Dalle macerie alla resistenza contro guerre e repressione – 7 settembre Corteo a Giulianova

✊🇵🇸 DALLE MACERIE ALLA RESISTENZA
CONTRO GUERRE E REPRESSIONE
🤜 CORTEO 7 SETTEMBRE – GIULIANOVA
Ore 16:00 Lungomare Zara – Parcheggio Caprice
Ad un anno dallo sgombero del Campetto Occupato, che ha lasciato solo macerie.
E macerie, morte e devastazione sono ciò che rimane negli scenari di guerra.
Come a Gaza, con la popolazione Palestinese vittima di un Genocidio.
✊ SCENDIAMO IN STRADA ✊
Per Gigi, agli arresti domiciliari senza neanche la possibilità di poter curare le api, accusato di “pericolosità sociale” per la sua attività politica.
Per Anan, per tutte le persone che Resistono!
Per la Palestina libera!
Per il Campetto Occupato.
E contro la Repressione che colpisce sempre più ovunque, con varie misure restrittive e denunce, ultime in ordine di tempo quelle che ci sono arrivate per il “decreto anti-rave”.
🤜 RESISTIAMO
🤜 Partecipa, diffondi.
👉DOMENICA 7 SETTEMBRE
📣CAROVANA ADRIATICA SOLIDALE E RESISTENTE! 💥🇵🇸
Rispondiamo dalle Marche alla chiamata dex compagnx del @Campetto Occupato
“DALLE MACERIE ALLA RESISTENZA”
Resistiamo insieme alle barbarie e alle macerie!
Per chi resiste oggi in Palestina.
Per Gigi e per tuttx coloro che sono ingiustamente rinchiusx tra le violente braccia dello Stato.
Per Anan a cui, a l’Aquila, vogliono affibbiare un’ assurda accusa di terrorismo.
In solidarietà ax compagnx della Global Sumud Flottilla che partirà questi giorni per provare a portare aiuti umanitari e rompere l’assedio genocida israeliano.
Per il Campetto Occupato che manca come l’aria, per Case Matte e tutti gli spazi che vivono tempi duri.
Ci vogliono seppellire, non sanno che siamo semi.
DOMENICA 7 SETTEMBRE MOBILITIAMOCI E RESISTIAMO INSIEME!
Ci stiamo organizzando per partire insieme, in carovana dalle Marche, così da attraversare con bandiere, rumore.. la domenica balneare adriatica!
Un percorso a più tappe lungo la costa, così da permettere ai vari gruppi locali e a singolx di unirsi alla carovana strada facendo!
CI VEDIAMO ALLE 11,30 AD ANCONA SUD (park della multinazionale svedese, vicino al pub Mulligan), prossimi giorni vi segnaleremo percorso esatto e le brevi tappe che farà la carovana.
Anche lavoratrici e lavoratori della Fiom domani al corteo

Settembre al fianco di Anan e della resistenza palestinese. Srp aderisce e partecipa

Terni, 3 settembre

L’Aquila 12 settembre

Perugia 13 settembre

SABATO 13 SETTEMBRE L’UMBRIA IN PIAZZA CONTRO GENOCIDIO E RIARMO, A FIANCO DEL POPOLO PALESTINESE E DELLA SUA RESISTENZA E PER LA LIBERAZIONE DI ANAN YAEESH.

Israele sta portando avanti il proprio progetto genocida con una ferocia crescente. Il blocco degli aiuti umanitari a Gaza ha determinato una gravissima carestia che sta affamando centinaia di migliaia di persone. I crimini di guerra si fanno ogni giorno più efferati, con l’uccisione sistematica di civili inermi, tra cui migliaia di bambini, l’eliminazione mirata di tutti i giornalisti liberi e il bombardamento e la distruzione degl ultimi ospedali rimasti in piedi nella Striscia. Inoltre sono stati approvati ulteriori piani di occupazione e colonizzazione della Cisgiordania, che mirano a spezzarne la continuità territoriale. Una ennesima conferma del fatto che non ci potrà mai essere uno Stato Palestinese indipendente finché esisterà il progetto coloniale sionista.

Tutto questo accade con la piena complicità degli USA e dell’intero campo imperialista occidentale. Anche la UE infatti, da un lato si limita a qualche condanna simbolica guardandosi bene dal prendere iniziative concrete per sanzionare Israele, dall’altro con la missione militare Aspides nel Mar Rosso di fatto svolge un ruolo di supporto militare all’entità sionista.

