Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

Da Osservatorio repressione

La polizia ha bloccato un’azione di protesta di attivisti di Greenpeace al festival di Sanremo, 10 fogli di via. A Roma denunciati quattro attivisti di Extinction Rebellion per il blitz al Ministero della transizione ecologica

A Sanremo, attiviste e attivisti di Greenpeace hanno scavalcato le transenne del «green carpet» e prima di essere fermati dalla polizia sono riusciti a mostrare uno striscione con la scritta: «ENI green? Se la suona e se la canta!».

Nel frattempo, da un balcone che sovrasta l’ingresso del teatro Ariston sono stati esposti altri due striscioni con le scritte: «Basta pubblicità di aziende inquinanti» e «ENI inquina anche la musica!». Altri attivisti hanno simbolicamente verniciato di “nero petrolio” un cartellone pubblicitario di ENI/Plenitude.

10 attivisti sono stati identificati e segnalati alla procura per danneggiamento, getto pericoloso di cosa e resistenza passiva e saranno oggetto di allontanamento con foglio di via obbligatorio.

In un comunicato Grenpeace ha rivendicato il blitz in una nota, spiegando il perché dell’azione dimostrativa: una protesta contro Eni, tra i principali sponsor del Festival, per denunciare l’operazione di greenwashing. Secondo l’organizzazione non governativa, il colosso del gas e del petrolio starebbe “sfruttando infatti proprio la vetrina di Sanremo per rifarsi un’immagine di azienda attenta all’ambiente che non corrisponde affatto alla realtà“.

Nel mirino di Greenpeace il lancio di Plenitude, la realtà azienda presentata come la svolta sostenibile della compagnia energetica, ma secondo l’ong “nei prossimi anni Eni continuerà a puntare principalmente su gas e petrolio, combustibili fossili che alimentano il riscaldamento globale”. Ricordiamo che nelle scorse ore sono stati esposti due striscioni contro il gruppo da un balcone che sovrasta l’ingresso del teatro Ariston: “Basta pubblicità di aziende inquinanti” e “Eni inquina anche la musica!“.

A Roma sono quattro gli attivisti denunciati dai carabinieri di Roma in relazione al blitz messo in atto dal gruppo ecologista Extinction Rebellion, con una decina di attivisti che si è introdotta e ha imbrattato di vernice la sede del ministero della Transizione Ecologica.

Gli attivisti si sarebbero introdotti nell’edificio riuscendo questa volta a raggiungere il quinto piano, quello del ministro Cingolani, ed avrebbero imbrattato le pareti del ministero salvo poi essere successivamente fermati dai carabinieri. Si tratterebbe del secondo attacco consecutivo, dato che anche nella giornata di ieri quattordici attivisti di Extinction Rebellion appartenenti precisamente alla campagna Ultima Generazione – Assemblee Cittadine ORA! sono entrati all’interno del Ministero della Transizione Ecologica ed hanno lasciato sulle pareti scritte quali “Ministero della truffa” e “Ministero delle bugie”. Gli obiettivi della campagna portata avanti dai membri dal gruppo di Extinction Rebellion sono due: in primis, sensibilizzare i cittadini sulle problematiche legate ai cambiamenti climatici tramite l’organizzazione di un’Assemblea Cittadina nazionale con il potere di deliberare su queste tematiche. Il secondo punto invece, è ottenere un incontro pubblico con i vertici del governo, incluso il premier Mario Draghi, per confrontarsi e cercare soluzioni alla crisi climatica globale.

Il ministro Cingolani, ha dichiarato che l’azione alla sede del MiTe è da considerarsi come “un attacco e non come attivismo”. Gli attivisti hanno  comunicato che fino a che tali richieste non verranno considerati il gruppo continuerà con le azioni, non violente, di disobbedienza civile.

Oggi 4 febbraio alle ore 12:00 a Roma, le forze dell’ordine hanno fatto irruzione, senza un regolare mandato, in un appartamento situato in via Cattaneo dove erano presenti ragazzi che avevano partecipato alla campagna “Ultima Generazione – Assemblea Cittadina Ora” organizzata dal gruppo ecologista Ultima Generazione, parte di Extinction Rebellion.

