L’Ingiustizia smascherata… anche a Foligno

Pubblichiamo di seguito il comunicato del Comitato di Lotta Viterbo, che condividiamo:

Non passa giorno che la classe dominante e il suo Stato lascino passare, senza ricordarci come stanno realmente le cose: nello scontro tra le classi, lo Stato non è neutrale, ma attivo e operante servizio di quella al potere: degli sfruttatori .
Mentre il Ministro dell’Ingiustizia Nordio con i suoi accoliti governativi, si sbracciano per escludere a priori che possano essere intercettati i criminali dai colletti bianchi ed il doppiopetto, proprio in contemporanea è stata rinvenuta una microspia poliziesca presso il Circolo Anarchico “La Faglia” di Foligno. La dimostrazione che per lo Stato borghese, non tutti sono uguali di fronte alla (loro) legge, ma dipende dalla posizione e dall’estrazione di classe.
Un dato di fatto che il ministro ha testualmente chiarito anche nella fattispecie, affermando che un processo penale basato esclusivamente sulle intercettazioni “è un processo destinato a fallire”, che sulle stesse “va fatta una spending review”, ribadendo che invece per quanto riguarda i cosiddetti reati di terrorismo “sulle intercettazioni non si tocca nulla…”.
Preannunciando che le forze governative si batteranno per l’abolizione dell’obbligo dell’azione penale, trasformandolo in una discrezionalità politica: ergo asservendola definitivamente agli interessi della classe dominante.
Per questo e per la profonda inimicizia che nutriamo nei confronti nell’Ingiustizia di Stato, esprimiamo una piena e convinta solidarietà militante alle compagne ed ai compagni del Circolo Anarchico di Foligno, così come a tutti/e i/le prigionieri/e rivoluzionari/e sepolti/e nell’infame regime carcerario del 41bis e a tutti i perseguitati per osare ribellarsi alla dittatura del regime capitalista.
SENZA GIUSTIZIA NESSUNA PACE
SENZA LOTTA NIENTE GIUSTIZIA
NESSUNA TREGUA CONTRO I PADRONI!
LA SOLIDARIETÀ E’ UN’ARMA, USIAMOLA!
17/12/2022
Comitato di Lotta Viterbo
Comitato di Lotta “Nido di Vespe” Quadraro
Classe Contro Classe
Comitato di Lotta “VIII Zona” Villa Gordiani

Askatasuna, annullate con rinvio le misure cautelari sull’accusa di associazione a delinquere – info solidale

Decisione della Cassazione, che ha comunque confermato 7 delle 11 misure per altri reati contestati agli antagonisti. Il centro sociale torinese dovrà inoltre pagare multe per 200 mila euro per un concerto tenutosi ad ottobre

Annullate con rinvio dalla Corte di Cassazione le misure cautelari, limitatamente all’accusa di associazione a delinquere, disposte dal Tribunale del Riesame nei confronti di alcuni esponenti di Askatasuna. 

Quello di associazione a delinquere è (e resta) senza dubbio il capo di imputazione più pesante dell’inchiesta avviata nel 2019 per la quale il processo è già iniziato a ottobre, ma non l’unico. E la Suprema Corte, con vari distinguo, ha comunque confermato 7 delle 11 misure cautelari (una custodia in carcere per il leader Giorgio Rossetto, 3 ai domiciliari e 3 divieti di dimora ) per altri reati-fine che sono state eseguite oggi pomeriggio, 16 dicembre, dagli agenti della Digos.

Un’altra brutta notizia per gli attivisti del centro sociale di corso Regina Margherita è arrivata con i 200 mila euro di multe notificate nei giorni scorsi dalla Digos per il concerto che si è tenuto a ottobre di fronte all’ex asilo occupato nonostante la diffida del questore, Vincenzo Ciarambino. 

Oltre all’allestimento di banchetti per la vendita di materiale e di bar, senza alcuna autorizzazione, le sanzioni riguardano anche altre iniziative «benefit» avviate nei mesi scorsi. Per i vertici di Askatasuna, Spazio Neruda e del movimento No Tav la pronuncia della Cassazione rappresenta in ogni caso una vittoria, che potrebbe orientare la decisione anche in ottica processuale: «Accusano alcuni compagni e compagne No Tav, di Askatasuna o del Neruda di associazione a delinquere _ ha detto lo storico leader No Tav Andrea Perino -. Io dico che l’associazione a delinquere sta in altri posti dove si sperpera il denaro pubblico senza essere mai colpiti. Queste sono associazioni a resistere, noi siamo orgogliosi di farlo da 32 anni e non saranno le denunce, le misure, la cattiveria o il disprezzo a fermarci. E vedendo quello che è successo nei giorni scorsi a Bruxelles, mi viene da dire che “il più pulito ha la rogna”». 

