Le autorità italiane hanno fornito alla polizia e agli apparati di sicurezza del Cairo mezzi, strumentazione e formazione

Da Osservatorio Repressione

La denuncia della rete di attivisti EgyptWide

Tra il 2010 e il 2020 l’Italia ha fornito gratuitamente all’Egitto elicotteri e altri equipaggiamenti per le forze di polizia, ha erogato corsi di formazione agli apparati di sicurezza, compreso il famigerato Servizio di sicurezza nazionale, organismo accusato anche dalle Agenzie Onu di violazioni dei diritti umani e della repressione del dissenso nel Paese. Una collaborazione che è diventata sempre più stretta con il passare del tempo e che è proseguita nonostante l’Egitto abbia conosciuto, proprio nel decennio preso in considerazione, la repressione più dura nella storia recente del Paese. L’accusa è contenuta nel report “Complici ufficiali. L’impatto della cooperazione di polizia Italia-Egitto sui diritti umani” curato da EgyptWide, iniziativa egiziana-italiana per i diritti umani e le libertà civili. “Riteniamo che l’Italia, il suo ministero dell’Interno e i vertici della Polizia di stato abbiano gravi, seppur indirette, responsabilità nel deterioramento dello stato dei diritti umani in Egitto”, si legge nella conclusione del documento.

Esemplificativa di questa collaborazione è la cessione -come detto a titolo gratuito- alla polizia egiziana di quattro elicotteri Augusta Bell da utilizzare “ai fini di contrasto dell’immigrazione clandestina”; velivoli che in Italia sono in dotazione alla polizia per l’ambito civile ma sono progettati anche per

opzioni di tipo militare. La consegna è avvenuta nel 2013, un anno cruciale nella storia recente dell’Egitto che ha visto i massacri di Rabaa al-Adweya e piazza Nahda con un bilancio di 904 vittime accertate: secondo la denuncia di Human Rights Watch in quelle occasioni l’operato delle forze di polizia egiziana -che hanno aperto il fuoco sparando sulla folla- può essere considerato un “crimine contro l’umanità”. Il 2013 ha segnato anche l’avvio di una violenta campagna di repressione del dissenso, anche pacifico, e di “operazioni antiterrorismo” volute dal presidente Abdel Fattah al-Sisi che hanno portato all’arresto e all’incarcerazione di decine di migliaia di persone.

Il rapporto analizza l’evoluzione delle relazioni di cooperazione di polizia e in materia di sicurezza tra i due Paesi (compreso il tema dell’immigrazione) tra il 2010 e il 2020: periodo in cui, nonostante il crescente numero di denunce sul deterioramento del rispetto dei diritti umani in Egitto, i rapporti tra i due Paesi in questi ambiti si sono fatti sempre più solidi. Una cooperazione disciplinata a livello regionale nel quadro della difesa comune europea e, a livello bilaterale, dalla legge 76/2003 cui nel corso degli anni si sono sommati una serie di memorandum di intesa tra i due governi.

L’analisi contenuta nel report si concentra sul decennio 2010-2020, una scelta dettata da un lato dalla forte concentrazione di iniziative di cooperazione, oltre che dalla difficoltà di reperire dati o informazioni attendibili al di fuori di quegli anni. Tra le fonti prese in esame, il rapporto cita la “Relazione sull’attività delle forze di polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica” a partire dal 2013 e i dati pubblici forniti da ministeri, funzionari della polizia di stato e informazioni presenti sui siti internet ufficiali dell’Unione europea dedicati alle diverse iniziative di cooperazione regionale che hanno visto il coinvolgimento di Italia ed Egitto. Avere un quadro organico e completo delle attività di collaborazione svolte dai due Paesi e dei budget stanziati, tuttavia, è particolarmente complesso a causa del carattere frammentato di queste iniziative e dalla scarsa trasparenza da parte del ministero dell’Interno.

