Alfredo Cospito trasferito nuovamente al carcere di Bancali (Sassari)

L’anarchico Alfredo Cospito è stato trasferito nuovamente al carcere di Bancali, sempre in regime di 41 bis. A quel carcere fu assegnato il 4 maggio 2022, quando l’allora ministro della giustizia Marta Cartabia decise di sottoporre Alfredo al regime di 41 bis.

di Frank Cimini

Ormai è come il gioco dell’oca perché si torna al punto di partenza. L’anarchico Alfredo Cospito è stato ritrasferito al carcere di Sassari Bancali da quello di Milano Opera dove era stato messo a causa delle condizioni di salute per il lunghissimo sciopero della fame.

“Non sussistono più le ragioni che avevano determinato il suo trasferimento a Milano” spiega l’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini che andrà domani in Sardegna per il colloquio settimanale, un appuntamento fisso. Intanto il 19 giugno riprenderà il processo davanti alla Corte di assise di appello di Torino per i pacchi bomba di Fossano dove dopo la decisione della Corte Costituzionale Alfredo Cospito non dovrebbe più rischiare l’ergastolo per strage politica e attentato alla sicurezza dello Stato.

La Corte Costituzionale alla quale i giudici del capoluogo piemontese avevano spedito gli atti del processo ha in pratica sancito il diritto alla concessione delle attenuanti a causa dei pochissimi danni provocati dall’azione di cui rispondono Alfredo Cospito e Anna Beniamino.

Il procuratore generale di Torino Piero Saluzzo aveva chiesto l’ergastolo per Cospito che ora rischia dopo la scelta della Consulta una condanna tra i 20 e i 24 anni di reclusione. Ma Cospito e il suo difensore aspettano che il Tribunale di Sorveglianza di Roma fissi l’udienza in cui discutere il ricorso per la revoca dell’articolo 41 bis del regolamento penitenziario presentato dopo che il Ministro della Giustizia Carlo Nordio non aveva risposto all’istanza per la fine del carcere duro.

Il 41bis non dipende direttamente dalla sentenza che sarà emessa a Torino il 19 giugno, ma va considerato che evitare l’ergastolo potrebbe aiutare e portare Alfredo Cospito nel circuito dell’alta sicurezza, un gradino inferiore. L’applicazione della forma di carcere più dura era stata decisa dal ministro Marta Cartabia a maggio dell’anno scorso.

Il 41bis formalmente serve a impedire i contatti con l’organizzazione di appartenenza che nel caso di Cospito anarchico individualista non esiste a maggior ragione adesso. Ma Cospito con è l’unico detenuto politico in questa situazione. Ci sono infatti anche Nadia Lioce, Marco Mezzasalma e Roberto Morandi delle Nuove Brigate Rosse che da ormai vent’anni non ci sono più. Eppure il 41bis viene continuamente prorogato con riferimenti generici a latitanti di altre generazioni che i diretti interessati non hanno peraltro mai conosciuto.

da L’Unità

L’aggiornamento di Radio Onda d’Urto con l’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini. Ascolta o Scarica

Per scrivere ad Alfredo:

Alfredo Cospito
c.c. Giovanni Bacchiddu
str. provinciale 56, n.4
loc. Bancali
07100 Sassari

Lamezia Terme: Tre sindacalisti della USB Calabria sono sotto processo per le lotte di questi anni contro la povertà e il precariato

Da USB Calabria

Si è tenuta infatti a Lamezia Terme la prima udienza di un processo che vede il sindacato USB in aula perché, secondo le indagini delle autorità, si è resa colpevole di difendere i lavoratori dal baratro della povertà.

Le accuse sono di manifestazione non autorizzata e di occupazione della sede stradale per una giornata, quella del 15 giugno del 2021, che ha visto centinaia e centinaia di tirocinanti manifestare per rivendicare una stabilizzazione lavorativa dopo decenni di lavoro nero organizzato dallo Stato italiano, per ottenere i loro diritti e la loro dignità.

In quella data la USB aveva organizzato a proprie spese una assemblea pubblica presso un noto hotel della zona, come diverse altre riunioni con i tirocinanti promosse dalla nostra organizzazione sindacale, per far emergere e far conoscere a tutto il Paese il dramma di oltre 7 mila famiglie calabresi la cui sussistenza era legata ai cosiddetti tirocini, dietro cui si mascherano veri e propri rapporti di lavoro.

Un lavoro nero, anche se pubblico, che consideriamo molto più illegittimo e indegno di una manifestazione – secondo gli inquirenti – non autorizzata e di un blocco stradale.

Oggi, grazie a quelle lotte, sono stati banditi dei concorsi per permettere la contrattualizzazione dei tirocinanti afferenti ai vari ministeri, mentre si studiano emendamenti al decreto PA per dare risposte agli oltre 4mila tirocinanti presenti nei comuni calabresi.

