Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

Tre combattenti delle Ypj uccise dai droni turchi. Ancora attachi in Rojava e a Shengal

L’autocrate turco Erdogan sta intensificando gli attacchi contro le esperienze di autogoverno e confederalismo democratico in nord-Iraq e Siria del nord-est. Da lunedì 18 aprile è iniziata una nuova operazione militare, supportata anche dai Peshmerga curdo-iracheni del cacicco locale, Barzani (KRG, conservatore) e da pezzi dell’esercito governativo iracheno (clicca qui per la prima corrispondenza di Radio Onda d’Urto).

Bersaglio di raid aerei e tentativi – finora fallimentari – di incursione via terra sono in particolare le postazioni del Pkk sui monti dell’ settentrionale e il distretto di , il territorio dell’autonomia democratica ezida, ma anche la regione di Hasake in  con colpi di cannone che hanno raggiunto anche il centro di Kobane. Qui le Women’s Defense Units (YPJ) hanno annunciato la morte di tre compagne – Dilar, Ronahî and Kobanê – uccise da un drone turco

Sale nel frattempo pure il bilancio di militari turchi uccisi: secondo il Pkk sono almeno cento, di cui sei alti ufficiali. Secondo Ankara, invece, sarebbero due in tutto.

Da Shengal, dove alla resistenza delle Ybs (le forze di autodifesa ezide) si unisce la mobilitazione della società civile, sentiamo la corrispondenza di Nayera, compagna che si è recata nel nord-Iraq per condurre una ricerca sulla comunità ezida e sul suo autogoverno. Ascolta o scarica

da Radio Onda d’Urto

La questura di Padova vieta il corteo in difesa del diritto di aborto

Non Una di Meno – Padova
14 h ·
NEGATO IL CORTEO DI DOMANI IN DIFESA DEL DIRITTO ALL’ABORTO!
La Questura di Padova ha negato la possibilità di fare un corteo, prescrivendoci di restare staticamente in piazza Garibaldi, nello stesso momento in cui il Comitato No194 ha agibilità davanti al Santo.
Sono però due manifestazioni che non possono stare sullo stesso piano, perché quella del Comitato NO194 è pensata per cancellare diritti conquistati in decenni di lotte femministe, è fatta per infilarsi nelle corsie ospedaliere o nei consultori per terrorizzare, accusare di assassinio, condannare le donne* che abortiscono.
La nostra è invece espressione di chi si attiva tutti i giorni per ampliare i diritti e in difesa delle persone stigmatizzate, discriminate e rimpallate da un ospedale all’altro per colpa delle altissime percentuali di medici obiettori.
É quindi responsabilità di tutt3 scendere per le strade, parlare con la cittadinanza e attraversare le vie del centro, per dire che non si tratta di opposti estremismi in una retorica di “democratica espressione della libertà di manifestazione”, perché non c’è e non ci sarà mai nulla di democratico nei messaggi che il comitato NO194 porta in piazza.
Per dire che vogliamo gli obiettori fuori dagli ospedali, vogliamo un’educazione sessuale transfemminista nelle scuole, vogliamo anticoncezionali gratuiti e accessibili, vogliamo che la Chiesa e i suoi dogmi non abbiano voce in capitolo sulle nostre scelte.
Gli antiabortisti devono stare fuori dalle nostre città e attraverseremo le strade per gridare che vogliamo “molto più della legge 194” e riaffermare il nostro diritto ad autodeterminare i nostri corpi e le nostre scelte!
194 volte libere di scegliere!
Ci vediamo sabato 23 aprile alle ore 14 in piazza Garibaldi
Porta il tuo cartello e una gruccia, da strumento usato per l’aborto clandestino diventa rivendicazione della nostra autodeterminazione!

Bologna: tentarono di impedire il comizio di Salvini, antirazzisti condannati

VENTIMILA LEGHE DI RICATTO. Raccolta fondi in solidarietà agli antirazzisti condannati

Nell’autunno del 2014 la Lega capitanata da Matteo Salvini si trovava in fase di grande ascesa e Bologna era stata designata come luogo simbolo della sua avanzata in tutta Italia.

L’8 novembre dello stesso anno il leader della Lega, assieme a Lucia Borgonzoni e Alan Fabbri, aveva programmato una “visita” al campo sinti di Villa Erbosa. Quella rom sinti e camminati rappresenta una comunità che da secoli subisce violenze e discriminazioni e ancora oggi risulta essere la “minoranza più discriminata d’Europa”. Basti pensare che nel suddetto campo vivevano 21 famiglie già drammaticamente note alla cronaca locale per aver subito l’assalto della banda della Uno Bianca del dicembre 1990 in via Gobetti (due i morti, Patrizia della Santina e Rodolfo Bellinati).