Dall’analisi di questi documenti emerge come nel corso di questi dieci anni, l’Italia si sia dimostrata un partner estremamente ben disposto nei confronti dell’Egitto, fornendo alle forze di polizia del Cairo equipaggiamento e mezzi, tecnologie di sorveglianza, decine di corsi di formazione, scambi di esperti e assistenza tecnico-operativa. “Questa intensa attività di cooperazione -scrivono gli autori del report– ha visto il National security service egiziano come interlocutore privilegiato del ministero dell’Interno e dei vertici della polizia di Stato italiani nonostante negli stessi anni si stessero moltiplicando le denunce di organismi delle Nazioni Unite che parlavano di gravissime e sistematiche violazioni dei diritti umani per mano degli apparati di sicurezza

La fornitura di equipaggiamenti per scopi militari, difensivi o di polizia rappresenta una delle costanti di questa collaborazione. Roma, ad esempio, ha fornito al Cairo due motovedette classe 500 e veicoli di terra per il controllo delle frontiere e il pattugliamento delle acque territoriali, fuoristrada, metal detector, computer e altra strumentazione informatica oltre ai già citati elicotteri Augusta Bell. Un flusso di forniture che “non ha subito battute d’arresto nemmeno a seguito della promulgazione dell’embargo sulle forniture di sistemi d’arma al nuovo governo egiziano voluto dal Consiglio europeo nel 2013 a seguito di massicce violazioni dei diritti umani per mano delle forze di sicurezza”, Continua a leggere

Il governo Draghi rafforza l’asse con la Turchia di Erdogan, con nuovi accordi di cooperazione, export di armi, per la guerra in Ucraina e in Libia, per i respingimenti dei migranti

Draghi: “Con i dittatori, chiamiamoli per quello che sono, di cui però si ha bisogno, bisogna essere franchi, ma cooperare”. L’interesse verso la Turchia fin dal suo discorso di insediamento, il 17 febbraio 2021: “Continueremo anche a operare affinché si avvii un dialogo più virtuoso tra l’Unione europea e la Turchia, partner e alleato Nato”.

Per questo governo imperialista, guerrafondaio, si tratterà anche di aiutare il fascio-islamico Erdogan nell’estradizione dei rifugiati curdi in Svezia, nella  repressione degli attivisti e politici curdi, nel supporto alle operazioni turche

Domani si terrà ad Ankara il terzo vertice intergovernativo italo-turco, il primo degli ultimi dieci anni: l’ultimo, infatti, si è svolto a Roma nel maggio 2012. L’incontro si inserisce nell’alveo di un complessivo rilancio della cooperazione bilaterale tra i due Paesi, peraltro già molto intensa su diversi fronti.

Oltre al presidente del Consiglio, Mario Draghi – che ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a margine del G20 di Roma (30 ottobre 2021) e dei vertici Nato di Bruxelles (24 marzo 2022) – saranno presenti ad Ankara anche i ministri Luigi Di Maio (Esteri), Lorenzo Guerini (Difesa), Luciana Lamorgese (Interno), Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico) e Roberto Cingolani (Transizione ecologica).

accordi e protocolli d’intesa in ambiti che vanno dalla cooperazione in materia di affari esteri e difesa al sostegno alle micro, piccole e medie imprese, guerra  in Ucraina, Libia. Altro capitolo delle relazioni bilaterali riguarda la questione migratoria: nel 2021, i migranti irregolari giunti in Italia sulla rotta del Mediterraneo orientale in partenza dalla Turchia sono più che triplicati.

Paese membro dell’Alleanza Atlantica e candidato all’Unione europea, la Turchia è il primo partner per l’Italia in Medio Oriente e Nord Africa. Nel 2021, l’interscambio si è attestato a 19,4 miliardi di euro (+27,7 per cento rispetto all’anno precedente), con esportazioni italiane per 9,5 miliardi (+23,6 per cento). Le relazioni economico-commerciali non si limitano all’interscambio commerciale: gli investimenti diretti italiani in Turchia ammontano a circa 6 miliardi di dollari e, secondo i dati del Ministero del Commercio turco, le aziende con capitale proveniente dall’Italia in Turchia sono oltre 1.500. Il paese è anche un importante partner energetico per l’Italia: il gasdotto Tanap (Trans-Anatolian Pipeline), che lo attraversa da est a ovest per poi collegarsi con la Tap, rappresenta la terza rotta di approvvigionamento di gas per l’Italia dopo i flussi dall’Algeria e dalla Russia, con volumi in aumento del +62,5 per cento.

USA: un altro omicidio di un giovane lavoratore afroamericano per mano della polizia razzista.

Di quale “democrazia” pretende essere un “modello” l’imperialismo Usa?

