La solidarietà con Anan non si ferma! – Sul presidio di oggi a Melfi e sulle prossime iniziative di solidarietà

Oggi, lunedì 13 ottobre si è svolto un presidio davanti al carcere di Melfi, in solidarietà al prigioniero politico Anan Yaeesh e alla resistenza del popolo palestinese. Il presidio, organizzato da Reti per la Palestina di Basilicata, nell’ambito della campagna Free Anan, è stato organizzato in seguito al trasferimento arbitrario di Anan dal carcere di Terni a quello di Melfi, dove vigono regole restrittive molto più severe e contro le quali Anan è entrato in sciopero della fame il 4 ottobre, in coincidenza e in solidarietà con l’enorme manifestazione nazionale a Roma contro il genocidio del popolo palestinese, l’occupazione sionista, la complicità del governo fascista italiano con lo stato criminale di Israele e in solidarietà con la resistenza palestinese. L’onda di quella manifestazione oceanica è così arrivata a Melfi, e respingere il tentativo di isolare Anan in un carcere lontano dalla rete di solidarietà che si è creata in quasi 2 anni intorno a lui, è stato il primo compito di questo presidio.

Venerdì sera Anan Yaeesh ha interrotto lo sciopero della fame perché il carcere di Melfi ha accolto le sue richieste. E questa vittoria, se pur parziale, è anche il risultato delle denunce e della mobilitazione che subito lo ha avvolto con la nostra solidarietà. La campagna “cartoline per Anan”, partita da Terni, passata per L’Aquila e arrivata a Melfi è ancora in corso. Il presidio di solidarietà di oggi, a cui hanno partecipato decine di persone, è stato costruito in pochi giorni ma già ha dato i primi risultati. Anan ha ricevuto la visita di un deputato ed una consigliera regionale M5S stamattina, e ha ricevuto un piumone per richiesta del medico. Ora può usare il computer in laboratorio. Le compagne ed i compagni inoltre hanno portato due cestini di prodotti alimentari per Anan, con una lettera, ed una compagna ha preso appuntamento per consegnarglieli personalmente domani.

Vedremo quanto c’è di vero in tutta questa disponibilità mostrata dalla direttrice del carcere, ma una cosa è certa, insieme siamo stati in grado di rompere il silenzio intorno a questa vicenda in generale e al trasferimento punitivo in particolare, abbiamo mobilitato garante, cappellani, medici, dentisti, avvocati, giornalisti e associazioni. La società civile in Italia ancora una volta ha dato prova di umanità, contro la propaganda sionista e le manovre occulte di questo governo che vorrebbero nascondere la portata di questo movimento e il peso di questo processo e detenzione illegittimi di Anan Yaeesh.

La campagna per la liberazione di Anan deve proseguire su questa rotta ed allargarsi sempre di più, come sta già facendo, investendo i lavoratori – al presidio di oggi erano presenti alcuni operai della Stellantis in lotta per il loro posto di lavoro – nelle vertenze per il miglioramento delle condizioni di vita dei proletari, nelle campagne contro la guerra imperialista ed il riarmo, perché condannare Anan Yaeesh, vuol dire negare il diritto alla resistenza del popolo palestinese, vuol dire negare agli oppressi il diritto alla ribellione, vuol dire schiavitù.

E per far questo lo strumento della controinformazione è sempre più necessario. Anche nelle piazze più consapevoli, come quella di Roma del 4 ottobre, manca una conoscenza del caso Anan, di questo vergognoso processo per procura israeliana che si sta svolgendo a L’Aquila.

Tra gli strumenti di controinformazione è ora disponibile il documentario “Colpevoli di Palestina”, che racconta la vicenda giudiziaria di Anan, Ali e Mansour e denuncia il tentativo di criminalizzare la resistenza del popolo palestinese contro un’occupazione militare che perdura oltre 77 anni. Il documentario è disponibile gratuitamente per la proiezione facendone richiesta a info@freeanan.it