Giornalisti locali presenti sul posto, hanno riferito che i ragazzi, tra cui alcuni minorenni, sono stati trattenuti diverse ore senza potere comunicare, nonostante all’interno dell’appartamento non fossero state rinvenute ne armi, ne sostanze proibite e i ragazzi non avessero opposto resistenza. Le forze dell’ordine hanno in seguito riferito ai giornalisti che l’operazione era legata al rispetto delle norme Covid negli appartamenti in affitto tramite AirBnB. Nonostante, a quanto riferito, nessun altro appartamento dello stabile sia stato perquisito, ad eccezione di quello dove si trovavano gli attivisti di Extinction Rebellion.

Dopo alcune ore, le forze dell’ordine hanno poi deciso di portare i ragazzi (5 tra cui una minorenne) in questura. Tra questi, uno è stato portato fuori dallo stabile in manette.

il comunicato di Extinction Rebellion

Ultima Generazione: irruzione delle forze dell’ordine nell’abitazione degli attivisti

“Questa è la risposta dello stato ai ragazzi spaventati per la crisi climatica che chiedono di avere un semplice incontro con i ministri”

Roma, 04 febbraio 2022. Mentre i sei attivisti della campagna  “Ultima Generazione – Assemblea Cittadina ORA!” sono stati fermati dopo il blocco stradale di Largo Susanna e sono stati trascinati via di peso, le forze dell’ordine alle 12 sono entrate senza mandato nell’appartamento Air B&B in via Carlo Cattaneo in cui erano presenti alcune persone che nei giorni scorsi hanno preso parte alla campagna e una ragazza minorenne. Alcuni giornalisti erano presenti al piano di sotto fin da pochi minuti dopo l’inizio dell’operazione. Queste fonti ci riferiscono che i ragazzi sono stati tenuti chiusi diverse ore, impedendo loro di comunicare con l’esterno e di mostrare uno striscione dalla finestra.

Ai giornalisti è stato detto che era in corso una operazione legata alle norme covid dell’Air B&B: tuttavia nello stabile sono presenti altri appartamenti affittati con questa modalità e nessun altro appartamento è stato perquisito, né tantomeno gli occupanti tenuti chiusi per due ore e mezzo con le forze dell’ordine.

Apprendiamo alle 14:45 che le F.F.O.O. stanno portando i ragazzi fuori dall’appartamento due per volta, e che non stanno non stanno opponendo alcuna resistenza. Una persona dunque è stata prelevata da dentro l’appartamento in cui dormiva ed è stata portata fuori in manette. Altre cinque persone sono state portate via con la volante in questura, compresa la minorenne. Nell’appartamento non era presente alcuna arma né alcuna droga. Le persone non hanno opposto resistenza ai pubblici ufficiali. La scientifica è stata poi mandata sul posto.

In seguito alle azioni alla sede del MiTe di martedì e mercoledì, il gruppo di cittadini coinvolti nella campagna di Extinction Rebellion è stato trattenuto in questura fino a tarda notte. Alcuni dei ragazzi coinvolti sono stati portati alla Stazione Termini per lasciare la città, mentre i rimanenti sono rientrati nella loro temporanea abitazione a Roma. Da allora sono stati pedinati e fermati dalle forze dell’ordine che, localizzando e presidiando l’ingresso della loro abitazione, hanno nuovamente portato in questura 3 degli attivisti mentre facevano la spesa.

Il clima di repressione si è esacerbato quando questa mattina, alle 9.30, 6 dei rimanenti cittadini coinvolti hanno deciso di tornare in strada per dirigersi verso il Ministero del Lavoro. Naturalmente pochi metri dopo la partenza, sono stati bloccati dalle forze dell’ordine, e hanno quindi deciso di attuare un blocco stradale nel luogo in cui si trovavano.

per la libertà di Georges Ibrahim abdhallah – senza tregua in tutto il mondo

prepariamo la proiezione in italia in alcune città per i prossimi due mesi
info srpitalia@gmail.com
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“Fedayin, le combat de Georges Abdallah retrace le parcours d’un infatigable communiste arabe et combattant pour la Palestine. Des camps de réfugié·e·s palestinien·ne·s qui ont forgé sa conscience à la mobilisation internationale pour sa libération, nous allons à la découverte de celui qui est devenu l’un des plus anciens prisonniers politiques d’Europe.”