La mattina dell’8 Novembre, Bologna si presenta diametralmente divisa: da un lato la volgare provocazione della Lega alla costante ricerca di sensazionalismi, per rilanciare la propria campagna elettorale in vista delle regionali previste per la fine del mese; dall’altro la comunità sinti, supportata dalla Bologna antifascista e antirazzista che voleva evitare l’ennesima speculazione politica sulla pelle degli ultimi.

Per aggirare il confronto con sindacati, realtà politiche e società civile, e poter fare il proprio comizio in favor di telecamera, Salvini e il suo seguito si avvicinarono al campo da un ingresso secondario.

Un gruppo di manifestanti, per evitare di regalare l’ennesimo palcoscenico di propaganda razzista, si pose davanti alla vettura di Salvini che, anziché indietreggiare, decise di avanzare a tutta velocità finendo per investire alcuni dei ragazzi presenti. I numerosi video della giornata pubblicati in diversi social non lasciano molto spazio all’interpretazione: l’auto, inizialmente ferma, a un certo punto accelera in maniera improvvisa verso i manifestanti!

Sulla base di questi fatti la procura ha deciso di procedere solo nei confronti di coloro che si erano frapposti tra la popolazione sinti e lo squallido gesto di sciacallaggio della Lega e di Salvini che a quell’epoca, va ricordato, strizzava più di un occhio a Casapound e all’estrema destra italiana.

Difficile metterla diversamente: quando la Bologna antirazzista e antifascista decideva di opporsi a Salvini all’inizio della sua parabola politica aveva tutte le ragioni dalla sua parte.

A distanza di 8 anni da quei fatti, gli effetti delle politiche promosse (soprattutto) dalla Lega e dal suo leader sono sotto gli occhi di tutti: le politiche disumane sui confini del Mediterraneo responsabili di oltre 1.315 di morti o dispersi da gennaio ai primi di novembre del 2021 e 28.600 migranti intercettati in mare e riportati indietro dalla Guardia Costiera libica; la discriminatorietà dei decreti sicurezza; la retorica razzista volta gettare benzina sul fuoco della competizione etnica. Senza considerare i 49 milioni di euro di rimborsi elettorali spariti nel nulla…

Oggi, all’inizio del 2022, si consuma la vendetta di Salvini e del suo partito. Un’ occasione che evidentemente la Lega intende sfruttare per “fare cassa”, visto che Matteo Salvini, Lucia Bergonzoni e Alan Fabbri si erano costituiti parte civile chiedendo a risarcimento somme superiori a 200 mila euro, cifra esorbitante per i fatti della giornata!

La Corte d’Appello con sentenza del 28 febbraio 2022 ha ridimensionato la richiesta, ma condannato giovani ragazzi/e, comunque, a pene elevatissime se considerate in relazione alle dinamiche della giornata (tra i 2 mesi e un anno e mezzo di reclusione). Inoltre, alla pena detentiva si aggiunge il ricatto di quella pecuniaria, che vede gli imputati costretti a risarcire la Lega e i suoi esponenti coinvolti di una somma folle pari a 20 mila euro per danni morali!!

Si tratta di una cifra da capogiro se fatta gravare sulle spalle di una manciata di giovani precari, colpevoli semplicemente di essersi messi in gioco in prima persona per difendere l’idea di un mondo equo e senza razzismo.

Di fronte a questo vergognoso attacco facciamo appello a tutte e tutti, realtà organizzate e singole individualità, che in questi anni si sono battute/i, con forme e modi differenti, contro le politiche e le retoriche fascio-leghiste.

I ragazzi condannati sono lavoratori precari senza santi in paradiso e senza patrimoni che possano aiutarli a far fronte ad una simile somma di risarcimento, vigliaccamente pretesa da personaggi che di certo non hanno problemi di portafogli.

Crediamo che, come antifascisti/e, sia doveroso mostrarsi complici e solidali con i ragazzi condannati, e facciamo appello alla solidarietà di tutte e tutti per contribuire alle spese che incombono sui ragazzi.

In tali circostanze la solidarietà non solo rappresenta l’unico strumento per far fronte a questa sentenza, ma costituisce anche messaggio di speranza per chi in futuro si troverà a lottare contro le ingiustizie.

