LE AUTORITÀ ISRAELIANE DI OCCUPAZIONE RINNOVANO L’ORDINE DI TRE MESI DI DETENZIONE AMMINISTRATIVA CONTRO L’AVVOCATO PALESTINESE E DIFENSORE DEI DIRITTI UMANI SALAH HAMMOURI

6 giugno 2022. La mattina del suo previsto rilascio dalla prigione di Ofer, le autorità di occupazione israeliane hanno notificato a Salah Hammouri , avvocato palestinese e difensore dei diritti umani, un ordine di rinnovo della detenzione amministrativa di tre mesi nei suoi confronti. Sebbene il comandante militare israeliano abbia firmato l’ordine di rinnovo contro Salah il 2 giugno 2022, Salah e il suo consulente legale sono stati informati solo pochi istanti prima del suo previsto rilascio. La detenzione amministrativa di Salah, senza accusa né processo, basata su “informazioni segrete” è ancora soggetta a rinnovi a tempo indeterminato.

Salah Hammouri è stato arrestato il 7 marzo 2022 , durante un’irruzione all’alba nella sua casa di Kufr Aqab, a nord di Gerusalemme, da parte delle forze di occupazione israeliane. Successivamente, il 10 marzo 2022, il comandante militare israeliano ha emesso il primo ordine di detenzione amministrativa contro Salah per tre mesi, che terminerà il 6 giugno 2022. Più di 500 detenuti amministrativi palestinesi stanno attualmente intraprendendo un boicottaggio collettivo dei tribunali militari israeliani per protestare contro gli israeliani . pratica illegale, sistematica e arbitraria della detenzione amministrativa dell’occupazione. Salah si unisce al boicottaggio, rifiutandosi di partecipare ai procedimenti militari relativi alla sua detenzione amministrativa e chiedendo al suo consulente legale di fare lo stesso.

L’estensione del periodo di detenzione amministrativa aumenta gravemente la sofferenza psicologica dei detenuti palestinesi Una volta che i detenuti iniziano a pensare che saranno presto rilasciati, le autorità di occupazione israeliane spesso rinnovano l’ordine di detenzione senza alcuna accusa. Diversi studi sugli effetti della detenzione amministrativa hanno mostrato che l’elemento di imprevedibilità , la perdita di controllo e l’ assenza di una data di fine specifica sono tutti fattori che contribuiscono a causare una forte pressione sui detenuti e sulle loro famiglie che li costringono vivere in uno “ stato di attesa permanente ”.

L’arresto e la detenzione arbitrari di Salah Hammouri sono resi più urgenti ed eccezionali alla luce della decisione illegale del ministro dell’Interno israeliano , il 18 ottobre 2021, di revocare il suo status di residenza permanente a Gerusalemme sulla base di una “violazione della fedeltà allo Stato di Israele .” L’inizio della revoca della sua residenza ai sensi dell’emendamento n. 30 alla legge sull’ingresso in Israele del 1952 comporta profonde violazioni del diritto internazionale e lo mette a rischio imminente di espulsione forzata .

Dopo la revoca, l’avvocato difensore di Salah Hammouri ha presentato ricorso contro la revoca della residenza, insieme a una petizione per sospendere le procedure associate alla revoca della residenza, in particolare la libertà di movimento oltre il quartiere di Kufur Aqab, il divieto di viaggio e l’interruzione della residenza prestazioni previdenziali e sanitarie.

Salah Hammouri , 36 anni, è un gerosolimitano franco-palestinese, difensore dei diritti umani (HRD) di lunga data, avvocato dell’Addameer Prisoner Support and Human Rights Association ed ex prigioniero politico. Salah è stato oggetto di persecuzioni israeliane dall’età di 15 anni, quando ha subito una ferita da proiettile nel 2000. È stato arrestato per la prima volta all’età di 16 anni e da allora ha subito continue molestie giudiziarie e amministrative da parte delle autorità di occupazione israeliane, tra cui sei periodi di reclusione e arresti arbitrari , diversi divieti di viaggio, cauzioni e multe eccessive, arresti domiciliari separazione dalla sua famiglia , sorveglianza e attacchi di spyware .