La deportazione di Anan a centinaia di chilometri dal foro competente e dal suo avvocato, lo svolgimento e i tempi del processo alterati in maniera anomala che compromettono gravemente il suo diritto alla difesa, le irrituali e reiterate richieste del Pubblico Ministero di far rientrare nel processo annotazioni provenienti dai servizi segreti israeliani e statunitensi, il rigetto di quasi tutti i testimoni della difesa, stanno a dimostrare che non bisogna abbassare la guardia e che questo processo va conosciuto e seguito da vicino, e non solo da esperti del diritto, ma da chiunque abbia a cuore la democrazia. Perché questo è un processo politico, basato essenzialmente sulle tesi dello stato criminale israeliano, che mira a criminalizzare la solidarietà e la resistenza palestinese. Un processo assurdo, in cui l’accusa non è riuscita a dimostrare alcun coinvolgimento di Anan e dei suoi due amici palestinesi in azioni violente, né contro civili né contro coloni israeliani. Tanto meno è riuscita a provare che le azioni contestate si siano mai verificate. I 15 verbali di interrogatori estorti sotto tortura dallo Shin Bet sono stati esclusi dal processo solo per ragioni codicistiche, quindi la vigilanza democratica deve essere alta intorno a questo processo, perché, come affermano le Reti per la Palestina di Basilicata, tutt’ora sussiste il pericolo che i vertici politici e giudiziari italiani cedano alla richiesta di Israele, che vuole la testa di Anan.

Qui il report di Reti per la Palestina di Basilicata sul presidio di oggi e sull’assemblea che contestualmente si è tenuta:

Dopo il suo improvviso trasferimento dal carcere di Terni, oggi, davanti la casa circondariale di Melfi, si è tenuto il primo presidio locale di supporto per il Partigiano Palestinese Anan Yaeesh. La nutrita partecipazione di un centinaio di sostenitori provenienti da tutto il centro sud è dimostrazione di come la catena di sostegno per la Causa Palestinese e i suoi Difensori non possa essere spezzata da pretestuose ed ingiustificate direttive della politica di palazzo.
In questa occasione – ed in ottica delle due importanti udienze del 21 e del 28 novembre – si è valutata una chiamata su scala nazionale per la data del 15 novembre, di modo tale da potenziare e fare eco delle motivazioni per le quali debba essere immediatamente scarcerato.
Si è pensato che nella mattinata ci si poteva incontrare in un luogo che funga da punto di incontro e di discussione per quanti vogliano partecipare, di modo tale che nel pomeriggio ci si possa muovere in corteo verso il carcere per far sentire ad Anan tutta la vicinanza che merita sia lui che la sua invitta terra.
Per questo motivo sarebbe opportuno definire quanto prima una videochiamata con tutte le realtà che abbiano voglia di cooperare.
Si ricorda, inoltre, che prima di tale data si terrà un altro presidio (sempre davanti il carcere di Melfi) il 26 del mese corrente.
LA RESISTENZA NON SI PROCESSA, INSIEME FINO ALLA LIBERAZIONE DELLA PALESTINA E DEI SUOI PARTIGIANI!

Prossime mobilitazioni già fissate che si terranno a L’Aquila saranno in occasione delle successive udienze del processo: 31 ottobre per la conclusione dell’istruttoria, 21 novembre per la requisitoria del PM, 28 novembre per le arringhe della difesa, le dichiarazioni degli imputati ed eventualmente per la sentenza, se non ci saranno altri rinvii.

A Perugia è previsto un presidio per Sabato 18 ottobre 

Qui una corrispondenza con Radio Onda Rossa da un compagno di Potenza:

https://www.ondarossa.info/newsredazione/2025/10/melfi-oggi-pomeriggio-presidio-anan

Liberare Anan, liberare la Palestina! Presidio al Carcere di Melfi lunedì 13 Ottobre

 

 

Liberare Anan, liberare la Palestina!

Presidio al Carcere di Melfi lunedì 13 Ottobre

Il prigioniero politico Anan Yaeesh, in custodia cautelare presso la casa circondariale di Melfi, è un partigiano palestinese in sciopero della fame dal 4 Ottobre. Sciopero iniziato in coincidenza e in solidarietà con la potente mobilitazione popolare sfociata nell’oceanica manifestazione per la Palestina libera e per reclamare la fine del genocidio in atto a Gaza e in Cisgiordania. Trasferito senza motivazioni dalla sezione di alta sicurezza del carcere di Terni a quella di Melfi, ad Anan vengono di fatto recisi i punti di riferimento consolidati in quasi due anni di ingiusta detenzione, rendendo ancora più difficili, per motivi logistici, i colloqui e gli incontri con gli avvocati, il personale medico esterno al carcere e persone terze autorizzate ai colloqui. Ciò va ad aggravare ulteriormente la sua condizione sia sul piano difensivo, sia su quello sanitario ed affettivo, in un momento cruciale del processo che lo vede imputato.per 270bis c.p. a causa del suo sostegno, mai rinnegato, alla Resistenza di Tulkarem (Cisgiordania).


