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Catania, “foglio di via” per un militante antirazzista – SRP aderisce all’appello
“FRONTEX UCCIDE” e “BASTA MORTI””.
Il giorno 24 agosto, la questura di Catania ha dato un foglio di via di un anno dalla città etnea a un compagno che fa parte di diverse realtà politiche e associative impegnate, in città e in Sicilia, nella lotta antirazzista e per la libertà di movimento delle persone migranti.
Il foglio di via è stato comminato a seguito della notifica di avvio di indagini a suo carico per un reato di deturpamento e imbrattamento. Secondo il verbale, la notte del 19 agosto sulla “facciata principale della sede dell’Agenzia Frontex, sita in questa via Transito nr. 74” a Catania, “veniva lanciata della vernice contenuta in alcune latte e, mediante l’uso di bombolette spray, venivano scritte le seguenti frasi: “FRONTEX UCCIDE” e “BASTA MORTI””.
Conosciamo il ruolo mortifero che l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera Frontex ha nel Mar Mediterraneo e agli altri confini della Fortezza Europa. Se servisse, l’inchiesta del quotidiano Le Monde che ha portato alle dimissioni in aprile scorso dello stesso direttore di Frontex, mostra bene la mancanza di trasparenza e le continue violazioni di diritti umani, come i respingimenti illegali in mare, che contraddistinguono l’operato di quest’agenzia. Non troviamo quindi nulla di strano se la seconda sede che questa ha in Europa, ovvero a Catania, si è ritrovata con delle scritte che indicano alla città che Frontex è complice delle stragi razziste che avvengono in mare.
Sottolineando che il compagno in oggetto di tale provvedimento è meramente un indagato, ci preme riflettere sul senso di questo foglio di via. E’ stato infatti apparentemente dato perché il compagno risulta residente in un’altra regione, ovvero rendendo irrilevante che da quasi due anni la sua vita lavorativa, sociale e affettiva è radicata in questa città siciliana.
Eppure, la misura sembrava già preparata a prescindere dalle risposte date dal compagno in questura rispetto ai propri legami con la città, dato che l’ora del protocollo del foglio di via è ben precedente a quella in cui è stato convocato dalla digos.
Questo atto segnala l’ennesima stretta repressiva in corso. E’ gravissimo che anche a Catania, come in molte altri parti di Italia a carico di attivist* impegnat* su diversi fronti di lotta, le forze di polizia continuino sempre più a scegliere il foglio di via come metodo di censura. Che si leda il diritto alla vita sociale, politica, affettiva e lavorativa con una misura repressiva che pone chi ne viene colpit* in un inaccettabile tempo d’attesa ed esilio. Una misura che richiede ingenti spese legali per poter essere revocata ma che può essere data sulla base di pregiudizi, in modo rapido e ampiamente discrezionale.
Infine, mostriamo l’amaro parallelismo che si viene a creare: nel foglio di via viene infatti ordinato il “rimpatrio” a proprie spese verso il luogo di residenza, così come spesso succede a chi viene colpito da un provvedimento di respingimento alla frontiera. Sappiamo che la solidarietà collettiva coprirà i costi legati a questo spostamento coatto comminato all’attivista noborder e alla sua difesa legale. Chi è invece migrante, e magari anche razzializzat*, non ha quasi mai il privilegio di ricevere questo tipo di supporto.
E’ per questo che non smetteremo di dire che dei fogli di carta non possono decidere dove le persone devono fermarsi o non possono andare. Se pensano di farci paura o di isolarci si sbagliano, la lotta contro ogni tipo di frontiera e per la libertà di movimento e autodeterminazione delle persone continua.