Da Prisoner Support and Human Rights Association

Turchia, altri prigionieri si uniscono allo sciopero della fame a tempo indeterminato ad Afyon

Ad Afyon, nell’Anatolia occidentale, dieci prigionieri politici sono in sciopero della fame e chiedono assistenza sanitaria adeguata e l’abolizione dell’appello militare e delle arbitrarie “punizioni di isolamento”.
Altri prigionieri nella prigione di tipo T di Afyon hanno aderito a uno sciopero della fame indefinito e non alternato per protestare contro le loro condizioni di detenzione, hanno riferito i parenti dei prigionieri politici che si sono uniti alla protesta. Inizialmente, otto prigionieri colpiti da misure arbitrarie hanno iniziato lo sciopero della fame il 25 maggio. Un giorno dopo, la loro cella è stata presa d’assalto dalle guardie. I prigionieri furono portati fuori dall’ala con l’uso della forza e trasferiti in celle d’isolamento. Lo sciopero della fame continua anche in isolamento e nel frattempo altri due prigionieri si sono uniti alla protesta.
Con il loro sciopero della fame, i prigionieri chiedono l’abolizione dell’appello militare e la “punizione di isolamento” arbitrariamente imposta. Altre richieste includono un’assistenza sanitaria adeguata e il rilascio dei prigionieri che hanno scontato la pena. Ci sono decine di migliaia di prigionieri politici in Turchia e in molti casi il loro rilascio è subordinato a una confessione di rimorso.
Gli scioperanti della fame hanno detto ai loro parenti per telefono che la loro azione continuerà fino a quando le loro richieste non saranno soddisfatte, invitando il pubblico a sostenere l’azione.

India, un comandante maoista ucciso dalle forze di sicurezza

Un comandante di area maoista è stato ucciso giovedì durante un’operazione congiunta dei paramilitari della CRPF, dell’STF e della polizia nel distretto di Jamui, in Bihar. Matlu Turi era un comandante di area in Bihar e Jharkhand e una parte importante del gruppo Pintu Raan. L’operazione di controguerriglia è iniziata nella notte tra mercoledì e giovedì nella giungla di Ghidhaur. Quando hanno agganciato i maoisti nella foresta di Sagdari. Matlu Turi era in connessione con oltre 50 casi in Bihar e Jharkhand.

Torture nel carcere di Modena, tra gli agenti indagati anche un sindacalista

I cinque agenti indagati per le violenze continuano a lavorare in carcere. Fra di loro c’è anche un sindacalista. Come gli altri, è accusato di tortura e lesioni aggravate nei confronti dei reclusi. Dal ministero dicono di aspettare gli atti della procura per decidere.

di Nello Trocchia

L’inchiesta per i fatti accaduti nel carcere l’8 marzo 2020 continua e la proroga delle indagini indica la necessità di continuare con gli approfondimenti. Intanto il tempo passa e ormai sono già trascorsi due anni dai fatti.

La procura di Modena ha iscritto nel registro degli indagati cinque agenti della polizia penitenziaria che devono rispondere dei reati di tortura e di lesioni aggravate per i fatti accaduti nel carcere di Modena, l’8 marzo 2020. Tutti quanti sono ancora in servizio nello stesso carcere. I nomi degli indagati sono contenuti nella richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari, presentata dalla procura locale e firmata dal procuratore Luca Masini e dalla magistrata Lucia De Santis. Tra gli indagati c’è anche un sindacalista. Le persone che avrebbero subìto le presunte violenze sono invece sette, individuate dalla procura come persone offese.

