Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

Torino… E hanno anche il coraggio di arrestarci! Comunicato del movimento studentesco

Era gennaio quando la notizia di Lorenzo Parelli morto durante uno stage in alternanza scuola-lavoro squarciò il velo della normalità alla quale dovremmo essere abituati secondo chi comanda. Lorenzo aveva 18 anni e quel giorno invece di andare a scuola morì schiacciato da una putrella, sul posto di lavoro deciso dal suo istituto scolastico. Da quel momento in tantissime città d’Italia tantissimi giovani sono scesi in strada, hanno occupato le scuole, hanno preso in mano il loro presente per costruire un futuro più giusto e vivibile. È nato un movimento, un’agitazione viva e trasversale, che ha reso palpabile la richiesta chiara e semplice di voler vivere bene, di non essere costretti a lavorare invece che studiare, di farlo in condizioni umane. Dopo due anni di pandemia i bisogni e i desideri di una vita bella si sono fatti sempre più dirompenti, alimentati dalla dura e violenta risposta delle istituzioni sia scolastiche che cittadine.

A Torino la prima manifestazione indetta in ricordo di Lorenzo venne brutalmente repressa impedendo fisicamente agli studenti e alle studentesse presenti in piazza Arbarello di partire in corteo. Dita, braccia, teste rotte per silenziare un grido di rabbia giusta. Successivamente numerosissime furono leoccupazioni delle scuole nella nostra città e in tantissime città d’Italia, qui ci siamo ripresi il tempo negato, lo spazio chiuso e asettico degli istituti scolastici è stato riempito dai nostri bisogni, dalle nostre volontà, dalla nostra voglia di stare al mondo come lo decidiamo noi. Davanti a tutto questo il Ministro Bianchi, le istituzioni scolastiche, i responsabili dell’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro non hanno preso parola né hanno mosso un dito per ascoltare le rivendicazioni che hanno attraversato le scuole di tutta Italia. Anzi, hanno lasciato fare ad altre istituzioni, quelle poliziesche e giudiziarie, che nulla hanno a che spartire con il mondo della formazione, hanno lasciato che gestissero le manifestazioni di migliaia di giovani e giovanissimi trattandoli alla stregua di pericolosissimi criminali. Hanno lasciato agire indisturbate le forze dell’ordine come guardia privata di Confindustria, prontamente difesa dalla ministra degli interni Lamorgese, fracassando di botte chi non ha accettato la morte di Lorenzo e di Giuseppe, coetanei uccisi dal governo e dagli interessi degli industriali di questo paese. Ricordiamo la richiesta degli studenti e delle studentesse davanti al MIUR, a seguito dei tentativi di dividere il movimento tra buoni e cattivi, di prendere posizione e ascoltare finalmente le rivendicazioni di migliaia di giovani.

È evidente il tentativo di silenziare una voce forte e determinata e di negare l’autonomia e la capacità di movimento dei giovani che non vedono più possibilità per il futuro e che considerano insopportabili le condizioni di scuola, di lavoro e di vita a cui sono sottoposti. È evidente come funzioni il sistema politico di questo paese, i suoi interessi e le sue priorità: davanti a due studenti uccisi dall’alternanza scuola-lavoro, davanti a centinaia di migliaia di giovani inascoltati, davanti a decine di studenti e studentesse ferite l’unica risposta è stata preservare il profitto e la strenua volontà di perpetrare un sistema atto a produrre e guadagnare sulla pelle delle persone. Oggi arriviamo al nuovo vergognoso capitolo di questa storia: 11 misure cautelari di cui tre arresti in carcere e quattro ai domiciliari, oltre a obblighi di firma giornalieri. Un’operazione indegna nei confronti di poco più che maggiorenni per delle manifestazioni studentesche crea un precedente inaccettabile, da rifiutare con tutte le nostre forze.

