Anan Yaeesh deportato nel carcere di Melfi, mentre si allungano i tempi di un processo infame

Anan Yaeesh, partigiano palestinese sotto processo a L’Aquila su mandato del governo genocida di Israele, è stato trasferito il 23 settembre, dal carcere di Terni a quello di Melfi.
Il trasferimento, del tutto strumentale perché Anan non ha commesso alcuna infrazione disciplinare in 19 mesi di detenzione a Terni, è stato deciso all’indomani di un presidio partecipatissimo sotto quel carcere, dove persone di tutte le età hanno voluto esprimere, con la loro presenza, i loro interventi, i loro slogan, piena solidarietà ad Anan Yaeesh e alla resistenza palestinese, ribadendo che il diritto internazionale riconosce ai popoli sotto occupazione militare, come quello palestinese, il diritto alla resistenza anche armata, e che quindi Anan non può essere processato ma deve essere liberato.
La solidarietà popolare che si è espressa in quel presidio è tornata amplificata all’ennesima potenza il giorno dopo, quando nelle piazze di tutta Italia, ma in particolare in quelle del centro, centinaia di migliaia di manifestanti hanno aderito allo sciopero generale indetto dai sindacati di base, bloccando strade, ferrovie e porti al grido di “Palestina Libera”, “La Resistenza non è reato, Anan Yaeesh va liberato”.
Alla solidarietà di massa espressa ad Anan e alla resistenza palestinese, lo Stato italiano, con tutti i suoi apparati, ha risposto deportandolo lontano dalla comunità che lo sostiene ed alterando in maniera anomala lo svolgimento e i tempi del processo, prima accelerandoli, poi dilatandoli, quasi ad evitare che la pronuncia della sentenza avvenga a ridosso del 7 ottobre e in un momento di alta e intensa mobilitazione per la Palestina.
Le udienze fissate per il 19 e il 26 settembre sono state annullate a causa del trasferimento del giudice a latere. Nonostante questo fosse noto da tempo (il decreto è datato 8 settembre), non è mai stata inviata alcuna richiesta al CSM per garantire la conclusione del processo con lo stesso collegio giudicante. Le udienze sono slittate al 31 ottobre per la conclusione dell’istruttoria, al 21 novembre per la requisitoria del PM, al 28 novembre per le arringhe della difesa, le dichiarazioni degli imputati ed eventualmente per la sentenza, salvo fissare la conclusione del processo ad un’altra data. Un allungamento che compromette il diritto costituzionalmente sancito dell’imputato alla ragionevole durata del processo. Anche il trasferimento di Anan a centinaia di chilometri dal foro competente e dal suo avvocato, incide pesantemente sul suo diritto alla difesa, rendendo più difficili e onerosi i contatti con il legale in una fase processuale decisiva. Sotto il profilo giuridico è stata presentata al Ministro della Giustizia un’interrogazione parlamentare per verificare la responsabilità e l’inerzia del Tribunale dell’Aquila nella gestione del procedimento e valutare il ritorno di Anan Yaeesh presso il carcere di Terni.
Ma questo è un processo politico, celebrato in Italia per conto di Israele, che mira a criminalizzare la solidarietà e la resistenza palestinese. Un processo assurdo, in cui la difesa è stata privata pressoché di tutti i testimoni e in cui l’accusa non è riuscita a dimostrare alcun coinvolgimento di Anan e dei suoi due amici palestinesi in azioni violente, né contro civili né contro coloni israeliani. Tantomeno è riuscita a provare che le azioni contestate si siano mai verificate. Questo processo è diventato uno dei punti centrali della piattaforma della grande manifestazione nazionale del 4 ottobre a Roma, ed è di questa mobilitazione, di questa solidarietà, che lo stato israeliano genocida e il governo italiano complice hanno evidentemente paura.
La preoccupazione dell’entità sionista per le mobilitazioni in Italia, d’altronde, emerge chiaramente dall’attività di dossieraggio del governo israeliano, che su ogni manifestazione per la Palestina fornisce un quadro molto dettagliato, indicando orari, luoghi, coordinate geografiche, livelli di rischio assegnati a ciascuna piazza, gruppi promotori.
La nostra preoccupazione, come soccorso rosso proletario, va anche alle condizioni di vita di Anan nel nuovo carcere, perciò anche a Melfi stiamo cercando di costruire una rete di solidarietà attorno ad Anan, per contrastare il piano di desolidarizzazione contro di lui da parte dello Stato italiano.
Il carcere di Melfi ha regole molto più restrittive di quelle di Terni. Anan si trova di fatto solo in una stanza singola, e molte delle cose che prima poteva tenere in cella gli sono state tolte, come il computer e persino l’orologio da polso. A Terni la presenza di un Imam lo accompagnava nelle sue preghiere, a Melfi è contemplata solo la religione cattolica. Inoltre Anan era iscritto all’Università per Stranieri di Perugia, e questo trasferimento va a ledere, oltre tutto, il suo diritto all’istruzione.
Ma Melfi non ha solo il carcere, Melfi ha la Stellantis, con un ex militare israeliano alla presidenza del gruppo, un accordo di collaborazione industriale con Israele, ma con migliaia di operai che hanno doppie ragioni per lottare contro un padrone che si arricchisce non soltanto sulla loro pelle, ma anche col genocidio del popolo palestinese. E ora che sindacati di base e CGIL aprono allo sciopero generale unitario per la Palestina, anche gli operai della Stellantis sono chiamati a schierarsi. La solidarietà è l’arma degli oppressi, o si sta con la resistenza del popolo palestinese, o si è complici del genocidio.
Facciamo quindi appello a tutti i comitati e le realtà lucane e pugliesi solidali con la Palestina a conoscere e a informare le persone di quei territori sulla vicenda di Anan Yaeesh e sul processo-vendetta che si sta compiendo a L’Aquila su un partigiano palestinese della Cisgiordania per conto di Israele.
Agli operai della fabbrica di Melfi, a tutti i lavoratori che dal nord al sud Italia stanno scioperando e presidiando anche in questi giorni le piazze contro il genocidio in Palestina e in sostegno della Flottilla, diciamo che un pezzo di Palestina e della sua legittima resistenza è illegittimamente detenuto nel carcere di Melfi da un governo complice di genocidio, che vuole processarlo e condannarlo per condannare la lotta per l’autodeterminazione di un intero popolo.
A tutti diciamo che la campagna per la liberazione di Anan Yaeesh va portata in ogni iniziativa, manifestazione, sciopero, blocco per la Palestina, perché Anan è uno di noi e noi siamo parte della resistenza palestinese qui in Italia, perché siamo tutti palestinesi.