In questo quadro l’Italia del Governo Meloni non solo continua ad appoggiare Netanyahu e la macchina bellica sionista, ma arriva anche a perseguitare i partigiani palestinesi sul nostro territorio. È il caso di Anan Yaeesh criminalizzato per aver partecipato alla resistenza contro l’occupazione coloniale, e ingiustamente recluso nel carcere di Terni.

Non bastasse la complicità con il genocidio, I governi europei, preparano una nuova fase di militarismo e di guerra rilanciando una folle corsa agli armamenti per allinearsi alle richieste degli Usa e della NATO. Un riarmo che alcuni vorrebbero non si realizzasse sul piano nazionale ma costruendo un esercito comune europeo.

A fronte di tutto ciò come realtà umbre che si battono contro il genocidio, contro il progetto coloniale sionista, contro il riarmo e contro la Nato, abbiamo sentito la necessità di fare un salto di qualità coordinandoci e lavorando insieme per promuovere iniziative di mobilitazione unitarie in tutta la nostra regione. Come avvio di questo percorso di lotta comune convochiamo un corteo regionale a Perugia, sabato 13 settembre, con partenza alle ore 15:30 da Piazza Ignazio Danti e arrivo a Borgo XX Giugno, con la seguente piattaforma:

1. Stop al genocidio, solidarietà alla Resistenza palestinese.
2. Libertà per Anan Yaeesh.
3. Autodeterminazione del popolo palestinese in una Palestina Libera dal fiume al mare.
4. Rottura di ogni relazione economica, militare e diplomatica tra Italia e Israele
5. Adesione alla campagna e piattaforma di boicottaggio delineaata da BDS.
6. Opposizione al piano di riarmo e no all’esercito europeo.
7. No alla Nato.

Si tratta di parole d’ordine chiare e nette, perché i tempi che stiamo vivendo non consentono più alcuna ambiguità.

I popoli in rivolta scrivono la storia!

L’Aquila 19 e 26 settembre, udienze pubbliche e presidi davanti al Tribunale

Presidio al carcere di Terni, prima della fine del processo

 

nel carcere di Cuneo governo e guardie preparano la repressione selvaggia

la fake news dell’OSAPP

I detenuti hanno il controllo di un padiglione del carcere di Cuneo, l’allarme dell’Osapp

Nel reparto Gesso i detenuti “avrebbero assunto il pieno e indisturbato controllo, agendo in totale anarchia e a tutto campo”overlay-cleverclose

CUNEO – “Detenuti padroni del padiglione Gesso, controlli assenti, devastazioni quotidiane e telecamere fuori uso”. È la denuncia molto grave lanciata dall’Osapp, il sindacato autonomo della Polizia penitenziaria, che parla di una situazione fuori controllo all’interno della casa circondariale di Cuneo.

Secondo la nota inviata al ministro della Giustizia Carlo Nordio e al sottosegretario Andrea Delmastro, nel reparto Gesso i detenuti “avrebbero assunto il pieno e indisturbato controllo, agendo in totale anarchia e a tutto campo”. A peggiorare il quadro, il fatto che i controlli interni vengano effettuati “principalmente da remoto”, mentre “le telecamere per la video-sorveglianza risultano guaste su tutti i piani”.

“Devastazione completa e violenze continue”

La missiva descrive un carcere allo sbando: infiltrazioni d’acqua tra i piani, corridoi imbrattati e sporchi, immondizia ovunque e celle inagibili trasformate in depositi. Per l’Osapp si tratta di una “evidente e grave disattenzione da parte del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria di Torino”, che avrebbe lasciato degenerare una condizione già critica.

Il sindacato parla apertamente di “gravissime e inammissibili condizioni in termini di funzionalità, sicurezza, organizzazione e legalità, con ricadute sulla salute degli operatori e degli stessi detenuti”.

Risse, feriti e aggressioni alla Polizia penitenziaria

All’interno del carcere cuneese si verificherebbero episodi quotidiani di violenza tra detenuti, con risse che spesso finiscono al pronto soccorso. Nel mirino anche il personale di Polizia penitenziaria, vittima di “improperi e aggressioni continue”, in un contesto di precarietà che mina la sicurezza dell’istituto.

