Sanguinosa repressione in Kazakistan, più di 40 morti e oltre 4400 arresti. Solidarietà con la rivolta popolare! Terrorista è chi affama e opprime! Basta repressione! NO all’intervento imperialista Russo!

Noi, gente comune, non siamo terroristi!

Protesta davanti al parlamento Kirghiso contro il dispiegamento della CSTO in Kazakistan

Più di 40 morti e oltre 4400 arresti, è il bilancio della rivolta popolare in Kazakistan reso noto dall’emittente di Stato Khabar 24 citando dati ufficiali. Tra le vittime sarebbe rimasta uccisa una ragazza di 15 anni. E il numero delle vittime e degli arresti continua a salire dopo la dichiarazione dello stato di emergenza e l’ordine di aprire il fuoco sui manifestanti, per uccidere quelli che vengono definiti “terroristi” e “militanti” manovrati da “agenti stranieri”.

Terroristi sono gli affamapopolo che hanno ridotto alla fame le masse kazake! SRP condivide e fa suoi l’analisi e il comunicato di denuncia e solidarietà espressi da proletari comunisti, che riportiamo in parte di seguito, ma che invitiamo a leggere integralmente nel nuovo blog:

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Svizzera: attacco alla Securitas in solidarietà con i prigionieri politici in Turchia

La notte del 2 gennaio, il finestrino di un’auto della Securitas AB è stato rotto e il bitume è stato versato nel veicolo e nel suo sistema di ventilazione. Questo in solidarietà con i popoli in lotta in Turchia, con la lotta di liberazione curda e con tutti i prigionieri rivoluzionari nelle carceri turche.

In Turchia, la società Securitas svolge funzioni di sorveglianza in molte carceri – a volte anche nelle carceri di tipo F – e partecipa quindi a repressione, reclusione, isolamento, tortura e stupri. Mentre nell’aprile 2019, a causa della situazione precaria dovuta alla pandemia di Covid19, sono stati rilasciati dalle carceri, tra gli altri, detenuti di strutture mafiose, attualmente la situazione dei detenuti rivoluzionari è in peggioramento. Si sono moltiplicate le morti come quelle di Halil Güneş e Abdülrezzak Şuyur: rivoluzionari affetti da gravi malattie a cui è stato negato non solo il rilascio anticipato ma anche le cure mediche. Qui il comunicato stampa