Un processo, quello di L’Aquila, già segnato da gravi limitazioni del diritto alla difesa e da ricorrenti ingerenze dei servizi segreti israeliani, che rende ancora più allarmante il clima intorno a questa vicenda giudiziaria.

 

Come perseguitato politico Anan ha ottenuto, nel 2019, la protezione speciale dallo Stato italiano, ma a gennaio 2024 è stato arrestato per essere estradato in Israele. L’attenzione sollevata sul caso, anche alla luce del genocidio in corso a Gaza, le mobilitazioni che ne sono seguite e soprattutto le relazioni di associazioni come Amnesty International e Human Rights Watch sulle torture sistematiche e le uccisioni dei prigionieri palestinesi deportati nelle carceri israeliane e sottoposti a legge marziale, hanno fatto sì che quella procedura estradizionale non venisse occultata dalla propaganda sionista e si concludesse, almeno in prima battuta, con la dichiarazione di inestradabilità di Anan da parte della Corte di Appello dell’Aquila a marzo 2024. Alla vigilia di quella udienza però, Anan è stato nuovamente arrestato per “associazione terroristica anche internazionale”, coinvolgendo altri due palestinesi suoi amici, Ali Irar e Mansour Doghmosh, rilasciati per mancanza di elementi probatori 6 mesi dopo e tuttavia anch’essi sotto processo per sostenere l’impianto accusatorio. Un impianto basato essenzialmente sulle tesi di Tel Aviv, e ci è mancato poco che venissero ammessi al processo 15 verbali di interrogatori condotti su prigionieri palestinesi dallo Shin Bet (i famigerati servizi segreti israeliani) e dalla polizia israeliana; ma tutt’ora sussiste il pericolo che i vertici politici e giudiziari italiani cedano alla richiesta di Israele, che vuole la testa di Anan.

 

Riteniamo assurdo, anticostituzionale e contrario alle norme del diritto internazionale, che il diritto di resistenza sia trattato come “terrorismo”, sulla base di accuse formulate dagli organi operativi di uno stato sionista occupante come Israele, il cui governo ed il cui esercito sono condannati dalla Corte Internazionale di Giustizia e suoi esponenti di primo piano sono ricercati dalla Corte Penale Internazionale per genocidio! E’ come se l’ex Presidente della Repubblica italiana Pertini, da esule partigiano, fosse stato consegnato ai nazifascisti sulla base di dichiarazioni estorte in via Tasso. Anan è allo stesso tempo testimonianza vivente della violenza genocida coloniale (nel suo corpo ci sono undici proiettili e quaranta schegge, non gli è stata risparmiata la frantumazione di alcun osso) e della servile logica del doppio standard con cui gli stati “amici” di Israele trattano il diritto internazionale (vedi i reiterati atti di abuso e di pirateria nei confronti degli stessi membri della Global Sumud Flotilla). La storia ha finora dimostrato che la Resistenza non si processa.

Per far sentire la nostra voce solidale ad Anan e per rafforzare il contributo culturale, politico, sociale, per la conquista del sacrosanto diritto alla terra, al cibo, all’acqua, alla vita, alla libertà del popolo palestinese, invitiamo a partecipare al presidio sotto il carcere di Melfi, in via Lecce snc, a partire dalle ore 15,30 di lunedì 13 Ottobre.

Reti per la Palestina di Basilicata

Potenza, li 10 Ottobre 2025

Torino – Comunicato sull’operazione di polizia a Torino – tutt* liber*, Palestina libera! – info Denuncia e mobilitazione

Torino rappresaglia di Stato e Governo Meloni contro il movimento  – info Denuncia e mobilitazione

venerdì 10 ottobre 2025

Pubblichiamo il comunicato congiunto scritto da Torino per Gaza, Non Una di Meno Torino, Progetto Palestina e Giovani Palestinesi d’Italia in merito all’operazione di polizia di questa mattina a Torino. Sabato 11 ottobre si torna in piazza per una manifestazione cittadina alle ore 15 con partenza da piazza Castello.

