Riceviamo e pubblichiamo integralmente la dichiarazione di Anan Yaeesh del 26 febbraio

Riceviamo e pubblichiamo la dichiarazione spontanea di Anan durante l’ultima udienza all’Aquila, che lo ha rinviato a giudizio insieme ad altri due palestinesi. 

 

Anan Yaeesh – dichiarazione spontanea ex art 421 cpp

Desidero iniziare con i miei saluti alla Corte e a tutti i presenti.

Esiste sempre la legge, ma anche lo spirito della legge; pertanto, vorrei chiedere all’Onorevole Giudice di concedermi il minimo diritto umano nei confronti del mio Paese, osservando un minuto di silenzio per le anime dei bambini, delle donne e dei martiri della Palestina.

Innanzitutto, desidero affermare la mia fiducia nel sistema giudiziario italiano e riconoscerne la legittimità.

Tuttavia, mi oppongo all’essere processato in Italia, in quanto sono palestinese e non ho commesso alcun reato né in Italia né in qualsiasi altro paese. Il mio fascicolo, come resistente palestinese, è conosciuto dalle autorità di sicurezza italiane, e ho ottenuto il permesso di soggiorno in Italia e la protezione speciale dopo che la mia richiesta di asilo era stata respinta dal Tribunale di Foggia. Pertanto, signor Presidente, considero il mio arresto e il mio processo qui illegittimi, poiché l’arresto stesso, sin dal primo momento, è stato compiuto in contrasto con il diritto internazionale umanitario, con lo statuto delle Nazioni Unite, con la Convenzione di Ginevra e con i due protocolli aggiuntivi, e tutto ciò che ne è derivato è anch’esso illegale; ciò che si fonda sull’illegittimità, infatti, è anch’esso illegittimo.

Se riconoscete la legittimità dello Stato di Palestina, allora la richiesta di estradizione avanzata nel gennaio dello scorso anno nei miei confronti avrebbe dovuto essere presentata attraverso il governo del mio Paese. Se, invece, considerate la Palestina come un territorio illegalmente occupato da una potenza coloniale, allora la resistenza è un diritto legittimo e non dovreste arrestarmi qui per tale motivo.

Sfortunatamente, signor Giudice, ho preso visione delle vostre osservazioni sul caso e, con rammarico, ne ho dedotto che considerate il palestinese terrorista non per la, legittima, resistenza che porta avanti contro uno stato occupante, ma perché riconoscete Israele come uno Stato amico. Se in ballo vi fosse stato un altro paese occupante, la Russia ad esempio, avreste riconosciuto la legittimità della resistenza palestinese. Non mi state processando in base al diritto internazionale, ma in base ai vostri rapporti diplomatici, solo perché Israele è considerato un alleato del governo italiano, un partner commerciale, e ritenete legittime tutte le azioni che esso porta avanti. Tanto vale allora cambiare il nome delle corti internazionali e umanitarie in “Corti degli amici”.

 Volete che mi difenda dalle accuse a mio carico, ma mi vergogno di cercare l’assoluzione da accuse che per me rappresentano un motivo di onore. Non voglio difendermi dall’accusa di avere dei diritti e di averli rivendicati, o di aver tentato di liberare la mia gente e il mio Paese dall’oppressione coloniale. Giuro che non intendo essere assolto dalla legittima resistenza contro l’occupazione sionista. La resistenza palestinese è uno dei fenomeni più nobili conosciuti dalla storia.

 Piuttosto, mi vergogno di trovarmi in una stanza calda, anche se in carcere, mentre i bambini di Gaza muoiono di freddo, fame e sete. Mi vergogno del buon trattamento ricevuto dalle autorità carcerarie qui, mentre i miei fratelli prigionieri nelle carceri israeliane vengono sottoposti ai peggiori tipi di tortura, oppressione, sevizie.

Signor Giudice, su tutti i miei documenti rilasciati in Italia non è riportato il nome “Palestina”, ma quello di “Territori occupati”. Quindi, sapete che quella terra è occupata e, di conseguenza, in base alle convenzioni firmate dal vostro Paese, dovete ritenere legittima la resistenza contro l’entità occupante. Perché allora mi ritrovo oggi detenuto da parte vostra?

 Come partigiano palestinese sono costretto ad osservare che da un punto di vista politico il mondo adotta due pesi e due misure: colui che è più forte e appoggiato dagli USA è colui che prevale.

Ma la Giustizia, il diritto, utilizza anch’esso lo stesso metro di giudizio, due pesi e due misure, oppure saranno le leggi a prevalere nelle aule di Tribunale?

