La Resistenza non si arresta e non si condanna – Esito della quinta udienza del processo in Italia ai palestinesi e dichiarazione spontanea di Anan Yaeesh

Il 18 giugno si è celebrata la quinta udienza del processo contro Anan Yaeesh, detenuto dal gennaio 2024, Ali Irar e Mansour Doghmosh, imputati con l’accusa di terrorismo internazionale. Nel corso dell’udienza la Corte ha ascoltato il proprio perito incaricato della traduzione dall’arabo dei documenti oggetto di dibattimento. Sulla stessa questione è stato chiamato a deporre anche il ricercatore Khaled El Qaisi, già impegnato come mediatore linguistico a supporto della difesa di Doghmosh.

La difesa ha sollevato eccezione, poi respinta dalla corte, perché il consulente di parte alla trascrizione delle chat in arabo è stato escluso dalla perizia a causa della “fretta impressa dalla corte” a tutto il procedimento.

Tra i testi dell’accusa è stato sentito il commissario capo in quiescenza Patrizio Cardelli, che all’epoca dei fatti ha condotto le indagini per conto della Digos. Cardelli ha parlato di “fonti aperte”, citando canali social e ricerche su google, spesso senza citare i siti, che documenterebbero, secondo l’accusa, attività terroristiche avviate o sostenute, anche sul piano economico, da Anan Yaeesh.

Tra le “prove” prodotte dall’accusa, il video dei festeggiamenti di Anan in Palestina, quando uscì da un carcere israeliano il 9 aprile del 2010, e le foto dei giovani martiri della Resistenza a Tulkarem.

Presenti in aula tra il pubblico anche rappresentanti di associazioni per i diritti umani e di amnesty international.

Anche questa volta Anan ha rilasciato una dichiarazione, che nonostante la lunga interruzione da parte del giudice e un’incongruenza con la traduzione dell’interprete, che lo stesso Anan ha notato e chiarito, abbiamo cercato di trascrivere e restituire nel suo vero significato politico (le cose tra parentesi sono deduzioni derivanti da una traduzione non del tutto ufficiale, resasi necessaria dall’ incongruenza sopra segnalata):

Buonasera a tutti
Vorrei dare il benvenuto alle persone presenti, che si sono lasciate alle spalle le proprie responsabilità e hanno preferito essere con me oggi in aula.
Grazie a tutti voi per il vostro amore e il vostro amore per la nostra causa
Ringrazio la vita che mi ha dato una famiglia grande come voi, come l’amore di una madre (palestinese)
Il governo italiano ha portato qui Adam, un bambino palestinese di Gaza, e lo ha salvato, perché la sua famiglia è stata uccisa con un razzo israeliano
Chiedo se su questo razzo sia stato scritto che è stato fabbricato in Italia
Ringrazio la polizia e la Digos di L’Aquila, perché è grazie a loro e a questa indagine, che ho finalmente svelato la posizione della polizia contro la causa palestinese
Ringrazio la Resistenza palestinese, perché è grazie alla Resistenza che gli altri sono stati smascherati e siamo arrivati ​​a sapere esattamente chi sono i nostri amici e chi sono i nostri nemici
Per anni, prima di essere arrestato, ho risposto alle domande di Digos e polizia, spiegando loro chi fossi e che cosa ho fatto
E sempre hanno mostrato il loro sostegno alla causa palestinese, dicendo di riconoscere il nostro diritto di difenderci e di lottare per la nostra libertà e la nostra terra
Dicevano anche di condannare i massacri e i crimini commessi dai militari israeliani contro il popolo palestinese, e di documentare la distruzione delle nostre case e della nostra terra da parte delle forze di occupazione israeliane
Ho scoperto finalmente che tutto questo era una menzogna
Però il popolo italiano rimane nostro amico (soprattutto i giovani)
E rimane sempre il popolo che continua a lottare contro il nazismo e il fascismo
E rimane sempre la Resistenza palestinese, che continua a lottare contro l’occupazione israeliana