Devastazione e violenze – All’inizio della fase più acuta della pandemia da Covid-19, nelle carceri italiane ci sono stati scontri per l’assenza di mascherine e dispositivi di sicurezza. Così è successo anche a Modena, dove decine di detenuti hanno inscenato una rivolta violenta, contenuta dai poliziotti penitenziari. La procura ha aperto tre fascicoli. Uno, con le indagini ancora in corso, riguarda i danni e le devastazioni compiute dai detenuti. Un altro si è concentrato sulla morte di nove reclusi per overdose di metadone. Ma è stato definitivamente archiviato, nonostante l’opposizione dell’avvocata di Antigone, Simona Filippi, che ha poi presentato un ricorso alla Corte internazionale dei diritti dell’uomo.

L’ultimo fascicolo si sta occupando delle violenze che i poliziotti penitenziari avrebbero compiuto durante e dopo la rivolta a Modena, ma anche ad Ascoli, dove alcuni reclusi sono stati trasferiti la sera dell’8 marzo. Continua a leggere

Messico, 51 anni dal “El Halconazo”: La MEMORIA la tengono VIVA i POPOLI! NON UN MINUTO di SILENZIO, TUTTA una VITA di LOTTA.. MARCIA il 10 giugno alle 16:00

MÉXICO. 10 de Junio NO SE OLVIDA. A 51 años del HALCONAZO 1971. Matanza del Jueves de Corpus fue un CRIMEN de ESTADO. El 10 de junio 1971, ‘Halcones’ paramilitares entrenados por el criminal PRI-gobierno del genocida Luis Echeverría, entonces presidente de México, que en la Matanza de la Plaza de las Tres Culturas de Tlatelolco 1968 era secretario (ministro) de Gobernación; por la siniestra policía política de la Dirección Federal de Seguridad (DFS) y la CIA, atacaron con armas de fuego , porras y palos, una marcha de estudiantes del Instituto Politécnico Nacional y la UNAM,primera desde la masacre del 2 de octubre 1968, que había partido desde el Casco de Santo Tomás . La represión genocida causó al menos 120 asesinados…¡NI PERDÓN NI OLVIDO!..JUSTICIA.. ¡Castigo a los genocidas! NUNCA MÁS UN CRIMEN de ESTADO, NUNCA MÁS REPRESIÓN…NUNCA MÁS un ‘Halconazo’, NO MÁS Tlatelolco 68, NO MÁS Atenco, NUNCA MÁS Ayotzinapa…¡La MEMORIA la mantienen VIVA los PUEBLOS! NI UN MINUTO de SILENCIO, TODA una VIDA de LUCHA..MARCHA el 10 de Junio a las 16:00 horas desde el Casco de Santo Tomás, del Instituto Politécnico Nacional (IPN) al Zócalo de la Ciudad de México.

***

Il 10 giugno 1971 è popolarmente conosciuto in Messico come “El Halconazo” o “La Masacre del Jueves de Corpus Christi”: quel giorno si perpetrò una vera e propria strage ai danni degli studenti messicani durante una manifestazione a Città del Messico, il cui scopo era commemorare il massacro di Tlatelolco del 2 ottobre 1968 e appoggiare la protesta partita dall’Universidad Autónoma dello stato di Nuevo León contro l’emanazione della Ley Orgánica varata dal governatore Eduardo Angel Elizondo Lozano.

“El Halconazo” rappresenta una data nerissima nella storia dei diritti civili e politici messicani: la repressione scatenata contro gli studenti ricorda, per ferocia, quelle di Atenco e Oaxaca, nel 2006, e la mattanza di Acteal, nel Chiapas il 22 dicembre 1997. La denominazione della strage ha origine dal nome del gruppo paramilitare Continua a leggere

Che sia in borghese o in divisa, il razzismo ha sempre una matrice di classe e fa schifo. Nessuna repressione, solidarietà alle persone immigrate che si ribellano e lottano. SRP

Mai più lager, NO CPR!