Lo aveva annunciato a mezzo stampa il questore Sirna che ci sarebbe stata una risposta celere da parte della questura di Torino a fronte di due settimane di una inedita mobilitazione per la Palestina. Così, alle prime luci dell’alba, la digos di Torino si è presentata a casa di 13 giovani che hanno preso parte alle iniziative di blocco di queste settimane per effettuare delle perquisizioni e il sequestro dei telefoni. Si tratta di un doppio pacchetto, infatti, contestualmente sono state notificate 10 misure cautelari a diversi studenti e studentesse per manifestazioni che riguardano il 2023 e 2024.

Una cosa va detta subito: il solito modus operandi di questura e procura cittadine sta scricchiolando davanti all’esplosione di un movimento popolare, determinato e di portata storica come quello che abbiamo chiamato “blocchiamo tutto”. Ne è la prova la serata del 7 ottobre quando, nonostante il divieto della questura di manifestare, sono scese in strada 10 mila persone che, a testa alta e con grande dignità, hanno attraversato la città in maniera ferma e risoluta. Il dispositivo è stato superato con la semplice volontà di esserci e camminare ancora una volta insieme. L’aria è cambiata.

Il tentativo di questa mattina si iscrive in un momento particolare e se l’obiettivo è cercare di dare una risposta immediata alle centinaia di migliaia di persone che hanno bloccato davvero tutta la città e tutta l’Italia in queste settimane al momento ci sembra poco efficace. Certo, non va sottovalutato che 13 ragazzi e ragazze vengano utilizzati come capro espiatorio per le iniziative che ci hanno visto in migliaia prenderne parte: gli episodi presi in conto sono infatti il blocco della stazione di Porta Nuova avvenuto durante la prima giornata di sciopero generale del 22 settembre, l’occupazione dei binari di Porta Susa della sera del 24 settembre quando la Global Sumud Flottilla è stata attaccata la prima volta, il blocco all’aeroporto di Caselle del 2 ottobre giornata chiamata per “bloccare tutto” a seguito dell’abbordaggio della flottiglia da parte dell’esercito israeliano e dell’arresto dell’equipaggio e, l’iniziativa alle Officine Grandi Riparazioni della sera precedente al secondo sciopero generale del 3 ottobre che avrebbero visto la presenza di Jeff Besoz e di Ursula Von der Leyen al loro interno. I numeri di quelle giornate parlano da soli.

Le misura cautelari riguardano invece alcune manifestazioni studentesche e universitarie dello scorso anno, in particolare iniziative che avevano contestato l’arrivo di Meloni in città, la riforma scolastica di Valditara, il G7 Clima , Energia e Ambiente di Venaria, la presenza del FUAN in università e che, già allora, tenevano al centro la solidarietà alla Palestina e la necessità di mobilitarsi a partire da qui, dove la guerra e il genocidio partono a causa delle politiche di complicità del nostro governo. Al momento dunque vi sono giovani e giovanissimi che dovranno confrontarsi con l’obbligo di firma, l’obbligo di dimora e i rientri notturni. Avevamo già scritto qui di questa vicenda che ha visto il giudice per le indagini preliminari richiedere interrogatori previa decisione di disporre le misure. Oggi arriva questa decisione, puntuale come un orologio svizzero.

Mentre scriviamo siamo con gli occhi appiccicati agli schermi per avere notizie sugli accordi per il cessate il fuoco, vediamo video dei tank israeliani iniziare lentamente a uscire dai territori palestinesi, seppur resti da vedere quale sarà la famosa “linea gialla” stabilita dal piano americano, sentiamo le bombe che non hanno smesso di cadere anche questa notte e questa mattina su Khan Yunis e su Gaza. I nostri cuori si riempiono vedendo i festeggiamenti di un popolo che ci sta insegnando tutto e davanti alle immagini di chi sventola la bandiera palestinese insieme a quella italiana. Di fronte alla grandezza di questo momento storico sono ancora più miseri i tentativi di chiudere spazi di agibilità, di criminalizzare, di dividere, di silenziare.

Continuare a lottare uniti è l’unica risposta che abbiamo e, forse, possiamo dire che abbiamo iniziato a capire come si fa.

“La libertà, non la felicità, è la pietra preziosa”.

Tutti e tutte libere!

Palestina libera!

Aggiornamento su Radio Onda d’Urto

Torino. Dall’alba di venerdì mattina, 10 ottobre, operazione di polizia nei confronti di 13 attivisti e attiviste torinesi nell’ambito delle ampie e partecipate proteste per la Palestina di queste settimane e mesi in città.