Per scrivere ad Anan: Anan Yaeesh, c/o Casa Circondariale di Melfi, Via Lecce 18, 85025 – Melfi (PZ)

Per contribuire alle spese primarie di Anan:
IBAN: IT95C0200814412000103485396
Intestato a: confederazione Cobas sede provinciale di Terni

Causale: per Anan Yaeesh

Per contribuire alle spese legali di Anan e degli altri due Palestinesi sotto processo:

La solidarietà è la nostra arma, usiamola!

Soccorso rosso proletario – L’Aquila

Con Anan Yaeesh, con la resistenza palestinese, una solidarietà bella e popolare da L’Aquila a Terni oggi sotto il carcere. A cura di srp L’Aquila

Un gemellaggio, come giustamente lo ha definito oggi il compagno del Coordinamento Ternano per la Palestina, tra L’Aquila e Terni. Perché Anan in queste città non ha trovato solo repressione e carcere, ma comunità che lo sostengono, concretamente e da vicino.
Ieri, 20 settembre, Anan ha trascorso il suo secondo compleanno in un carcere italiano. A festeggiarlo sono state queste 2 comunità, ieri a L’Aquila, durante la festa dello United allo stadio Fattori, oggi a Terni, dove i compagni gli hanno mandato gli auguri anche in arabo.