Antirazzist* catanesi
lo slai cobas per il sindacato di classe aderisce all’appello
Le prime firme che aderiscono all’appello:
-Arci Melquiades APS
-Sorcio Rosso
-Rete Antirazzista Catanese
-Comitato di Solidarietà Popolare “Graziella Giuffrida”
-C.s.a. Officina Rebelde
-Comitato Territoriale ARCI Catania
-Cobas Catania
-Libera Assemblea Degenere Pratiche LGBTQIA+ Catania
-Gruppo Anarchico Galatea FAI Catania
-Associazione Penelope coordinamento solidarietà sociale onlus
-Comitato NoMUOS / NoSigonella
-Potere al Popolo Catania
-Arci Sicilia
-Arci Amari Caltagirone
-Arci Porco Rosso Palermo
-Rete dell’agricoltura contadina e del lavoro in autogestione FM Sicilia
-Casa del mutuo soccorso FM Sicilia
-Contadinazioni
-Associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato Cinisi
-FuoriMercato autogestione in movimento
-Progetto 20k Ventimiglia
-LasciateCIEntrare
-Rete Mai Più Lager – NO ai Cpr – Milano
-Linea d’ombra Trieste
-No Name Kitchen Supporting people on the move
-Laboratoria TQF Udine
-Collettivo Metamorfosi Torino
-CarovaneMigranti
-Melting Pot
-Federazione Del Sociale USB Catania
Per aderire all’appello o se interessatx a organizzare iniziative benefit o supportare direttamente i costi delle spese legali, scrivete a: catanianofrontex@gmail.com
Libertà per Ghassen Ben Khalifa, giornalista e militante sociale e politico tunisino
Mercoledì 7 settembre mattina 12 agenti di polizia in borghese hanno fatto irruzione nella casa del giornalista e militante politico e sociale Ghassen Ben Khalifa a Hammam Chott, Tunisi, senza mandato e tramite effrazione dell’ingresso. Dopo una perquisizione dell’abitazione sono stati seguestrati pc e tablet, anche la casa della madre è stata perquisita.
Ghassen è stato immediatamente arrestato e nella stessa giornata è stato prima trasferito in una caserma della polizia anti-crimine, in cui ha preteso la presenza del suo avvocato, a seguito di tale determinazione è stato quindi portato nella sede del Tribunale che, in assenza di una chiara accusa a suo carico lo ha rimandato al polo giudiziario anti-terrorismo che ne ha convalidato l’arresto per 5 giorni rinnovabili, decidendo anche un’interdizione d’incontro con il suo avvocato per 48 ore, è stato infine trasferito nella caserma dell’anti terrorismo dov’è tuttora detenuto.
Ghassen Ben Khalifa è un militante politico e sociale sempre al fianco degli oppressi, sin da giovane è stato un oppositore del regime di Ben Ali, dopo la Rivolta popolare del 2010 ha messo la sua professione di giornalista d’inchiesta al servizio delle lotte sociali in Tunisia: dal movimento dei disoccupati, a quello dei contadini dell’Oasi di Jemna sino al movimento dei giovani di Kamour nell’estremo sud a Tataouine.
Ha sempre denunciato in maniera lucida e intelligente il decennio di “transizione democratica” (2011-2021) come una nuova forma di regime oppressivo che lungi dal soddisfare le richieste e le esigenze del popolo tunisino, ha perpetrato lo sfruttamento delle classi sociali oppresse, senza quindi cadere nella trappola e nell’illusione di una fantomatica “democrazia progressiva” in costruzione.
Il sito d’informazione indipendente in lingua araba da lui fondato Inhiyez1, pubblica articoli d’inchiesta economica e di approfondimenti politici e sociali che mettono a nudo la vera natura del regime.
Tale denuncia non si è arrestata in seguito ai fatti del 25/07/2021 e l’assunzione di pieni poteri del presidente della repubblica Kais Saied, mettendo a nudo ancora una volta gli elementi di continuità col passato e le misure antipopolari del regime in merito alla dipendenza alimentare, economica e finanziaria del paese dai centri dell’imperialismo tramite il cappio del debito promosso in particolare dal FMI e dalla BM sostenuti dalla classe dominante tunisina rappresentata attualmente dal governo Saied/Bouden.
Ghassen è un giornalista del popolo e tra il popolo si reca regolarmente per ascoltarne le istanze e documentarle, come successo nell’ultimo anno durante il movimento dei contadini nel Nord Ovest in lotta contro l’espropriazione e privatizzazione della terra e lo scorso luglio a sostegno dei lavoratori della catena di fast food Pomme de Pain a cui da mesi non viene corrisposto il salario.