Akron, Ohio, Jayland Walker, 25anni, afro americano, crivellato dalla polizia con 60 colpi di pistola dalla polizia dopo un inseguimento, prima in auto e poi a piedi, nonostante fosse disarmato e dopo essere uscito dalla macchina. I poliziotti razzisti gli hanno sparato anche in faccia, ha detto a BuzzFeed News Bobby DiCello, l’avvocato della famiglia, citando le informazioni che la famiglia ha ricevuto dal capo della polizia di Akron Steve Mylett. “Sappiamo che è stato ammanettato dopo essere stato colpito e ucciso, ed è stato trovato con le mani ammanettate sulla schiena quando è arrivato il personale medico”, ha aggiunto DiCello.

L’avvocato ha detto che la famiglia di Walker è “inorridita” dalla sua morte. “Non ho mai visto il tipo di dolore e il tipo di dolore che sto vedendo oggi”, ha detto, aggiungendo che la madre di Walker, Pamela, è particolarmente devastata dai dettagli della sparatoria. “L’idea che 90 proiettili siano stati sparati contro suo figlio è qualcosa che non riesce proprio a capire”.

“Otto agenti di polizia di Akron, per lo più bianchi, hanno brutalmente ucciso Jayland Walker, sparandogli 60 volte. Sparare 60 volte a un altro essere umano è inconcepibile, raccapricciante, ed è l’ennesimo esempio di violenza della polizia contro i neri nel nostro paese. Ammanettare questo giovane dopo averlo ucciso ingrandisce ulteriormente il palese disprezzo per la vita dei Neri. Questo è un ciclo infinito di traumi e violenza sanzionata dallo stato.” dichiara Black Lives Matter.

In centinaia sono scesi in piazza ad Akron sabato e domenica dopo la pubblicazione del video della bodycam di uno degli ufficiali coinvolti nell’omicidio. Le proteste sono continuate per tutta la notte. Fuori dall’edificio del dipartimento di polizia di Akron, quello che sembrava essere gas lacrimogeno è stato sparato sulla folla per disperdere i manifestanti dopo che alcuni avevano rovesciato le barricate che circondavano il dipartimento.

L’anno scorso la polizia ha ucciso 1.139 persone, uno degli anni peggiori mai registrati. Questo ennesimo omicidio poliziesco è avvenuto DOPO che la polizia ha affermato di aver “promulgato riforme” e “reinventato la sicurezza pubblica” in seguito all’omicidio di George Floyd.

Vertice a Madrid: la Nato si rafforza sul sacrificio dei curdi e l’oppressione militare ovunque. Il governo Draghi in prima fila nelle scelte NATO di guerra, repressione e miseria

Gli Usa invieranno in Italia una batteria di difesa antiaerea che si aggiungerà alle 113 basi militari già presenti. Draghi dal canto suo è pronto a mobilitare altri 8 mila militari (oltre ai duemila già previsti) per aumentare lo sforzo bellico, garantendo “sicurezza” a Svezia e Finlandia, che entreranno nella Nato e saranno di nuovo libere di rimpolpare l’arsenale militare di Erdogan in cambio dell’estradizione dei rifugiati curdi e dei dissidenti politici turchi.

Da Osservatorio repressione

La Turchia «ha avuto quello che chiedeva» ha fatto sapere Erdogan. Cosa voleva? L’estradizione dei ricercati curdi rifugiati in Finlandia e Svezia e la revoca delle restrizioni sulle armi imposte dopo l’incursione militare della Turchia nel 2019 nel nord-est della Siria.

In nome dell’antiterrorismo e con la benedizione di Biden e del G7, Finlandia, Svezia e Turchia hanno firmato un memorandum trilaterale che apre la strada all’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia. Ingresso fin qui ostacolato proprio da Ankara.

In testa all’elenco dei ricercati di Erdogan ci sono gli esponenti del Partito dei lavoratori del Kurdistan, (Pkk) e della sua estensione siriana (Ypg).

Ora la Svezia per entrare in una organizzazione crimanale mondiale, accetta il ricatto di Erdogan e molti dei quasi 85mila curdi presenti in Svezia (16mila nella vicina Finlandia), rischiano l’estradizione: il che significa, nel migliore dei casi, la galera a vita a regime carcerario duro. Nel peggiore torture e assassinio politico. Tanto per capirci: è come se negli anni ’70 i paesi europei avessero estradato i profughi cileni, argentini e delle dittature latinoamericane, consegnandoli ai campi di concentramento e ai plotoni d’esecuzione.