basta cariche poliziesche contro studenti e lavoratori

E’ ora di far sentire forte e chiara la voce generale dell’opposizione al governo della repressione –

giornata nazionale di lotta sotto le prefetture e questure  è la proposta di Soccorso Rosso proletario

vogliamo tutti – ma la faremo anche da soli nei prossimi giorni costruiamo una data comune

soccorso rosso proletario

3 febbraio 2022

Ucraina/Guerra: siamo contro tutti i paesi imperialisti in conflitto

Un comunicato di proletari comunisti, che condividiamo

Operai, lavoratori, donne, giovani

da due giorni con l’invasione russa dell’Ucraina lo spettro della guerra riappare in Europa, in un incendio che conferma la tendenza alla guerra mondiale verso cui stanno marciando le diverse potenze imperialiste per una nuova ripartizione del mondo, corrispondente ai profitti dei padroni del mondo, alla guerra commerciale e alla lotta per il controllo delle fonti energetiche.

Questo sistema imperialista mondiale attraversato dalla crisi economica, dalla pandemia che non è affatto finita, ora ci trascina in una guerra distruttiva.

Questa guerra è dipesa dall’offensiva dell’imperialismo americano, sostenuta con contraddizioni dai paesi imperialisti europei, che si è spinta fino a pretendere una presenza militare aggressiva fino ai confini della Russia, con l’adesione alla Nato da parte dell’Ucraina, la presenza diretta delle sue truppe imperialiste ai confini.

La Russia, paese imperialista e socialfascista, che opprime proletari e popoli al suo interno, ha visto minacciato il suo ruolo di potenza militare ed economica e ha reagito, come reagiscono tutti i banditi imperialisti, con un’azione di guerra, occupando un paese comunque indipendente, pretendendo di annetterne una sua parte e imporre un governo di diretta emanazione degli interessi imperialisti della Russia di Putin.

Proletari, masse popolari non interessano affatto alle potenze imperialiste e meno che mai la pace, la democrazia, il lavoro, i salari, la salute, la vita.

A fronte di questo incendio purtroppo non si può stare a guardarlo in televisione. Perchè i nostri padroni e i nostri governi, per i loro interessi economici, i profitti, sono dentro fino al collo; sia perché parte di un’alleanza aggressiva e guerrafondaia come la Nato, sia perché condividono gli interessi strategici fondamentali dell’imperialismo americano, sia perché hanno grandi interessi economici, materie prime, gas, mercati, industrie, con la stessa Russia.

E sono questi i fattori che portano alla guerra in corso e ad un possibile incendio mondiale.

Per questo, gli operai, i lavoratori, le masse popolari del nostro paese non possono parteggiare per nessuno dei paesi in conflitto e meno che mai condividere le scelte del governo dell’imperialismo italiano.

Non si devono condividere anche perché due concetti sono centrali.

Le guerre sono loro, i morti e le conseguenze distruttive sono nostre; i costi della guerra vengono sempre scaricati sulla pelle dei proletari e delle masse e sono sempre fattore di profitti per i padroni.

Tutto viene scaricato sui lavoratori, la crisi energetica che già è in corso con lo strepitoso aumento delle bollette e l’inflazione galoppante, i costi della partecipazione militare dell’Italia in questa guerra; mentre le masse muoiono di covid e ci impoveriamo sempre di più. Miliardi su miliardi vengono utilizzati per la corsa agli armamenti.

Per questo siamo contro la guerra inter imperialista in corso. E dobbiamo far sentire la nostra voce, la nostra opposizione in tutte le forme possibile, a partire dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro.

Siamo certo solidali con i proletari e le masse sotto le bombe, e in fuga in tutte le parti dell’Ucraina.

Ma essere dalla parte delle masse non significa essere dalla parte del governo reazionario nazista dell’Ucraina che ha contribuito in tutte le forme ad accendere i fuochi della guerra e che ha usato le parole come “sovranità” “nazionale”, democrazia”, per passare armi e bagagli al sostegno della politica guerrafondaia dell’imperialismo Usa e occidentale, e sempre e solamente per dare nuove occasioni di profitto ai padroni e alle classi dominanti capitalistiche e sfruttatrici.

Dire oggi di essere dalla parte dell’Ucraina significa dire di essere per la guerra e il dominio imperialista occidentale del paese.

In questo caso proletari e masse popolari non hanno patria da difendere.

In questa guerra ci sono due soli fronti.