Un problema che riguarda tutto il Nord-Ovest

L’Osapp non limita la denuncia a Cuneo: “Molti istituti penitenziari del distretto Piemonte-Liguria-Valle d’Aosta risultano in condizioni simili, da Sanremo ad Aosta, da Ivrea a Vercelli, da Alessandria fino a Genova e Torino”.

INIZIATIVA IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO CONTRO IL BLOCCO DELLA POSTA

Per rompere l’isolamento a cui l’anarchico Alfredo Cospito* è sottoposto tramite il blocco praticamente totale della corrispondenza, rilanciamo qui la chiamata a mandargli cartoline e lettere… in questo periodo di spostamenti vacanzieri, ecc. potrebbe arrivare corrispondenza a lui diretta da molte amene località!
Questa ennesima chiamata a scrivere al nostro compagno è motivata anche dagli aggiornamenti che ci giungono da Bancali, visto che Alfredo valuta estremamente opportuno continuare e incrementare l’invio di corrispondenza a lui diretta: anche senza tracciabilità, anche solo cartoline con o senza mittente… se ne arrivassero in numero considerevole darebbero un bell’impegno a chi è preposto a bloccargli la posta.
Si è valutato poi che in questo momento la tracciabilità della corrispondenza a lui destinata non sia necessaria quanto lo è stata fino ad ora visto che Alfredo ha accumulato più di 30 trattenimenti di corrispondenza certificata su cui deve esprimersi il Magistrato di Sorveglianza, che però sta tardando a farlo (normale per quanto riguarda Bancali, a detta dell’avvocato che assiste numerosi reclusi in quell’istituto).
Infine, a margine della questione “corrispondenza”, il prossimo 14 settembre ci sarà un’udienza inerente al “giudizio di ottemperanza” nei confronti del carcere di Bancali: si tratta di un procedimento in cui il magistrato valuta se il carcere non è in grado di fare rispettare un’autorizzazione concessa ma che non viene realmente resa possibile. Si tratta dell’accesso di Alfredo alla biblioteca dell’istituto, che era stata autorizzata senza che però ne abbia potuto beneficiare. Se danno ragione ad Alfredo il giudice designerà altra figura differente dal personale penitenziario per fare sì che l’autorizzazione venga rispettata.

Facciamo anche nostra la proposta di “Iniziativa in solidarietà ad Alfredo contro il blocco della posta” formulata dai/dalle compas di S’Idea Libera di Sassari per dare ulteriore sviluppo  al tentativo di inceppare uno dei dispositivi di isolamento applicati nei confronti di Alfredo: un’occasione in più perché, superata questa “fase estiva” di invio di cartoline e lettere senza modalità coordinate, si provi a dare continuità sul lungo periodo all’impegno nel dimostrare ai suoi carcerieri che Alfredo non sarà mai solo!

INIZIATIVA IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO CONTRO IL BLOCCO DELLA POSTA

In relazione alla situazione di censura, blocco e isolamento di Alfredo in 41 bis a Bancali, vorremmo condividere questa proposta di iniziativa.
Nel tempo sono state diverse le occasioni in cui, in forma individuale o organizzata, si è cercato di rompere l’isolamento tramite la corrispondenza. In questo momento, in cui ci sembra importante battere il ferro con costanza, abbiamo pensato a un’iniziativa che abbia come obiettivo quello di sostenere Alfredo tramite la corrispondenza e dargli un po’ di continuità per avere un certo impatto, o provare ad averlo.

La proposta è la seguente: ogni realtà, collettivo o individuale, che abbia voglia di aderire si prende l’impegno di inviare almeno 7 cartoline ad Alfredo in una determinata settimana. In questo modo, quante più adesioni ci saranno, tanto più riusciremo a garantire una “copertura” nel tempo con una certa continuità.

Proponiamo questa modalità organizzativa:

1. le realtà, individuali o collettive, possono mandare la propria disponibilità alla mail evaliber2@inventati.org entro l’1 settembre.
2. sulla base delle disponibilità butteremo giù un calendario, per cui a ogni realtà sarà data una settimana di riferimento in cui inviare le cartoline/lettere ad Alfredo.

L’indirizzo per scrivere ad Alfredo è:
Alfredo Cospito
C.C. “G.Bacchiddu”
Strada Provinciale 56, n°4
Località Bancali
07100 Sassari

Rompiamo l’isolamento!