Ghassen è un sincero anti imperialista e internazionalista: è un noto attivista della causa palestinese e per la liberazione dei prigionieri politici come Georges Ibrahim Abdallah, allo stesso modo sostiene anche la causa della lotta di liberazione nazionale del Sahara Occidentale spesso “dimenticata” anche dagli attivisti pro-Palestina. Inhiyez e tra le poche voci che in Tunisia sostiene le cause e le rivoluzioni di popoli lontani e al di fuori del mondo arabo e solo per citare l’esempio più recente, il sostegno ai martiri della rivoluzione in India e ai suoi prigionieri politici repressi dall’attuale governo Modi.
Alla notizia del suo arresto vi è stata una mobilitazione immediata davanti la caserma di El Gorjani dov’era stato inizialmente tradotto, il Sindacato Nazionale dei Giornalisti Tunisini, oltre a chiederne l’immediata liberazione, mercoledì 7 settembre ha indetto un’assemblea pubblica che ha prodotto come risultato la nascita del Comitato Nazionale per la Liberazione di Ghassen Ben Khalifa, questi ha rilasciato un comunicato (da noi tradotto e riportato sotto) e successivamente ha indetto una manifestazione di protesta per venerdì 9 settembre nel centro di Tunisi.
Intanto più passano le ore e più si moltiplicano i comunicati di solidarietà dal Marocco al Canada, dalla Francia, al Libano, dagli USA all’Italia; una mobilitazione è stata indetta a Montreal per sabato 10 settembre.
Come Soccorso Rosso Proletario Italia denunciamo l’arresto del compagno Ghassen Ben Khalifa e l’assurda montatura repressiva che vorrebbe far passare l’opposizione politica e sociale nell’interesse delle classi oppresse come terrorismo.
Libertà immediata per Ghassen Ben Khalifa!
L’impegno politico e sociale non è terrorismo!
Terrorista è chi opprime affama e uccide i figli delle classi sociali popolari!
Soccorso Rosso Proletario – Italia
Dichiarazione del Comitato nazionale per la liberazione di Ghassan Ben Khalifa
Tunisi 07 settembre 2022
Martedì 6 settembre l’opinione pubblica civile e politica è stata sorpresa dall’arresto del giornalista e attivista di sinistra Ghassan bin Khalifa e dal suo fascicolo sul polo giudiziario per la lotta al terrorismo.
Quando un gruppo di oltre 12 agenti di polizia in uniforme civile ha fatto irruzione a casa sua e di sua madre, ha effettuato un’operazione di perquisizione e sequestrato le sue forniture giornalistiche da due computer e telefoni cellulari.
Tutto è stato fatto, senza autorizzazione giudiziaria e senza dare alcuna spiegazione ai familiari del compagno, che lo hanno mandato direttamente nell’area anticrimine.
Queste pratiche arbitrarie di polizia sono continuate privando Ghassan del suo diritto di comunicare con gli avvocati. Sul posto sono giunte le camionette. È stato trasferito senza perquisizione alla procura della corte di Bab Banat a Tunisi, che lo ha trasferito direttamente al polo giudiziario per la lotta al terrorismo, che ha autorizzato su di lui la perquisizione nella caserma di Al-Awina. Dopo una lunga attesa, è stato appreso nelle ore tarde della notte, e la squadra di difesa ha informato della decisione di tenere il nostro amico sotto arresto per un’inchiesta non ha alcun collegamento: il suo sospetto di essere collegato a una pagina Facebook progressista che chiede il rovesciamento di Qais Saeed attraverso la violenza e le lotte interne.
L’agente della repubblica ha permesso di arrestare l’attivista e giornalista Ghassan bin Khalifa per 5 giorni rinnovabili, negandogli il diritto di comunicare con la squadra di difesa per 48 ore, nonostante il suo fascicolo vacante.
In risposta a questa montatura verso il nostro compagno Ghassan ben Khalifa, che si è sempre interessato riguardo ai problemi dei poveri e degli emarginati, per di più anche alla causa palestinese, unisciti, poiché la causa è giusta, noi siamo la comunità.
Oggi mercoledì 7 settembre presso la sede del Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini dichiariamo:
1. Chiediamo l’immediato rilascio di Ghassan Bin Khalifa senza alcuna condizione.
2. Respingiamo l’adozione della politica “Keyalen”, in cui il regime prende di mira i combattenti. Venite gli onesti. VIENI A REALIZZARLE respingiamo le false accuse, e non perdoniamo tutti coloro che commettono crimini contro il popolo e la patria, e oltre a loro i criminali di terrorismo e distruzione.