Ma è d’obbligo chiedersi che ne sarà dei giornalisti curdi e degli esponenti dell’opposizione rifugiati in Svezia e Finlandia. Quando glielo ha chiesto una giornalista, Stoltenberg ha risposto che lo leggeremo presto sul sito della Nato.

Garantiscono che l’estradizione avverrà esclusivamente su accuse provate e secondo quanto previsto dalla convenzione europea. Ci possiamo fidare? Bisognerebbe chiederlo alle migliaia di dissidenti, giornalisti, oppositori politici, attivisti LGBTQ incarcerati in questi ultimi anni.

Lo scorso 26 giugno, nel centro di Istanbul, centinaia di persone sono state arrestate (senza contare quelle picchiate e perquisite) per aver marciato con l’Istanbul Pride Parade nonostante il divieto delle autorità.

Fino al 2014 la Turchia è stata uno dei pochi paesi a maggioranza musulmana a consentire la Marcia dell’Orgoglio. Poi, con l’arrivo di Recep Tayyip Erdogan, le marce sono state bandite. E chi osa scendere in piazza deve affrontare violenze, lacrimogeni, proiettili di plastica e arresti.

L’associazione degli avvocati MLSA ha denunciato che tra i detenuti c’è anche Bülent Kilic, un fotografo di Agence France-Presse.

Ora per fare il lavoro sporco al posto nostro con i migranti, ora per trattare con Putin, ora per allargare il raggio atlantista, l’Occidente continua a riconoscere il regime osceno di Erdogan come se niente fosse.

Tiziana Barillà

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da Radio Onda d’Urto

Siglato intanto tra Svezia, Finlandia e Turchia un memorandum sull’ingresso nella NATO dei due paesi scandinavi che prevede la ripresa dell’ export di armi, l’estradizione dei rifugiati curdi in Svezia, repressione degli attivisti e politici curdi, supporto incondizionato alle operazioni turche in caso di “Minaccia alla sicurezza nazionale” , la formula che lo stato turco usa per giustificare ogni operazione militare, comprese le invasioni in Rojava e in nord Iraq, ma anche le operazioni contro l’opposizione interna.

Quale è il messaggio più forte che parte da Madrid? Cosa si intende per “Nuovo concetto strategico” della Nato?

Fulvio Scaglione Lettere da Mosca Ascolta o scarica

Antonio Mazzeo giornalista e attivista contro la guerra Ascolta o scarica
Achille Lodovisi analista esperto di strategie e politica internazionale Ascolta o scarica

La Francia respinge la richiesta di estradizione degli esuli politici italiani

Si chiude nel migliore dei modi possibili l’ennesimo tentativo, tanto vergognoso quanto infame, da parte dello Stato italiano di soddisfare la sua sete di vendetta, accanendosi contro dieci esuli politici italiani che da 40 anni vivono e lavorano in Francia.

La Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi ha pronunciato ieri un “avis défavorable” in merito alla domanda di estradizione richiesta dall’Italia nei loro confronti.

Quella che era stata battezzata come l’operazione “Ombre Rosse” si chiude quindi con un fallimento totale per lo Stato italiano, nonostante il clamore mediatico e gli ignobili articoli della stampa mainstream assetata di vendetta, a seguito dell’arresto un anno fa di alcuni di questi esuli condotto dalla Direzione anti-terrorismo francese (SDAT) in collaborazione con l’Antiterrorismo della Polizia italiana e Servizio di cooperazione internazionale della Criminalpol.

All’udienza di ieri erano presenti Enzo Calvitti, Narciso Manenti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi, Maurizio di Marzio, Raffaele Ventura e Luigi Bergamin. L’unico assente era Giorgio Pietrostefani, le cui gravi condizioni di salute non gli avevano già consentito di essere presente alle precedenti udienze che lo riguardavano.

Al Tribunale erano anche presenti alcuni provocatori che, guidati dal deputato della Lega Daniele Belottihanno gridato assassini” durante la lettura della decisione. Speravano in un esito diverso, ovvero di veder condannati questi esuli (in gran parte settantenni) a pene detentive dalle condizioni psico-fisiche disumane.