Sarebbe giusto, se considerando i coloni che occupano la terra di Palestina senza diritto né legittimità, dei civili, solo perché non indossano le divise dell’esercito israeliano, aveste lo stesso giudizio nei confronti della resistenza palestinese, anch’essa infatti è composta da civili e non da militari, in quanto la Palestina non possiede uno Stato e neppure un esercito con cui difendersi dagli aggressori. Entrambi impugnano le armi e uccidono; l’unica differenza è che la resistenza palestinese difende la propria terra, il proprio popolo e i propri diritti negati, e non uccide bambini, donne o civili se non per errore. Nel corso degli anni, questi errori non hanno mai superato l’uno per cento, mentre i coloni sistematicamente attaccano i civili indifesi. Da anni uccidono donne e bambini, bruciandoli addirittura all’interno delle loro case, come hanno fatto a Hebron uccidendo oltre 30 fedeli nella Moschea di Abramo, o come hanno fatto con la famiglia Dawabsha, con Iman Hejju, con Mohammad al-Durrah, o come hanno fatto nel villaggio di Jatt il 16 agosto e in molte altre occasioni, con lo scopo di incutere terrore nei palestinesi e obbligarli a lasciare la propria terra; i coloni seguono gli insegnamenti della Haganah e dell’Irgun.

Nulla può testimoniarlo meglio di quanto recentemente dichiarato in una lettera dal Direttore dello Shin Bet israeliano, che ha riconosciuto che i coloni sono gruppi terroristici e che le autorità israeliane dovrebbero arrestarli e reprimerli. Tuttavia, la risposta di Benjamin Netanyahu è stata fornire ai coloni oltre10.000 fucili.

Ma d’altronde cosa aspettarsi da Netanyahu riconosciuto dalla Corte Penale Internazionale come criminale di guerra per i massacri compiuti nei confronti dei palestinesi.

Il Tribunale dell’Aja ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti nel caso arrivasse in Europa, ma, nonostante ciò, il governo italiano ha dichiarato che sarà il benvenuto in Italia e ha rifiutato la decisione della Corte, disconoscendone la legittimità.

È il governo che ha deciso di arrestarmi su richiesta israeliana, attribuendomi l’appellativo di terrorista. Alla luce di ciò, posso affermare di non vedere nessuna legge in questo paese che non sia quella del più forte; tutto il resto sono solo finzioni che vengono, con la forza, imposte ai più deboli.

 Nella prima udienza estradizionale di febbraio 2024, ho chiesto alla Corte di Appello e al Procuratore Generale di non consegnare i contenuti dei miei telefoni cellulari agli israeliani, in quanto contenevano informazioni riservate che detenevo in qualità di resistente palestinese, di comandante partigiano. Mi è stato risposto che ciò non sarebbe accaduto, poiché erano consapevoli che eravamo in guerra e che l’Italia è neutrale. Tuttavia, sono rimasto sorpreso nel sapere che ad aprile scorso tutte le informazioni contenute nei miei cellari sono state passate agli israeliani. In questo modo, avete violato ogni principio di sicurezza e lo stesso diritto internazionale, diventando di fatto partecipi degli israeliani in questa guerra, aiutandoli nella repressione delle legittime aspirazioni di un popolo oppresso.

Le donne di tutta la terra non sono state capaci di dare vita a resistenti come quelli palestinesi.

Signor Giudice, contro di noi si sono schierate tutte le nazioni e gli eserciti del mondo, pensando di liquidare la nostra causa. Ma la nostra causa non finirà finché ci sarà un solo bambino palestinese in vita. I nostri diritti li riavremo. Non chiediamo pietà a nessuno, non ci inchiniamo davanti a nessuno, anche a costo di essere tutti uccisi, arrestati o deportati. I palestinesi non abbasseranno la testa né mendicheranno pietà, perché abbiamo dalla nostra parte la ragione. E se nessuno ci restituirà i nostri diritti in vita, crediamo che, dopo la morte, ci ritroveremo davanti a un giudizio che sarà il più giusto: quello di Dio, che non negherà il diritto a nessuno e ridarà a ogni oppresso i suoi diritti, forte o debole che sia, perché tutti, il giorno del giudizio, saranno uguali.

 Signor Giudice, in passato, sono stato sottoposto decine di volte alla tortura. Sono anche stato vittima di tentati assassinii da parte di Israele, sia in Palestina che all’estero. Nel mio corpo vi sono 11 proiettili e oltre 40 schegge; non ho un osso che non sia stato rotto. Non ho un passato, se non alcuni ricordi e foto di amici uccisi per mano dell’occupazione, e di un’amica giustiziata a sangue freddo davanti ai miei occhi. Ho una famiglia che non vedo da lunghi anni e due genitori morti senza realizzare il loro sogno di rivederci un’ultima volta. Ho una patria devastata, un popolo sfollato, e persino le nostre case sono state demolite dai bulldozer israeliani.
Ciononostante, non ho mai fatto un passo indietro né esitato nel rivendicare il diritto del mio paese alla libertà, e non ho mai chinato il capo davanti a nessuno. Questo perché credo fermamente in questa causa. Cosa sarà mai essere ucciso per la libertà del mio paese e del mio popolo? Cosa sarà mai trascorrere anni in carcere per la mia causa? Specie considerando che vi sono oltre 10.000 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, e io sono una parte indivisibile di loro. Se vi è una cosa che mi rattrista, è che tutti i miei compagni hanno avuto l’onore di cadere martiri, lottando per la Palestina, nutrendo con il loro sangue quella terra di pace e amore, violata dall’occupazione sionista. E io non ero al loro fianco.

Non amiamo la morte; al contrario, siamo un popolo che ama la vita più di ogni altra cosa. Tuttavia, preferiamo la morte con dignità e onore al vivere nell’umiliazione, con i nostri diritti negati. Signor Giudice, noi crediamo che la Palestina lo meriti e che la nostra amata Gerusalemme abbia un caro costo, che ogni palestinese è disposto a pagare con la propria anima.