L’Aquila, 20/09/25
E oltre 100 persone oggi erano presenti al presidio a Terni. Tante, se si considera che la provenienza dei solidali era più che altro umbra e del centro Italia. Un presidio che sotto un carcere non si era mai visto. Bello, popolare e variegato, con persone di tutte le età, dai più anziani ai bambini, dagli anarchici all’ANPI, a gridare libertà per Anan, libertà per la Palestina, libertà per tutti i prigionieri e le prigioniere nelle carceri di questo barbaro sistema capitalistico.

L’intervento di srp L’Aquila

L’Aquila, rinviata l’udienza del processo ad Anan, Ali e Mansour per trasferimento del giudice a latere.

Anche se si sapeva del rinvio, il presidio si è svolto ugualmente fuori del tribunale, anche se con numeri ridotti. E’ stata l’occasione anche per rilanciare la mobilitazione sotto il carcere di Terni per il 21 e le mobilitazioni in corso in tutta Italia contro il genocidio.

Il rinvio si è reso necessario per il trasferimento del giudice a latere all’ufficio di Civitavecchia.

Sostanzialmente il processo non può andare avanti se la Corte non richiede un’assegnazione provvisoria del giudice a latere trasferito. Ad oggi, a distanza di 10 giorni dal trasferimento, non lo aveva ancora fatto. Oggi quindi la Corte ha semplicemente fissato un’udienza per mercoledì 24, che si limiterà a un chiarimento tecnico: verificare se date e orari riportati nella traduzione dall’arabo coincidano con i dati estratti dal cellulare di Anan. Non sappiamo se per il 24 verrà richiesta questa assegnazione provvisoria, ma essa è necessaria per fissare le udienze per la fine del dibattimento.

L’avvocato Flavio Rossi Albertini ha definito la situazione un’anomalia: “In tanti anni di processi in Corte d’Assise” non era mai accaduto che un procedimento restasse fermo per la mancata nomina di un sostituto”. Soprattutto in presenza di un imputato detenuto, l’assegnazione provvisoria di un giudice è necessaria per garantire la ragionevole durata del processo, principio sancito dall’articolo 111 della Costituzione.

Nel frattempo si allunga la detenzione di Anan, senza alcuna certezza sui tempi del processo. Non sappiamo se quest’ inerzia sia casuale o voluta per rimandare la sentenza del tribunale in tempi di minore mobilitazione. Leviamo in ogni caso ancor di più la nostra voce al fianco della resistenza, per la fine del genocidio e dell’occupazione, per pretendere libertà e giustizia per Anan, Ali e Mansour e per tutti i prigionieri e le prigioniere palestinesi.

Intanto, questa sera sarà presentato alle 21.30 a CaseMatte, il documentario “Colpevoli di Palestina”, un lavoro che racconta la vicenda giudiziaria di Anan Yaeesh e degli altri due palestinesi attualmente sotto processo a L’Aquila e che denuncia il tentativo di criminalizzare la resistenza del popolo palestinese contro l’occupazione, la colonizzazione, l’apartheid ed il genocidio perpetrati dal sionismo da oltre 77 anni.

Grazie al documentario sarà possibile ascoltare le voci delle e dei testimoni indicati dalla difesa ma esclusi dal processo, fra cui quella di Francesca Albanese, Relatrice Speciale ONU sui diritti umani nei Territori Palestinesi occupati.

Il documentario “Colpevoli di Palestina” dà voce a queste testimonianze escluse, restituendo uno spazio di verità che in aula è stato negato.

Contro lo stato fascista turco e le sue carceri!