Non possiamo stare zitti di fronte a un attacco simile atto ancora una volta a disgregare la solidarietà e gli esperimenti di comunità, a distruggere legami basati su altri principi, volti a costruire un presente e un futuro a misura delle nostre aspettative e dei nostri desideri. Vogliamo libertà, la libertà per i nostri amici e le nostre amiche, vogliamo risposte e vogliamo chiedere conto di tutto questo.

Torino – Arrestati studenti del movimento contro l’alternanza scuola-lavoro

Ieri a Torino sono state emesse diverse misure cautelari contro giovanissimi e studenti in riferimento ai fatti del 18 febbraio a Torino quando un partecipatissimo corteo studentesco ha portato le proteste contro l’alternanza scuola-lavoro sotto Confindustria dopo la morte di Lorenzo e Giuseppe.

Le mobilitazioni erano nate in risposta alla morte dei due giovani durante uno stage in alternanza scuola-lavoro, a Torino la prima manifestazione era stata duramente repressa da parte della violenta gestione di piazza con il risultato di decine di feriti tra studenti e studentesse. Nei mesi successivi si sono susseguite occupazioni di istituti scolastici e cortei con la rivendicazione chiara di abolire l’alternanza scuola-lavoro e per una scuola più vivibile. Oggi tre studenti sono stati tradotti in carcere, quattro ai domiciliari tra cui una studentessa per il solo fatto di aver parlato al megafono e altri quattro con l’obbligo di firma giornaliero.

La persecuzione giudiziaria nei confronti di chi si oppone al modello di scuola esistente non ha colpito solo a Torino ma anche a Roma ed in altre città del nostro paese. Questo è il modo in cui le istituzioni affrontano ormai da tempo le richieste dei giovani che si trovano un presente devastato ed un futuro incerto a causa di una classe politica ed imprenditoriale che ha messo al primo posto il profitto sopra ogni cosa.

La capacità di movimento, l’autonomia e la forza espressa da studenti e studentesse in occasione delle mobilitazioni di febbraio è stato un segnale importante in mezzo alla rassegnazione ed alla fatica che si vive ogni giorno sulla propria pelle tra la pandemia e l’esplosione della guerra in Ucraina.

Un segnale che vuole essere ad ogni costo silenziato, con un’operazione invocata a gran voce dalla Ministra Lamorgese per provare a spaccare l’unità studentesca e scomporre quella volontà di cambiare le traiettorie delle proprie esistenze verso una vita più dignitosa e una formazione che risponda alle esigenze dei giovani finalmente.

Il clima a Torino ormai da anni è sempre più militarizzato e securitario e i temi sociali vengono ridotte costantemente a questioni di ordine pubblico. A tal punto da mandare in carcere e ai domiciliari giovani appena maggiorenni. Ma la rabbia di una generazione non disposta a piegarsi tracima da ogni fessura di questa città asfittica.

da infoaut

Contro la repressione antiproletaria, presenza solidale e militante davanti al Palazzo di Giustizia a Milano

Il 25 maggio va in scena l’attacco giudiziario alla lotta di classe

Sciopero DHL

Nel marzo 2015 dopo un lungo ciclo di scioperi davanti ai cancelli della DHL – colosso della logistica nazionale e internazionale – di Settala e Liscate, in concomitanza dello sciopero generale della logistica indetto dal SiCobas, venne organizzata una presenza di massa alla DHL di Settala. Una giornata di lotta importante che coniugava una piattaforma nazionale di rivendicazioni per tutti i lavoratori della logistica ad una dura vertenza interna per migliori condizioni di lavoro e di agibilità sindacale. Quel ciclo di lotte portò alla firma di un accordo sindacale che ha migliorato le condizioni di vita per centinaia di lavoratori e lavoratrici, ottenendo il risultato non secondario di far emergere il modus operandi di questa (come di tutte) multinazionale della logistica che sarà in seguito indagata per una frode milionaria ai danni dei lavoratori.