Scarsa trasparenza, assistenza sanitaria e diritti umani negati. La detenzione senza reato nei centri di permanenza per i rimpatri (cpr) è lo strumento normativo prediletto dal legislatore italiano per le persone straniere prive di documenti che riescono ad arrivare in Italia (almeno 600 persone sono morte attraversando il Mediterraneo nei primi tre mesi del 2022). Con esso si sono ampliati: la mappa dei lager per immigrati, la durata della misura restrittiva e i motivi per cui l’autorità di pubblica sicurezza può farvi ricorso. I luoghi di trattenimento o detenzione amministrativa dei migranti sono principalmente dei luoghi di attesa in cui i diritti fondamentali vengono trascurati o completamente negati.

Suicidi e tentativi di suicidio, materassi incendiati, atti di autolesionismo fino ad ingoiare lamette e candeggina solo per ricevere cure ed essere trattati come “persone”. Ma non c’è limite al peggio. Alle continue minacce di rimpatrio, alle condizioni di totale abbandono, alla mancanza di assistenza sanitaria, sociale, legale e psicologica, si aggiunge anche la beffa di dover pagare ai propri carcerieri quelle inumane condizioni di detenzione, come è successo pochi giorni fa ai migranti detenuti al CPR di Gradisca d’Isonzo, che hanno ricevuto uno scontrino a loro carico di 8.90 euro da parte della ditta, Edeco (ora Ekene) che gestisce la struttura e che dal marzo 2022 gestisce anche il CPR di Macomer in Sardegna.

I Cpr sono gestiti da enti privati e da vere e proprie multinazionali, che in tutta Europa gestiscono i Centri di trattenimento o i servizi di istituti penitenziari. E questa è una delle principali condizioni peggiorative per i migranti “trattenuti”, sia perché vi è un interesse basato sulla massimizzazione del profitto, sia perché, di conseguenza, l’attenzione ai bisogni delle persone detenute è inesistente e le condizioni all’interno di questi centri non rispettano gli standard dettati dal Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura.

Né CPR né ghetti! Basta repressione, sfruttamento e omicidi di lavoratori immigrati. Basta razzismo, documenti, case e contratti per tutt*!

Ma non bastano i cpr a saziare le pance dei padroni! Per controllare i flussi migratori, e di conseguenza la forza lavoro a basso costo, oltre alle guerre, alle false sanatorie, ai vari decreti “sicurezza”, questo governo ha istituito l’alternanza accoglienza-lavoro.

Lo scorso 16 maggio è stato annunciato a mezzo stampa che il futuro modello di accoglienza introdurrà ulteriori strumenti di sfruttamento del lavoro migrante, compreso quello minorile. Questo è ciò che si evince dal Protocollo d’intesa che i ministri Orlando e Lamorgese – in accordo con i sindacati confederali e l’associazione padronale dell’edilizia – hanno siglato per reclutare almeno 3.000 giovani migranti nell’edilizia, in modo da conciliare l’accoglienza con le esigenze del mercato del lavoro.

Oltre a tenere i migranti in gabbia, quindi, questa accoglienza li spinge nelle mani dei padroni dell’edilizia, uno dei settori più inondato di soldi e sangue di vite operaie.

E nell’agricoltura?

Solo nelle ultime settimane, nelle campagne pugliesi, 5 braccianti sono morte/i e 5 sono rimaste/i ferite/i sul lavoro o in itinere, per condizioni lavorative di estremo sfruttamento o di trasporto disastrose. Lo scorso week end, a Foggia, almeno una decina di braccianti sono stati inseguiti, presi a sassate e pestati mentre in bicicletta si recavano a lavorare nei campi, e questo solo perché neri. Questo è lo sfruttamento che i lavoratori e le lavoratrici delle campagne vivono, denunciano e combattono da anni.

Per tutto questo e altro il soccorso rosso proletario esprime la massima solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici delle campagne della provincia di Foggia e il massimo sostegno alla manifestazione antirazzista che si terrà sabato mattina, 11 giugno, alle h. 10 al piazzale della stazione di Foggia.