  Quando la Palestina chiama, ferita, ha solo noi, suoi figli, disposti a difenderla con l’anima e con il sangue. Chi non difende la propria madre quando ha bisogno di lui, un domani non avrà il diritto di essere seppellito nella sua stessa terra, annaffiata dal sangue dei martiri. È un figlio indegno, che verrà respinto dalla sua stessa terra e non sentirà mai calore, né in vita né in morte.

 Tutti voi avete una patria nella quale vivere in tranquillità e sicurezza, tranne noi palestinesi. La nostra patria vive in noi, e siamo disposti a sacrificare l’anima in sua difesa. È lei che ci dà dignità e onore, e questo lo possono comprendere solo i liberi di questa terra; siamo un popolo che non si arrende, è vittoria o morte.

 Come potete accusarmi di terrorismo, mentre riconoscete la legittimità del movimento Fatah, del quale esistono uffici e rappresentanze in tutto il mondo, tra cui l’Italia, non è un atteggiamento falso e ipocrita?

L’Italia ha anche accolto il leader e fondatore del nostro movimento al Parlamento italiano per ben due volte. In quell’occasione, egli venne in Italia vestito con la propria divisa militare e armato, e dall’Italia pronunciò un discorso che fu ascoltato dal mondo intero. Lo stesso è stato fatto con l’attuale presidente, Mahmoud Abbas.

Se lo sguardo strabico della giustizia affermerà che i resistenti palestinesi sono terroristi e non partigiani avallerà la politica del più forte, la legge della giungla, dove il più forte e brutale prevale.

Signor Giudice, il popolo italiano non è e non sarà mai nostro nemico; merita tutto il meglio e il nostro rispetto, è un popolo amico che ha sempre sostenuto la causa palestinese. I nostri nemici sono gli israeliani che occupano la nostra terra, e nessun altro.
L’entità israeliana è un’entità occupante e terrorista, che non rispetta e non ha mai rispettato, nella sua storia, le leggi internazionali. Ha una storia colma di tradimenti. Hanno assassinato, nel corso degli anni, molti palestinesi in tutto il mondo: in Norvegia, Ungheria, Bulgaria, anche qui in Italia, in Malesia e in diversi paesi arabi. Essi non riconoscono nessuna legge che non sia la loro, nessuna legittimità che non sia la loro, e guardano a tutti coloro che non sono israeliani come loro subordinati.

Oggi definiscono le organizzazioni delle Nazioni Unite come terroristiche, come l’UNRWA, e l’ONU come un covo di antisemiti, e con tutta insolenza attaccano anche il Papa con la stessa accusa infamante. Diventa un nemico da prendere di mira chiunque non si allinei con loro.

Noi Palestinesi siamo un popolo libero e non accetteremo mai di essere gli schiavi di nessuno.

In questi ultimi giorni, davanti agli occhi dell’intero mondo, l’esercito israeliano ha sfollato oltre 40 mila palestinesi dalle proprie case a Tulkarem, bruciando abitazioni, devastando strade, ospedali, uccidendo donne e bambini; lo stesso accade anche a Jenin. Continuano a occupare anche ora, mentre mi trovo in quest’aula, commettendo i peggiori massacri contro i civili inermi, mentre voi tacciate il nostro difenderci di terrorismo; su quanto accade siete divenuti ciechi e sordi, perché non vi esprimete?

Signor Giudice, l’entità sionista uccide e distrugge in Palestina sin dal 1947, e non dal 7 ottobre. Ma il mondo è rimasto immobile e in silenzio, e il dolore lo prova solo chi riceve la ferita.

Ci troviamo ad affrontare una violenza squadrista, nazi-fascista, così come il popolo italiano ha affrontato l’aggressione e la violenza nazista tedesca. La differenza tra noi e voi, però, è che dopo più o meno 20 anni, voi siete riusciti a liberarvi, mentre noi, dopo 75 anni, ci ritroviamo ancora a resistere.

Signor Giudice, se la resistenza palestinese, legittimata da tutte le corti internazionali, a cui l’Italia ha aderito e riconosce legittimità, oggi la considerate terrorismo, allora, stando allo stesso principio, anche la resistenza italiana contro Mussolini, il fascismo e la Germania nazista dovrebbe essere definita terrorismo.

  Signor Giudice, nel corso della sua storia l’occupazione israeliana non ha rispettato né le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza né le decisioni della Corte Internazionale, potete dirmi che fine hanno fatto gli Accordi di Oslo e Camp David, e che fine hanno fatto le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza 242 e 338?

Riuscite a censire i palestinesi uccisi nel corso dell’aggressione israeliana a partire dal 1947 fino al giorno d’oggi? Oppure il numero di profughi cacciati? Come si esprime su questo il vostro diritto e la vostra legge?

Signor Giudice, la madre palestinese è come tutte le madri di questa terra. Immaginate con me di svegliarvi ogni mattina, mandare vostro figlio a scuola, preparargli da mangiare e, al momento di riaccoglierlo a casa al suo ritorno, vederlo tornare avvolto in un telo bianco, ucciso da un soldato israeliano, e doverlo stringere per l’ultima volta.