Eravamo in tantissimi davanti a quei cancelli, sbarrati durante la notte per una serrata dei padroni; lavoratori, studenti, compagni e compagne accorsi in solidarietà alla lotta degli operai e delle operaie della DHL per un’assemblea operaia di massa sulle motivazioni dello sciopero, inquadrando la giornata in una prospettiva di classe e per il ribaltamento dei rapporti di forza all’interno dei luoghi di lavoro e della società nel suo insieme. Per quella bella e combattiva assemblea di lotta, diversi compagni solidali e lavoratori sono stati condannati in primo grado a pesanti pene da 1 anno e 8 mesi fino a 2 anni 3 mesi e 2 anni 6 mesi evidenziando cosi un salto qualitativo e importante della repressione nei confronti del movimento di lotta sindacale politico dei lavoratori della logistica come elemento qualificante e avanzato della lotta di classe in Italia. II prossimo 25 maggio si svolgerà il processo di secondo grado per 7 compagni del Csa Vittoria e del SI Cobas incluso il coordinatore nazionale. 

Crediamo importante sollecitare una presenza in tribunale per sostenere gli imputati e rivendicare il diritto di sciopero e che la repressione non fermerà, come non ha infatti fermato, le lotte dei lavoratori.  Dopo anni di attacco alle lotte operaie con cariche davanti ai cancelli e fogli di via e arresti e processi  contro i militanti dell’ opposizione di classe, i venti di guerra e l’escalation guerrafondaia del governo Draghi diventano il quadro di contesto che servono a motivare e a spingere per un irrigidimento repressivo nei confronti dell’espressione del dissenso e della resistenza di classe alla ristrutturazione in corso. Ma la repressione non ferma la lotta di classe.

MERCOLEDI 25 MAGGIO ORE 8,30 presenza davanti ai cancelli del Palazzo di Giustizia – ORE 9,00 presenza in aula in solidarietà agli imputati.Csa Vittoria – SiCobas

41bis=tortura – Il 18 maggio a L’Aquila, conferenza stampa

Il 18 maggio 2022 al Tribunale di L’Aquila, si terrà l’udienza, con giudizio immediato, nei confronti di 31 attiviste e attivisti raggiunti da un decreto penale di condanna, per aver manifestato, il 24 novembre 2017, contro la tortura del 41 bis e l’accanimento vessatorio dell’amministrazione penitenziaria nei confronti della prigioniera politica Nadia Lioce.

Quel giorno infatti si teneva la terza udienza di un processo alla detenuta, accusata di aver turbato la quiete di un carcere che l’ha sepolta viva, attraverso una serie di “battiture” delle sbarre con una bottiglietta di plastica.

La protesta della Lioce ebbe luogo da marzo a settembre 2015, in seguito alla sottrazione di documenti e atti giudiziari dalla sua cella, e si interruppe quando questi le vennero restituiti. Oltre a comminarle una settantina di provvedimenti disciplinari, fu trascinata a processo per essersi opposta a un decreto penale di condanna con cui si pretendeva il risarcimento dei “danni” arrecati al blindo da una bottiglietta di plastica.

Quel processo, e la mobilitazione conseguente, scoperchiarono un vero e proprio vaso di Pandora, da cui fuoriuscirono prepotentemente tutti i mali del regime speciale. Un regime che vieta l’uso della parola, lo studio, la lettura, la scrittura, il confronto con gli altri, cosicché lo stesso reato per cui Nadia Lioce veniva perseguita si configurava come un reato impossibile. E infatti fu assolta.

Ma Nadia Lioce è ancora in 41 bis e chi aveva protestato contro un regime indegno di uno stato di diritto, viene oggi trascinato a processo, sulla base di una legge fascista e politica (art. 18 comma V del RD del 18 giugno 1931), come politico è il silenzio assordante sulle torture e i massacri nelle carceri, usate come vere e proprie discariche sociali e soprattutto come deterrente delle lotte sociali.

Per questo anche il nostro processo sarà un processo politico, e in occasione dell’inizio dell’udienza, invitiamo tutte e tutti a partecipare alla conferenza stampa al Bistrò L’altra Elodia, di fronte al Tribunale dell’Aquila, il 18 maggio alle ore 10:00, per riprendere la parola e la critica contro un sistema politico che fa della repressione poliziesca e della barbarie del carcere, gli strumenti principali per il controllo sociale.