Da un lato l’imperialismo USA, l’imperialismo europeo, la Nato, l’imperialismo russo invasore, governo e forze politiche in seno all’Ucraina asserviti agli imperialismi in lotta;

dall’altro i proletari e le masse nei territori di guerra, nei paesi imperialisti occidentali e russi, che vogliono pace, lavoro, salute e libertà, che si possono conseguire solo volgendo la lotta e le armi contro le truppe imperialiste e reazionarie nei teatri di guerra e all’interno di tutti i paesi direttamente o indirettamente coinvolti.

In questo terreno, ognuno deve fare la sua parte. In primis le organizzazioni che organizzano la classe operaia, tutti i lavoratori, i giovani, gli studenti in lotta, le masse popolari colpite sia nei loro interessi materiali, sia nei loro sentimenti e aspirazioni.

Proletari comunisti – Pcm Italia

Torino, la manifestazione degli studenti contro gli assassinii sul lavoro, contro la scuola dei padroni, caricata dalla polizia. Cariche anche a Napoli e a Milano. Solidarietà in tutte le forme possibili agli studenti in lotta!

Cariche di polizia  a Torino, dove in piazza Arbarello  studentesse e studenti che volevano partire in corteo, ma gli agenti in antissommossa sono intervenuti per impedirlo con violenza e colpendo gli studenti e le studentesse, ferendoli.

Non si può morire di scuola“, “Lorenzo vive” si legge sui cartelli degli studenti. Durante la protesta gli studenti sono stati manganellati dalla polizia. Alcuni ragazzi sono finiti a terra colpiti dai manganelli. I poliziotti hanno deviato i manifestanti in via Bertola, dove ci sono stati altre cariche.

I ragazzi e ragazze oggi hanno deciso di fare sentire la voce con una manifestazione nel capoluogo, così come nel resto d’Italia. Ad aprire la giornata un corteo  che ha cercato di sfilare su corso Siccardi fino a piazza Arbarello portando lo striscione “Di scuola-lavoro non si può morire per Lorenzo“,

Studenti delle superiori e Cobas non hanno intenzione di «far passare la morte di Lorenzo come un banale fatto di cronaca» e sono scesi in piazza.

Cariche anche a Napoli e a Milano, mentre a Roma la polizia è tenuta a distanza con fumogeni e vernice rossa

G8 Genova: Il destino di Vincenzo Vecchi sospeso al parere della giustizia europea

Il caso di Vincenzo Vecchi è nelle mani della Corte di giustizia dell’Unione europea. A seconda della sua decisione, la Francia estraderà o meno il giovane in Italia; dove rischia una pesante condanna sulla base di una legge ereditata da Mussolini.

di Nolwenn Weiler

Sono già passati due anni da quando è scoppiata la vicenda Vincenzo Vecchi. Tutto è iniziato nell’agosto 2019 con l’arresto di questo falegname sulla quarantina in Bretagna, dove viveva da diversi anni.

La sua colpa? Aver partecipato, nel luglio 2001, a una manifestazione contro la globalizzazione a Genova. La questione: il reato di “devastazione e saccheggio” su cui si basa lo Stato italiano per chiederne l’estradizione è stato introdotto nel codice penale dal regime fascista negli anni ’30 del secolo scorso. Prevede pene detentive molto pesanti, tra i 6 e i 15 anni e può incriminare qualcuno per la sua mera presenza in una manifestazione. Inoltre, i mandati d’arresto europei emessi dall’Italia e che hanno portato all’arresto di Vincenzo da parte della polizia francese, sono normalmente utilizzati per combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.

12 ANNI DI CARCERE IN ITALIA PER AVER PARTECIPATO ALLE MANIFESTAZIONI DI GENOVA NEL 2001

In due occasioni, i giudici francesi hanno ritenuto irregolari questi due mandati d’arresto europei. Vincenzo Vecchi resta, quindi, per il momento libero. Ma lo Stato ha rinviato il caso alla Corte di Cassazione. Prima di pronunciarsi, la corte chiede il parere della Corte di giustizia dell’Unione europea. L’udienza si è tenuta il 20 gennaio a Lussemburgo. Una dozzina di membri del comitato di sostegno di Vincenzo erano presenti per un’audizione durata più di due ore, alla quale hanno partecipato sei magistrati.