Da https://secoursrouge.org

Emilio in carcere. Appello alla solidarietà

Venerdì 3 dicembre 2020 un nostro compagno, Emilio Scalzo, è stato estradato dall’Italia alla Francia e rinchiuso nel carcere di Aix-Luynes.
Emilio, ex pescivendolo di 67 anni, storico attivista NoTav e dall’inizio impegnato a portare solidarietà ai migranti di passaggio tra la Valsusa e il Brianconnese è accusato di violenza contro pubblico ufficiale in seguito alla manifestazione del 15 maggio 2020 tra Claviere e Monginevro, giornata pubblica organizzata in risposta allo sgombero della Casa Cantoniera, il Rifugio Autogestito per migranti di Oulx.
Quella manifestazione, parte di una tre giorni di campeggio contro le frontiere era stata quasi subito “bloccata” da decine di CRS che avevano sbarrato la strada e inseguito il corteo lungo i sentieri per impedirgli di passare, sparando lacrimogeni, “grenade” (tipo di armi in dotazione alla polizia francese) e distribuendo manganellate. Emilio era rimasto un po’ indietro data la sua protesi ad un ginocchio e il secondo in attesa di operazione ; da seduto è stato attaccato da un gendarme che prima gli ha lanciato addosso una granata, e poi ha cercato di colpirlo con una manganellata. Emilio si è difeso. Il poliziotto di quarantacinque anni più giovane, se n’è andato con un braccio dolorante. Manganello contro un legno trovato in terra.
Il 15 settembre Emilio è stato arrestato; agenti della pol izia italiana in borghese l’hanno letteralmente rapito per strada, e per molte ore nessuno ha avuto sue notizie. I mandanti sapevano quanto Emilio è amato nella valle in cui vive e dunque lo hanno sequestrato nell’ombra. Il 23 settembre gli sono stati dati i domiciliari, finché il 1 ottobre i giudici della Corte d’Appello di Torino hanno concesso l’estradizione richiesta dallo stato francese. Il 1° dicembre, dopo due mesi e mezzo di arresti domiciliari, Emilio è stato arrestato di nuovo dalla Digos di Torino (polizia politica), che ha usato una quantità enorme di celerini per bloccare le strade intorno alla sua casa, scavalcando e forzando il cancello e procedere all’arresto. E’ stato portato al carcere delle Vallette di Torino, nonostante fosse già ai domiciliari da due mesi. Perché? Per la “troppa solidarietà” del movimento, in presidio permanente davanti alla casa di Emilio per stargli vicino fino all’arresto e non lasciarlo solo. In pratica avevano paura di non riuscire a consegnarlo in tempo e fare brutta figura coi gendarmi francesi.
Il 3 dicembre è stato estradato in Francia, e rinchiuso dopo una finta udienza/interrogatorio -in cui avevano già deciso di non concedergli nessuna misura alternativa- nel carcere di Aix-Luynes, vicino a Marsiglia.
I gendarmi e la Paf (police aux frontières) controllano questa frontiera portandosi dietro una scia di morte e violenza. Già 5 sono i cadaveri ritrovati su queste montagne, tutti in fuga o respinti dalla polizia di frontiera francese. Molti i feriti, i dispersi per giorni, infiniti i respinti, maltrattati, minacciati.
Decine di persone senza il buon documento ogni giorno cercano di attraversare questa frontiera scappando guerre, povertà, discriminazioni, alla ricerca di una vita migliore. Emilio, per loro, c’è sempre stato.
Chi è il violento? Chi va a caccia dei migranti giorno e notte, respingendo decine di persone al giorno, o chi si è sempre battuto per aiutare chi di passsaggio a non morire su queste montagne?
Chi è il violento, chi picchia a comando, chi butta lacrimogeni e bombe stordenti, chi manganella o chi, semplicemente, ha provato a difendersi da questa violenza?
Noi siamo al fianco di Emilio. Tutti abbiamo ben presente la violenza della polizia francese; tutti ricordiamo i feriti tra i Gilets Gialli, gli occhi e arti persi e i pestati a sangue. I morti delle banlieu e nelle manifestazioni. I CRS che sparano ad altezza uomo lacrimogeni e granade de desencerclement.
La procura di Gap sta cercando di farla pagare a Emilio per tutto ciò che è stata la lotta alla frontiera, utilizzando la retorica del “violento” per isolare e allontanare la solidarietà. Questa volta non acusano di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, anche se Emilio in Italia è sotto processo anche per le occupazioni dei due rifugi autogestiti. Per presunta “violenza”, è più facile accusare, e condannare. Soprattutto se la parola di chiunque contro la testimonianza di un gendarme non vale niente.
Lo vogliono far passare per uno dei leader del “movimento No Border”, solo perché in qualche immagine reggeva uno striscione ed è uno dei più vecchi del corteo. Lo stanno facendo passare per un terrorista. Quando l’hanno estradato gli hanno messo un cappuccio in testa, e il blindato era scortato da un elicottero. E’ nelle carceri francesi da oltre un mese, e hanno concesso solo ieri alla moglie le visite richieste da tempo. Fino ad oggi non gli hanno riconsegnato nemmeno gli occhiali senza la quale non riesce neanche a leggere.
Anche la scelta della prigione è indicativa: Aix-Luynes è lontana, vicino a Marsiglia. Hanno così deciso di allontanarlo dalla valsusa, dalla frontiera, per allontanarlo dai suoi cari e dalla solidarietà ben forte presente in questo territorio. Come fecero ai tempi con Eleonora, Théo e Bastien, arrestati per favoreggiamento all’immigrazione clandestina nella giornata del 22 aprile 2018 e trasferiti da Gap a Marsiglia per “motivi di sicurezza” dopo la chiamata per un presidio sotto il carcere.
Non lasciamo Emilio solo.
Scriviamogli, facciamoci sentire, attiviamoci sui diversi territori per portare solidarietà. Ognuno a suo modo, tutti i modi sono benvenuti.
La solidarietà non si arresta!
Emilio libero!