Dal PD si esprime “delusione” per questa sentenza, giudicandola una “decisione grave” invocando “la sofferenza dei familiari e la memoria delle vittime”, dimenticandosi delle migliaia di giovani, militanti e non, uccisi dalla violenza dello stragismo fascista e di Stato o torturati nei commissariati e nelle carceri speciali.

Considerazioni squallide da parte di due partiti che si trovano uniti sotto il governo Draghi, battezzato proprio dall’arresto degli esuli in Francia che aveva accresciuto l’aura di legittimazione costruita dai media mainstream asserviti intorno a “Super Mario” come salvatore della patria.

Dall’altro lato, invece, quest’anno è stato affrontato con uno stato d’animo ed emotivo sofferto, con la paura di vedere distrutta un’intera vita ricostruita con sacrifici e difficoltà nel corso di questi 40 anni in Francia: relazioni familiari, amicizie, impegni in ambito sociale, accanto ad un comportamento irreprensibile sempre sotto occhiuta sorveglianza.

Una paura che aveva cominciato a farsi sentire quando, dopo l’arresto di Cesare Battisti in Bolivia e la sua estradizione in Italia accolta in gran pompa mediatica da Salvini e Di Maio, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si augurava che “tutti i latitanti fuggiti all’estero” fossero “consegnati alla giustizia italiana per scontare la pena per i gravi crimini di cui si sono macchiati”.

Se qualcuno sperava in una “estradizione rapida”, in realtà l’operazione aveva cominciato a sgonfiarsi già nelle sue prime settimane. Nel corso di quest’anno ha avuto luogo una lunga serie di udienze, spesso rinviate per consentire l’invio dall’Italia del “complemento di informazioni” relativo alle condanne pronunciate in molti casi oltre 30 anni fa, oltre agli elementi riguardanti la prescrizione dei reati e la condanna in contumacia.

La giustizia francese ha respinto la domanda di estradizione, nonostante i tentativi politici di influenzarne la decisione: dalla presenza dell’avvocato William Julié in qualità di rappresentante dello Stato italiano alle dichiarazioni dell’ex ministro della Giustizia francese Eric Dupond-Moretti, il quale aveva paragonato gli “ex terroristi italiani” arrestati in Francia ai jihadisti del massacro del Bataclan: “Avremmo mai accettato che uno dei terroristi del Bataclan, ad esempio, se ne fosse andato a vivere 40 anni, tranquillamente, in Italia?”.

Si è scongiurato il rischio che i corpi e la memoria di questi esuli, che in Francia hanno trovato una forma de facto di “asilo” grazie ai principi della comunemente nota “dottrina Mitterand”, diventassero merce di scambio tra il governo francese e quello italiano per rafforzare la loro intesa reciproca.

Da un articolo di Contropiano

Di seguito il commento a Radio Onda d’Urto di Frank Cimini, cronista giudiziario, si occupa di carcere e giustizia dai tempi di Soccorso Rosso. Ascolta o Scarica

Torino, oltre 50 anarchici denunciati per aver occupato, a tempo, l’Astanteria Martini nell’ambito della tre giorni di mobilitazione internazionale contro guerre e frontiere.

Dalla stampa borghese:

“Liberata” l’Astanteria Martini: denunciati più di 50 anarchici

Domenica nel mirino dei manifestanti anche il Cpr e le sedi di Alenia e Leonardo

Sono più di 50 gli anarchici che sono stati identificati e denunciati dalla Digos in seguito all’occupazione abusiva dei locali dell’Astanteria Martini di via Cigna. Si tratta in gran parte di persone già note per episodi simili, vicine agli ambienti dell’ex Asilo occupato di via Alessandria e dell’ex Molla di via Bersezio. Molti torinesi quindi, ma ci sono anche persone provenienti da Milano, Cuneo, Rovereto, Ferrara, Palermo, Brescia e cinque francesi. E del resto l’appello che era stato lanciato online nei giorni precedenti all’occupazione era abbastanza chiaro: «Portatevi le tende». Il “campeggio” per ospitare chi arrivava da fuori Torino in occasione della tre giorni di mobilitazione anarchica, è stato allestito nei locali abbandonati dell’ex Astanteria, che da ieri sono tornati a essere liberi: gli anarchici li hanno lasciati e Asl e Digos, dopo i sopralluoghi di rito, hanno provveduto a sigillarli. Gli anarchici saranno chiamati a rispondere, oltre che di occupazione abusiva, anche di danneggiamento.