Spazio Sociale S’Idea Libera (Sassari)
Cassa AntiRep delle Alpi occidentali

* Alfredo Cospito è un compagno anarchico in carcere dal 2012. Inizialmente arrestato e condannato per il ferimento dell’Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare, sta ora scontando una condanna a 23 anni di reclusione emessa nell’ambito del processo “Scripta Manent” in cui sono stati imputati (e alcune e alcuni tra loro anche condannati) vari anarchici e anarchiche. Dopo la sua assegnazione al regime detentivo del 41bis nella primavera del 2022, Alfredo ha intrapreso uno sciopero della fame durato 6 mesi contro il 41bis e l’ergastolo ostativo che, grazie anche all’energica mobilitazione internazionale che ha accompagnato la sua iniziativa, ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica l’aberrazione di questo regime carcerario e della condanna a morire in carcere rappresentata dall’ergastolo ostativo.
Alfredo è tuttora rinchiuso nel 41bis di Bancali (Sassari), e il rinnovo o meno della sua assegnazione a tale regime avverrà la prossima primavera. La finalità del 41bis è chiara: annientare fisicamente e psicologicamente gli individui che ci finiscono. Nel caso di Alfredo è evidente una progressiva limitazione nelle già esigue possibilità di vivibilità stabilite per tale regime detentivo: blocco della corrispondenza da/per l’esterno, impossibilità di accedere alla biblioteca interna (autorizzazione che Alfredo aveva avuto dalla Direzione), blocco dei libri regolarmente acquistati in libreria tramite il carcere (come prevede il regime del 41-bis) e di altri beni, come farina o indumenti, di uso quotidiano.

ps: Per chi fosse interessat*, sono state stampate delle cartoline contro il 41bis che si possono richiedere alla mail: cassantirepalpi@autistici.org

la lettera di Pablo Hasél dal carcere di Ponent.

 

***

La cosa più importante è agire, perché lamentarsi in modo passivo non porta al cambiamento 

Articolo di Pablo Hasél dal carcere

COS’ALTRO DEVE ACCADERE? Data la situazione insostenibile ed estremamente grave in tutte le aree, sempre più persone si pongono questa domanda, citando la necessità di proteste di massa e la mancanza di risposta a mobilitazioni decisive. Sono naturalmente sorprese da tanta tolleranza per l’accumulo di eventi pronti a degenerare in una ribellione aperta, piena di legittimità. La soffocante carenza di beni di prima necessità come cibo e alloggio, le umilianti condizioni di lavoro, le infinite code per l’assistenza sanitaria pubblica e la sua carenza, la disoccupazione di massa, soprattutto tra i giovani, che ha battuto il record europeo, l’occupazione genocida della Palestina con il sostegno dell’UE-NATO e dello Stato spagnolo, l’impossibilità di accedere all’istruzione superiore per i figli della classe operaia a causa dei prezzi esorbitanti: queste sono solo alcune delle ragioni convincenti per dire: “Basta!”.

Soprattutto quando veniamo brutalmente repressi per le nostre proteste, funzionari corrotti di ogni genere in vari ambiti governativi si riempiono le tasche impunemente, e persino i leader di governo sperperano denaro pubblico in prostitute, mentre il bilancio militare-imperialista è aumentato come mai prima d’ora. Il fatto che così tante persone si pongano questa domanda è molto positivo, perché significa che sono consapevoli della necessità di smettere di sopportare. Ma molte di queste persone, non vedendo una forte risposta nelle strade e ignare della lotta che si sta svolgendo, cadono in una demoralizzazione disfattista. La loro domanda “Cos’altro deve succedere?” implica implicitamente la fede nell’infinita pazienza. Il sistema promuove attivamente l’idea che il cambiamento sia impossibile, sebbene la storia dimostri il contrario, e molte persone, anche coloro che credono che la lotta sia giusta, rimangono ai margini, convinte che gli sforzi saranno vani. Questo disfattismo è aggravato dai continui tradimenti e inganni dei capitalisti “di sinistra”, che, attraverso i loro partiti e sindacati addomesticati, hanno convinto ampi strati della società che tutti intorno a loro sono corrotti. Ecco perché è così importante mostrare la resistenza costante, i successi ottenuti nella lotta e l’analisi scientifica basata sul materialismo dialettico e storico, che mostra come tutto sia in continua evoluzione e possa essere trasformato.

