Nuove atroci testimonianze sulle torture dei poliziotti fascio-razzisti di Verona e sul razzismo di Stato

Se sei immigrato passi dalle torture nelle questure ai lager di Stato che si chiamano Cpr 

Dalla stampa borghese

Verona, il racconto di una delle vittime degli agenti: «Fermato senza un perché, picchiato e lasciato senz’acqua né cibo. Mi gridavano “Arabo di m***»

Adil Tantaoui racconta il suo incubo alla Stampa: «Chiamai la polizia dopo essere stato aggredito, mi portarono in Questura, poi al Cpr di Torino per 35 giorni: la gente lì impazzisce»

È una testimonianza atroce, quella rilasciata da Adil Tantaoui, uno delle decine di persone – quasi sempre straniere – finite nelle grinfie dei poliziotti «deviati» di Verona, ora agli arresti con le accuse di tortura, lesioni aggravate, peculato, rifiuto e omissione di atti di ufficio e falso ideologico in atto pubblico. Tantaoui è marocchino, ha 37 anni, vive in Italia da sette, è incensurato e sposato con una donna italiana. Lavori precari, certo, guadagni pure. Ma mai alcun problema con la giustizia. Anzi, anni fa era finito sui giornali locali per una storia di buon cuore: trovata una borsa alla stazione di Porta Vescovo, con all’interno un tablet e un pc, l’aveva restituita al suo legittimo proprietario, un docente universitario. E la mattina in cui per lui iniziò l’incubo cercava proprio giustizia, Tantaoui, dopo essere stato egli stesso vittima di un’aggressione. Lo racconta oggi al giornalista Niccolò Zancan sulle pagine de La Stampa. «Erano le otto di mattina del 26 ottobre. Io e mia moglie Elena vivevamo allora in una casa abbandonata, vicino al Bar Bauli, in via Perlar a Verona. Mi ero svegliato presto, stavo camminando nel parco che c’è lì davanti. Un ragazzo italiano mi ha chiesto una sigaretta, ma io non l’avevo. Lui ha preso un bastone e mi ha colpito sulla testa». Il giovane marocchino sanguina alla testa, è incredulo: chiama la polizia. Che arriva poco dopo, come da prassi, insieme a un’ambulanza. Tantaoui viene medicato alla testa. Ma poi, inspiegabilmente, diventa vittima di un nuovo sopruso: questa volta proprio da parte degli agenti. «Hanno lasciato stare il ragazzo italiano, ma hanno portato via me. Non mi hanno chiesto neanche i documenti, non hanno voluto sapere niente. Gli agenti mi hanno caricato in auto e subito uno dei due, quello pelato, ha iniziato a insultarmi: “Arabo di merda! Marocchino te ne devi andare di qua!».

Il sequel delle violenze, da Verona a Torino

È solo l’inizio dell’incubo ad occhi aperti vissuto da Tantaoui, secondo il suo racconto offerto nello studio legale milanese dove è assistito. Una volta arrivato in Questura a Verona, subisce il primo pestaggio, nel tunnel del parcheggio: «Mi hanno preso a calci nelle gambe, poi mi hanno strappato dalla testa le medicazioni». Non è tutto. Arrivato nell’edificio, ancora dolorante e senza alcuna ragione per il fermo, viene abbandonato nudo, senza acqua né cibo. «Stavo male. Mi hanno tolto tutti i vestiti e mi hanno buttato per terra nella stanza degli arrestati in mutande. Senza mangiare, senza niente. Tutto il giorno e tutta la notte. Sono svenuto». Ripresosi, all’indomani Tantaoui viene caricato su un’auto di servizio. La destinazione è il Centro per i rimpatri (Cpr) di Torino. Dove rimarrà rinchiuso – senza poter essere rimpatriato, essendo sposato con una cittadina italiana – per 35 giorni. Un inferno, testimonia l’uomo. «È proprio un carcere. Ti tolgono il telefono. La gente impazzisce. Il cibo è tremendo. È un casino. E poi ti danno delle pastiglie per calmarti e molti le prendono, ma io mi sono rifiutato».

Come ha fatto a non perdere la testa?