Immaginate, a Gaza, un padre con sua moglie e nove figli che si trovano senza cibo. Il padre esce per cercare qualcosa da mangiare; al suo ritorno ritrova tutta la famiglia morta sotto le macerie, uccisa da un bombardamento sionista.

Qualcuno di voi può alzarsi e dire che Israele è uno Stato occupante, oppressore e terrorista? Questa verità la sapete tutti in cuor vostro, ma nessuno di voi può dirla ad alta voce, perché vi ritrovereste accusati di antisemitismo, perdereste il vostro lavoro o potreste trovarvi a dividere con me il tavolo a pranzo in carcere, con un’accusa di terrorismo. Per questo dico e ripeto che forse i palestinesi sono i soli liberi in questo mondo di schiavi.

Viva la Palestina libera e araba

Viva Gerusalemme, sua eterna capitale

Pace all’anima dei martiri e dei bambini di Palestina

Saremo sempre la prima linea di difesa fino alla liberazione 

Palestinesi processati in Italia – Stralci della dichiarazione spontanea di Anan Yaeesh all’udienza preliminare

Un articolo di cronaca abruzzese di oggi, che merita di essere manipolato con cautela in quanto velina di polizia e Procura, mescola cose vere e cose false, come fa un manipolatore dell’informazione degno di tale fama.

Iniziamo dalle cose vere, poste in un trafiletto sotto il grosso dell’articolo, che contiene stralci della lunga e articolata dichiarazione di Anan, e le dichiarazioni della difesa all’esito dell’udienza.

Anan:

“Sono un uomo della resistenza, lo Stato italiano lo sa ed è per questo che ha accettato la richiesta di asilo. Il mio è un arresto illegittimo, in Italia non ho commesso alcun reato.

Per noi la resistenza è un dovere, voi siete amici di Israele. Non accettate e non rispettate tutto ciò che è il diritto internazionale, ma guardate solo alle relazioni diplomatiche, solo perché Israele è amico dell’Italia. Mi vergogno di dovermi discolpare dall’essere un resistente, mi ritengo parte di un popolo aggredito ed è mio diritto difendermi. Noi non riconosciamo l’occupazione. Mi vergogno di essere qui in carcere, al caldo quando bambini in Palestina vengono uccisi. Mi vergogno delle cure che ricevo, quando tutti i ragazzi che si trovano nelle carceri di Israele vengono torturati. La terra di Palestina non ha nessuno che la difende. Sono anni che l’esercito israeliano bombarda senza distinzione i civili, ammazza donne e bambini, arresta tutti. Il mio corpo ha 11 pallottole e 40 schegge, non c’è osso del mio corpo che non si sia fratturato. Sono stato rianimato due volte a causa delle torture. Amiamo la vita più di altri, ma per dignità preferiamo morire piuttosto che sottostare agli occupanti.”

La difesa:

“Con estremo disappunto della difesa, prosegue la decisione dell’autorità giudiziaria di perseguire tre palestinesi residenti in Italia, rei, secondo la Procura, di aver contribuito a realizzare fatti di Resistenza in Cisgiordania. Evidentemente si è deciso, nel nostro Paese, che ai palestinesi non si applichi il diritto all’autodeterminazione dei popoli, il diritto alla resistenza e all’indipendenza, riconosciuti e pacificamente ammessi dalle convenzioni internazionali sottoscritte anche dall’Italia. Si tende così ad affermare il principio secondo cui i palestinesi non solo devono subire il tentativo di genocidio attualmente in corso, reato ritenuto plausibile dalla Corte Internazionale di Giustizia, o i crimini di guerra e contro l’umanità, come ritenuto dalla Corte Penale Internazionale, ma devono farlo senza neppure provare a difendersi. Contro questa impostazione politica e giuridica, la difesa farà ricorso al diritto internazionale.

E passiamo ai falsi, o meglio, a ciò che trapela da questo articolo:

Si scrive che “UNO DEGLI IMPUTATI SI E’ PRESENTATO CON I QUATTRO FIGLI IN TENERA ETA’ CHE GIOCAVANO NELL’ATRIO”, specificando nel corpo dell’articolo che Mansour era “accompagnato dalla moglie e dal suoi quattro figli in tenera età, i quali, giocando nell’atrio fuori dalla stessa aula di udienza, hanno richiamato l’attenzione del Gup, che, meravigliata, ha chiesto spiegazioni”

Ciò che trapela in questa precisazione è il fastidio che il giornalista, e probabilmente anche il Gup, hanno provato alla vista di 3 bambini palestinesi (e non 4), che con la loro vivacità rompevano la “solennità” di un’udienza in realtà rituale, dove tutto era già deciso. Dove però non si poteva mostrificare, deumanizzare fino in fondo, i resistenti palestinesi. Ma oltre al fastidio, ciò che trapela è il disprezzo delle vite, delle relazioni e dei sentimenti dei palestinesi, in quanto tali e in quanto proletari. L’indifferenza alla loro sofferenza quando Mansour era in carcere e il fastidio nel vederli uniti e apparentemente sereni.