fonte: https://www.passamontagna.info

Incendio doloso al presidio No Tav di San Didero, ma la lotta continua. Avanti No Tav!

Nella notte tra il 4 e il 5 gennaio il presidio No TAV di San Didero è stato dato alle fiamme. Dai rilievi fatti all’interno del presidio è stato possibile risalire all’origine dolosa delle fiamme, che si sono sviluppate all’interno di una roulotte. Fortunatamente, l’incendio ha avuto origine dopo la conclusione di un aperitivo organizzato presso il presidio dal movimento No TAV e nessuna persona è rimasta coinvolta.

Non si tratta del primo attentato incendiario contro i No TAV, episodi simili si sono verificati nel 2010, quanto due attentati mafiosi hanno distrutto a distanza di una settimana i presidi di Borgone e di Bruzolo. Nei giorni immediatamente seguenti, i luoghi attaccati e alcuni monumenti alla Resistenza erano stati imbrattati con scritte “Sì TAV”. Nel 2013 è toccato invece al presidio di Picapera di Vaie e nel 2018 è stato il turno dei locali dello spazio sociale VisRabbia di Avigliana. I presidi sono luoghi cruciali per la battaglia contro il TAV, sorgono nei territori direttamente interessati dai lavori, sono avamposti di difesa e luoghi di organizzazione e discussione. La deliberata aggressione di questi spazi è un chiaro tentativo di intimidire e indebolire la presenta capillare del movimento No TAV in Val Susa.

Nonostante la rabbia e l’indignazione per un attacco vile, il movimento No TAV ha immediatamente reagito e oggi, giovedì 6 gennaio, oltre 120 notav erano presenti a San Didero per continuare i lavori di bonifica e organizzare la ricostruzione della parte incendiata. Dopo la polentata alcuni manifestanti hanno attraversato la statale 25 per fare una breve ma rumorosa battitura.

La lotta contro la repressione, contro la tortura, in difesa delle condizioni di vita di tutte le prigioniere politiche è parte centrale della lotta rivoluzionaria contro lo Stato borghese – Lettera aperta a Nadia Lioce

Dal blog femminismo rivoluzionario:

Integrazione alla precedente lettera del 21/12/2021

Ciao Nadia

dopo aver appreso del rigetto del tuo ricorso abbiamo ripreso, nella campagna complessiva contro la repressione delle lotte delle lavoratrici, delle lotte sociali, delle immigrate, delle proletarie anche detenute, la parola d’ordine “Basta con la violenza di Stato sulle donne, difendere le condizioni di vita di tutte le prigioniere politiche!”.

Il 27 novembre, alla manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne a Roma, abbiamo portato anche la voce delle detenute in lotta che quest’anno hanno fatto lo sciopero l’8 marzo per la libertà, il diritto alla salute e alla genitorialità, e quella delle resistenti detenute del carcere di Torino che a dicembre hanno fatto un nuovo sciopero del carrello per rivendicare la liberazione anticipata anche per chi è sottoposto all’articolo 4 bis. Abbiamo detto: nessuna repressione delle donne proletarie in lotta e anche delle donne che si difendono dalla violenza maschile.

Così come siamo scese in piazza in vari momenti e iniziative in solidarietà con tutte le prigioniere politiche, sia a livello internazionale che nel nostro paese.