Un incubo finito appunto dopo oltre un mese, solo grazie all’apertura dell’inchiesta sugli abusi dello stato di diritto compiuti dagli agenti di Verona. Ma che in Tantaoui hanno lasciato un segno profondo, profondissimo. Ora «cerco di stare bene, ma è difficile – confessa a Zancan. Non ho trovato in Italia quello che cercavo. Mio padre è un giornalista, io ho fatto il cameraman anche per la Rai, ma le cose per me non sono andate come speravo. Ho provato tanti lavori: il magazziniere, le fragole. Ma non ce l’ho mai fatta. Ora i miei genitori mi hanno spedito dei soldi per aiutarmi qualche mese, così ho preso una stanza in affitto alla periferia di Milano». Quanto al giudizio su quei poliziotti deviati che gli hanno rovinato la vita, Tantaoui è perfino pacato: «Ce ne sono anche in Marocco. Dipende sempre dalla persona».

Noi pensiamo invece che non dobbiamo mai stancarci di denunciare quello che sta diventando – e che lo sarà sempre di più – l’apparato repressivo dello Stato.

La violenze dei poliziotti, vili, impuniti, di Verona che utilizzano il loro ruolo per colpire la gente che capita nelle loro mani, sono ormai frequenti.

Ogni tanto viene fuori un’inchiesta come questa di Verona ma, in realtà, in tutti i commissariati di questo paese esiste una consistente minoranza di poliziotti che sono fascisti, che sono legati al processo di fascistizzazione della polizia e, quindi, sostenuti dai ministri che si sono susseguiti – da Salvini a Piantedosi – e coperti dal governo. Chi più di questo governo copre le forze di polizia fasciste?

Sono un bubbone, un cancro e non certo sul piano morale ma proprio sul piano strutturale di quelli che sono gli apparati di Polizia, delle Forze Armate e perfino dei vigili urbani in questo paese. E’ violenza di Stato istituzionalizzata.

Alla violenza di Stato si risponde con la denuncia, con l’appello perché vengano fuori queste cose, che si facciano le inchieste necessarie. Ma è chiaro che la violenza di Stato pone il problema dell’autodifesa, di una risposta uguale e contraria e richiede che tutte le forze di opposizione a questo governo inseriscano l’autodifesa e l’autorganizzazione – sempre al fine di autodifesa, di resistenza per ora – delle masse.

Non si può pensare che questo sia un tema che debba essere estraneo, che debba riguardare i gruppi politici, i rivoluzionari, gli anarchici, come si dice. Bisogna porre all’interno delle organizzazioni sindacali, nelle assemblee dei lavoratori, nelle assemblee degli studenti, dei movimenti, la necessità di come bisogna rispondere a un governo che marcia verso un moderno fascismo, che utilizza la violenza che è parte della guerra interna.

Sfuggire a questo tema significherebbe nascondersi, fare la politica dello struzzo e non, invece, svolgere un ruolo d’avanguardia, di coscienza civile e organizzata, che tocca alle forze che si riferiscono alla classe operaia, ai lavoratori e che ne organizzano le loro lotte.

Piacenza: Inchiesta bis sugli abusi nella caserma Levante, 24 nuovi indagati

Nuovi indagati tra i carabinieri della caserma Levante di Piacenza. Sono 24 le persone coinvolte per violenza in servizio e abusi. Tra questi ci sono quasi tutti i carabinieri condannati in primo e secondo grado dopo la prima indagine del 2020 – quando la stazione dell’Arma finì sotto sequestro e al centro degli accertamenti della Guardia di Finanza per i gravi abusi e reati commessi dai militari -, altri cinque carabinieri e nove civili, accusati di spaccio, e quasi tutti comparsi già nel primo procedimento.

La procura ha dunque chiuso il secondo filone d’inchiesta. Le indagini, come si è potuto apprendere, non si erano mai fermate. E adesso, sotto la lente sono finiti alcuni fatti accaduti negli anni precedenti al 2020 e vicende minori già emerse durante la prima inchiesta ma che non erano state ancora contestate. Nell’inchiesta bis si parla di nuovi episodi di violenza in servizio, come nel caso di Giuseppe Montella, Giacomo Falanga, Angelo Esposito e Salvatore Cappellano, già imputati e accusati di tortura nel primo filone, che l’8 aprile 2020 avevano avvicinato un presunto spacciatore, lo straniero El Sayed, picchiandolo e minacciandolo di consegnare la droga in suo possesso.