Nodo aquilano del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario e del Soccorso rosso proletario

Torture e trattamenti disumani in Turchia in aumento negli ultimi 6 anni

Da un rapporto dello Stockholm Center for Freedom (SCF) relativo al 2021, emerge che la Turchia ha sperimentato una marcata recrudescenza della tortura e dei maltrattamenti in custodia negli ultimi sei anni e soprattutto dopo un tentativo di colpo di stato del 15 luglio 2016. La mancanza di condanne da parte degli alti funzionari e la disponibilità a nascondere le accuse piuttosto che indagare su di esse sono risultate in una diffusa impunità per le forze di sicurezza.

La Turchia è parte di diverse convenzioni internazionali che hanno diversi meccanismi di revisione e ispezione come le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa (CoE) e l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Secondo le informazioni pubblicate sul sito web del Ministero degli Affari Esteri turco  , il Paese è attualmente parte di 16 convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani e 121 delle 225 convenzioni del CdE e ha firmato altre 31 convenzioni.

Eppure nel recente passato il governo turco ha continuamente disatteso le disposizioni della costituzione e non ha rispettato i suoi obblighi internazionali. Ad esempio, la Turchia ha bloccato per quattro anni  la pubblicazione di un rapporto  di una delegazione del CdE che ha effettuato una visita conoscitiva in Turchia nel 2016 per indagare sulle accuse di tortura e maltrattamenti negli istituti penitenziari turchi.

Il Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) ha confermato in due rapporti pubblicati nell’agosto 2020 l’esistenza continua di maltrattamenti, torture, interrogatori informali e accesso limitato a un avvocato, nonché un sistema di screening medico nelle strutture di detenzione turche.

Ecco alcune delle novità più importanti del 2021 nel campo della tortura e dei trattamenti disumani:

Detenuta che ha affermato che le guardie carcerarie l’hanno picchiata e molestata sessualmente è stata trovata morta nella sua cella

Garibe Gezer, una detenuta che ha affermato di essere stata picchiata e molestata sessualmente dalle guardie carcerarie nella prigione di Kandıra di Kocaeli, è stata trovata morta nella sua cella a dicembre. “Era una vittima di tortura. Era in cella d’isolamento [a causa di un’azione disciplinare]”, ha detto il suo avvocato e difensore dei diritti umani Eren Keskin. “Come può una donna impiccarsi in una cella?” Di più..

L’educatore İnandı è stato torturato e il suo braccio rotto in 3 punti, dice la moglie

Orhan İnandı, un educatore turco-kirghiso reso dal Kirghizistan dall’Organizzazione nazionale di intelligence turca (MİT), è stato torturato e il suo braccio destro rotto in tre punti da agenti di sicurezza turchi, ha detto sua moglie Reyhan. Di più..

Il principale tribunale turco ha stabilito che l’ex insegnante è stato torturato durante la custodia della polizia

La Corte costituzionale turca ha stabilito il 18 maggio 2021 che un ex insegnante arrestato per legami con il movimento Gülen è stato torturato durante la detenzione e i suoi diritti sono stati violati. Di più..

L’attivista Öztürk afferma di essere stata sottoposta a brutali torture in un centro di detenzione segreto

Ayten Öztürk, 47 anni, che si descrive come un’attivista socialista, ha affermato di essere stata sottoposta a gravi torture e molestie sessuali in un centro di detenzione segreto ad Ankara nel 2018. Öztürk ha affermato di aver perso 25 chili durante la detenzione. “Mi hanno detto che avevano l’autorità di farmi qualsiasi cosa”, ha detto. “Mi hanno detto che avrebbero continuato a torturarmi finché non avessi collaborato con loro. Di più..