3. Riteniamo responsabili di tutte le violazioni contro Ghassan bin Khalifa, il Ministro dell’Interno, il Ministro della Giustizia e il Presidente della Repubblica, che si sono intensificate durante il suo governp a colpi di repressione, incriminazioni e accuse contro gli attivisti del movimento sociale, i figli e le figlie del Popolo.
4. Rinnoviamo il nostro fermo rifiuto di utilizzare l’accusa di terrorismo per reprimere i militanti.
5. Annunciamo la nostra piena disponibilità attraverso tutte le forme di lotta pacifica per la liberazione del compagno Ghassan ben Khalifa e per affrontare tutte le forme di oppressione e tirannia, indipendentemente dalla loro origine o dai vari titoli.
Annunciamo inoltre la formazione di un comitato nazionale di sostegno per la liberazione del giornalista e attivista Ghassan bin Khalifa.
Esortiamo tutte le forze attive e i vari gruppi legali e civili, uomini e donne attivisti a partecipare al movimento di protesta venerdì 9 settembre 2022 alle 17:00 da davanti alla sede dell’Union Nationale du Journal Tunisien in manifestazione verso l’Avenue Bourguiba, in solidarietà con il giornalista e attivista Ghassan bin Khalifa.
1https://www.inhiyez.com/
dai compagni turchi
Freedom For All Political Prisoners, No To UCAV Attacks Against Guerrillas And The Use Of Chemical Weapons!
Prisons are one of the tools of violence and intimidation of the ruling classes against the broad masses of workers, labourers and poor people whom they exploit and oppress. Prisons are a means of intimidation not only against the prisoners inside, but also and essentially against the masses of the working people outside. The history of prisons, as old as the history of the class struggle, is full of the oppression, torture and massacres of the ruling classes as well as the resistance of political prisoners.
The prisons of our country have always been a test for the revolutionary and communist vanguards of our people of various nationalities, Kurdish and Turkish, just like all over the world. Revolutionaries and communists have successfully passed this test by a series of resistance methods, from barricade resistances to death fasts. In these resistances, they have fed on the practices of their class and struggle comrades all over the world, and at the same time they have added important values to the world prison resistance.
However, until the victory of the communist struggle, prisons will continue to exist as places of torture and murder for revolutionaries, communists and large masses of the people. As a matter of fact, as the imperialist-capitalist system deepens its economic and political crisis, as the anger of the people grows as a wave from the bottom, they accelerate their torture and massacre policies in prisons. Today we are going through such a process.
On the other hand, the fascist states, the puppets of imperialism, are intensifying their attacks against the guerrillas who are fighting for national and social liberation, especially those waging People’s War. All these are efforts to destroy the struggle that the anger of the people will grow. As a matter of fact, not only the guerrilla but also the civilian population is greatly harmed and massacred in their attacks with armed UCAVs and drones. The most concrete examples of this are being experienced in Rojava. Only in August this year, 40 children were killed in Rojava by the Turkish state’s drone attacks. In addition, especially in Iraqi Kurdistan (Bashur), it has been determined that the Turkish state is using chemical weapons in its attacks on guerrilla areas. The guerrillas, on the other hand, are organising a great resistance in the tunnels they have built against these attacks with UCAVs and drones and the use of chemical weapons. As a result of this resistance, the Turkish state suffered significant losses.
In such a process, our party, TKP-ML, embraces the call of ICSPWI (International Committee to Support the People’s War in India) demanding the release of political prisoners and the cessation of drone attacks on the people and revolutionaries in the revolutionary movement areas in India.
On this occasion, as TKP-ML, we give voice to the call of the Communist Party of India (Maoist) for the worldwide Week of Action between 13-19 September; We say “Freedom for all political prisoners” and “No to UCAV attacks against guerrillas and the use of chemical weapons”. We call on all international forces to take to the streets, especially in front of the Indian and Turkish consulates, between 13-19 September with these demands.