BASTA CACCIA AL NERO! L’11 GIUGNO SCENDIAMO IN PIAZZA CONTRO LA VIOLENZA RAZZISTA

COMITATO LAVORATORI DELLE CAMPAGNE

Come già accaduto in anni passati, i braccianti africani tornano a denunciare molteplici aggressioni a evidente sfondo razzista, accadute lo scorso fine settimana, che hanno coinvolto almeno una decina di persone attaccate in diverse zone della città di Foggia, e altre a Borgo Mezzanone.  Le aggressioni sono avvenute alle prime luci dell’alba: mentre i braccianti si recavano al lavoro a bordo delle loro biciclette sono stati avvicinati da auto o motorini, da cui sono partiti lanci di pietre, schiaffi e pugni. In altri casi chi si trovava sui veicoli ha deliberatamente cercato di fare cadere i lavoratori africani dalle loro biciclette per poi aggredirli una volta a terra.  Tre di questi lavoratori sono rimasti feriti ma non tutti si sono recati in ospedale, per paura e con la consapevolezza che difficilmente avrebbero ricevuto le cure necessarie.

“E’ ora di dire basta a queste violenze, figlie della stessa cultura che discrimina gli immigrati attraverso leggi fatte per dividere e sfruttare, attraverso ostacoli burocratici, ghettizzazione e personale razzista negli ospedali, nelle questure e in altri uffici pubblici”.  I lavoratori e le lavoratrici delle campagne della provincia di Foggia chiamano all’appello gli e le antirazziste in tutta Italia, affinché sostengano la loro battaglia contro tutte le forme di violenza razzista e per il riconoscimento di documenti, case e contratti che rendano loro la vita vivibile. Abbiamo sofferto abbastanza e siamo stanchi di parole al vento!

Appuntamento quindi per sabato mattina, 11 giugno, alle h. 10.00 al piazzale della stazione di Foggia. Da qui corteo per arrivare alla Prefettura, dove “chiediamo di incontrare le autorità per avere risposte immediate. Basta razzismo, documenti case e contratti per tutt!”.

Da Radio Onda d’Urto, la voce di un lavoratore immigrato della provincia di Foggia:

REPRESSIONE E LOTTE SOCIALI: DIBATTITO E SERATA A SOSTEGNO DELLE SPESE LEGALI DEGLI STUDENTI OSA

SABATO 11 GIUGNO DALLE ORE 18:00 ALLE 23:30 presso il Csoa Corto Circuito:
La solidarietà è la nostra arma