Il popolo palestinese da 20 mesi sta vivendo sotto il bombardamento, sottoposto a tutti i tipi di massacri e crimini contro l’umanità, sia a Gaza, sia in Cisgiordania, sia nelle prigioni israeliane
Il mio popolo è in stato di guerra con le forze di occupazione, e io mi considero un prigioniero di guerra
Non sono uno che è stato arrestato normalmente, perché sono stato arrestato in Italia dietro richiesta delle autorità israeliane

Però siate certi che nel futuro cambierà tutto
E la Resistenza palestinese scriverà la storia
E i figli della resistenza palestinese saranno i nuovi eroi del futuro
E tutti quelli che sono complici dell’occupazione ne pagheranno le conseguenze
I nazisti vennero processati e condannati dal tribunale di Norimberga
Eichmann fu condannato a morte e giustiziato in Israele per le sue azioni e i suoi crimini
Questo sarà il destino che attende i complici dell’occupazione.

La mia libertà non mi interessa più, perché nessuno mi aspetterà fuori della prigione
Perché tutti i miei compagni e tutti i giovani i cui nomi sono stati citati nell’indagine, sono stati martirizzati dall’esercito israeliano
E hanno nutrito la terra palestinese con il loro sangue

VIVA LA PALESTINA LIBERA E ARABA!
VIVA LA RESISTENZA PALESTINESE!
VIVA TUTTI I MARTIRI PALESTINESI!

Qui le dichiarazioni dell’Avv. Flavio Rossi Albertini al termine dell’udienza: https://www.instagram.com/reel/DLDfIkJNqDL/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA==

 

 

Caso Cospito: 10 condanne per corteo Milano, pene fino a 4 anni e 7 mesi

Oggi a Milano la sentenza di primo grado del processo per il corteo dell’11 febbraio 2023, contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo e a sostegno dell’anarchico Alfredo Cospito. 11 le persone imputate, con richieste fino a 6 anni. I giudici hanno disposto 10 condanne, da 1 anno e 6 mesi a 4 anni e 7 mesi, e un’assoluzione per – a vario titolo – resistenza aggravata, danneggiamento e travisamento.

A nove degli imputati non sono state riconosciute le attenuanti generiche. Le motivazioni della sentenza saranno depositate in 90 giorni. Gli avvocati Eugenio Losco, Mauro Straini, Iacopo Fonte, Margherita Pelazza e Benedetto Ciccarone avevano chiesto anche assoluzioni perché non si può confondere “qualche scritta sul muro, lancio di gavettoni o piccolo danneggiamento” con la “guerriglia urbana” e perché non si può definire “criminale” chi “combatte contro qualcosa che ritiene completamente ingiusto” come il “41 bis” e le sue “assurde implicazioni”.

COMUNICATO
Stamattina si è concluso il primo grado del processo per il corteo in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito dell’11 febbraio 2023. Corteo che ad un certo punto era stato bloccato e poi caricato dalla polizia in seguito al tentativo delle persone di restare in strada e proseguire. Dopo alcuni momenti di scontro e un fitto lancio di lacrimogeni, il corteo era stato inseguito e caricato più volte dalla polizia per alcuni chilometri.
Nonostante i lacrimogeni, le manganellate, le violenze costanti della polizia, nonostante la tortura sistematica nei confronti de* prigionier* al 41 bis e in generale nelle galere, a pagarne il prezzo è ancora una volta chi prova a mettersi di traverso e a lottare per una società migliore.
Il primo grado del processo finisce infatti con pene per tutte le persone imputate (tranne un’assoluzione) che vanno da 1 anno e 6 mesi a 4 anni e 7 mesi. Come se non bastasse, il tentativo di compagn* in aula di leggere un comunicato è stato represso con una carica da parte dei carabinieri.
È “solo” il primo grado, certo, ma la nostra fiducia nella giustizia dei tribunali è nulla e sono sentenze molto pesanti, sostenute da accuse che parlano per l’ennesima volta un linguaggio che non ci appartiene, ed etichetta alla stregua di terroristi persone che decidono di mettere la propria vita contro le ingiustizie di questo schifo di mondo.
Oggi ci sarà una manifestazione in solidarietà con chi oggi è stat* condannat* e con tutte le persone prigioniere.