TKP-ML Internationale Bureau
04.09.2022
Il Partito Comunista delle Filippine chiede il rilascio immediato della prigioniera politica Adora Faye de Vera
Marco L. Valbuena | Responsabile dell’informazione | Partito Comunista Delle Filippine
27 agosto 2022
Ci uniamo al clamore di gruppi di donne, artisti, poeti, difensori dei diritti e altre organizzazioni democratiche per l’immediato rilascio di Adora Faye de Vera. Adora Faye è stata arrestata dalla polizia mercoledì pomeriggio nel suo luogo di residenza a Quezon City, e successivamente portata nella città di Calinog, Iloilo, dove è stata condannata a false accuse penali. Si unisce ad almeno altri 800 prigionieri politici nelle Filippine che continuano a subire l’ingiusta carcerazione.
Adora Faye è un’artista, una poetessa e una devota e tenace serva del popolo. È una patriota, una combattente per i diritti delle donne e rivoluzionaria. In giovane età, si unì alla lotta contro il regime di legge marziale di Marcos e combatté in tutti i campi di battaglia contro la dittatura fascista.
Lei e le sue due compagne furono rapite nel 1976 dalle forze militari nella provincia di Quezon e tenute in un “rifugio” militare a Bicol. Sono stati sottoposti a forme estreme di tortura, compreso l’essere costretti a compiere atti sessuali. I suoi due compagni, Flora Coronacion e Rolando Federis, furono poi scomparsi dai militari.
Adora Faye è stata ripetutamente violentata dai suoi rapitori e in seguito costretta ad abortire. È stata resa schiava sessualmente per più di un anno. Sarebbe riuscita a liberarsi dai suoi aguzzini un anno dopo.
Successivamente si unì alla rivoluzione armata nella regione di Bicol dove servì le masse contadine, si unì alla loro lotta per la riforma agraria e continuò a combattere l’odiata dittatura. Nel 1983, in un attacco delle truppe fasciste di Marcos, le hanno sparato a una gamba, provocandole gravi ferite.
Adora Faye è stata rilasciata insieme a centinaia di altri prigionieri politici nel 1986 dopo la caduta della dittatura USA-Marcos. È stata tra coloro che hanno guidato la causa di classe contro Marcos per gravi violazioni dei diritti umani che hanno vinto. La loro vittoria è una giurisprudenza storica e un riferimento storico consolidato per la moltitudine di crimini contro l’umanità perpetrati dalle forze armate e di polizia sotto la dittatura USA-Marcos.
Di fronte a condizioni sociali e politiche immutate, Adora ha continuato a dedicarsi alla causa di liberazione delle donne e al movimento nazionale democratico popolare. Negli ultimi anni, nonostante le ferite riportate e l’indebolimento dello stato fisico, ha sfidato tutte le difficoltà di viaggio e di trekking su lunghe distanze solo per stare con i lavoratori, i contadini e altri settori oppressi della società.
Per tutta la sua vita e ora a 66 anni, Adora Faye non ha mai vacillato nella sua dedizione al servizio del popolo. Continua a dare tutta la sua forza e talento per la causa del popolo. Continua a scrivere poesie e canzoni e trasmette la sua vasta conoscenza per illuminare e aumentare la coscienza dei giovani e della nuova generazione di rivoluzionari.
Adora Faye continua ad essere ferma nella lotta contro l’imperialismo, il feudalesimo, il capitalismo burocratico. Su ordine di Marcos, i cani da corsa fascisti inseguirono Adora Faye per farla tornare in prigione. Viene punita dai reazionari per aver rifiutato di rinunciare alla sua dedizione al servizio del popolo. Questa è una punizione ingiusta e crudele. Nonostante tutto il suo servizio alla causa delle masse oppresse e sfruttate, Adora Faye de Vera merita di essere libera!
Fonte: https://www.redspark.nu/en/peoples-war/cpp-demand-immediate-release-of-political-prisoner-adora-faye-de-vera/
Torino, le detenute delle Vallette “Ci ignorate. Sciopero della fame fino alle elezioni”
“Ognuna di noi, dal 24 agosto fino al 25 settembre, farà alcuni giorni di sciopero della fame. A staffetta ognuna di noi vuole esprimere solidarietà per tutti quelli che sono morti suicidi, soli dentro una cella bollente”.