L’ex Astanteria era stata occupata venerdì per farne la sede di dibattiti e incontri per un’iniziativa internazionale contro guerre e frontiere. E proprio da qui, domenica, è partita parte dei circa 150 anarchici che hanno raggiunto, per una preannunciata manifestazione di protesta, il Cpr. Qui hanno trovato ad attenderli un folto schieramento di forze di polizia e proprio approfittando di questa “distrazione” due gruppetti più esigui hanno raggiunto indisturbati le sedi di Alenia e Leonardo – nel mirino per il proprio impegno nell’industria bellica – che sono state imbrattate con scritte, catrame e vernice rossa. I responsabili sono poi scappati prima dell’arrivo sul posto delle forze dell’ordine, che ora stanno acquisendo i filmati delle telecamere di videosorveglianza che insistono nelle aree interessate e in quelle immediatamente adiacenti, nella speranza di trovare elementi sufficienti a identificarli e a denunciarli.

Più tranquilla la manifestazione al Cpr di corso Brunelleschi, dove gli anarchici hanno esposto cartelli, intonato cori e lanciato fuochi d’artificio, rivolgendosi anche direttamente – con un megafono – agli extracomunitari reclusi all’interno della struttura, prima di darsi appuntamento ai giardini della Colletta dove la mobilitazione si è definitivamente conclusa.

Strage di Melilla, salgono a 45 i migranti uccisi alla frontiera dalla “democrazia” europea e dall’imperialismo

Decine di corpi senza vita o agonizzanti impilati uno sull’altro e vigilati da un cordone di gendarmi marocchini in assetto antisommossa, ai piedi di una recinzione che venerdì 500 subsahariani hanno tentato di scavalcare per approdare nell’enclave spagnola in Marocco.

I bilanci ufficiali di Rabat sono stati ben presto raddoppiati; dalla vicina città marocchina di Nador le Ong hanno elevato il conteggio a 37 morti, che le autorità si stanno sbrigando a seppellire in alcune fosse comuni, denuncia l’Associazione Marocchina per i Diritti Umani, senza identificazioni o autopsie. Coloro che portano avanti le proteste nel Paese iberico affermano che i morti sono almeno 45 e che molti dei feriti gravi potrebbero aumentarne il numero. Immagini e racconti dei sopravvissuti hanno denunciato il trattamento brutale riservato ai migranti dagli agenti marocchini, il cui comportamento violento non è certo estraneo ai decessi per soffocamento o schiacciamento. Foto e video ritraggono gli agenti marocchini entrare in territorio spagnolo per «riprendersi» alcuni dei profughi che erano riusciti a varcare la frontiera.

Ma se il Marocco è stato l’esecutore materiale della strage, l’Unione Europea e la stessa Spagna l’hanno finanziata. Da un lato il governo finto sinistro spagnolo ha accolto senza indugi 100 mila rifugiati ucraini, bianchi e cristiani, dall’altro si è schierato vergognosamente con il Marocco nell’occupazione del territorio legittimo del popolo Saharawi,  elogiando l’operato della gendarmeria marocchina e della Guardia Civil, e considerando invece il disperato tentativo di profughi africani e neri in fuga dalle guerre, dalla fame e dai cambiamenti climatici esportati in tutto il mondo dai paesi imperialisti, un’”aggressione all’integrità territoriale spagnola”.

Si parla molto di come il Marocco utilizzi la migrazione per “ricattare” la Spagna, ma questa è solo una parte della storia, i flussi migratori si dirigono naturalmente verso il Marocco da decenni perché lo stretto è il punto più breve per attraversare il Mediterraneo. Ma nel 2006 Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) ha avviato trattative con il Marocco culminate in un accordo con il quale quest’ultimo si impegnava a non far passare NESSUNO in cambio di succulenti fondi per «aiuti allo sviluppo» e trattamenti preferenziali nelle sue relazioni commerciali con l’Ue (tra il 2007 e il 2020, secondo i dati della Commissione Europea, il governo marocchino ha ricevuto 13.000 milioni di euro di aiuti da Bruxelles). Per l’Unione Europea si trattava di un modo per “esternalizzare” la violazione dei diritti umani: potevano dire che l’Ue rispettava i diritti umani, e se il Marocco non li rispettava al confine con la Mauritania, non erano affari loro.