Poi si potrebbe disquisire a lungo anche sui motivi della conta sbagliata – perché quattro e non tre figli se le differenze tra i 3 bambini sono talmente evidenti? – Ciò che trapela allora è anche razzismo, è il fare appello alla pancia degli “itagliani”, come pure quando si scrive: “DAL CARCERE DI TERNI L’ATTACCO ALL’ITALIA: “NON RISPETTATE IL DIRITTO INTERNAZIONALE””

Ciò che non emerge invece dall’articolo è l’intima complicità e vicinanza tra Italia e Israele, che a livello giudiziario si dimostra non solo nella rogatoria passiva che è stata richiesta dall’Italia ad Israele, ovvero la trasmissione di documenti e interrogatori compiuti sotto tortura in Israele nei confronti di alcuni palestinesi arrestati a Tulkarem, ma anche in quella attiva, ossia nella trasmissione ad Israele di tutte le informazioni contenute nel materiale informatico sequestrato in Italia. Ed è facile immaginare che dei tantissimi omicidi compiuti nell’arco di questo ultimo anno, di giovani e giovanissimi militanti palestinesi, una parte sia stata possibile anche grazie a queste informazioni.

Queste rogatorie pertanto sarebbero inutilizzabili nel rispetto del diritto internazionale, ma questo governo fascista, oltre a calpestare la Costituzione della repubblica italiana nata dalla Resistenza, se ne frega altamente del diritto internazionale.

Di qui la necessità di allargare il più possibile la campagna, investendo in essa anche giuristi democratici, oltre, naturalmente, le organizzazioni per i diritti umani.

Per aderire alla campagna inviare mail a comitatofreeanan@gmail.com

Anan, Ali e Mansour rinviati tutti e 3 a giudizio. Allargare il più possibile la campagna in vista della prima udienza, che è stata fissata per il 2 aprile

Il Tribunale de L’Aquila ha deciso, nel corso dell’udienza preliminare, di rinviare a giudizio non solo Anan Yaeesh, ma anche Ali Irar e Mansour Doghmosh, gli altri due palestinesi coinvolti nel caso. Questa decisione arriva nonostante la Corte di Cassazione e il Tribunale della Libertà avessero già ordinato la loro scarcerazione lo scorso anno, ritenendo insufficienti gli elementi a sostegno delle misure cautelari.

Nelle prossime settimane organizzeremo momenti di informazione e mobilitazione in vista della prima udienza, per tenere alta l’attenzione sul caso e per riaffermare la solidarietà al popolo palestinese e al suo diritto a resistere.

A breve aggiornamenti  dettagliati.

Comitato Free Anan

Per aderire alla campagna inviare mail a comitatofreeanan@gmail.com

Intanto all’Aquila si è svolto un presidio a cui hanno partecipato compagn dall’Abruzzo e da Roma.

L’udienza è terminata alle ore 13 circa, ma la sentenza è stata pronunciata solo nel pomeriggio. All’uscita del Tribunale l’Avv. Flavio Rossi Albertini ha riferito che Anan ha reso una lunga dichiarazione spontanea. Ha aggiunto che, per il resto, la difesa ha esposto tutto ciò che riteneva necessario, ricostruendo sia la storia, sia i vari avvenimenti, che devono essere letti congiuntamente alle decisioni della Corte internazionale di giustizia e della Corte penale internazionale, oltre che nel contesto delle dinamiche processuali.

Rossi Albertini ha poi evidenziato che sono state analizzate le rogatorie, ritenute dalla difesa inutilizzabili. Ha spiegato che è stato fatto ogni tentativo per escluderle, poiché non contengono elementi rilevanti e appare scandaloso che si sia chiesta la collaborazione di Israele per questioni riguardanti resistenti palestinesi. Ha inoltre rimarcato che tale richiesta risulta ancora più inaccettabile alla luce delle relazioni internazionali sui crimini commessi da Israele contro il popolo palestinese.

Qui l’intera dichiarazione dell’avvocato:

https://www.instagram.com/reel/DGiZSO4tQMX/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA==

Qui alcune foto e rassegna stampa:

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2025/02/26/nuovo-sit-in-al-tribunale-dellaquila-anan-yaeesh-libero_cb2551e1-0257-411c-8702-11e835526361.html

https://www.rainews.it/tgr/abruzzo/video/2025/02/abruzzo-laquila-gup-palestinesi-accusati-di-terrorismo-02a8a567-490e-45ce-b116-57eb4b050423.html

https://www.rainews.it/tgr/abruzzo/notiziari/video/2025/02/TGR-Abruzzo-del-26022025-ore-1930-c0ddf3be-5b81-47c0-b548-47016351fe0f.html

Altri presidi e manifestazioni di solidarietà si sono svolti in contemporanea in varie città italiane. Qui sotto alcune foto delle iniziative:

Terni, 3 agenti della polfer gli fanno perdere il treno, lo perquisiscono e denunciano per resistenza a p.u. perchè portava una bandiera della Palestina.