Sebbene ingannino ancora troppi, oggi le masse hanno imparato dalla propria esperienza che i partiti di regime e i loro sindacati non ci rappresentano. L’alto tasso di astensione alle elezioni e la palpabile stanchezza ne sono la prova. Ma sebbene questa conclusione sia un segno di progresso, è logicamente insufficiente. Questa deve essere accompagnata dalla partecipazione alla difesa dei diritti e delle libertà, poiché nessun governo capitalista li difenderà. Maggiore è l’impegno, meglio è, ed è essenziale che molti di noi vi si impegnino profondamente, ma ci sono molti modi per contribuire alla lotta che non richiedono sforzi colossali. L’importante è agire, perché il lamento inattivo non porta al cambiamento. C’è chi trova sempre scuse per non muovere un dito e incolpare gli altri per la situazione, chiamandoli “pecore”, ma gli ignoranti hanno una scusa; chi è informato ma non interviene non interviene. Chi si considera super-cosciente ma non interviene è proprio chi non dimostra molta consapevolezza. Per dire “basta” in massa, è necessario dire “basta” anche a questo atteggiamento di evasione da ogni responsabilità. Molti di coloro che si pongono questa domanda non si rendono conto che, affinché questa protesta di massa abbia luogo, sia efficace e sostenibile, deve essere organizzata. La storia dimostra anche che le esplosioni puramente spontanee hanno scarso successo. Gran parte della demoralizzazione, e quindi della mancanza di partecipazione, è dovuta al fatto che, vedendo una lotta che non ha ancora raggiunto una vasta scala, le persone credono che non porterà a nulla. È quindi importante spiegare che nessuna lotta seria che si concluda con la vittoria inizia con la partecipazione di massa. Si inizia sempre in minoranza finché il buon lavoro e le buone condizioni non consentono un salto quantitativo. Ma vale anche la pena ricordare a coloro che si lamentano della mancanza di persone come scusa per la loro inazione che, non partecipando, impediscono ad altri di unirsi. L’organizzazione è necessaria anche per condurre campagne di ampio respiro che formino la coscienza e diffondano l’idea che è necessario dire “basta” e come farlo. La normalizzazione dell’oppressione, della barbarie e degli scandali di ogni genere porta a una rassegnazione passiva, anche tra molti indignati. Si perde così un enorme potenziale di trasformazione. È urgente porre fine all’idea che si possa fare poco. Sono proprio queste condizioni che facilitano la presa di coscienza, se il messaggio rivoluzionario viene comunicato con chiarezza e accelera così il cambiamento. Ciò che molti percepiscono come una devastazione estrema è in realtà un’enorme opportunità. La storia non è lineare; scorre e rifluisce, ed è per questo che gli ultimi anni di smobilitazione stanno iniziando a invertirsi. Tutto lascia presagire una significativa ripresa delle lotte operaie e popolari nel breve e medio termine. In questa ripresa, che senza dubbio comporterà numerosi sconvolgimenti sociali, le opportunità saranno ancora maggiori. Ma affinché emergano con la massima forza e concentrazione e poi siano pienamente sfruttate e sviluppate, è necessario prepararsi ora.

Cos’altro deve accadere? Uniamoci in una difesa decisa del programma democratico popolare, che comprende questioni fondamentali come l’uscita dall’UE e dalla NATO, la nazionalizzazione delle banche e delle grandi imprese; l’amnistia generale e l’abolizione delle leggi repressive speciali, lo scioglimento della Corte Nazionale, la completa libertà politica e sindacale, il diritto all’autodeterminazione, l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, sessuale e culturale, l’istruzione pubblica e l’assistenza sanitaria, l’edilizia popolare per tutti i lavoratori. Lottiamo per miglioramenti immediati, ma con la prospettiva di creare una Repubblica Popolare che, una volta al potere, ci permetterà di attuare e sviluppare l’intero programma. E anche le basi per costruire un vero socialismo. Altrimenti, senza un obiettivo che tocchi la radice del problema e la sua soluzione, la lotta significherà girare a vuoto. Allo stesso tempo, obiettivi specifici incoraggiano la partecipazione, poiché molti, non vedendoli, non partecipano. Potrebbero verificarsi altre atrocità, come la leadership criminale di Dana (Partito d’Azione Nazionale), che, in assenza di un’organizzazione rivoluzionaria, continuerà impunemente e senza una risposta decisa. Ma quando ci sarà un’organizzazione forte, più coinvolgimento, più leadership e più interazione, allora accadrà ciò che deve accadere.