Contro lo stato fascista turco e le sue carceri!

ll prigioniero della sinistra rivoluzionaria Serkan Onur Yilmaz è in sciopero della fame dal 10 novembre 2024 contro le carceri di alta sicurezza conosciute come “prigioni pozzo”, note per le loro condizioni disumane. Accanto a Lui diversi altri prigionieri rivoluzionari stanno facendo lo sciopero della fame indeterminato, cioè fino alla morte.
Aiutiamo loro a diffondere informazioni e organizzare presidi per dare a loro sostegno e solidarietà!

 

Roma, la polizia carica i manifestanti per la Global Sumud Flotilla e contro il genocidio a Gaza

In migliaia hanno preso parte al corteo che da piazzale Aldo Moro era diretto a piazza Vittorio. Un appuntamento promosso dopo l’attacco a una delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla. L’appello era stato lanciato dagli studenti della Sapienza, che si trovano in presidio permanente nelle vie della città universitaria. Un appello che ha raccolto l’adesione di migliaia di persone giovani e meno giovani, sindacati e associazioni.

“Blocchiamo tutto”
Molti cartelloni e striscioni hanno accompagnato la manifestazione. “Stop al genocidio”, “buon vento”, “stop accordi con Israele. Libertà per Anan, Ali e Mansour”, “blocchiamo tutto”. E anche “non si ferma il vento”: uno slogan, questo, in supporto alle organizzazioni internazionali che stanno sostenendo la missione umanitaria a Gaza.

All’altezza di Scalo San Lorenzo. Una porzione del corteo partito dall’università La Sapienza si è staccata dal resto del gruppo in direzione della tangenziale est. La polizia in assetto antisommossa, si è schierata a presidio della strada e ha caricato, ma il corteo ha resistito ed è proseguito. A tarda sera gli studenti sono rientrati all’università occupata, proseguendo la mobilitazione

Dalle macerie alla Resistenza, breve report dal corteo a Giulianova

 

Centinaia di persone di tutte le età, hanno partecipato domenica 7 al corteo indetto dal campetto occupato a un anno dal suo sgombero.
Un corteo ricco ed eterogeneo ma determinato, che ha accolto la carovana partita dalle Marche, contro il genocidio e la repressione, per la libertà di Gigi, compagno anarchico agli arresti domiciliari senza neanche la possibilità di lavorare perché ritenuto socialmente pericoloso, per la libertà di Anan, sotto processo a l’Aquila in quanto partigiano palestinese, per tutti gli spazi sociali sotto sgombero, per i proletari sfrattati, per il campetto che ora non c’è più, ma continua a resistere ed esistere nelle lotte.
Un corteo che ha rilanciato il presidio/assemblea pubblica davanti la Leonardo a L’Aquila, con la consapevolezza che sono i popoli in lotta a fare la storia e non gli stati e i governi dei padroni, con i quali i sindacati confederali sono sempre stati pronti a scendere a patti, salvo piagnucolare la solidarietà per la Global Sumud Flottilla dopo aver ignorato per 2 anni il genocidio palestinese e senza aver indetto per questo neanche un’ora di sciopero.

In tal senso la compagna dello Slai Cobas s.c. ha fatto appello ai lavoratori e alla FIOM CGIL presenti al corteo di invertire questa rotta e di raccogliere il grido dei lavoratori di Gaza, a partire da un punto che per noi è imprescindibile nel movimento di solidarietà con la Palestina, che è il sostegno a tutta la sua resistenza e a tutti i suoi prigionieri, come Anan Yaeesh, che lo stato italiano vuole condannare per condannare la lotta di liberazione di un intero popolo.

Tra i numerosi interventi al microfono abbiamo potuto ascoltare la voce di Gigi ai domiciliari, e a fine corteo siamo andati vicino a casa sua, da dove ci ha salutati con fuochi d’artificio. Altro che “socialmente pericoloso”, Gigi è amato dal popolo, perché Gigi è figlio del popolo. La sua colpa è la solidarietà.