Soldati turchi avrebbero torturato due uomini iraniani al posto di frontiera, uccidendone uno

Due trafficanti iraniani sarebbero stati vittime di abusi e torture in un posto dell’esercito al confine iraniano, nella provincia turca di Van. I due uomini, Hasan Kecelanlu e Behnam Semedi, sono stati trattenuti in una stazione di polizia in un villaggio di confine dove sarebbero stati picchiati, aggrediti con coltelli e torturati con acqua fredda. Di più..

Sono stato fulminato, picchiato e reso impotente, dice la vittima delle torture

Ayhan Demir, 45 anni, ha affermato di essere stato reso impotente a causa delle torture sessuali e dell’elettrocuzione a cui è stato sottoposto durante la sua detenzione nell’unità antiterrorismo del dipartimento di polizia di Mersin nel settembre 2016, a causa dei suoi presunti legami con il movimento Gülen. Di più..

La corte suprema turca ha multato il governo per la tortura nella provincia di Afyon e ha chiesto indagini sui colpevoli

La Corte costituzionale turca si è pronunciata a favore di un ricorrente che ha affermato di essere stato torturato per 25 giorni durante la sua detenzione presso il quartier generale della polizia di Afyon nel 2016, ordinando al governo turco di pagare 50.000 TL (6.000 dollari) a titolo di risarcimento non patrimoniale e di avviare un’indagine sul autori. Di più..

Il pubblico ministero non trova motivi per un’azione legale contro i poliziotti che avrebbero maltrattato minori curdi

L’ufficio del pubblico ministero di Van ha affermato che non vi erano motivi per un’azione legale contro i poliziotti che avrebbero maltrattato tre minori curdi in detenzione nella provincia di Van. I ragazzi, identificati come ÖS, 14, Ş.Y., 16 e OD, 17, sono stati arrestati il ​​15 febbraio 2019 per possesso di sostanze nocive, resistenza alla polizia e affiliazione a un’organizzazione terroristica. Sono stati picchiati durante la detenzione e avevano gonfiore, lividi e tagli sui loro corpi. Le loro ferite sono state documentate in fotografie e referti medici. Di più..

Gli studenti detenuti nelle proteste in corso a Boğaziçi rivelano torture e minacce della polizia turca

“Siamo stati detenuti intorno alle 16:30 e costretti ad aspettare in autobus fino alle 5 del mattino. L’ambiente stesso era [una specie di] tortura. Siamo stati picchiati molto. Mi fanno ancora male le spalle”, ha detto lo studente dell’Università di Istanbul Elif Üçerli. Di più..

I sospetti sul presunto suicidio del 17enne in prigione sono cresciuti poiché la registrazione delle sue ultime ore era irrecuperabile

Un DVD contenente le registrazioni delle ultime ore di Kadir Aktar, un ragazzo di 17 anni che si sarebbe suicidato in carcere, si è rivelato danneggiato, aumentando i sospetti sulla sua morte. Di più..

L’ex colonnello rivela la foto di soldati torturati nella moschea durante il tentativo di colpo di stato del 15 luglio

Un ex colonnello ha twittato una foto di soldati in una moschea con evidenti segni di maltrattamento e tortura scattata poco dopo un tentativo di colpo di stato in Turchia il 15 luglio 2016. Sono state diffuse affermazioni secondo cui soldati che sono stati portati in centri di polizia, impianti sportivi e moschee dopo che il colpo di stato fu represso furono oggetto di torture e maltrattamenti. La foto è un’apparente conferma delle accuse. Di più..

L’uomo presumibilmente rapito dalle informazioni turche a Istanbul ha raccontato i dettagli della tortura

Gökhan Güneş, che è tornato a casa quasi una settimana dopo essere stato presumibilmente rapito da ufficiali dell’intelligence turca in pieno giorno a Istanbul, ha affermato di essere stato torturato e minacciato durante la sua sparizione forzata. Di più..

Le registrazioni delle telecamere a circuito chiuso alla stazione di polizia hanno rivelato il trattamento brutale del detenuto

Le registrazioni delle telecamere a circuito chiuso appena emerse di un uomo morto in custodia di polizia il 5 giugno a Istanbul hanno mostrato diversi poliziotti che lo trattenevano e un poliziotto che emergeva dal suo interrogatorio con la mano insanguinata. Di più..

