Torino: decreto di espulsione per Mohamed Shahin da sempre impegnato nella lotta per la liberazione della Palestina
A Torino Mohamed Shahin, volto noto delle mobilitazioni contro genocidio e occupazione di Israele contro il popolo palestinese in città, è stato colpito da un decreto di espulsione per presunti motivi di sicurezza. La sua colpa; avere partecipato in prima fila, mettendoci spesso la faccia e la voce, a 2 anni di mobilitazione per la Palestina. Nato in Egitto, vive in Italia da un quarto di secolo, dove tra le altre cose è imam della moschea di via Saluzzo.
Da ieri, lunedì 24 novembre, a causa della revoca del permesso di soggiorno di lunga durata che aveva è stato trasferito subito al CPR di Caltanissetta, senza che né famiglia né avvocati fossero stati avvisati. La notizia si è saputa in mattinata dopo che il parlamentare di Avs Grimaldi ha interrogato il ministero degli interni.
Come denuncia Torino per Gaza, “nonostante la richiesta di asilo politico, il giudice ha confermato l’espatrio in Egitto di Mohammed, ignorando ogni evidenza del pericolo reale e documentato di una deportazione in Egitto, viste le sue continue denunce contro Al Sisi”. In mattinata, ore 11.30, presidio e conferenza stampa di denuncia sotto la Prefettura di Torino.
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Su Radio Onda d’Urto Hafza, di Torino per Gaza. Ascolta o scarica
Di seguito, il comunicato di Torino Per Gaza:
“Abbiamo appreso poche ore fa dell’arresto di Mohamed Shahin, amico e compagno da sempre impegnato nella lotta per la liberazione della Palestina. Questa mattina Mohamed è stato prelevato, arrestato e condotto al Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Torino. Mohamed è stato arrestato dopo due anni di mobilitazioni in cui non ha mai smesso di esporsi pubblicamente contro il genocidio in corso in Palestina.
A Mohamed è stato revocato il permesso di soggiorno di lunga durata e imposta una deportazione immediata verso l’Egitto: un paese in cui non può tornare, dove il regime dittatoriale di al-Sisi – da lui ripetutamente denunciato per corruzione e per il suo esplicito sostegno allo Stato colonialista di Israele – lo esporrebbe a rischio concreto di arresto, tortura e detenzione a vita. Nonostante la sua richiesta di asilo politico, il giudice ha confermato la deportazione, ignorando ogni evidenza del pericolo reale e documentato che Mohammad correrebbe.
Sappiamo che Mohamed non è un caso, ma una chiara volontà politica: fermare chi in questi anni si è mobilitato contro il genocidio in Palestina. Mohamed è stato preso di mira non solo per il suo impegno politico ma anche perché Imam di una moschea di Torino. Ancora una volta, la propaganda islamofoba diventa strumento per zittire chi alza la voce e rifiuta di abbassare la testa. Mohamed non ha mai accettato di restare in silenzio di fronte a oltre due anni di massacri. Per questo oggi viene arrestato e minacciato di espulsione verso un regime dittatoriale. Il suo unico “reato” è aver gridato insieme a tutti noi la libertà per la Palestina, aver denunciato la brutalità del colonialismo israeliano, la complicità internazionale e la corruzione dei governi arabi.
Come coordinamento Torino per Gaza denunciamo apertamente questo atto vile, islamofobo e razzista, che si inserisce in un clima politico sempre più ostile verso chiunque non sia disposto a essere docile e silente. L’obiettivo è chiaro: fermare il grosso ed eterogeneo movimento per la Palestina. Noi non accettiamo nulla di tutto questo, non fermeranno la voce di Mohamed e non fermeranno nemmeno le nostre voci, noi siamo con Mohamed.
Per questo oggi siamo in piazza, sotto la Prefettura di Torino alle ore 11:30, per esprimere massima solidarietà a Mohamed e per impedire che questa vergognosa azione venga portata a termine.



Tribunale blindato, ma anche massicciamente presidiato oggi, da circa 200 persone, una parte delle quali ha riempito l’aula in cui si è tenuta l’udienza che avrebbe dovuto audire la testimonianza dell’ambasciatore israeliano in Italia.


il 21 novembre la Corte di Assise dell’Aquila, ospiterà un rappresentante dello stato terrorista di Israele come teste di accusa nei confronti del partigiano palestinese Anan Yaeesh e di due suoi amici, accusati di “terrorismo” per l’appoggio alla resistenza palestinese in Cisgiordania.
Ahmad Salem è un giovane palestinese di 24 anni, nato e cresciuto nel campo profughi palestinese al-Baddawi in Libano, arrivato in Italia in cerca di protezione internazionale e che dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per presentare richiesta di asilo politico.