Nel filone bis ci sono poi diverse contestazioni supplementari legate a reati già segnalati nella prima fase, una serie di falsi e omissioni di atti di ufficio, detenzione illecita di armi e munizioni. E alcuni casi di peculato: in particolare dalle indagini della Procura di Piacenza è emerso come Montella e Cappellano abbiano utilizzato un’auto di servizio dell’Arma dei Carabinieri per andare al supermercato a fare la spesa. Quanto raccolto dai magistrati titolari delle indagini Matteo Centini e Antonio Colonna, nel corso di questi anni, dal 2020, è confluito in un fascicolo che contiene fatti anche del 2017, 2018 e 2019 per i quali i militari piacentini non erano ancora stati giudicati.

Le nuove accuse vanno dall’omessa denuncia di reato, peculato, falsità materiale in atto pubblico, alla violata consegna, rifiuto o omissione di atti d’ufficio per mancate segnalazioni di assuntori di droga alla Prefettura, falso in atto pubblico in memoriali di servizio e detenzione abusiva di armi. E ancora: arresto illegale, rivelazione di atti d’ufficio, violenza privata, perquisizione arbitraria.

I civili invece sono quasi tutti pusher accusati di spaccio. Dalla chiusura delle indagini, gli indagati avranno venti giorni per visionare il fascicolo, farsi interrogare dal pm, produrre memorie difensive, o prove documentali e testimoniali. Di lì, poi, la procura potrà chiedere al gip il rinvio a giudizio o l’archiviazione.

Quanto alle condanne relative al primo filone dell’inchiesta, a novembre la Corte d’Appello di Bologna ha condannato – seppur con una riduzione di pena – cinque dei carabinieri coinvolti nell’inchiesta della Levante. Giuseppe Montella, considerato il capo della banda di spacciatori in divisa, è stato condannato a anni 10 di reclusione, invece che 12; Giacomo Falanga a 6 anni, come in primo grado; Salvatore Cappellano 6 anni e 4 mesi, invece che 8, Daniele Spagnolo è stato condannato a 1 anno e 2 mesi, invece che a 3 anni e 4 mesi. Infine per il comandante di stazione, Marco Orlando, la pena è stata ridotta da 4 anni a 1 anno 8 mesi e 20 giorni.

da La Stampa

Parigi, arrestati tre antifascisti italiani

COMUNICATO DA DIFFONDERE IL PIÙ POSSIBILE.

Questa mattina alle 11, 5 compagn* italian*, giunt* a Parigi per il fine settimana per rendere omaggio a Clément Méric, sono stati arrestati e trattenuti in una farmacia di Aubervilliers. Sono stati poi portati in una stazione di polizia al 22 di rue de l’Aubrac. Uno di loro è stato appena trasferito al Cra di Vincennes. Tutti e tre si trovano ora in dei Cra (Vincennes e Mesnil-Amelot). Hanno i biglietti per tornare in Italia domani. Non hanno commesso alcun atto che possa giustificare una simile procedura. Questo fatto, segue il giro di vite repressivo visto durante le proteste contro la riforma delle pensioni. Tutto questo mette ulteriormente in discussione il diritto di manifestare in Francia e di viaggiare all’interno dell’Unione Europea, mostrando ancora una volta le profonde e sempre più esplicite convergenze tra il governo di Macron e i governi di estrema destra. Come testimonia il tweet del ministro dell’interno Darmanin

Appello contro la repressione delle proteste operaie e popolari in Iran – Mentre continuano scioperi e manifestazioni, ancora un manifestante morto

Estratti

Negli ultimi anni, soprattutto negli ultimi due anni, le politiche economiche del governo iraniano hanno creato diffusa povertà e miseria per il pubblico in generale, soprattutto per i salariati e i lavoratori. L’assassinio di Mahsa Amini (Gina Amini) nel settembre dello scorso anno ha acceso la rabbia della gente per tanta insicurezza e vita miserabile, e il movimento delle donne per una vita libera è emerso da questa situazione ed è contro l’intera scala della povertà, della miseria e del massimo sfruttamento. Ma è molto deplorevole che la risposta alle proteste contro noi lavoratori, insegnanti, pensionati, attivisti per i diritti dei giovani e noi persone non sia stata altro che una massiccia repressione. Ad esempio, durante questo enorme movimento popolare, diverse migliaia di persone sono state arrestate e incarcerate, compresi bambini e studenti.
Inoltre, secondo le statistiche, almeno 500 persone sono state uccise.