L’APPUNTAMENTO È ALLE 19.00 ALLE COLONNE DI SAN LORENZO A MILANO.
INVITIAMO A PARTECIPARE PER FAR SENTIRE LORO TUTTA LA SOLIDARIETÀ DI CUI HANNO BISOGNO!

18 giugno a L’Aquila, nuovo presidio al tribunale per la liberazione di Anan Yaeesh

18 GIUGNO – L’AQUILA, TRIBUNALE: QUINTA UDIENZA CONTRO ANAN, ALI E MANSOUR
Il 18 giugno, presso il Tribunale dell’Aquila, si terrà la quinta udienza del processo contro Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, accusati di terrorismo. A essere messi sotto accusa non ci saranno solo i tre imputati: di fronte alla Corte verrà trascinato l’intero popolo palestinese, e con esso il suo diritto alla resistenza e alla liberazione.
 
“Sig. giudice, lei parla di terrorismo e accusa la resistenza palestinese di essere terrorista: con quale diritto? Quale legge rende terrorista chi difende la propria terra? Come può la vittima essere un carnefice ai suoi occhi, e l’oppresso un oppressore?”
 
Queste parole di Anan Yaeesh interrogano ogni aula in cui la giustizia si piega all’ordine coloniale. Ed è in questo processo esemplare che si rivela con chiarezza la complicità dell’Italia e, più in generale, dell’Occidente nella criminalizzazione di un popolo intero.
 
Un processo segnato fin dall’inizio da gravi forzature e da una sistematica compressione del diritto alla difesa, che rende evidente la funzione politica assunta da questo tribunale:
 
– sono state ammesse come prove a carico le cosiddette “confessioni” ottenute sotto tortura dallo Shin Bet nelle carceri israeliane, ritenute utilizzabili fino all’esclusione ottenuta in seguito al ricorso della difesa;
 
– su 47 testimoni proposti dalla difesa, solo 3 sono stati ammessi e relativi a un solo imputato. Esclusi tutti coloro che avrebbero potuto offrire un contesto utile a comprendere i fatti ad eccezione di Martina Lovito, la volontaria italiana aggredita dai coloni israeliani nel 2024, che però non potrà riferire sull’aggressione subita;
 
– Anan Yaeesh si è visto negare il diritto di leggere in italiano la propria dichiarazione spontanea: la sua voce è stata affidata a un’interprete che ne ha restituito una traduzione confusa e distorta, cancellandone il significato politico;
 
– la calendarizzazione delle udienze risponde all’urgenza di chiudere rapidamente il procedimento con una condanna: quattro intere udienze ai testimoni dell’accusa, mezza udienza soltanto a quelli della difesa e alle dichiarazioni degli imputati.
 
Nel calendario già fissato, l’ultima udienza, quella in cui verrà pronunciata la sentenza, è prevista per il 10 luglio.
 
Come ha dichiarato al Manifesto l’avvocato Rossi Albertini:
 
“questa corte lede non poco il diritto alla difesa. Per dire, non avremo nemmeno a disposizione le trascrizioni di quello che succede in aula perché non c’è il tempo per farle”.
 
La Resistenza non si processa e non si condanna!
LIBERTA’ PER ANAN
VIVA LA RESISTENZA PALESTINESE

 Contro l’imperialismo, con la Resistenza palestinese, con Georges Abdallah – Milano, 16 giugno – Presidio al Consolato di Francia

adesione e massimo sostegno di Soccorso Rosso proletario – che sarà presente il 14 alla manifestazione nazionale di Parigi

info srpitalia@gmail.com 

sciopero della fame di Maja – massima info e solidarietà

Dichiarazione inizio sciopero della fame di Maja

Il mio nome è Maja. Quasi un anno fa sono – senza base legislativa – stat* estradat* in Ungheria. Da quel momento sono detenut* in isolamento permanente sotto condizioni disumane. Ieri, 4 giugno 2025, doveva essere presa una decisione sulla mia richiesta di cambiare la detenzione in arresti domiciliari. La decisione è stata rinviata. Le ultime richieste di cambiare la detenzione in arresti domiciliari sono state respinte. Non sono più dispost* a sopportare questa situazione intollerabile e ad aspettare le decisioni di un sistema giudiziario che negli ultimi mesi ha sistematicamente violato i miei diritti. Perciò oggi, il 5 giugno 2025, comincio uno sciopero della fame. Chiedo di essere traferit* in Germania, per poter tornare dalla mia famiglia e partecipare al processo in Ungheria da casa.

