-in-nagpur-jail/

https://kfindtech.com/cctv-camera-captures-footage-of-toilet-gn-saibaba-to-go-on-hunger-strike-in-nagpur-jail/

https://www.thequint.com/news/india/ex-du-professor-gn-saibaba-says-cctv-captures-footage-of-toilet-in-jail-to-go-on-hunger-strike

https://amp.scroll.in/latest/1023936/gn-saibabas-family-alleges-jail-officials-installed-camera-that-captures-toilet-bathing-area

https://indianexpress.com/article/india/india-news-india/cctv-camera-captures-footage-of-toilet-gn-saibaba-to-go-on-hunger-strike-in-nagpur-jail-7917285/

Francia: La Polizia della Tortura

Una nuova terribile storia di violenza e abuso da parte della polizia che l’IGPN (Ispettorato generale della polizia nazionale ) cercherà di archiviare. Liberation riporta l’agghiacciante testimonianza di Mahedine Tazamoucht. Picchiato “gratuitamente”, viene portato in ospedale dagli stessi poliziotti perché non riusciva più a respirare a causa dei gas lacrimogeni. Arrivato in ospedale, grida al personale medico di essere stato picchiato dagli agenti di polizia che lo scortano. Risultato? La polizia lo riporta in questura per farglielo pagare ancora di più!

francia polizia torture

La notte dal 9 al 10 maggio Mahedine trascorre una serata in un parcheggio con due amici. Intorno alle 3 del mattino, la polizia effettua un controllo, affermando di essere stata chiamata per una rissa. Le tre persone affermano a Liberation che non c’era rissa, e che il tono era molto calmo in quel momento.

Mahedine sta cercando le sue chiavi in macchina, quando un poliziotto lo afferra. Si ritrova rapidamente a terra, ammanettato. Afferma , dice di essere stato “gasato proprio negli occhi”, al punto da non poterli aprire. I suoi amici dichiarano di aver chiesto alla polizia di fermarsi, senza successo.

I tre amici vengono portati alla stazione di polizia di Juvisy-sur-Orge. In precedenza, una squadra di polizia ha portato Mahedine Tazamoucht in ospedale perché “non riesce più a respirare” a causa dei gas lacrimogeni. Ma non appena è entrato al pronto soccorso, ha gridato al personale che la polizia lo aveva aggredito. I poliziotti irritati lo prendono e lo portano fuori dall’ospedale. In macchina Mahedine dichiara di aver subito nuovi colpi e insulti razzisti: “Dirty Arab, bougnoule”. Questo è solo l’inizio del suo calvario!

Arrivato alla stazione di polizia, Mahedine è rimasto seduto su una sedia in mutande, a piedi nudi, con le mani ancora ammanettate, “in un corridoio senza telecamera. Stavo impazzendo, mi prendevano a pugni in faccia, mi prendevano a calci gli stinchi con la punta delle scarpe, mi calpestavano i piedi. Ci ridevano sopra, erano circa sei poliziotti in quel momento, tre dei quali mi stavano picchiando. Si sono anche divertiti a con il Taser nella spalla e uno nel collo, per poi minacciarmi di usarlo anche  nelle parti intime.

Nel certificato medico consultato da Liberation, il referto ritrovato occupa 3 pagine! Il medico legale rileva quasi quaranta lesioni di diversi centimetri ciascuna, sul viso e su tutto il corpo: lividi, abrasioni, striature… Una lesione a livello dell’orecchio sinistro richiede un ulteriore esame da parte di un medico otorino. Quest’ultimo attesta che il sangue è visibile nel suo timpano e che c’è una perdita dell’udito.

Mahedine Tazamoucht ha sporto denuncia presso la delegazione parigina delle forze di polizia. Contattata da Liberation, la prefettura di Essonne si è rifiutata di rispondere con il pretesto che solo “l’accusa è competente” a comunicare sui fatti – il che è falso – e che sono state presentate “denuncia” senza fornire alcuna motivazione. La polizia accuserebbe di “disprezzo e ribellione” Mahedine ei suoi amici. Una linea di difesa usata quasi sistematicamente dagli agenti di polizia coinvolti nelle violenze e negli abusi.

Da Osservatorio repressione

41 bis = tortura – Conferenza stampa a L’Aquila il 18 maggio

41bis=tortura! Solidarietà proletaria contro la repressione!
Mercoledì 18 maggio si terrà udienza al tribunale de L’Aquila, con giudizio immediato, nei confronti di 31 compagni/e condannati con decreto penale a 1.200 euro di ammenda ciascuno/a, per una delle manifestazioni contro il regime penitenziario art.41bis.
Quella manifestazione, novembre 2017, era particolare poiché si svolse anche al tribunale in solidarietà a Nadia Lioce, prigioniera a L’Aquila appunto, a processo per i suoi atti di protesta contro tale regime. Atti di protesta in condizioni di tale deprivazione e restrizioni per cui si riducevano a battiture sulle sbarre della cella niente meno che con una bottiglia di plastica. Tant’è.. la si è imputata di “danni alla struttura carceraria”!
Qui di danni ci sono quelli, pesanti, inferti alle persone detenute in simili condizioni. Quel poco di cui si dispone è rigorosamente controllato e centellinato. Tre libri al massimo e, come i giornali, acquistati solo tramite l’amministrazione carceraria, censura stretta su corrispondenza e scrittura, divieto di cucina per sé, socialità ridottissima (quando non isolamento) nelle due ore quotidiane in cortile, un solo colloquio mensile, e ancora restrizioni.. Il tutto non può che definirsi un regime di tortura, istillata a gocce, per così dire, continua, sistematica. Un trattamento giuridicamente motivato con l’esigenza di “recidere i legami con l’organizzazione di appartenenza all’esterno”, ma ben si vede che queste misure sono semplicemente vessatorie e che puntano all’annientamento della persona, del/la militante rivoluzionario/a. Caso evidente con Nadia Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma, militanti delle BR-PCC, che rivendicano la propria identità e difendono la causa rivoluzionaria per cui si ritrovano in carcere. E proprio in questi giorni, sempre in base a questi criteri di repressione politica, Alfredo Cospito, anarchico detenuto già da dieci anni, viene trasferito in sezione 41bis a Terni.
La finalità dello Stato è di chiaro stampo terroristico, ricattatorio, e rivolto a tutto il movimento di classe, a tutte le realtà sociali in sofferenza, che si ribellano, che lottano. Un’escalation repressiva diventata in questi anni permanente stato d’emergenza, ora anche bellicista, All’apice, appunto, il carcere e i regimi speciali. Il tutto garantendo impunità ai propri sgherri nell’esercizio di queste violenze. Perciò è nell’interesse di tutto il movimento di classe solidarizzare e unirsi contro la repressione, contro le sue forme più feroci!
Dunque mercoledì 18 vogliamo che sia un momento di processo politico. Invitiamo a partecipare alla conferenza stampa che si terrà al Bistrò L’altra Elodia, di fronte al Tribunale dell’Aquila, alle ore 10. E poi all’udienza.
Soccorso Rosso Internazionale