Sull’annullamento con rinvio delle misure per il reato associativo anche l’avvocato Claudio Novaro, legale di alcuni degli indagati, ha espresso la sua soddisfazione: «È andata come noi auspicavamo. È una sentenza che viene incontro alle nostre valutazioni secondo cui l’ordinanza del Riesame era assolutamente viziata dal punto di vista della motivazione e sul piano argomentativo erano stati usati dei criteri che non stavano in piedi». 

Restano però le 7 misure cautelari, mentre a ottobre si è aperto il processo nei confronti di 28 imputati, 16 dei quali sono proprio accusati di associazione a delinquere. Come parte civile si sono costituiti il ministero della Difesa, il ministero degli Interni e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, mentre le altre accuse sono, a vario titolo, di violenza privata, rapina e sequestro di persona. 

Le indagini della Digos, coordinate dal dirigente Carlo Ambra, sono iniziate nel 2019, supportate da migliaia di intercettazioni telefoniche e ambientali. Secondo gli investigatori nell’ex asilo «Gli Gnomi» esisteva un’associazione sovversiva almeno dal 2009. Una tesi già bocciata dal gip Stefano Vitelli secondo cui la contestazione del reato associativo sarebbe stata “forzata” e, pur definendo alcune condotte “seriali ed allarmanti”, aveva precisato che non devono essere messere proteste pacifiche non potevano essere messe sullo stesso piano con quelle “inequivocabilmente violente”. Dopo il ricorso della pm Manuela Pedrotta, invece, l’accusa era stata riformulata in associazione a delinquere e il Riesame aveva disposto 11 misure cautelari. Sulle ultime 3 rimaste (una è comunque stata scontata) la decisione ritorna di nuovo al Tribunale del Riesame torino

Torino – il tribunale della repressione contro gli antifascisti

info
Torino, scontri al Campus Einaudi: condannati 23 antifascisti

Il 13 febbraio 2020 durante un incontro sul tema «Fascismo-Colonialismo-Foibe» con Moni Ovadia. Sono 9 le assoluzioni

Ventitrè compagni dei collettivi universitari sono stati condannati dal Tribunale di Torino, per gli scontri con le forze dell’ordine scoppiati al campus Einaudi il 13 febbraio 2020. Sono 9 invece gli imputati assolti. Quel giorno gli antifascisti cercarono di impedire che il Fuan, gruppo studentesco vicino a Fratelli d’Italia, volantinasse contro un incontro sul tema «Fascismo-Colonialismo-Foibe. L’uso politico della memoria per la manipolazione delle verità storiche» con la partecipazione dell’attore e scrittore Moni Ovadia e del giornalista Stojan Speti.

Furono feriti 8 poliziotti e 2 guardie giurate e l’aula «Paolo Borsellino», assegnata al Fuan, fu devastata.

repressione antioperaia e antisindacale – info solidale

Il conto del picchetto: 211mila euro

Chiesta la condanna di 37 tra lavoratori e dirigenti sindacali di Usb per un picchettaggio durato due giorni davanti ai cancelli di Gls nell’ottobre 2017. Il pubblico ministero ha chiesto sei mesi per i facchini e un anno per uno dei sindacalisti, accusato di aver minacciato e aggredito un camionista. Il magazzino Gls, colosso internazionale del trasporto merci, è uno dei fronti caldi del conflitto tra facchini e datori di lavoro nel mondo della logistica di Piacenza. Per i due giorni di blocco dei cancelli l’azienda lamenta un danno di 211mila euro. «Il risultato del blocco è impressionante: oltre 40mila pacchi fermi su 50 Tir con disastrosi danni d’immagine e di fatturato al gruppo Gls del tutto estraneo agli accadimenti», si legge nella richiesta risarcitoria dell’azienda. Tesi smentita dal difensore degli imputati: «Nessuna violenza, solo uno sciopero per un demansionamento dei lavoratori».

Otto mesi di carcere a Nicoletta Dosio – una condanna assurda – una solidarietà scontata

Nicoletta è una farfalla di una specie particolare. Le sue ali, se tagliate, ricrescono.

Pasionaria: donna che partecipa a un movimento rivoluzionario con grande passione e tenacia, che mostra un attaccamento irriducibile ai propri valori e ideali. Così recita il vocabolario e Pasionaria è l’aggettivo più ricorrente da sempre negli articoli che riguardano l’attività di Nicoletta Dosio.