Soccorso rosso proletario esprime piena solidarietà al militante di Potere al popolo, vessato e arbitrariamente denunciato per resistenza a pubblico ufficiale solo perchè, al termine di un corteo contro il decreto sicurezza, portava con sé una bandiera della Palestina, tra l’altro chiusa. In marcia verso la dittatura aperta, questo governo fascista non perde tempo a cambiare la legge perché esso stesso si pone al di sopra di qualsiasi legge. Questo governo va cacciato con una nuova Resistenza

Da radio onda d’urto, il comunicato di TERNI SOLIDALE:

E’ successo un fatto inquietante e grave alla fine della manifestazione tenutasi a Terni il pomeriggio di sabato 22 febbraio contro il DDL 1660 “sicurezza” e la deriva repressiva dell’attuale governo, con il corteo di un migliaio di persone, tra cui moltissimi giovani che ha attraversato il centro storico, corso Tacito per finire davanti a palazzo Spada.

L’iniziativa promosso da Terni Solidale cui hanno aderito tante realtà associative, sindacali e politiche della città* si è svolta senza alcuna tensione, il corteo ha espresso con determinazione la totale contrarietà ai provvedimenti repressivi che il governo cerca di far passare in violazione della costituzione, un provvedimento che criminalizza le lotte sociali, sindacali e politiche nonché alcuni soggetti sociali intesi come il nemico: migranti, detenuti, centri sociali, attivisti contro le grandi opere.
Sembra però che alla stazione di Terni tre “solerti” agenti della POLFER forse abbiano “pensato” che il DDL sicurezza fosse stato già approvato al Senato e, vedendo un manifestante che doveva prendere il treno per Perugia, un militante di Potere al Popolo, per il solo fatto che portasse una bandiera palestinese è stato fermato, il suo zaino perquisito e alla fine, incredibilmente, il militante è stato anche denunciato per “resistenza a pubblico ufficiale” !

Come TERNI SOLIDALE chiediamo il ritiro della denuncia o l’archiviazione del caso, affermiamo che se il manifestante è “responsabile” di resistenza, assolutamente lo è non verso alcun agente della POLFER, bensì alla stretta autoritaria del DDL 1660 e all’occupazione israeliana della Palestina, al genocidio a Gaza, al colonialismo di insediamento e alla pulizia etnica in corso. Manifestare solidarietà ad un popolo non è un reato e esprimere le proprie idee non costituisce un fatto per cui si possa essere arbitrariamente fermati, perquisiti e addirittura denunciati.
Il fatto ci sembra, per paradosso, una prefigurazione, un anticipo di quello che potrà accadere con l’approvazione del DDL 1660. Denunciamo il preoccupante il clima repressivo e queste pratiche inquietanti che tali torsioni dei diritti costituzionali possono produrre in qualche “zelante” agente, chiediamo che venga ritirata la denuncia in quanto non ha alcuna motivazione materiale, né logica , ribadiamo che lottare, resistere e manifestare non è un reato, e continuiamo a denunciarne l’impianto fascistoide, intimidatorio e censorio che le associazioni dei Giuristi Democratici (ASGI), di Amnesty International e di Antigone definiscono una “lesione dello Stato di Diritto e della Costituzione”; che la stessa OSCE dichiara “minare i principi fondamentali del diritto penale” ; ed altri ancora ” una dichiarazione di guerra ai diritti e alle liberta’, verso lo Stato di Polizia”.

TERNI SOLIDALE
*Alla manifestazione hanno aderito e partecipato: Agedo Terni. All Eyes On Palestine, Arci Terni, Avs-Alleanza Verdi Sinistra, Casa Rossa Spoleto, Centro Sociale G. Cimarelli, Cobas Scuola, Confederazione Cobas, Coordinamento Ternano Per La Palestina, Cub Umbria, Esedomani Terni Associazione Lgbtqia+, Fiom Terni, Flc Cgil Terni, M5s-Movimento 5 Stelle, Movimento Radicalsocialista, Partito Della Rifondazione Comunista, Il Pettirosso Aps, Potere Al Popolo, La Siviera O.S., Terni Sold Out, Uaar, Usb-Unione Sindacale Di Base, Uds-Unione Degli Studenti

Franco Coppoli di Terni Solidale Ascolta o scarica

la CGT condanna la decisione di non scarcerare Georges Ibrahim Abdallah

Georges Abdallah : La CGT condamne la décision de justice reportant sa libération

 

Ghespe libero! info SRP

 

Ghespe libero!

Nella notte tra il 14 e il 15 febbraio il compagno anarchico Ghespe è stato arrestato a Vallecas, Madrid, per un mandato di cattura europeo emesso durante la sua latitanza durata circa un paio di anni. Il compango anarchico ha ricevuto una condanna definitiva di 8 anni (pena residua complessiva pari a 5 anni, 6 mesi e 1 giorno di reclusione, con sottrazione del periodo sofferto in cusotdia cautelare) per i reati di porto abusivo di armi, lesioni personali gravissime e danneggiamiento, perché ritenuto uno die responsabili dell´ordingo piazzato davanti a una liberia fascista e legata al movimento Casa Pound nella città Firenze, a capodanno del 2017. L´ordigno è stato ritrovato dalla polizia che lo ha incautamente rimosso dalla saracincesca in cui era piazzato, gli artificieri intervenuti in seguito sul posto non hanno rispettato minimamente le loro stess misure di sicurezza e hanno causato cosi l´esplosione dell´ordingo tra le mani dell´artificiere che lo manovrando.