A questo proposito, negli ultimi due anni, gli attivisti sindacali, gli insegnanti che protestavano e altri attivisti sociali e sindacali sono stati sottoposti al maggior numero di repressioni.

Elenco di alcuni di questi prigionieri:

Lavoratori e attivisti che difendono i diritti dei lavoratori detenuti:  Kamal Karimi, Shadman Abdi, Abdullah Khairabadi, Sirvan Mahmoudi, Iqbal Pishkari, Hajar Saeedi, Khabat Mahmoudi e Habibullah Karimi, Reza Shahabi, Arash Johari, Hassan Saeedi, Nasrin Javadi, Milad Rabei, Abbas Daris, Asad Miftahi, Peyman Salem, Irfan Kohzad, Dawood Razavi, Kivan Mehtadi, Mehran Raouf, Sepideh Qalian, Abolfazl Ghasali e…

Insegnanti detenuti:    Rasool Badaghi, Ismail Abdi, Jafar Ebrahimi, Aziz Qasemzadeh, Anoush Adeli, Mahmoud Sedighipour, Farzaneh Nazeranpour, Hashem Moharin, Mehdi Fathi, Hossein Ramadanpour, Omid Shah Mohammadi, Mohammad Qanati, Farzad Safikhanpour, Fateh Osmani, Nahid Shirpisheh, Mohammad Hossein Sepeh ri. , Gholamreza Asghari, Zainab Hamrang, Javad Lal Mehdi.

Oltre a queste persone, un certo numero di donne che protestano contro il reato di rifiutare l’hijab, così come studenti e altri attivisti politici, la maggior parte dei quali sono detenuti del movimento Women’s Life of Freedom, sono in carcere.

Questo lungo elenco mostra cosa sta succedendo in Iran e come vengono violati i più basilari diritti umani del popolo.

Tra l’altro, la regola dell’apartheid sessuale e l’oppressione delle donne con l’imposizione dell’hijab le ha sottoposte a maggiori pressioni e oppressione sia a livello sociale che negli ambienti di lavoro.
Un asse della sollevazione popolare di questi otto mesi è dunque la difesa dei diritti delle donne, che si esprime nello slogan di una vita di libertà della donna.

Noi, i firmatari di questa lettera, come parte di un enorme movimento sociale in corso e anche come parte del movimento operaio che protesta contro lo status quo, stiamo cercando di essere la voce di questo movimento, la voce di protesta di tutte le donne che protestano, i lavoratori e il popolo dell’Iran… chiediamo

a) rimozione immediata e incondizionata di tutte le accuse attribuite a tutti gli attivisti sindacali detenuti in Iran e il rilascio di tutti i lavoratori, insegnanti e attivisti sociali detenuti e degli arrestati del movimento Women’s Life of Freedom e di tutti i prigionieri politici e l’immediata cancellazione delle esecuzioni;
b) espulsione della Repubblica islamica dall’Organizzazione internazionale del lavoro e non consentire alla delegazione di questo governo di partecipare alla riunione.

firmato:
1- Consiglio per l’organizzazione delle proteste dei contrattisti petroliferi
2- Consiglio di Organizzazione dei Lavoratori Informali del Petrolio (Terzi Organi)
3- Il comitato di follow-up per la creazione di organizzazioni sindacali
4- Consiglio pensionati dell’Iran
5- La voce indipendente dei lavoratori di National Steel Group
6- Sindacato dei lavoratori elettrici e metalmeccanici di Kermanshah
7- Sindacato degli imbianchini della provincia di Alborz
8- Licenziati di Gudkan

IRAN: RÉPRESSION D’UNE MANIFESTATION APRÈS LA MORT D’UN JEUNE OPPOSANT

Des grèves et des protestations ont éclaté à Abdanan suite au décès de Bamshad Soleimankhani. Cet étudiant de 21 ans de la ville est mort dans des circonstances suspectes à l’hôpital d’Ilam le 24 mai. Il y était soigné pour des fractures, quelques jours après sa libération pour avoir exprimé son opposition au régime sur internet. Après la cérémonie traditionnelle ayant lieu sept jours, les commerçants et les entreprises de la ville d’Abdanan, dans la province occidentale d’Ilam, peuplée de Kurdes, se sont mis en grève pour protester contre cette mort inexpliquée présentée par les autorités comme un suicide. Des manifestations de masse ont également eu lieu dans différents quartiers de la ville tout au long de la soirée et de la nuit. Plus de 20 civils ont été blessés par des gaz lacrymogènes et des chevrotines tirés par la police anti-émeute (photo). Abdanan est militarisée depuis hier et des mesures de sécurité strictes ont été mises en place, les forces de sécurité ont perquisitionné les hôpitaux à la recherche de manifestants blessés.