Come USB, diciamo a chi vuole imbavagliare il sindacato che il blocco delle strade di Lamezia è scaturito in modo del tutto spontaneo dopo una serie di interventi infiammati dei lavoratori che hanno fatto montare la rabbia per l’insopportabile precarietà di questi lavoratori nella pubblica amministrazione.

Per questo i nostri dirigenti affronteranno questo processo sapendo di aver fatto il loro dovere di sindacalista e per questo USB fa appello a tutte e tutti per partecipare alle prossime udienze con presidi di solidarietà presso il Tribunale di Lamezia Terme.

Processo Askatasuna, Zerocalcare interviene in tribunale: «Accusa folle e infondata»

 

 

Processo Askatasuna, Zerocalcare interviene in tribunale: «Accusa folle e infondata»

Il fumettista in aula a Torino su richiesta delle difese. Dopo la testimonianza ha dichiarato ai cronisti: «Per la mia esperienza sono luoghi di dibattito e di attività artistiche molto interessanti»

Ha la faccia stupita di uno caduto dentro i propri fumetti, Zerocalcare: «Mi sembra agghiacciante, nel senso che mi fa proprio paura, l’idea che la critica politica o le manifestazioni di dissenso o di conflitto possano essere trattate neanche più come un problema di ordine pubblico, ma addirittura come l’idea di un’associazione per delinquere». Parla fuori dalla maxi aula del palagiustizia e lo fa dentro, chiamato come testimone dalle difesi degli attivisti di Askatasuna: 28 in tutto, 16 dei quali accusati appunto di associazione per delinquere, in relazione alle violenze scoppiate negli anni, in città e in Val di Susa, per la protesta No Tav.

Morale, del fumettista, all’anagrafe Michele Rech: «È un’accusa infondata: ci possono essere dei fatti specifici su cui uno può discutere nelle sedi giuste, ma associazione per delinquere è completamente folle». Insomma, no alla criminalizzazione del dissenso e, va da sé, all’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Manuela Pedrotta, e nata dalle articolate indagini della Digos. «È un posto che conosco da vent’anni — dice ancora Zerocalcare, riferendosi al centro sociale di corso Regina — e a cui riconosco un ruolo gigantesco, dal punto di vista culturale, non solo sulla città di Torino, ma in questo Paese».

Il senso della citazione lo spiega invece l’avvocato Claudio Novaro, uno dei difensori, insieme ai colleghi Valentina Colletta, Danilo Ghia, Roberto Lamacchia e Gianluca Vitale: «Il nostro intento è di dimostrare che in realtà quel centro sociale è del tutto assimilabile agli altri. E quindi abbiamo invitato dei personaggi che possano venire a raccontare che tipo di relazioni ha quel centro sociale, anche istituzionali, e che tipo di iniziative culturali vivono dentro Askatasuna e il centro sociale Murazzi».

Del tutto diversa la ricostruzione dell’accusa, che ha messo in fila 72 capi d’imputazione per altrettanti episodi, 66 dei quali in Val di Susa. Riassumendo — per gli investigatori — Askatasuna è la base di un «sodalizio criminale» che contrasta con la violenza lo Stato, e chi lo rappresenta. Con distinzioni, tratteggiate più volte in aula dal pm: non è un processo al centro sociale, ma ad alcuni suoi militanti, e non è il dissenso a essere sotto inchiesta, piuttosto quando questo è espresso assaltando cantieri o le forze dell’ordine. Zerocalcare, che a militanti di Askatasuna dedicò strisce di fumetti, non ci sta: «Chiunque abbia fatto politica sa che una manifestazione a volte può finire in spazi non autorizzati o a occupare una strada. Pensare che questa cosa si possa risolvere seppellendo le persone in galera mi pare gravissimo. Su questo si dovrebbero interrogare a destra e a sinistra».

ancora carcere assassino a Chiavari

hiavari: detenuto 39enne suicida in carcere. Aperta un’inchiesta

 

Un detenuto tunisino di 39 anni si è impiccato ieri alle 19.30 nella sua cella nel carcere di Chiavari. Sul posto è intervenuto il 118 con la Croce Verde di Chiavari,. Ma l’uomo era ormai deceduto. Era stato da poco trasferito dal carcere della Spezia ed era stato messo in cella da solo dopo una lite banale con un altro detenuto.

L’uomo era considerato un detenuto modello, che non aveva mai dato problemi per atteggiamenti aggressivi né aveva mai manifestato apparentemente propositi autolesionisti. Era in carcere dalla fine del 2021 per un cumulo pena per reati contro il patrimonio e avrebbe dovuto restare in carcere fino al 2026.