A seguito delle perquisizioni domiciliari e del sequestro di materiale, sono state disposte dieci misure cautelari nei confronti di altrettanti indagati, compagne e compagni, per le accuse – tutte da dimostrare – di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, violenza privata aggravata e danneggiamento.

Si tratta di obblighi di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria e di obblighi di dimora con il divieto di uscire di casa dalle 19.30 alle 7.30. Sono state 13 le perquisizioni, relative alle manifestazioni di massa svoltesi a Torino il 22 e 23 settembre e il 2 ottobre.

Liberare Anan, liberare la Palestina! Presidio al Carcere di Melfi lunedì 13 Ottobre

Il prigioniero politico Anan Yaeesh, in custodia cautelare presso la casa circondariale di Melfi, è un partigiano palestinese in sciopero della fame dal 4 Ottobre. Sciopero iniziato in coincidenza e in solidarietà con la potente mobilitazione popolare sfociata nell’oceanica manifestazione per la Palestina libera e per reclamare la fine del genocidio in atto a Gaza e in Cisgiordania. Trasferito senza motivazioni dalla sezione di alta sicurezza del carcere di Terni a quella di Melfi, ad Anan vengono di fatto recisi i punti di riferimento consolidati in quasi due anni di ingiusta detenzione, rendendo ancora più difficili, per motivi logistici, i colloqui e gli incontri con gli avvocati, il personale medico esterno al carcere e persone terze autorizzate ai colloqui. Ciò va ad aggravare ulteriormente la sua condizione sia sul piano difensivo, sia su quello sanitario ed affettivo, in un momento cruciale del processo che lo vede imputato.per 270bis c.p. a causa del suo sostegno, mai rinnegato, alla Resistenza di Tulkarem (Cisgiordania). Un processo, quello di L’Aquila, già segnato da gravi limitazioni del diritto alla difesa e da ricorrenti ingerenze dei servizi segreti israeliani, che rende ancora più allarmante il clima intorno a questa vicenda giudiziaria.

Come perseguitato politico Anan ha ottenuto, nel 2019, la protezione speciale dallo Stato italiano, ma a gennaio 2024 è stato arrestato per essere estradato in Israele. L’attenzione sollevata sul caso, anche alla luce del genocidio in corso a Gaza, le mobilitazioni che ne sono seguite e soprattutto le relazioni di associazioni come Amnesty International e Human Rights Watch sulle torture sistematiche e le uccisioni dei prigionieri palestinesi deportati nelle carceri israeliane e sottoposti a legge marziale, hanno fatto sì che quella procedura estradizionale non venisse occultata dalla propaganda sionista e si concludesse, almeno in prima battuta, con la dichiarazione di inestradabilità di Anan da parte della Corte di Appello dell’Aquila a marzo 2024. Alla vigilia di quella udienza però, Anan è stato nuovamente arrestato per “associazione terroristica anche internazionale”, coinvolgendo altri due palestinesi suoi amici, Ali Irar e Mansour Doghmosh, rilasciati per mancanza di elementi probatori 6 mesi dopo e tuttavia anch’essi sotto processo per sostenere l’impianto accusatorio. Un impianto basato essenzialmente sulle tesi di Tel Aviv, e ci è mancato poco che venissero ammessi al processo 15 verbali di interrogatori condotti su prigionieri palestinesi dallo Shin Bet (i famigerati servizi segreti israeliani) e dalla polizia israeliana; ma tutt’ora sussiste il pericolo che i vertici politici e giudiziari italiani cedano alla richiesta di Israele, che vuole la testa di Anan.

Riteniamo assurdo, anticostituzionale e contrario alle norme del diritto internazionale, che il diritto di resistenza sia trattato come “terrorismo”, sulla base di accuse formulate dagli organi operativi di uno stato sionista occupante come Israele, il cui governo ed il cui esercito sono condannati dalla Corte Internazionale di Giustizia e suoi esponenti di primo piano sono ricercati dalla Corte Penale Internazionale per genocidio! E’ come se l’ex Presidente della Repubblica italiana Pertini, da esule partigiano, fosse stato consegnato ai nazifascisti sulla base di dichiarazioni estorte in via Tasso. Anan è allo stesso tempo testimonianza vivente della violenza genocida coloniale (nel suo corpo ci sono undici proiettili e quaranta schegge, non gli è stata risparmiata la frantumazione di alcun osso) e della servile logica del doppio standard con cui gli stati “amici” di Israele trattano il diritto internazionale (vedi i reiterati atti di abuso e di pirateria nei confronti degli stessi membri della Global Sumud Flotilla). La storia ha finora dimostrato che la Resistenza non si processa.