Perciò non potevamo tacere il fatto che sei ancora detenuta, dopo 16 anni, in 41 bis! Non è affatto una questione personale; la lotta contro la repressione, contro la tortura, in difesa delle condizioni di vita di tutte le prigioniere politiche rientra nella lotta più generale delle donne contro la violenza reazionaria di questo sistema capitalista ed è parte centrale della lotta rivoluzionaria contro lo Stato borghese.

Di tutto ciò abbiamo parlato anche in una recente assemblea nazionale delle donne/lavoratrici, e pensiamo sia giusto che tu ne sia informata, così come pensiamo che, come in altre occasioni, sia importante da parte tua informarci, farci arrivare denunce sulla situazione all’interno del carcere e che tu continui la battaglia perché essa dà forza alla nostra lotta.

Ti salutiamo e ti mandiamo a parte il nostro calendario 2022, sperando ti piaccia.

Le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

Francia. Tre rapper accusati per un brano contro le violenze della polizia

 

Tre rapper francesi sono stati convocati dalla Brigade de répression de la délinquance contre la personne (BRDP) per i loro versi contenuti nel videoclip corale “13’12 contre les violences policières”, pubblicato il 13/12 (in riferimento all’acronimo ACAB, All Cops Are Bastards) dell’anno scorso.

Sono stati interrogati dai funzionari della BRDP a seguito delle denunce presentate dal ministro degli Interni, Gérald Darmanin, e dalla Police Nationale.

Gli artisti, che hanno partecipato al videoclip e che sostengono il progetto lanciato dal collettivo A.C.A.B (Association Contre les Agressions des Bleus), denunciano un attacco intimidatorio nei confronti della loro libertà d’espressione ed artistica, dei loro testi e delle loro canzoni impegnate politicamente ed impregnate dell’odio di classe di chi subisce, giorno dopo giorno nei quartieri popolari, le violenze sistematiche e razziste della polizia.

Il rap come forma di denuncia militante, di rivendicazione di giustizia sociale, di contro-cultura popolare: nulla di più autentico e genuino per chi fa della propria arte un’arma di lotta contro gli abusi e le violenze della polizia.

Dalle grandi rivolte nelle banlieues francesi del 2005 ad oggi, questo movimento artistico-politico non ha smesso di crescere e diffondersi, anche grazie all’uso dei social network, soprattutto tra i giovani, il cui futuro è ipotecato in base al colore della pelle o al quartiere di residenza.

Almeno quando quella speranza di riscatto non viene soffocata sotto il peso dei gendarmi in una camionetta, spezzata da una “clé d’étranglement” (tecnica di immobilizzazione pericolosa e risultata spesso letale) o spenta da un proiettile sparato ad altezza uomo.

Il videoclip si apre con le parole di Ramata Dieng, la sorella di Lamine Dieng ucciso dalla polizia nel 2007, la quale ci ricorda che dal 1977 al 2019 la polizia ha ucciso 676 persone: “Dietro a queste cifre, c’è la realtà delle vite strappate, delle famiglie distrutte, di una sete di giustizia che è difficile da placare, perché nella stragrande maggioranza dei casi, gli assassini non si sentiranno responsabili, ma continueranno ad agire in tutta impunità”.

Servire e proteggere? NO! Punire ed opprimere, colpire le classi popolari e le persone razzializzate, questa è in realtà l’essenza del mestiere di poliziotto. Mantenere, costi quel che costi, l’ordine sociale razzista e borghese, non ci sono dubbi: la polizia è fatta per questo”, continua Ramata Dieng.

Grazie alla vendita del CD, il collettivo A.C.A.B. ha potuto raccogliere quasi 10mila euro, una somma che sarà donata interamente alle vittime e alle famiglie delle vittime della violenza della polizia, che da anni lottano per quella “verità e giustizia” che i tribunali più volte hanno negato e contro un sistema fatto di impunità e razzismo sistemico delle forze dell’ordine e degli apparati di Stato.