«Vincenzo era rappresentato da tre avvocati, due francesi e uno italiano – racconta LaurenceIl governo francese era rappresentato da un video. Quanto al governo italiano, si distingueva per la sua assenza». «Capiamo che non volesse ritrovarsi a difendere una legge indifendibile e liberticida; la legge “devastazione e saccheggio”», aggiunge Jean-Baptiste, anche lui membro del comitato di sostegno.

«La presidente ha fatto tante domande, ogni punto è stato dibattuto», riprende Laurence, ricordando che la questione è fondamentale: Vincenzo rischia ancora più di 12 anni di reclusione in Italia per la sua partecipazione alle manifestazioni anti G8 di Genova nel 2001.

«La legge liberticida mussoliniana sulla quale si fonda il mandato d’arresto europeo contro di lui e questa pena del tutto iniqua e assurda, possono essere convalidate e quindi integrare lo spazio giuridico europeo?» chiede il comitato di sostegno di Vincenzo che ha combattuto instancabilmente per più di due anni al fine di evitare il peggio per il giovane falegname.

«NON CI SONO SOLO AMICI DELLA LIBERTA’ IN EUROPA E LE PERSONE NON SONO MERCI»

«Questa questione è molto più ampia del caso di Vincenzo – interviene Jean-Baptiste. Siamo pronti ad accettare qualsiasi legge nello spazio giuridico europeo? Facciamo un altro esempio: quello dell’aborto. Se la Polonia emette un mandato d’arresto europeo per una persona che avrebbe aiutato una donna ad abortire e rischia, così, di finire in prigione, la Francia sceglierà di eseguirlo?»

 «Lo spazio europeo sarà uno spazio di libera circolazione per gli individui? – si chiede Éric Vuillard, scrittore e sostenitore da sempre di Vincenzo Vecchi in una rubrica edita da “L’Obs”. Oppure vogliamo che il giudice possa continuare a controllare, per non liberare i condannati in nome di leggi inique? Perché in Europa non ci sono solo amici della libertà e le persone non sono merci».

Non si conosce ancora la data della pronuncia del parere della Corte di giustizia europea. Comunque sia, spetterà poi alla Corte di Cassazione francese decidere la sorte di Vincenzo Vecchi.

da basta!

INDIA: libertà per i prigionieri politici – contro il governo fascista indù di Modi

Campagna internazionale di solidarietà

l’articolo di denuncia delle condizioni dei prigionieri politici è stato pubblicato dalla rivista The Wire

Per il governo, il COVID è la scusa perfetta per peggiorare le condizioni dei prigionieri politici

Le violazioni dei diritti umani contro gli attivisti imprigionati sono state facili da coprire in nome della “quarantena” e dell’”isolamento”.

Thwaha Fasal e Allan Shuaib.

Thwaha Fasal e Allan Shuaib.

Allan Shuaib

20/GEN/2022

Essere incarcerati per attività politica è un abominio. Secondo Luis Jiménez de Asúa, un giurista spagnolo: “I prigionieri politici sono persone che sono state incarcerate per aver lavorato per il cambiamento rivoluzionario e per il miglioramento della società”. Innumerevoli persone sono state imprigionate per aver criticato e lavorato contro i governi. Leader come Nelson Mandela, Fidel Castro, Bhagat Singh e M.K. Gandhi erano tutti prigionieri politici. Gli attivisti per i diritti umani arrestati nel caso Elgar Parishad e tutti coloro che sono stati imprigionati durante il movimento anti-Citizenship (Amendment) Act (CAA) erano e sono prigionieri politici. Queste sono persone che hanno lavorato per il miglioramento della società.

Tuttavia, i governi hanno sempre definito i prigionieri politici “terroristi”. Sia il governo coloniale britannico in India che i governi indiani che seguirono, imprigionarono coloro che consideravano inaccettabili. Ad esempio, durante la lotta per la libertà, gli inglesi chiamarono Bhagat Singh un terrorista.

La percezione pubblica da parte di persone che non sono mai state imprigionate è che tutti coloro che sono in prigione meritano di essere lì per sempre, immeritevoli dei diritti umani. Eppure, anche i prigionieri sono umani. Secondo l’Indian Prison Act promulgato dagli inglesi nel 1894, tutti gli stati indiani devono stabilire regole in base alle loro circostanze e amministrare le prigioni in base a queste regole. In Kerala, ad esempio, le carceri sono governate dal Kerala Prisons and Correctional Services (Management) Act, 2014.