Come poter portare la propria solidarietà?

  • Tramite CROWFUNDING (https://gofund.me/e1d14a1c): ogni euro raccolto in tutte le città d’Italia sarà utile per la causa;
  • Partecipando alle iniziative di autofinanziamento che vi segnaleremo nei prossimi giorni;
  • Diffondendo più possibile questo appello!

Con la certezza che sarete in molti a stringervi attorno ai condannati e sventare il sopruso che si cela dietro questa amara sentenza mandiamo a tutti un caloroso saluto e ribadiamo con ancora più convinzione la nostra opposizione a ogni genere di razzismo e fascismo.

I condannati e i solidali per i fatti dell’8 Novembre 2014  

Italpizza Modena: giù le mani dal diritto di sciopero!

Da Proletari comunisti

Stato e padroni vogliono una condanna pesante di 500 mila euro per i picchetti

Continua l’attacco repressivo alle lotte dei lavoratori e dei sindacati di base che li organizzano. La magistratura è il braccio armato del padrone che a Modena vuole condanne pesanti per 67 operai e sindacalisti del Si Cobas (più altri 53 per gli scioperi e i picchetti svolti dal dicembre 2018 al luglio 2019).

Vogliono solo sindacati concilianti col padrone, come sono i confederali, con lotte senza picchetti e collaborativi. La lotta fuori e contro padroni e confederali fa paura. Il governo di turno gli aveva già mandato polizia e scaricato sui lavoratori e sindacalisti manganelli, lacrimogeni e denunce. E’ la guerra di padroni/governo/sindacati complici contro gli operai. Questa rappresaglia non deve passare! Massima solidarietà al Si Cobas e ai lavoratori/lavoratrici.

I lavoratori/lavoratrici sono accusati di manifestazione non autorizzata, resistenza, lesioni, invasioni di edificio, minacce, violenza privata. L’udienza è stata fissata per il prossimo 3 ottobre

il comunicato del Si Cobas Modena
SI APRE IL MAXI-PROCESSO ITALPIZZA: A MODENA FARE SINDACATO È REATO
Si è aperto stamattina (ieri, ndr) il maxi-processo Italpizza, colosso modenese di pizze surgelate, in costante crescita di fatturato da anni, grazie al regime di sfruttamento imposto ai lavoratori e alle buone amicizie politiche.
Ma alla sbarra non sono convocati i dirigenti d’azienda che applicano contratti illeciti, che giocano con matrioske di appalti, che percepiscono indebitamente milioni di euro di cassa integrazione pur non essendo affatto in crisi. No, per la procura di Modena gli accusati sono i lavoratori e le lavoratrici che hanno osato rivendicare i diritti minimi previsti dai contratti e dalle leggi. Gli imputati in questa prima tranche sono infatti 67 lavoratori e sindacalisti (altri 53 nella seconda tranche) per gli scioperi e i picchetti svolti dal dicembre 2018 al luglio 2019, tutti accusati dei reati del famigerato “codice Rocco”, cioè il codice di polizia creato dal fascismo per sopprimere opposizione e sindacati.
Nel mondo al rovescio della procura modenese è Italpizza ad essere parte lesa, ed è quindi autorizzata a chiedere almeno 500.000 euro di danni direttamente al sindacato S.I. Cobas, mentre per gli operai restano salari da fame, ricatti sui permessi di soggiorno e anni di udienze.
Rivendichiamo integralmente tutte le azioni sindacali per il diritto ad un lavoro dignitoso, per il diritto alla libertà sindacale, di opinione e di espressione, per la piena applicazione della Costituzione repubblicana. Processi e denunce non ci fermeranno.
Modena, 21 aprile 2022

Carcere: A processo gli agenti di Torino accusati di tortura

Da osservatorio repressione

Sono stati rinviati a processo i 22 agenti della polizia penitenziaria accusati di torture su 12 detenuti nel carcere Le Vallette di Torino.

La prima udienza si terrà il 4 luglio 2023. A segnalare per prima alla magistratura le presunte violenze che si sarebbero consumate tra l’aprile 2017 e l’ottobre 2019 nel settore C del carcere, era stata la garante comunale dei detenuti Monica Gallo.

Tra gli indagati, oltre a due sindacalisti della penitenziaria accusati di rivelazione di segreto e favoreggiamento, anche l’ex direttore della casa circondariale Domenico Minervini, rimosso dall’incarico dopo l’apertura dell’inchiesta, e l’ex comandante Giovanni Battista Alberotanza, entrambi accusati di favoreggiamento e omessa denuncia. Ed entrambi, insieme ad un altro agente imputato, hanno scelto il rito abbreviato.