In calce, pubblichiamo il comunicato stampa degli artisti che hanno collaborato al videoclip “13’12 contre les violences policières”, scritto a seguito delle convocazioni e delle denunce ricevute.

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Di fronte agli innumerevoli episodi di violenza della polizia e in solidarietà con le vittime e le famiglie delle vittime delle violenze della polizia, 33 rapper hanno alzato la voce per denunciarli in un pezzo che unisce rabbia e grida di allarme sotto forma di un videoclip intitolato 13’12 contre les violences policières, pubblicato su internet il 13/12/2020 alle ore 13:12.

Diversi di noi sono stati oggetto di denunce da parte di Gérald Darmanin, ministro degli Interni, e sono stati interrogati dalla polizia. L’1consolable è accusato di “ingiuria pubblica nei confronti di una pubblica amministrazione. L’estratto rilevante è: Tutti i poliziotti sono feccia”.

Billie Brelok è accusata di ingiuria pubblica nei confronti di persona depositaria dell’autorità pubblica. L’estratto rilevante: Ehi, Darmanin, controlla il tuo riflesso nelle pozzanghere di piscio della tua vita da pulce. Questo mondo ti ha rovinato per il foro di un proiettile. Sei solo un operatore di autobus. Un indicatore in più.

Queste denunce sono un attacco inaccettabile alla nostra libertà di espressione, che mira sia a invisibilizzare le violenze della polizia e il modo in cui sono sistematizzate, sia a criminalizzare le voci che le denunciano.

Abbiamo scelto le nostre parole, le abbiamo soppesate, le abbiamo scelte tra le altre per esprimere la nostra rabbia, ed è una scelta senza ritorno. Non siamo disposti a tacere, né a scusarci.

Minacciati di una multa di 12.000 euro ciascuno, ci rifiutiamo di vedere la libertà di espressione concessa come un privilegio a coloro che possono permetterselo. È inaccettabile che dobbiamo comprare le nostre parole.

Ma ancora di più vedere censurare e imbavagliare la denuncia dell’abuso di potere esercitato nella violenza sistematica banalizzata della polizia, come nella violenza sessuale normalizzata perché si tratta anche di questo, nella polizia come altrove, e la nostra posizione contro la violenza della polizia è indissociabile da una posizione antisessista, ma anche antirazzista, anticoloniale e anticapitalista.

Durante le udienze abbiamo saputo che altri partecipanti sarebbero stati convocati per essere interrogati dalla polizia a loro volta.

Poiché il nostro obiettivo principale è quello di sostenere finanziariamente le vittime e le famiglie delle vittime, il CD 13’12 contro la violenza della polizia, i cui profitti delle vendite sono interamente donati a loro con l’aiuto di Désarmons-les (Collectif contre les violences d’Etat), è ancora disponibile per la vendita su HelloAsso. Perciò percepiamo anche queste denunce come un’altra offesa indiretta fatta dal ministro Darmanin a queste vittime e alle loro famiglie.

Il videoclip è ancora disponibile online.

La nostra rabbia, la nostra fermezza e la nostra determinazione rimangono intatti.

Firmatari: VII, Akeron, Aladoum, Assemblée des Blessés, Ben Akara (HPS), Billie Brelok, Démos (ACS), Désarmons-Les, Djamhellvice, E.One (Première Ligne), Erremsi, Fl-How, Gaiden, Kaïman Lanimal, Kimo (Libres Ratures), K.Oni, Lili (Crew Z.1 .D), L’1consolable, Mod Efok, Monsieur M, Nada, Nodja, Ramata Dieng, Res Turner, Saïdou (Sidi Wacho), Saknes (La Jonction), Siren, Skalpel, Sly2, Source-media, Sticky Snake (L’Alerte Rouge), Temsis (ACS), Tideux, Turiano (HPS).