Per far sentire la nostra voce solidale ad Anan e per rafforzare il contributo culturale, politico, sociale, per la conquista del sacrosanto diritto alla terra, al cibo, all’acqua, alla vita, alla libertà del popolo palestinese, invitiamo a partecipare al presidio sotto il carcere di Melfi, in via Lecce snc, a partire dalle ore 15,30 di lunedì 13 Ottobre.

Reti per la Palestina di Basilicata

Potenza, li 10 Ottobre 2025

Anan Yaeesh è in sciopero della fame

Dal 4 ottobre Anan Yaeesh è entrato in sciopero della fame in solidarietà alle mobilitazioni per la Palestina che in queste settimane hanno attraversato l’Italia.

La scelta del giorno non è casuale, come probabilmente non lo è stata quella di trasferirlo lontano da Roma, dove risiedono i suoi difensori, e da L’Aquila, dove si svolge il processo, proprio a ridosso della grande manifestazione nazionale a Roma, quando oltre un milione di persone sono scese in piazza contro il genocidio del popolo palestinese e la complicità del governo italiano nell’occupazione israeliana e nei crimini sionisti.

Ma Anan è sceso in sciopero anche per rivendicare i propri diritti violati, in quanto perseguitato politico palestinese detenuto in una prigione italiana.

Sottoposto a un arresto e a un processo illegittimi, in uno Stato che si dichiara sovrano, ma affida anche la giustizia ai servizi segreti di un governo sotto accusa internazionale per crimini contro l’umanità, da quasi 2 settimane Anan è stato trasferito al carcere di Melfi come misura punitiva per i presidi di solidarietà organizzati davanti al carcere di Terni. Questo trasferimento, oltre a minare pesantemente il suo diritto alla difesa, mira ad isolarlo, umiliarlo, spezzarne la resistenza e l’identità palestinese.

Anan di fatto è già in isolamento nel carcere di Melfi; il cibo fornito dal carcere è estremamente scarso e privo di frutta e verdura, se i detenuti vogliono più cibo, o cibo più ricco devono comprarselo. Il cibo palestinese non è ammesso, neanche tramite pacchi, e hanno sequestrato quasi tutto ad Anan, anche le penne per scrivere.

Delle altre privazioni subite in seguito al suo trasferimento a Melfi se ne è già parlato in un precedente comunicato del soccorso rosso proletario.

Quello che ora ci preme rilanciare è una risposta solidale e di massa alla lotta di un resistente palestinese che continua a combattere contro l’ingiustizia.

Di seguito il comunicato del Comitato Free Anan:

ANAN YAEESH IN SCIOPERO DELLA FAME

IN SOLIDARIETÀ CON LE MOBILITAZIONI PER LA PALESTINA E PER DENUNCIARE LE VIOLAZIONI DEI SUOI ​​DIRITTI

Sabato 4 ottobre 2025, il prigioniero politico palestinese Anan Yaeesh è entrato in sciopero della fame. Questa sua decisione si affianca alla solidarietà con le mobilitazioni per la Palestina che nelle ultime settimane hanno attraversato l’Italia e, in particolare, nel giorno della manifestazione nazionale a Roma, quando oltre un milione di persone è sceso in piazza contro il genocidio del popolo palestinese e contro la collaborazione e la complicità del governo italiano con l’occupazione israeliana.

Attraverso lo sciopero della fame Anan Yaeesh intende anche riaffermare i propri diritti violati.

Di recente, come misura punitiva per i presidi di solidarietà organizzati davanti al carcere di Terni, è stato trasferito al carcere di Melfi, in Basilicata. Una decisione arbitraria e punitiva che ha ulteriormente aggravato la sua condizione: la distanza dal tribunale dell’Aquila, dove si svolgono i processi, e da Roma, dove si trovano i suoi avvocati difensori, compromette gravemente il suo diritto alla difesa.

Nel nuovo istituto penitenziario, infatti, gli incontri con i legali sono diventati sempre più difficili e rari, rendendo quasi impossibile concordare la strategia difensiva. II trasferimento, privo di giustificazioni oggettive, rappresenta un atto di rappresaglia nei confronti della solidarietà e un tentativo di isolamento politico e umano.