Roma: Arrestati tre attivisti Extinction Rebellion

Da osservatorio repressione

Tre attivisti della campagna Ultima Generazione sono state arrestati dopo aver sanzionato una sede Eni. Lo stato difende gli interesse di chi distrugge e specula e attacca chi lotta per il futuro. Solidali e complici, la lotta non si arresta.

Tre attivisti di Ultima Generazione , Laura, Michele e Chloé sono stati arrestati ieri mattina, subito dopo l’azione non violenta alla sede ENI Energy store a Roma, in via Degli Ammiragli.

Un’azione che è partita – come sempre – avvertendo chiunque fosse all’interno del locale di non avvicinarsi alle vetrate per evitare di farsi male, e invitando a uscire per una maggiore sicurezza. Si sono sedut poi sul marciapiede, gridando quello che cittadini e cittadine di tutto il mondo stanno gridando da anni: abbiamo paura, e aziende come ENI – con programmi che vanno a sostenere trivellazioni e sfruttamento di combustibili fossili, vestendosi di una finta attenzione per la crisi climatica – sono ciò che sta più di ogni altro contribuendo a una situazione di catastrofe che non potrà fare altro che peggiorare se non si agisce immediatamente.

Questa mattina il processo per direttissima. In piazzale Clodio, davanti al tribunale in cui avverrà il processo, è in corso un presidio.

Il collegamento di Radio Onda d’Urto con Beatrice attivista di Ultima Generazione Roma  Ascolta o scarica

La testimonianza a Radio Onda Rossa Ascolta o Scarica

AGGIORNAMENTO DEL POMERIGGIO DEL 20 APRILE 2022: I 3 attivisti sono stati rilasciati, ma andranno a processo il prossimo 15 settembre. Commenta la notizia a Radio Onda d’Urto Beatrice. Ascolta o scarica

Ancora sotto processo la #solidarietà. Stavolta tocca a #Baobab e #AndreaCosta

Da nonseneparla.it

Di Tiziana Barillà

Andrea Costa è un amico, un compagno, un fratello. È una brava persona, un uomo solidale. L’ho incontrato per la prima volta a Roma tanti anni fa, tra quelli che la legge delle frontiere tratta e considera “rifiuti umani”. Da allora, Andrea, l’ho sempre incontrato laddove la libertà di movimento e la solidarietà vengono sacrificate sull’altare dei confini e del business della detenzione e dei respingimenti. A Riace, nella Val Roja, a Ventimiglia. Ovunque ci sia sete di solidarietà, lui prende la macchina e arriva di corsa.

Ora Andrea è in attesa della sentenza (prevista il 3 maggio) di un processo che lo vede accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E c’è da preoccuparsi, perché l’aria che tira – garantiscono a Roma – è quella di una condanna.

Lui e gli altri componenti di Baobab sono stati intercettati e indagati per mesi, nel tentativo di accusarli di associazione per delinquere (e arrivando ad attribuire il caso alla Direzione Distrettuale Antimafia)

Ma non hanno trovato niente e adesso l’accusa è di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Chi combatte il traffico di essere umani viene accusato di favorirlo. E questo mentre si finanziano i veri trafficanti, come in Libia, come in ogni luogo in cui l’Ue esternalizza repressione, respingimenti e lager.

La guerra dell’Unione Europea ai migranti è guerra anche ai solidali, considerati traditori perché non allineati alla loro legge ingiusta e disumana.

Gridiamolo dai tetti che solidarietà non è reato.

Ecco la ricostruzione di Baobab experience

Corre l’anno 2016.

Il 30 settembre, 5 giorni prima di quella intercettazione, il campo informale dove i volontari e le volontarie di Baobab portavano assistenza viene smantellato dalla Prefettura e circa 300 migranti, rifugiati e richiedenti asilo, restano privi anche dei giacigli di fortuna e degli aiuti umanitari portati dai solidali a Via Cupa.

L’accanimento di quei giorni è forte. Chi porta sostegno è allontanato e la parola d’ordine è “disperdersi” e disperdere la Comunità. 

Impossibile anche montare un telo di plastica per mettere al riparo una donna incinta: la polizia interviene con 3 camionette e 5 automobili per togliere la precaria protezione dalla pioggia di quei giorni.