Attualmente il compagno è detenuto nel carcere di Soto del Real, Madrid, e ha nominato un avvocato di fiducia die compagni locali. In questo momento può ricevere lettere per posta, di un solo foglio e con il mittente all`indirizzo:

Salvatore Vespertino Centro penintenciario de Soto del Real Ctra. Comarcal 611, km. 37,6 28770 – Soto del Real (Madrid) España – Spain

Solidarietà e complicità con Ghespe che è stato intercettato mentre percorreva i sentieri della libertà, riuscendo a sfuggiare dalle grinfie della repressione per almeno due anni. Non lasciamo solo il compango, facciamogli sentire la nostre vicinanza, la nostra rabbia e il nostro amore. Né innocenti né colpevoli, libertà per tuttx.

Francia, il Consiglio di Stato conferma lo scioglimento del Collectif Palestine Vaincra

Il 20 febbraio 2025, solo poche ore dopo aver rinviato la decisione sul rilascio di Georges Abdallah per fare pressione su di lui affinché pagasse decine di migliaia di euro agli Stati Uniti, il Consiglio di Stato francese ha confermato l’ordine di scioglimento del 2002 del ministro degli Interni Gerald Darmanin contro il Collectif Palestine Vaincra , di fatto mettendo al bando l’organizzazione di solidarietà con la Palestina, con sede a Tolosa.

L’ordinanza, emessa nel 2022, era stata sospesa da un’ordinanza del Consiglio di Stato fino a oggi a causa del suo effetto sulla libertà di espressione. In un’ordinanza scioccante, il Consiglio ha affermato che mentre i post del Collectif che esprimevano solidarietà con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e denunciavano l’inserimento di Hamas nell’elenco delle organizzazioni “terroristiche” non erano ragioni sufficienti per vietare l’organizzazione, e che l’antisionismo dell’organizzazione e l’impegno per una Palestina libera dal fiume al mare rientravano nei principi della libera espressione, il Collectif può essere bandito a causa di commenti su Facebook presumibilmente “odiosi” (non post!) lasciati da persone non appartenenti al gruppo che non sono state eliminate abbastanza rapidamente, nonostante il fatto che il Collectif sia un piccolo gruppo composto interamente da volontari. Per essere chiari, la giustificazione legale per il silenzio, la censura e il divieto del Collectif Palestine Vaincra è la “moderazione insufficiente” dei commenti su Facebook (anche se la pagina dell’organizzazione non è stata bannata dal notoriamente anti-palestinese Meta!).

Questo ridicolo pretesto legale è stato precedentemente utilizzato per sostenere lo scioglimento politico simile del Collettivo contro l’islamofobia in Francia (ora Collettivo contro l’islamofobia in Europa), e ora viene utilizzato per fornire copertura a un atto che è chiaramente censura politica e repressione di altissimo livello. Ciò sta accadendo nello stesso momento, ovviamente, in cui centinaia di persone in tutta la Francia vengono perseguite per “scuse per terrorismo” per aver parlato o pubblicato sui social media sulla legittimità della resistenza palestinese, mentre Georges Abdallah rimane imprigionato da oltre 40 anni e, naturalmente, mentre la Francia continua a spedire armi e a fornire copertura diplomatica e politica al genocidio sionista statunitense contro il popolo palestinese. Arriva anche un giorno dopo che la prefettura di Parigi ha vietato tutte le manifestazioni in città per il rilascio di Georges Abdallah, in sorprendente ricordo del divieto di tutte le manifestazioni palestinesi in tutto il paese nell’autunno del 2023.

L’attacco al Collectif Palestine Vaincra non fa che sottolineare la necessità di costruire l’alleanza più ampia e forte per la Palestina, insistendo sul pieno e chiaro sostegno alla resistenza palestinese all’occupazione con tutti i mezzi, guidata dalle forze di resistenza armata; la liberazione della Palestina dal fiume al mare; e un fermo impegno all’organizzazione e alla solidarietà anti-imperialiste. È chiaro che gli stati imperialisti — dallo scioglimento del CPV all’inserimento di Samidoun nell’elenco delle “entità terroristiche” in Canada, alle sue sanzioni negli Stati Uniti e al suo divieto in Germania, insieme all’arresto e all’incriminazione di attivisti e organizzatori in tutto il nucleo imperiale — considerano questa mobilitazione a sostegno delle forze di resistenza come una minaccia intollerabile, che deve incoraggiarci a costruire e organizzare ancora più fortemente, su una base ferma e di principio, per costruire la culla popolare internazionale della Resistenza. 

Soccorso rosso proletario esprime piena solidarietà al Collectif Palestine Vaincra e denuncia la complicità e la partecipazione diretta della Francia al genocidio sionista-statunitense in Palestina, inclusa la sua continua e pericolosa repressione contro il movimento di liberazione della Palestina.

La repressione non fermerà la mobilitazione a sostegno del popolo palestinese e della sua resistenza in Europa, in America e nel mondo!

Di seguito la dichiarazione del Collectif Palestine Vaincra:

Il Palestine Vaincra Collective è sciolto: continua il sostegno alla resistenza palestinese!