Queste regole carcerarie descrivono i diritti di un prigioniero, le cose da fare e da non fare, il cibo, i vestiti e altre cose di prima necessità. E qualsiasi progresso materiale e immateriale nelle regole carcerarie è dovuto agli sforzi dei prigionieri politici, non alla benevolenza dello stato. Durante la lotta per la libertà dell’India, l’Impero britannico ha dovuto infine accettare le richieste di prigionieri come Jatindranath Das, Bhagat Singh e i loro compagni, che hanno fatto uno sciopero della fame di 63 giorni per i diritti dei prigionieri politici. Ex leader comunisti come E.M.S. Namboodiripad e A.K. Gopalan hanno combattuto nelle carceri e in seguito hanno fatto varie riforme carcerarie quando sono saliti al potere.

Oltre alle lotte carcerarie, ci sono state una serie di riforme e interventi a favore dei detenuti a causa del lavoro costante e la pressione dentro e fuori i tribunali. Il 26 aprile 2000, nel caso Stato dell’Andhra Pradesh contro Challa Ramakrishna Reddy e altri, la Corte Suprema ha  chiarito che un prigioniero, sia esso un condannato, sotto processo o detenuto, non cessa di essere un essere umano. L’individuo ha quindi diritto a tutti i diritti fondamentali previsti dalla costituzione.

Il 9 settembre 2021, nel caso Nirmala Kumari Uppunganti contro lo Stato del Maharashtra, la corte, mentre affermava che il leader maoista Nirmala doveva ricevere cure mediche, ha dichiarato:  “Solo perché la persona è un prigioniero non cessa di essere un essere umano”.

Immagine rappresentativa. Foto: Tum Hufner/Unsplash

Immagine rappresentativa. Foto: Tum Hufner/Unsplash

È stato in questo contesto di diritti umani che la Corte Suprema ha volontariamente aperto una procedura per ridurre il sovraffollamento delle carceri durante la pandemia e ha preso provvedimenti per rilasciare i prigionieri su cauzione provvisoria o condizionale e rilasciare i condannati che avevano completato i due terzi della loro pena. Ma le richieste di cauzione dei prigionieri politici sono state respinte.

Prigionieri politici in Kerala

Il Partito Comunista dell’India (marxista) (PCI (M)) e i suoi alleati sostengono che il Kerala è il numero 1 in tutti gli aspetti della vita rispetto agli altri stati dell’India. Ma il primo ministro Pinarayi Vijayan e il suo governo stanno imparando dal primo ministro Narendra Modi a imporre, molestandoli, l’Unlawful Activities (Prevention) Act (UAPA) a dissidenti, oppositori politici e studenti che esprimono un pensiero critico. Il verdetto nel caso maoista pantheerankavu ha chiarito che la posizione anti-UAPA del CPI (M) è ipocrita.

Nel recente passato, ci sono state diverse violazioni dei diritti umani contro i prigionieri politici in Kerala. Uno dei casi riguardava il leader maoista Roopesh. Nell’ottobre 2019, Roopesh e altri 25 accusati secondo l’UAPA hanno protestato contro la violazione dei diritti umani e costituzionali nel carcere di alta sicurezza di Viyyur, accusando le autorità carcerarie di videosorveglianza 24 ore su 24 anche nei bagni con denudazioni e perquisizioni di cavità. Roopesh ha fatto uno sciopero della fame e quando si è presentato alla corte, ha discusso da solo il caso a cui ha partecipato anche il procuratore di stato. Il tribunale della Kochi National Investigation Agency (NIA) si è pronunciato a favore di Roopesh, dando un duro colpo al governo statale e all’autorità carceraria. Il governo guidato dal CPI (M) ha fatto appello contro questo verdetto. Avendo ottenuto il permesso dal tribunale NIA di accedere a Internet nell’ottobre 2020, Roopesh ha utilizzato siti Web legali per discutere il suo caso.  Anche questo di per sé è stato un evento storico.

Rajeevan.

Rajeevan.

C.K. Rajeevan, che è stato rinchiuso nella prigione centrale di Kannur con l’accusa di essere un maoista, ha fatto uno sciopero della fame nel giugno 2021 per ottenere un test del coronavirus e la possibilità di avere del sapone e altre cose utili. Ma l’autorità carceraria si vendicò. Dopo il suo sciopero, Rajeevan è stato trasferito in una prigione di massima sicurezza.