Corre l’anno 2016: è il periodo in cui le ong che salvano i migranti nel Mediterraneo vengono definite “amici dei trafficanti” e “taxi del mare” e delle dichiarazioni del Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, in merito a indagini in corso sulle organizzazioni di ricerca e soccorso in mare, poi rivelatesi inconsistenti nel quasi silenzio della stampa. 

Corre l’anno 2016 e in Sudan imperversa il momento più atroce di un conflitto interno perdurante e lacerante, caratterizzato da ripetute e seriali violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani: le forze governative, guidate dal dittatore Al-Bashir, si macchiano di gravi attacchi contro i civili, incluse esecuzioni di massa, stupri, ricorso ad armi chimiche e devastazioni delle proprietà private. 

Nel 2016, il Sudan è il quinto Paese di origine per numero di rifugiati al mondo, di cui oltre il 90% si vede riconoscere la protezione internazionale.

Corre l’anno 2016 e il Ciad è uno Stato autoritario dove alla recrudescenza dell’estremismo violento ad opera del gruppo terroristico nigeriano Boko Haram si aggiunge la “risposta” delle forze di sicurezza: sequestri di persona giustificati sulla base di ragioni politiche, arresti e detenzione arbitrari in condizioni di privazione spesso inumana, grave restrizione delle libertà di parola, riunione ed espressione.

8 ragazzi sudanesi e un ragazzo ciadiano, in fuga dalle violenze dei rispettivi paesi, sgomberati, umiliati e abbandonati a Roma da un’amministrazione ostile, dopo aver saputo che il campo della Croce Rossa della Capitale è in condizioni di sovraffollamento, cercano tutela altrove. 

In quella circostanza, come in altre migliaia di circostanze simili, i volontari e le volontarie di Baobab Experience hanno offerto il loro supporto per identificare il biglietto del treno o del bus più economico, per contribuire all’acquisto dei titoli di viaggio per coloro che non possiedono le risorse economiche per sostenere il costo di un biglietto, per preparare kit con l’essenziale per affrontare lo spostamento, contenente un pranzo al sacco e prodotti per l’igiene.

Per questa condotta, Andrea Costa è equiparato dall’accusa ai tanti trafficanti che agiscono impunemente nelle Stazioni italiane e che quel biglietto se lo fanno pagare caro, anche con la vita, che vendono documentazione falsa al prezzo di una illusione e speculano sulla fragilità di persone abbandonate a loro stesse.

Se la vocazione e l’agire umanitari del Presidente di Baobab Experience, Andrea Costa, rappresentano un reato, ognuno di noi è un criminale.

Se Andrea è colpevole, lo siamo tutte e tutti.

Se Andrea è colpevole significa che l’assistenza alle persone migranti che per sette anni, donne e uomini, avvocati e studenti, medici e insegnanti, pensionati e ricercatori di Baobab Experience hanno offerto senza alcun tornaconto economico è visto alla stregua dell’agire di chi sulla pelle dei migranti si arricchisce indebitamente.

In anni di accanimento contro le ong, nessun trafficante di esseri umani è stato assicurato alla giustizia. Piuttosto si è scoperto che i capi dell’operazione militare europea fossero a conoscenza che la Guardia costiera libica, addestrata e istruita con il loro contributo, fosse coinvolta nella tratta dei migranti: situazione spregevole, di dominio pubblico ormai.

Mentre l’Italia e l’Unione Europea sono accusate di respingimenti per procura alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nel Bel Paese ci si continua ad accanire contro i nemici sbagliati.

La direttiva 2002/90/CE del Consiglio – nota come “Facilitation Directive”, fornisce una definizione comune del concetto di favoreggiamento dell’immigrazione illegale e stabilisce che gli Stati membri possono introdurre una clausola umanitaria, che mette gli operatori e i volontari che prestano assistenza umanitaria al riparo dal rischio di finire sotto processo.

Ovviamente l’Italia si è ben guardata dal farlo.

Ancora oggi, nel nostro ordinamento, non è stata introdotta alcuna differenza tra trafficanti di esseri umani e solidali: viene il dubbio che il fine non sia quello di combattere la criminalità organizzata, l’abuso, il raggiro e la tratta di esseri umani. E’ invece sempre più evidente che il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, così come disciplinato in Italia, voglia demonizzare – gettando fango sulle associazioni di volontariato e mortificando e scoraggiando l’aiuto umanitario – la migrazione stessa e precludere la possibilità di uomini, donne e bambini di mettersi in salvo da conflitti, violenze e fame.