Le condizioni di arresto in Ungheria ormai per me sono insopportabili. La mia cella è stata videosorvegliata per tre mesi, giorno e notte. Fuori dalla mia cella per più di sette mesi ero costrett* a portare le manette, e in parte anche dentro, sia per far la spesa, durante le telefonate via skype e nelle visite. I funzionari del carcere ogni ora compiono controlli nella mia cella, anche di notte accendendo la luce. Devo sopportare controlli intimi, per i quali devo spogliarmi completamente. Le visite avevano luogo in stanze separate dove ero separat* dai miei famigliari, avvocati e rappresentanti ufficiali tramite un vetro divisorio. Dopo aver perquisito la cella i funzionari lasciano un completo caos. Per colpa delle condizioni edilizie non vedo abbastanza luce del giorno. Il cortile è minuscolo e consiste in cemento ricoperto da una rete. La temperatura dell’acqua della doccia non è regolabile. La mia cella è permanentemente infestata di cimici e scarafaggi. Non esiste un‘alimentazione fresca ed equilibrata.

In più mi trovo in condizioni individuale d‘isolamento permanente. Per quasi sei mesi non mi è stato possibile aver contatto con altri detenuti. Fino ad oggi mi è consentito di vedere o sentire persone per meno di un ora al giorno. L’intenzione di questo ritiro permanente dalla vita sociale e contatto umano è causare danni psichici e fisici. Perciò i principi del sistema penitenziario europee del Consiglio Europeo prevedono „un minimo di due ore di contatto umano sensato al giorno“. E perciò la „reclusione individuale permanente“, cioè la separazione di un detenuto per minimo 22 ore al giorno per più di 15 giorni, secondo le regole minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei detenuti, le Regole Mandela, è visto come trattamento disumano o tortura.

Qui in Ungheria sono sepolt* viv* in una cella, e questa custodia cautelare può durare fino a tre anni. Per tutte queste ragioni non avrei mai dovute essere estradat* in Ungheria. La corte d‘appello di Berlino e la commissione speciale della polizia della Sassonia, la „Soko Linx“, hanno pianificato l’estradizione eludendo in piena coscienza i miei avvocati e la corte costituzionale federale tedesca.

Il 28 giugno, poco ore dopo la mia estradizione, la corte costituzionale federale decise che non avrei dovuto essere portat* in Ungheria. Il 6 febbraio del 2025 decise che l’estradizione non è stata legale. Da quel momento a nessuno dei responsabili è stato chiesto conto di quei fatti. Fino ad ora non ho ricevuto nessun tipo di risarcimento.

Con questo mio sciopero della fame vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che non vengano estradate altre persone in Ungheria. L‘attenzione al momento dovrebbe riguardare soprattutto Zaid di Norimberga, il quale è minacciato fortemente di estradizione in Ungheria.

Mi dichiaro solidale con tutti/e gli/le antifascisti/e, che sono perseguiti dal processo di Budapest.

 

Après plusieurs mois dans la clandestinité, Maja T. a été arrêtée en décembre 2023 et placée en détention provisoire en Allemagne. Elle été transférée de la prison de Dresde aux autorités hongroises à l’été 2024. Elle est accusée d’agressions contre des participants présumés et réels à la « Journée d’honneur » d’extrême droite, qu’elle aurait commises avec d’autres personnes en février 2023 à Budapest.

Le tribunal ayant reporté au 20 juin sa décision de convertir sa détention provisoire en assignation à résidence, Maja T. a annoncé qu’elle entamait une grève de la faim avec effet immédiat le 4 juin 2025.