Nell’ottobre 2021, The Wire  ha pubblicato una canzone cantata da Surendra Gadling, un avvocato accusato nel caso Elgar Parishad, a cui era stata concessa la libertà su cauzione per partecipare alla cerimonia di commemorazione di suo padre. Nella canzone, Gadling dice: “Che si tratti di febbre, corona o qualsiasi altra cosa, se vai dal medico in prigione e vuoi andare in ospedale, le autorità carcerarie ti chiederanno di tornare con una ricetta”. Indipendentemente da quanto banale possa essere la questione, le autorità carcerarie complicano le cose.

A Ibrahim, 63 anni, che è stato imprigionato nel carcere di Viyyur con l’accusa di essere un maoista, sono state negate cure mediche e cauzione per sei anni. (Ora, è fuori su cauzione per motivi medici.)

Pinarayi Vijayan e il PCI (M), che hanno versato lacrime ipocrite per padre Stan Swamy, un sacerdote gesuita e attivista per i diritti tribali che è stato imprigionato nel caso Elgar Parishad ed è morto in ospedale dopo che gli è stata negata la cauzione per motivi medici, non hanno risposto a una petizione presentata dalla famiglia di Ibrahim e dagli attivisti per i diritti umani. Lo studente di giornalismo Thwaha Fasal, arrestato sotto l’UAPA, ha avuto un’esperienza simile al caso maoista pantheerankavu. Nonostante un ordine del tribunale, ha dovuto aspettare giorni per il trattamento dentale.

I prigionieri politici devono lottare anche per i diritti fondamentali all’interno delle carceri nello stesso modo in cui lottano per i diritti delle persone all’esterno.

Le carceri nella pandemia

Con l’avvento della pandemia, ci sono state restrizioni su raduni e proteste non solo in India ma in tutto il mondo. Ciò ha gravemente colpito il movimento anti-CAA e anti-National Register of Citizens (NRC) in India. La protesta a Shaheen Bagh è stata bloccata e le persone sono state messe in quarantena con la forza in nome del blocco. Approfittando di questa situazione, la polizia ha arrestato attivisti anti-CAA/NRC e li ha imprigionati. Con la scusa del virus, varie organizzazioni e politici sono stati perseguitati. Molte delle cose che il governo aveva fatto in precedenza in segreto sono state ora fatte apertamente dentro e fuori le carceri. Le persone sono state ulteriormente spinte verso la povertà. Ci sono state perdite di posti di lavoro, fame ed esodi di massa. Afflitte dal virus e senza le cure mediche adeguate, le persone sono cadute morte come mosche. Il governo non ha nemmeno fatto finta di vedere. I diritti fondamentali sono stati presentati come benevolenza. Alla polizia è stato dato tutto il potere e la pandemia è diventata una questione di legge e ordine.

Data la situazione esterna, quale sarebbe la situazione nelle carceri? Proteste e sfide da parte dei detenuti, in particolare dei prigionieri politici, hanno avuto luogo in molte prigioni in India. Oltre a quelli già incarcerati all’epoca, attivisti e studenti che hanno preso parte al movimento anti-CAA sono stati sempre più imprigionati. Conosciamo tutti bene Safoora Zargar, una studentessa attivista che è stata imprigionata mentre era in gravidanza.

Alla maggior parte dei prigionieri politici arrestati senza preavviso non è stato permesso di contattare i loro avvocati o di prendere vestiti e le cose necessarie da portare in prigione. Ai loro parenti non è stato permesso di telefonare. Le autorità carcerarie hanno cercato di rendere la loro vita carceraria un inferno vivente. Non permettendo al prigioniero Gautam Navlakha, accusato dei fatti di Elgar Parishad, di tenere i suoi occhiali e impedendo a padre Stan Swamy, un malato di Parkinson, di bere da una cannuccia, l’India, la più grande democrazia del mondo, ha dovuto chinare la testa per la vergogna.

Quando le condizioni mediche di Varavara Rao sono state critiche e gli è stato negato il trattamento e Stan Swamy è stato “assassinato in custodia” perché gli era stata negata la cauzione medica, il mondo si è reso conto degli orrori e della crudeltà del governo indiano. Tuttavia, in seguito abbiamo assistito al Papa che ha abbracciato Narendra Modi, il capo del governo indiano.