Un ufficiale militare epurato ha rivelato la tortura durante la custodia della polizia ad Ankara

Un ufficiale militare epurato, detenuto a gennaio ad Ankara per presunti legami con il movimento Gülen, ha rivelato torture e altri maltrattamenti in custodia di polizia. Di più..

Il politico curdo ha parlato di gravi violazioni dei diritti e torture nel centro di detenzione della polizia

İbrahim Halil Baran, presidente del Partito del Kurdistan (PAKURD), ha affermato di aver assistito a gravi violazioni dei diritti umani e torture in un centro di detenzione della polizia nella città sudorientale di Şanlıurfa, in Turchia. Di più..

La polizia turca ha aggredito sessualmente il sergente della marina, minacciandolo di stupro di sua figlia

Un sergente della marina in un’unità d’élite delle forze speciali ha testimoniato in tribunale sulle torture subite da lui e dai suoi colleghi per mano della polizia turca, rivelando alcuni dei raccapriccianti dettagli degli abusi, tra cui aggressioni sessuali e minacce di violentare sua moglie e sua figlia. Di più..

Le registrazioni delle telecamere a circuito chiuso tenute segrete al pubblico hanno rivelato torture e abusi in Turchia

Le registrazioni delle telecamere a circuito chiuso tenute segrete dal governo turco hanno confermato la testimonianza di decine di gendarmi che nel 2016 hanno subito torture e abusi per mano di teppisti che lavoravano per le forze speciali di polizia. Di più..

L’ex insegnante ha detto che la tortura da parte della polizia è comune nella provincia turca di Afyon

“Durante i miei 10 giorni di detenzione, ho potuto sentire le urla di altri detenuti che venivano torturati”, ha detto Servet Erdil parlando delle brutali torture e del trattamento disumano a cui ha assistito al quartier generale della polizia di Ankara. Di più..

21 maggio a Torino contro il 41 bis e in solidarietà agli anarchici condannati nell’operazione Scripta Manent

Giovedì 5 maggio l’anarchico imprigionato Alfredo Cospito ha ricevuto notifica della disposizione nei suoi confronti del regime penitenziario del 41 bis. Al momento Alfredo è ancora detenuto nel carcere di Terni, nell’apposita sezione dedicata. Non sappiamo se questa è una destinazione provvisoria e se ad essa seguirà un trasferimento in altro istituto. Il decreto è stato disposto, come prevede la norma, direttamente dalla ministra della giustizia Marta Cartabia, già presidente della corte costituzionale. Ricordiamo, molto brevemente, che il 41 bis è un regime penitenziario particolarmente afflittivo, che prevede, onde impedire ogni forma di comunicazione, l’isolamento, l’assenza di socialità e di ogni attività interna, il silenzio, la censura della corrispondenza, un’ora di colloquio mensile col vetro divisorio e il «citofono», quindi la registrazione del colloquio stesso, 10 minuti di telefonate al mese con un familiare autorizzato costretto a telefonare dall’interno di una caserma dei carabinieri. Ai reclusi è fatto divieto di ricevere giornali e libri, preventivamente la gran parte della corrispondenza viene bloccata a causa dei suoi contenuti, inoltre, non è possibile acquistare giornali e vi è una forte limitazione nella disponibilità di oggetti all’interno della cella (libri, vestiti, cibo, carta e penna contingentati).