PESANTISSIME CARICHE DELLA POLIZIA CONTRO I LAVORATORI IN SCIOPERO AI CANCELLI DI #MondoConvenienza a CAMPI BISENZIO – Massima informazione e solidarietà

I reparti antisommossa hanno prima invaso lo spazio del presidio, distrutto un gazebo, e poi alzato i manganelli contro gli scioperanti. Ancora violenza gratuita contro chi sta manifestando pacificamente per i propri diritti.
La cosa più assurda è che l’intervento della celere è avvenuto immediatamente dopo che un furgone crumiro ha tentato volontariamente di investire i lavoratori in presidio.
Ciò è la riprova evidente di come stiamo assistendo ancora una volta a una vera e propria “azione congiunta”, pianificata di comune accordo dai padroni e dallo Stato borghese.
Non ci fermeranno!
 

Dal 30 maggio è in corso lo sciopero dei facchini e autisti in appalto Mondo Convenienza di Campi Bisenzio.

Da anni sono costretti a lavorare con quei contratti che producono il cosiddetto lavoro povero: contratto pulizie multiservizi invece che Logistica, con turni tra le 10 e le 14 ore al giorno per 6 giorni la settimana, con straordinari non pagati, in un meccanismo di appalti e subappalti che ha il solo scopo di abbassare il costo del lavoro e spremere chi si spacca la schiena a trasportare mobili in tutta la zona con problemi per la salute e senza sicurezza.

“In questi giorni Mondo Convenienza siederà sul banco degli imputati a Bologna e Ivrea, accusata di sfruttamento, caporalato e razzismo. È indegno di un paese civile lavorare con una paga base di 1180€ lordi al mese, 6,80€ lordi l’ora, tanto più in un momento in cui in tutta Italia le persone non riescono ad arrivare a fine mese, schiacciate dall’inflazione e dal carovita.” afferma il SI Cobas Prato e Firenze che proprio a Campi Bisenzio aveva visto due suoi coordinatori Sarah e Luca ricevere il foglio di via da parte del Questore poi ritirato in seguito alla mobilitazione con scioperi che sono immediatamente partiti in tutta la piana e mille persone che sabato 13 maggio hanno attraversato le strade di Firenze in una grande manifestazione per la libertà di sindacato.

Già negli scorsi giorni a più riprese la polizia aveva tentato di sgomberare il picchetto dei lavoratori Mondo Convenienza per far passare i camion carichi di mobili. Il primo giugno alle 12:45 le forze dell’ordine, dopo diversi tentativi falliti, in grandi forze hanno di nuovo attaccato i lavoratori in presidio ai cancelli del magazzino Mondo Convenienza. Ancora una volta lavoratori attaccati, presi di peso e trascinati sull’asfalto durante una protesta sindacale assolutamente pacifica. Tutto per consentire l’uscita dei furgoni per le consegne, mentre l’azienda ha portato personale esterno per sostituire i lavoratori in sciopero continuando a rifiutare qualsiasi tipo di interlocuzione con il sindacato. Tra i lavoratori alcuni hanno accusato malori e subito contusioni. Uno di loro è stato portato al pronto soccorso.

Ieri si è assistito nuovamente ad una scena simile: la polizia ha sgomberato i cancelli strattonando e trascinando i lavoratori in sciopero da 6 giorni.

Come afferma il SI Cobas: “Dietro alla “convenienza”, dietro al “la nostra forza è il prezzo” stanno gli operai che si spaccano la schiena, in un regime di ricatto e sfruttamento.”