Il Collectif Palestine Vaincra è stato sciolto oggi, 20 febbraio 2025, in seguito al rigetto della nostra richiesta al Consiglio di Stato di annullare il decreto di scioglimento. Ciò è avvenuto in seguito a una lunga campagna di attacchi e diffamazioni condotta in particolare da organizzazioni vicine all’estrema destra israeliana e abbondantemente alimentata sia a livello locale, con Jean-Luc Mondenc, attuale sindaco di Tolosa, a capo, sia a livello nazionale dalla voce dello stesso Emmanuel Macron. Gérald Darmanin, allora ministro dell’Interno, ha annunciato lo scioglimento del Collectif Palestine Vaincra su richiesta del Presidente della Repubblica nel febbraio 2022. Macron ha firmato il decreto in Consiglio dei ministri qualche giorno dopo, il 9 marzo 2022. In risposta, abbiamo presentato ricorso al Consiglio di Stato per chiederne la sospensione, richiesta di misure cautelari che è stata accolta nell’aprile 2022. Si è trattato di una vittoria politica per il Collectif Palestine Vaincra, poiché il Consiglio di Stato ha così riconosciuto la vacuità degli attacchi compiuti dal ministro dell’Interno. Questa vittoria è stata possibile grazie all’ampio sostegno espresso da decine di organizzazioni e migliaia di persone in Francia e in molti paesi del mondo. Abbiamo così ripreso la nostra mobilitazione a sostegno della resistenza del popolo palestinese, più forte e determinata che mai. Quasi tre anni dopo, il 27 gennaio, questo scioglimento amministrativo sarebbe stato valutato nel merito dal Consiglio di Stato ed è stato quindi oggi confermato dalla più alta corte amministrativa.

Denunciamo questa decisione eminentemente politica, che è un colpo senza precedenti contro l’intero movimento di solidarietà palestinese in Francia. In un contesto di estrema intensificazione della repressione statale, è chiaro che attraverso questo attacco, tutte le organizzazioni e gli individui che si oppongono al governo e alla sua politica sono presi di mira. Al di là della scomparsa del Collectif Palestine Vaincra, questa dissoluzione è quindi soprattutto una sconfitta collettiva significativa, resa possibile dalle debolezze di una mobilitazione ampiamente insufficiente in vista dei colpi inferti dallo Stato contro le organizzazioni che combattono la sua politica mortale. Ma non è mai troppo tardi, è più che mai necessario costruire un fronte di resistenza per affrontarlo! Ovviamente, questa dissoluzione ci ricorda ancora una volta che da più di 15 mesi, attraverso il suo sostegno incondizionato allo Stato sionista, la Francia è complice del genocidio in corso a Gaza e della continuazione della colonizzazione in tutta la Palestina occupata.

Poiché queste linee sono anche quelle di valutazione, ricordiamo che dalla sua creazione nel 2019, il Collectif Palestine Vaincra ha, con numerose organizzazioni, occupato instancabilmente il campo a Tolosa e altrove per sostenere la resistenza palestinese nella sua legittima lotta contro l’imperialismo e il sionismo e per difendere l’unica prospettiva giusta e sostenibile nella regione: una Palestina libera dal fiume al mare. Sono queste infatti le posizioni politiche difese dal collettivo che le autorità francesi hanno cercato di mettere a tacere con tutti i mezzi a loro disposizione. Affermiamo tuttavia che sosteniamo con orgoglio e pienamente i risultati di questi anni che hanno permesso al Collectif Palestine Vaincra di guidare numerose campagne di boicottaggio dello Stato sionista, in particolare a Tolosa contro il gemellaggio della città con Tel Aviv, a sostegno dei prigionieri palestinesi, e una notevole mobilitazione per chiedere la liberazione di Georges Abdallah che, come sapete, ha visto la sua decima richiesta di liberazione rinviata al 19 giugno dalla Corte d’appello di Parigi che ha subordinato la sua liberazione al risarcimento delle parti civili, vale a dire gli Stati Uniti. La loro accanimento continua; la nostra mobilitazione deve continuare!

Ma nonostante questa dissoluzione, una cosa è certa: gli imperialisti e i loro alleati non fermeranno la crescente mobilitazione a sostegno del popolo palestinese e della sua resistenza. Non possiamo che rallegrarci nel vedere come questa mobilitazione stia crescendo, in particolare grazie a una giovane generazione con una visione anti-imperialista forgiata nella lotta contro il genocidio e i suoi complici, e che sostiene chiaramente posizioni radicalmente antisioniste e anticolonialiste a sostegno della resistenza palestinese. Allo stesso modo, nonostante oltre 76 anni di colonialismo dei coloni, il popolo palestinese dimostra ogni giorno di essere saldo e di continuare la sua lotta fino al ritorno di tutti i rifugiati e fino alla liberazione della Palestina, di tutta la Palestina, dal fiume al mare. E potrà sempre contare sui milioni di persone in tutto il pianeta che abbracciano la formula dell’intellettuale e rivoluzionario arabo Samah Idriss: “Se abbandoniamo la Palestina, abbandoniamo noi stessi”.

La Palestina vivrà! La Palestina vincerà!

Il Collettivo Palestina Vaincra, 20 febbraio 2025