Con questo provvedimento, la ministra Marta Cartabia sembra aver deciso di anticipare di venti giorni la sentenza della cassazione nel processo Scripta Manent, prevista per il 25 maggio, processo nel quale Alfredo è stato condannato in appello a venti anni di reclusione per associazione sovversiva con finalità di terrorismo e strage con finalità di terrorismo (a cui vanno aggiunti i nove anni e mezzo del processo per la gambizzazione dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, l’ing. Adinolfi). Continua a leggere

un saluto a Dana che è uscita dal carcere

No Tav, Dana Lauriola: «Finalmente rivedrò le mie montagne. In carcere ho ricominciato a studiare»

tornata in libertà dopo 7 mesi di carcere
Dopo 7 mesi in carcere e 13 di detenzione domiciliare Dana Lauriola, volto storico del movimento No Tav, è tornata in libertà.
Qual è stata la prima cosa che ha fatto?
«Sono andata a pranzo con i miei amici che non vedevo da quasi due anni e la sera a cena con le amiche più care in piazza Vittorio. Ero molto agitata, era tutto molto strano, ma bellissimo. Adesso andrò a Bussoleno e sarà un’altra emozione forte, perché il distacco è stato violento. Rivedrò le montagne e i luoghi della mia vita che mi sono stati negati».
Come ha vissuto 7 mesi in carcere?
«All’inizio mi faceva tanta paura, poi sempre meno, anche se il tempo scorre lentissimo. Ero e sono sconvolta dalla condizione in cui le donne devono vivere. La struttura è degradata e c’è un pessimo livello di interazione con il personale. Resistere è davvero difficile, anche per me che sono “strutturata”. Il sistema è alienante, sopravvivere è il massimo che ti è concesso. Questo è quello che vogliono coloro che decidono che una persona debba essere reclusa e, dal loro punto di vista, rieducata».
Proprio secondo quel punto di vista lei è stata rieducata. È così?
«Basta rispettare le regole, se lo vuoi fare lo fai. Io ho scelto di farlo e adesso torno a vivere la mia vita in maniera coerente con le mie idee. Che il carcere non ha cambiato».
Queste idee l’hanno portata a compiere azioni che sono state giudicate illecite in tre gradi di giudizio. E inoltre risulta indagata in altri procedimenti. Se tornasse indietro rifarebbe quello che ha fatto?
«Dal mio punto di vista viviamo in una società ingiusta e solo apparentemente democratica. Per questo penso che ognuno sia chiamato a fare ciò che la propria coscienza suggerisce per il bene collettivo. Anche con la consapevolezza che queste scelte si pagano».
Continua a prevalere il senso di ingiustizia?
«Non ho mai visto la condanna come un atto di giustizia e adesso si è semplicemente conclusa la mia punizione. Bloccare un’autostrada è un reato, almeno secondo il codice penale, ma quello che è ingiusto è che la protesta No Tav e le azioni di tutti coloro che vi appartengono vengano ridotte e questioni di ordine pubblico senza tener conto dell’alto valore politico che esprime chi difende il proprio territorio e l’ambiente».
Questa difesa si concretizza anche in azioni violente. Non esiste un altro modo per rappresentare le stesse istanze?
«Credo che il movimento No Tav lo abbia fatto in tutti i modi possibili e immaginabili. Se ci sono state azioni di contrapposizione è stato soprattutto per difesa».
Sembra uno slogan, ci crede davvero?
«Assolutamente sì. Ho vissuto sulla mia pelle la violenza della punizione e la criminalizzazione del mio ruolo all’interno del movimento».
In carcere lei ha avuto il tempo per completare il suo ciclo di studi e fra poco si laureerà in psicologia. Quindi ci sono anche aspetti positivi?
«Le pause forzate lasciano il passo all’incertezza, ma a volte possono anche offrire possibilità. In questo caso, nel pesante isolamento che mi è stato imposto, ho trovato la forza di costruire qualcosa e non permettere che tutto venisse distrutto».
Che progetti ha per il futuro? Tornerà ad avere un ruolo attivo nel movimento?
«Per prima cosa voglio iscrivermi in palestra e riprendere l’attività sportiva. In passato ho giocato e allenato a pallavolo. Poi spero di discutere la tesi a breve e sicuramente tornerò attivamente nel movimento, anche perché non credo che la mia appartenenza sia mai stata giudicata illegale. Però lo farò con la consapevolezza di dover ricostruire alcuni pezzi della mia vita che sono stati devastati».