Sulla scia della pandemia, la Corte Suprema aveva emesso linee guida per gli Stati sulla questione dei prigionieri. Un comitato con alti poteri è stato incaricato di ridurre la congestione nelle carceri. Ma i prigionieri politici e altri coinvolti nei casi UAPA-NIA sono stati evitati. Inoltre, a causa della negligenza del governo, molte persone sono morte nelle carceri a causa del virus COVID-19. Secondo la Commonwealth Human Rights Initiative (CHRI), 68.264 prigionieri sono stati rilasciati dalle carceri  dopo l’epidemia. Di questi, 1.831 prigionieri rilasciati erano in Kerala. Dal 1° marzo 2021, 6.606 persone, tra prigionieri e personale delle carceri, sono state infettate dal virus. Ci sono stati 34 decessi di prigionieri legati al COVID in Kerala.

Sebbene la popolazione carceraria fosse ridotta, un gran numero di prigionieri rimase in celle anguste. La possibilità dei prigionieri di avere contatti con il mondo esterno in misura limitata attraverso la visita ai parenti e le udienze in tribunale è stata annullata dalle regole di quarantena; sono stati anche tenuti in prigione per giorni in isolamento a causa delle regole di isolamento. In questo tipo di ambiente, la negligenza criminale degli agenti che entravano e uscivano dalle carceri ogni giorno ma interagivano con i detenuti senza maschere, guanti e altri protocolli COVID, ha portato ad un aumento del numero di focolai di coronavirus nelle carceri. Inoltre, senza adeguate misure di quarantena, i nuovi prigionieri hanno portato l’infezione.

Nel giugno 2020, un totale di 1.200 prigionieri, tra cui il leader studentesco Sharjeel Imam, ha fatto uno sciopero della fame nel carcere di Guwahati in Assam, chiedendo il rilascio dell’attivista per i diritti civili Akhil Gogoi. Nel febbraio 2021, anche Ansar, Shaduli e Shibili, due prigionieri malesi nel carcere di Bhopal, hanno iniziato uno sciopero della fame per i loro diritti. Quando il dottor D. Dinesh, un dentista del Tamil Nadu, è stato portato nel carcere di Viyyur con accuse maoiste, ha chiamato Hari, un attivista per i diritti umani, e ha spiegato cosa stava succedendo, e il trattamento disumano dei prigionieri da parte del governo durante la pandemia è stato smascherato. I prigionieri che dovevano rimanere in piccole celle senza alcun contatto con il mondo esterno, in particolare i prigionieri politici, sono stati sottoposti a cinque o dieci agenti che hanno costantemente fatto irruzione nelle loro celle e toccato oggetti senza seguire i protocolli COVID. Questo sembrava essere un atto vendicativo poiché veniva ripetuto due o tre volte a settimana. In effetti, ai sensi dell’Epidemic Disease Act e del codice penale indiano, contro tali funzionari carcerari avrebbero dovuto essere aperte delle inchieste.

Dott. Dinesh.

Dott. Dinesh. Foto: Facebook

Il grande pubblico deve comprendere le condizioni che i prigionieri devono affrontare. Dobbiamo denunciare tali violazioni dei diritti umani. Quando persone come Rona Wilson, che ha combattuto per i diritti dei prigionieri politici, vengono imprigionate e organizzazioni come il Comitato per il rilascio dei prigionieri politici di cui era parte attiva sono molestate, scegliamo di tacere. Molti di noi scelgono di essere selettivi con le nostre solidarietà. Religione, casta e politica decidono la nostra coscienza. Non dobbiamo diventare così. Perché questo regime Hindutva non è selettivo. Dà la caccia a tutti coloro che si oppongono a loro. E tutti i partiti politici ne sono complici. Che si tratti del Bharatiya Janata Party, del CPI (M), del Congresso, ognuno usa le leggi sul terrorismo contro gli attivisti e perpetua queste condizioni carcerarie angoscianti. Dobbiamo parlare con convinzione e unità. Dobbiamo continuare la nostra lotta per il rilascio dei prigionieri politici e l’abrogazione delle leggi sul terrorismo come l’UAPA.

Allan Shuaib è uno studente di legge e un imputato nel caso Pantheerankavu UAPA