Radio Onda Rossa ne parla con una compagna del Si Cobas Prato. Ascolta o Scarica

da Infoaut

Bologna: rigettato per l’ennesima volta il ricorso sulle misure cautelari per 12 studentesse. Massima solidarietà

Sono indagate per quanto avvenuto a un corteo dello scorso novembre

“C’è chi il fango lo getta via e chi lo rigetta sopra. Più ce ne scaricate più ve ne sarà restituito durante la marcia regionale del 17 giugno”.

dal CUA di Bologna

PRIORITÀ (RI)GETTATE NEL FANGO

Mentre la pioggia continua a sgorgare senza freni sulla nostra regione, mentre i danni causati da questa crisi continuano a sommarsi disastrosamente, mentre continuiamo a spalare via il fango con cui ci hanno sommerse, le priorità del ministero degli interni si confermano chiare: rigettare per l’ennesima volta l’istanza di ricorso sull’obbligo di firma delle 12 studentesse sotto cautelari da più di 4 mesi.

È evidente che ci troviamo davanti a un governo che si muove su binari non solo indifferenti alla fame e alla distruzione che produce, ma del tutto contrari a qualsiasi possibilità di vita dentro questo letamaio. Un governo che mentre le nostre case sono distrutte continua a spendere miliardi per finanziare la guerra, un governo che invece di impiegare forza pubblica per aiuti concreti alle popolazioni alluvionate promuove esercitazioni militari, un governo che mentre ci si organizza per gettare via il fango con cui ha sommerso le nostre vite, ce lo rigetta addosso con la stessa nonchalance con cui rigetta i nostri ricorsi. 

La questura e i tribunali della città di Bologna oggi rasentano la meschinità più viscida, dato che in più di un mese di alluvione le uniche azioni concrete che hanno promosso sono state: lo sgombero dell’occupazione ecologista di via Agucchi letteralmente sotto fiumi di pioggia, lo sgombero dell’occupazione trasfemminista della Vivaia neanche due settimana dopo che 14 persone avevano perso la vita a pochi passi da noi, l’impuntarsi sulla continuazione di 12 misure cautelari senza riuscire ad articolare alcuna motivazione nell’istanza di rigetto.

Cautelari emesse per cosa? Per aver sanzionato un supermercato con della vernice, quando da 4 settimane le nostre vite sono costantemente sanzionato da bombe d’acqua e fango.

Lo abbiamo già detto, we are not fucking angels. Siamo la generazione che da più di cinque anni protesta contro la cementificazione dei territori, per dire che l’emergenza climatica esiste, che va fermata subito e che vanno fermati i suoi responsabili, la generazione che sanziona, che occupa, che trasgredisce. Quella stessa generazione che però conosce bene il valore della solidarietà, e che davanti alle emergenze si rimbocca le maniche per aiutare, per distruggere l’individualismo, per creare percorso politico capace di immaginare mondi nuovi.

Si sa, c’è chi il fango lo getta via e chi lo rigetta sopra. Ma tranquilli: più ce ne scaricate e più ve ne sarà restituito durante la marcia regionale del 17 giugno.

Ora più che mai, FERMIAMOLI!

Poliziotti fascio-razzisti torturatori a Verona: 5 arrestati e 10 indagati. Procura, capo polizia e governo pronti a sostenerli

Le indagini affidate alla stessa Squadra mobile dove gli sbirri torturatori prestavano servizio

Non a caso il capo della Polizia, Vittorio Pisani, ha subito avuto parole chiare:  “Ringrazio la procura della Repubblica di Verona per la fiducia accordata alla Polizia di Stato – dice Pisani – nel delegare alla locale Squadra Mobile le indagini riguardanti gli operatori appartenenti alla stessa Questura. La levatura morale della nostra amministrazione ci consente di affrontare questo momento con la dignità e la compostezza di sempre”.

A difesa degli abusi polizieschi è in prima fila il partito della Meloni che ha presentato una proposta di legge per abolire il reato di tortura perchè “impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro”

Quale lavoro? questo:

Calci, pugni ed umiliazioni contro stranieri o senzatetto, persone in stato di fermo costrette a subire la violenza degli agenti di polizia. 

da Corriere del Veneto

Cinque poliziotti, tra cui un ispettore in servizio alla questura di Verona sono agli arresti domiciliari con accuse che vanno dal reato di tortura a quelli – contestati a vario titolo – di lesioni, falso , omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Altri 20 agenti trasferiti

di Angiola Petronio

In cinque, tra cui un ispettore che degli altri quattro era il capoturno, agli arresti domiciliari con accuse che vanno dal reato di tortura a quelli – contestati a vario titolo – di lesioni, falso , omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Un’altra ventina trasferita in uffici diversi. Due decine di agenti – che, pur non avendo preso parte ai casi di violenza contestati, potrebbero non aver impedito o comunque non aver denunciato i colleghi presunti autori di quegli abusi.