Pablo Hasél Carcere di Ponent, 9 luglio 2025 (Traduzione in russo a cura della redazione di “AIST”).

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Quarta lettera di Gigi agli arresti domiciliari

A ferragosto gli altri anni si andava quasi sempre fuori al carcere. Anche quando non si poteva tanto farlo, perché restrizioni varie e Repressione avrebbero impedito persino un saluto alle persone detenute.
Ferragosto è come altri periodi dell’anno per le/i detenuti. Solo peggio.
Peggio come altri periodi dell’anno che sono di festa, natale, capodanno, e per chi è recluso si acuisce tutto: l’isolamento, la separazione, il tempo perso, la vita persa.
La vita, che in certi periodi dell’anno, scorre diversa rispetto alla normale routine e senti ancor di più quello che stai perdendo, da reclusa/o.
Nel carcere di Teramo una parte della struttura volge lo sguardo verso la montagna, il Gran Sasso. L’altra verso le colline e il mare.
In estate, soprattutto a ferragosto, il cielo si illumina di fuochi d’artificio, più o meno lontani, come segnali di fumo della vita in festa.
Vista però dagli occhi della vita privata, dietro le sbarre.
A ferragosto si andava soprattutto per questo, fuori al carcere.
Per far sentire, anche un minimo, meno lancinante, quella separazione.
Soprattutto quel giorno.
E le persone detenute ringraziavano, da dentro il bollore estivo del mostro di ferro e cemento, per quel gesto, anche minimo.
Però quel momento rimaneva essenzialmente “nostro”, dei solidali fuori e dei reclusi dentro.
Non toccava il mondo esterno, salvo la passerella di qualche politico quel giorno, utile a fini mediatici.
D’altronde il carcere è il riflesso della società… E una società totalmente atomizzata e anestetizzata dal potere e dal controllo, può mai interessarsi dei carcerati?
Una società che vede compiersi sotto agli occhi genocidi e ecatombi in mare, e non riesce a mettere un freno a tale abominio, può mai interessarsi a chi neanche vede?
E sente?
A chi viene “rimosso” dal vivere collettivo?
Invisibilizzato/a.
Non è un caso che a tale processo di esclusione e rimozione, abbia contribuito negli ultimi decenni, l’edilizia carceraria, improntata anche a spostare le galere dalle città in luoghi più isolati.
E i vari governi, a maggior ragione l’attuale, continuano su quel solco, scavandolo sempre più.
Io personalmente, isolamento e oppressione, sia per quel che son stato in carcere le volte passate, sia adesso ai domiciliari, se l’ho avvertite.. E le avverto tutt’ora! , è “solo” per la condizione detentiva e gli asfissianti controlli polizieschi.
Non certo per tutta la straordinaria e toccante rete di rapporti e solidarietà che si sta muovendo.
Non solo nei nostri giri di compagne e compagni.
Ma anche nella società, molto spesso, o quasi sempre, restia a tali questioni.
E ciò avviene per vari motivi, tra cui, parlando del campo nemico che è quello da sovvertire, per l’evidenza dell’ingiustizia compiuta.
Per l’evidenza dell’assurda narrazione sulla “pericolosità sociale”, che ha cercato di legittimare un’ingiustizia.
Ma non c’è riuscita, perlomeno narrativamente, a legittimarla.
Ed è già qualcosa.
Ma soprattutto, è un’occasione!
Un’occasione di poter parlare di Repressione e trovare diversi complici.
Essere capiti e condivisi.
E agire nei modi che ognuno/a ritiene più opportuno.
Spetta a chi è fuori, farlo.
In questo caso, come in mille altre situazioni in cui la narrazione dominante scricchiola, tocca lì inserirsi come una raminaccia che diffonde libertà.
Provarci almeno.
Ferragosto è un periodo orrendo per chi è recluso/a. Come gli altri periodi, certo.
Ma chi c’è passato, lo sa.
E ho pensato ai miei amici e ai miei compagni, e anche le persone che non conosco, che hanno una condizione detentiva peggiore della mia.
Agli schizzi d’acqua al mare che non gli sono arrivati e alle camminate nei boschi.
Ai pranzi e ai brindisi che non hanno fatto. Se non con altri carcerati.
E mentre lo pensavo, un amico, mi ricordava di quel ferragosto passato insieme fuori una fabbrica in lotta