Lo sciopero della fame di Anan Yaeesh è un atto di resistenza e dignità, che chiama alla mobilitazione e alla vigilanza di quanti abbiano a cuore la giustizia, la libertà e i diritti del popolo palestinese. Chiediamo il rispetto dei diritti di Anan Yaeesh, la fine delle misure punitive e la sua immediata ricollocazione in un carcere che garantisca il pieno esercizio del diritto alla difesa.

Ribadiamo inoltre che non sarà certo un trasferimento a minare o recidere la solidarietà che il popolo italiano ha espresso nei confronti di Anan nel corso di quasi due anni; precisiamo quindi a chiunque si celi dietro queste decisioni, che ovunque Anan verrà trasferito, continuerà a godere dell’ampio sostegno e delle mobilitazioni in sostegno alla sua causa.

La resistenza non si arresta! La resistenza non si processa!

Dal presidio in Piazzale Clodio, sul processo per direttissima a 2 manifestanti arrestati il 4 ottobre a Roma

Dopo le violente cariche della polizia al termine del grandissimo corteo a Roma del 4 ottobre, 2 manifestanti sono stati arrestati e processati oggi per direttissima.

Per il manifestante a cui è stato contestato il reato di resistenza semplice e lesioni l’udienza è stata rinviata al 26 aprile, per quello accusato di resistenza aggravata, l’udienza è rimandata al 12 maggio.

Entrambi sono stati rilasciati, e questo non può che farci felici, ma la cosa non finisce qua, quindi non abbassiamo la guardia!

Massima solidarietà e massimo sostegno, la resistenza non è reato, la complicità nel genocidio sì

Il Coordinamento ternano per la Palestina lancia l’iniziativa “Cartoline per Anan”

“Cartoline per Anan”

Anan Yaeesh è un partigiano palestinese che è stato arrestato, torturato nelle carceri israeliane per aver resistito all’occupazione delle terre del suo popolo.

ANAN in Italia ha ottenuto la protezione speciale, ma oggi è sotto processo all’Aquila su richiesta dello stato terrorista di Israele ed è stato stato a lungo detenuto nel carcere di Terni, dove migliaia di persone hanno partecipato ai presidi per gridare che la resistenza è un diritto dei popoli sotto occupazione e che Anan deve essere liberato.

Inoltre a fine luglio è partita una campagna nazionale di sottoscrizione per garantire le spese mediche e carcerarie ad Anan, una campagna che ha raccolto quasi 10.000 euro in due mesi.

Dal 23 settembre, per la forte solidarietà che la città di Terni ha espresso, Anan è stato deportato nel carcere di Melfi (PZ). Denunciamo questo tentativo di ulteriore isolamento e questa inqualificabile azione di desolidarizzazione che insieme all’allungamento del processo per questioni “tecniche”, ci fa temere sulla tenuta di questo processo, che rischia di eseguire il lavoro sporco per lo stato terrorista di Israele e condannare il diritto dei popoli a resistere all’occupazione militare, alla pulizia etnica, al colonialismo di insediamento, al genocidio.

Per questo invitiamo docenti e studenti a produrre cartoline o lettere per ANAN e invitiamo tutti e tutte i cittadini all’iniziativa CARTOLINE PER ANAN al prossimo presidio di Mercoledì 1 ottobre che si terrà a largo Villa Glori a Terni, presso la sede dell’accampata permanente per la Palestina e la Sumud FLOTILLA.

Portate lettere, cartoline che verranno spedite nel carcere di Melfi dove è stato deportato ANAN, per fargli sentire ancora la vicinanza e il calore della città di Terni.

PER AFFERMARE CHE LA RESISTENZA È UN DIRITTO E NON SI ARRESTA!

*COORDINAMENTO TERNANO PER LA PALESTINA*

Di seguito Francesca Albanese sul processo ad Anan, Ali e Mansour

Francesca Albanese, Relatrice Speciale ONU sui diritti umani nei Territori Palestinesi occupati, è anche una dei tanti testimoni indicati dalla difesa per comprendere il contesto degli eventi contestati e non ammessi al processo contro Anan, Ali e Mansour.
Il documentario “Colpevoli di Palestina” dà voce a queste testimonianze escluse, restituendo uno spazio di verità che in aula è stato negato.
🤝 Per organizzare una proiezione: info@freeanan.it