Il Marocco ha rispettato la sua parte dell'”accordo” con l’UE per anni e ne ha tratto profitto. Ma il Marocco non è l’unico “portiere” dell’Unione Europea. L’altro è la Turchia, e sembra che gli accordi con la Turchia, soprattutto a seguito delle migrazioni siriane, siano più appetibili di quelli stabiliti anni fa con il Marocco, con il quale l’Unione Europea ha avviato trattative per raggiungere un accordo simile a quello con la Turchia.

Di seguito Un comunicato di Atik Turchia sul massacro di Melilla

A Melilla sta accadendo un nuovo massacro di migranti!

Un massacro di profughi è in corso a Melilla, che è stata governata come colonia dalla Spagna dal 1497 ed è completamente circondata dai confini del Marocco.

I massacri delle persone sfollate nella spirale dell’occupazione imperialista e della guerra sulle rotte migratorie, della crescente povertà nel nostro mondo a causa dell’economia capitalista continuano incessantemente.

Secondo le prime cifre, si afferma che 29 immigrati sono morti a causa del blocco posto sia dal Marocco che dalla Spagna e dalla fuga precipitosa. Questa mobilità migratoria, che è legata all’esistenza del sistema capitalista, aggiunge nuove pene alla memoria dell’umanità con le sue “misure sproporzionate”.

Proprio ieri, quello che è successo al confine tra Bielorussia e Polonia, le barche che sono affondate nelle acque del Mediterraneo con le vite che erano ancora vive nella nostra memoria, l’odierna strage di Melilla ci ha mostrato che la lotta contro questo sistema è essenziale.

Il ministro degli Esteri spagnolo Jose Manuel Albares, che ha affermato che il vertice della NATO che si terrà a Madrid il 28 e 30 giugno “è un punto di svolta per la sicurezza della NATO e dell’Europa”, ha suggerito che la sicurezza sarebbe un attacco ai profughi alle frontiere. Dopo gli eventi di Melilla, “a nome del governo spagnolo, vorrei ringraziarvi per la straordinaria collaborazione che abbiamo avuto con il governo marocchino, che dimostra la necessità di migliori relazioni e di stretta collaborazione. Purtroppo, come abbiamo visto negli eventi di Melilla di oggi, si è visto che è necessaria una stretta collaborazione nella lotta contro l’immigrazione irregolare”, ha affermato il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, ammettendo come il massacro sia stato compiuto insieme.

Sono capitalisti!

Milioni di persone scendono in strada nella speranza di trovare una vita e condizioni economiche più sane per ragioni quali politiche economiche, occupazioni, guerre locali, povertà, fame e cambiamenti climatici attuati ogni anno. Secondo i dati attuali, quasi 85 milioni di persone lasciano le proprie terre e continuano a vivere come rifugiati in altri paesi.

Milioni di persone, alle prese con la fame, la guerra e la povertà, cadono sulle rotte migratorie a costo della vita per questi motivi. Non dobbiamo tacere in questa situazione, che è contraria ai diritti umani e alle libertà internazionali.

Gli attacchi contro gli immigrati rimangono senza rallentare

Gli immigrati che lavorano con i proprietari di questo sistema nei loro paesi rimangono a essere presi di mira. Centinaia di persone, tra cui 2 membri dell’ATIK e 3 membri dell’YDG, sono state arrestate durante le proteste contro il vertice del G7 tenutesi a Palazzo Elmau nelle Alpi Bavaresi, a circa 100 chilometri a sud di Monaco in Germania. Questi stessi stati che sono la causa della guerra dell’Ucraina e delle nuove ondate migratorie.

Il nostro appello a tutti gli immigrati e le istituzioni indigene!

Non dobbiamo tacere sulla strage di immigrati a Melilla. Come forze democratiche in Europa, dobbiamo attirare l’attenzione su tutti i problemi che devono affrontare i rifugiati, mostrare solidarietà e intensificare la lotta per i loro diritti fondamentali.

Il diritto al rifugio è un diritto umano, non può essere prevenuto con le recinzioni, aprire i confini!

Viva la Solidarietà Internazionale!