L’organigramma delle volanti cancellato

Ha praticamente cancellato il vecchio organigramma della squadra volanti della questura di Verona, lindagine svolta da altri poliziotti, quelli della squadra mobile scaligera su delega della procura della Repubblica. Indagini portate avanti per 8 mesi e che hanno riguardato il periodo tra luglio 2022 e marzo 2023. Gli 8 mesi, appunto, in cui quelle torture sarebbero state messe in atto verso persone che venivano fermate e che, una volta portate negli uffici per gli accertamenti, venivano sottoposte a vari generi di abusi. Con quei 5 agenti – molti dei quali con un’anzianità di servizio di pochi anni – che quelle crudeltà le avrebbero commesse nel «sancta sanctorum» della legalità che è un commissariato di polizia.  «Atti gravemente lesivi della dignità delle persone sottoposte ad accertamenti di polizia», è scritto in un comunicato stampa della questura veronese. Atti e indagine che hanno portato, nei mesi scorsi, alla repentina rimozione, pochi giorni prima della Festa della Polizia – cosa assolutamente inusuale – dell’allora questora Ivana Petricca e del suo vicario Gugliemo Toscano.

«Repulisti» e nuovo questore

Un «repulisti» che da quell’ufficio che si occupa del controllo del territorio, è arrivato ai piani di alti di una questura che adesso è diretta da Roberto Massucci. È stato lui a disporre l’ultima, in ordine di tempo, rimozione dagli incarichi di una dozzina di agenti – sospettati di aver saputo ma taciuto – che erano ancora in servizio alle volanti. Altri – tra cui i 5 finiti ai domiciliari – erano già stati trasferiti da quelle stanze a fine dicembre. Un ufficio, quello delle volanti della questura scaligera, che conta un’ottantina di agenti «di pattuglia», divisi in 15 per turno su 5 turni. Chi ha dovuto lasciare è stato sostituito da colleghi che lavoravano in altre sezioni.

“Costretti a rotolarsi nell’urina”, il campionario delle violenze

Tra i casi contestati – in tutto 7, avvenuti in gruppi di turno diversi, con 7 parti offese diverse e fermate legittimamente, nessuna delle quali ha presentato una prognosi medica – vi sarebbe quello di un fermato a cui sarebbe stato spruzzato sulle parti intime dello spray al peperoncino e di un altro il cui viso sarebbe stato spinto nell’urina. «Abusi di forza», messi in atto da agenti a cui l’«uso» della forza è comunque consentito.

Il questore

«Questa vicenda – le parole del questore Roberto Massucci – dimostra come la Polizia di Stato non sia disposta a macchiare la propria reputazione nè con la reticenza nè con la poca trasparenza. Abbiamo messo a disposizione dell’autorità giudiziaria tutti gli elementi di prova oggettivi per sviluppare l’attività processuale e, sul fronte interno, appena si sono chiuse le indagini abbiamo spostato in uffici “burocratici” gli agenti che si presume non abbiano impedito o non abbiano denunciato i presunti abusi, per evitare l’eventuale reiterazione del reato». Una professionalità, quella della Polizia di Verona evidenziata dal Gip nell’ordinanza che ha disposto le misure cautelari «in riferimento all’encomiabile efficienza e sollecitudine dimostrata nello svolgimento delle investigazioni». A dire che la questura di Verona è stata in grado di generarsi gli anticorpi. E a indagare su se stessa.

I sindacati
Così i sindacati veronesi di polizia, in una nota congiunta: «Va evidenziato come l’attività di accertamento sia stata posta in essere dalla stessa Squadra mobile scaligera, segno eloquente dell’assoluta linea di trasparenza e d’imparzialità che caratterizza le donne e gli uomini che quotidianamente prestano servizio presso la Questura di Verona. Confidiamo invero che gli sviluppi processuali possano consentire di individuare e perseguire, laddove siano comprovate, le rispettive responsabilità e in pari tempo le estraneità alle configurate ipotesi accusatorie, auspicando che nelle more del giudicato si possano evitare processi mediatici che rischiano di infliggere pene e frustrazioni morali che nessuna eventuale assoluzione futura potrà riparare»