Le parole sono pietre, le parole sono importanti e, a volte (inconsapevolmente) diventano lo strumento per comprendere. In questo caso un accanimento, quello del Tribunale di Torino che ha condannato a otto mesi di carcere (l’ordine di carcerazione è al momento sospeso per trenta giorni, durante i quali Nicoletta potrebbe richiedere l’applicazione di misure alternative alla detenzione) a causa delle sue iniziative di disobbedienza civile svolte negli anni passati evadendo dagli arresti domiciliari.

I fatti che le vengono contestati risalgono al periodo tra il novembre e il dicembre del 2016 quando per protesta partecipò a diverse iniziative lasciando la sua abitazione dentro la quale stava scontando gli arresti domiciliari.
Il Movimento No Tav sul suo sito definisce questa sentenza “l’ennesima condanna politica nei confronti di chi, con tenacia e determinazione, non abbassando mai la testa di fronte alle ingiustizie, ha deciso di opporsi quotidianamente contro coloro che, in nome del profitto, hanno deciso di distruggere e corrompere la nostra Valle”. 
Sono centinaia i militanti e attivisti del Movimento No Tav che, come Nicoletta, da anni subiscono condanne dichiaratamente politiche, ma contro questa donna c’è indubbiamente una ferocia particolare. Nicoletta ha settantasei anni ed è da sempre attivista del Movimento No Tav (che ha contribuito a far nascere).
Tra le fondatrici del Comitato di Lotta Popolare di Bussoleno. fa parte dell’”Osservatorio contro la Repressione”, un’associazione svolge inchiesta sul tema della repressione, della legislazione speciale, della situazione carceraria. E il suo ingresso nel carcere  delle Vallette a Torino due anni e mezzo fa è stato per lei l’occasione per riflettere da dentro su un’istituzione obsoleta e umiliante. Da quell’esperienza nasce un libro, Fogli dal carcere, Il diario della prigionia di una militante No Tav, dedicato alle detenute che ho incontrato, nelle cui pagine Il carcere emerge nella sua cruda verità: un non luogo basato su un’idea vendicativa della giustizia e contro cui si infrange ogni diritto.
Nicoletta ha sempre partecipato alla vita politica e sociale del territorio piemontese, attraverso le sue numerose lotte. Le parole sono importanti.
Sempre, da sempre… Le parole sono pietre, le parole sono importanti, dicevamo all’inizio. Le condanne di Nicoletta sono tutte condanne politiche, che la colpiscono prima di tutto per la lotta contro il TAV, così come accade a centinaia di altri militanti ed attivisti. Contro Nicoletta però c’è la ferocia particolare, esagerata (o forse no)  di uno stato che non accetta di avere contro una professoressa di lettere con la schiena dritta e la testa alta, considerata da tante e tanti riferimento morale e civile.
E se in questi tempi bui e pieni di macerie la repressione si fa più attenta ed esigente una pasionaria diventa pericolosa e scomoda. “Non puoi essere libera quando sai che gli altri non lo sono e che potevo essere felice solo aprendo quei cancelli, per portare tutte fuori con me.”, scriveva Nicoletta uscita dal carcere delle Vallette. Contro parole come queste, contro la dignità di chi le pronuncia i mesi, gli anni di carcere sono un’arma spuntata.
Nicoletta è una farfalla di una specie particolare. Le sue ali, se tagliate, ricrescono.

Carcere di Ivrea, 8 agenti sospesi per un anno. Via direttore e comandante

 

Dopo gli interrogatori di garanzia in riferimento all’inchiesta della procura che vede, complessivamente, 45 indagati tra direttori, medici e agenti di polizia penitenziaria per le presunte botte e torture subite dai detenuti

Otto agenti della polizia penitenziaria in servizio al carcere di Ivrea (Torino) sono stati sospesi dal servizio per un anno. Lo ha deciso il gip del tribunale eporediese, Ombretta Vanini, dopo gli interrogatori di garanzia che si sono svolti lunedì in riferimento all’inchiesta della procura che vede, complessivamente, 45 indagati tra direttori, medici e agenti di polizia penitenziaria per le presunte botte e torture subite dai detenuti della casa circondariale di Ivrea.

Il pubblico ministero Valentina Bossi aveva invece chiesto gli arresti domiciliari nei confronti di sedici agenti. A breve, secondo quanto si apprende, saranno probabilmente sostituti dall’amministrazione anche il direttore del carcere e il comandante della polizia penitenziaria.