ore 18:00: Dibattito contro la Repressione.
Intervengono:
📌 le studentesse e gli studenti Osa
📌 l’avvocato Marco Lucentini,
📌 Osservatorio Repressione,
📌 Cambiare Rotta,
📌 Potere Al Popolo VII municipio.
🔴 ore 20:00: Lettura di poesie di Sante Notarnicola e poesia performativa di Iris Basilicata, Cecilia Lavatore, Stefano Tarquini, Francesco De Simone, Alessandro Fusto.
🔴 dalle ore 21:30: Cena sociale e DJ SET con L’amorte
——–
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un salto di qualità dal punto di vista autoritario e repressivo nella gestione dell’ordine pubblico e del conflitto, reale e potenziale. Abbiamo visto e vissuto negli anni la chiusura di spazi occupati, la criminalizzazione del conflitto e nuove forme di gestione dell’ordine pubblico nelle città metropolitane, senza contare nuove modalità di repressione sperimentate nel movimento No Tav.
Anche senza un conflitto sociale di massa i meccanismi della repressione allargano le proprie maglie in nuove direzioni: provvedimenti coercitivi come fogli di via e divieti di dimora, sanzioni economiche spropositate, licenziamenti da posti di lavoro pubblici o privati, intimidazioni e schedature anche solo per aver partecipato ad assemblee o iniziative.
Queste nuove forme repressive hanno sempre di più un carattere “preventivo” volto non solo a colpire gli attivisti di oggi ma a scoraggiare nuove possibili attivazioni di conflitto futuro. Questo è ciò che è successo agli studenti di OSA che sono stati colpiti dalla macchina repressiva in maniera martellante e spropositata. Colpiti dal punto di vista giudiziario quanto disciplinare, andando ad intaccare i loro percorsi formativi e il loro rapporto con una scuola che mira sempre più ad emulare lo sfruttamento e l’alienazione della fabbrica piuttosto che a costruire un pensiero critico e fornire spazi di socialità e discussione. Fabbrica a cui gli studenti, ormai, accedono direttamente, abbandonando le aule e i libri per venire scaraventati in quel mondo del lavoro fatto di sfruttamento, dove si ringrazia per lavorare gratuitamente, dove si percepiscono salari da fame e dove, spesso, si perde la vita anche fin da adolescenti.
Ed è invece proprio dove si agita conflitto ed organizzazione, lì che si muove la macchina repressiva per andare a sedare ogni spirito di iniziativa: e così le lotte studentesche che hanno animato le piazze e le scuole in questo anno scolastico così come non si vedeva ormai da tempo; così le lotte operaie, della logistica, dei braccianti, che da soggetti ricattati e non sindacalizzabili sono diventati anima e motore della riconquista della dignità sul posto di lavoro. Quel posto di lavoro in cui non si può, non si deve morire.
La stretta repressiva ha radici molto profonde e ha visto diversi governi sulla stessa linea: privatizzazioni, politiche di austerità, precarizzazione del lavoro, chiusura degli spazi democratici, affossamento dei diritti, appoggio incondizionato alle grandi opere e alla devastazione dei territori, repressione del conflitto.
Negli ultimi anni la politica di “sinistra” ha incentrato unicamente la sua battaglia contro la campagna mediatica di stampo autoritario di Salvini, Ministro dell’Interno del governo Lega-5Stelle. Una battaglia di facciata in quanto i Decreti Sicurezza sono stati adottati dal governo Conte-bis senza essere messi in discussione da alcun partito. Così diventano molto meno sostanziali le differenze tra Lega e Partito Democratico. Partito che ha cercato di far dimenticare, con un antifascismo e un antirazzismo di facciata, tutte quelle politiche di austerità e la costruzione di modello repressivo di società, portato avanti da Minniti, attraverso i decreti sui migranti, i Daspo urbani, lo sdoganamento delle forze fasciste, modello che non si discosta da quello leghista. D’altro canto anche i 5-Stelle hanno fatto passare senza problemi la TAV e i due decreti Sicurezza, incapaci di rappresentare e dare voce agli interessi popolari non hanno esitato a formare un governo proprio col Pd.
Tutti questi elementi sono collegati tra loro: la repressione del conflitto reale e potenziale, la gestione sempre più autoritaria della società, la chiusura degli spazi democratici rimangono l’unica arma in mano alle classi dominanti.
Cosa possiamo fare noi?
Portare avanti le lotte ogni giorno, mettere al centro il conflitto sociale, la solidarietà incondizionata a chi viene colpito dalla repressione, la controinformazione, mostrare nei fatti come la repressione non sia altro che l’altra faccia della medaglia delle politiche di austerità, privatizzazioni, tagli ai diritti e al welfare perseguite da tutti i governi di questi anni.
Portiamo in piazza questo dibattito a partire da chi ha subìto direttamente la repressione, come gli studenti romani di OSA che con l’occupazione di oltre 50 scuole hanno mostrato tutto il proprio malessere nei confronti di un modello di Scuola che non è riuscito a mettere in sicurezza tutte e tutti gli studenti e il personale scolastico e che mette a profitto la vita scolastica dei ragazzi. La risposta delle istituzioni è stata la repressione, nelle scuole così come nelle piazze. Il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale ha addirittura chiesto di denunciare e sanzionare chi tra studentesse e studenti avesse occupato. A seguito delle molte sospensioni e denunce si sono susseguite iniziative di protesta e gli attivisti si sono mossi anche per vie legali e con una campagna di crowdfunding (https://www.gofundme.com/…/la-vostra-represisone-non-ci…).
Portiamo tutta la nostra solidarietà alle studentesse e agli studenti di OSA, colpevoli solo di lottare per un futuro migliore.
“La vostra repressione non ci fermerà, la solidarietà è la nostra arma”