E’ l’esordio della lettera che alcune detenute del carcere le Vallette di Torino, in sciopero della fame da alcuni giorni, hanno indirizzato ai politici in segno di “sdegno e dissenso per il menefreghismo di una certa politica, e delle istituzioni”.
Mentre voi non ci nominate – si legge nella missiva – noi vi accompagniamo fino al giorno delle elezioni, poi dopo si aprirà l’ennesimo capitolo… ci negate una riforma da anni… ciò nonostante noi non ci zittiamo! Chiediamo il supporto e la solidarietà di tutti coloro che si occupano di diritti per far arrivare le nostre voci ovunque serva. Le voci nostre e dei compagni che non ce l’hanno fatta!”
E concludono: “Un abbraccio prigioniero, le ragazze di Torino”.
Sciopero della fame delle detenute delle Vallette per la riduzione della popolazione carceraria
L’associazione Marco Pannella di Torino aderisce allo sciopero della fame di Rita Bernardini Presidente di Nessuno tocchi Caino, giunta oggi al sesto giorno dell’iniziativa nonviolenta, sulla grave situazione in cui versano le carceri italiane nelle quali si è registrato il numero record di 53 suicidi di detenuti da inizio anno a oggi (presso il carcere delle Vallette il 15 agosto si è tolto la vita un detenuto di 25 anni).
L’associazione Marco Pannella aderisce nella forma dello sciopero della fame a staffetta che coinvolge sedici attivisti e militanti Radicali. Questa adesione segue l’esempio delle ragazze del femminile del carcere delle Vallette di Torino comunicata a Rita Bernardini durante la visita di Nessuno tocchi Caino del 19 agosto scorso.
Lo sciopero della fame è a sostegno delle volontà manifestate dalla Ministra della Giustizia Marta Cartabia e del Capo del Dap Carlo Renoldi affinché si proceda per l’immediato a ridurre la popolazione detenuta in forte sovraffollamento, con misure come la liberazione anticipata speciale. Per quel che riguarda la vita in carcere, l’iniziativa nonviolenta è a sostegno della volontà di far aumentare i contatti dei detenuti con i familiari attraverso un maggior numero di telefonate e di video chiamate e con la concessione dei trasferimenti richiesti dai detenuti per avvicinamento alla famiglia e per motivi di studio e di lavoro.
Altri obiettivi più a lungo termine sono rivolti a tutte le forze politiche impegnate nella campagna elettorale affinché l’esecuzione penale e la riforma della giustizia siano nel concreto aderenti ai principi della Costituzione italiana e della Convenzione europe
Roma 17 settembre ore 10,30, Manifestazione all’ambasciata indiana
L’Appello del Partito Comunista Indiano (maoista):
Facciamo della settimana di azione mondiale dal 13 al 19 settembre un successo
per la liberazione dei prigionieri politici ed esigere la fine agli attacchi con droni, come da appello dell’ICSPWI
L’ICSPWI ha lanciato un appello a tenere, dal 13 al 19 settembre, una Settimana d’azione per la liberazione dei prigionieri politici e la fine degli attacchi con droni contro il popolo e le masse nelle aree del movimento rivoluzionario in India, in occasione del 93° anniversario della morte del compagno Jatin Das, compagno di eminenti rivoluzionari come i compagni Bhagat Singh, Rajguru e Sukhdev. Il Comitato Centrale del nostro Partito, PCI (Maoista), fa appello a tutte le unità del Partito, al PLGA, agli organismi popolari rivoluzionari, ai rivoluzionari, agli operai, contadini, studenti, intellettuali, donne, minoranze religiose, dalit e tribali, ai partiti e organizzazioni marxisti-leninisti-maoisti, alle organizzazioni e singoli antimperialisti, alle nazionalità e classi oppresse dei vari paesi del mondo a partecipare con ferma determinazione alla Settimana d’Azione e a farne un successo.
Sullo sfondo dell’ulteriore intensificazione della crisi finanziaria ed economica dell’imperialismo, per superarla gli imperialisti stanno attuando politiche di globalizzazione dei mercati al servizio delle loro multinazionali e di rapina delle risorse naturali. Per accelerare la privatizzazione nei paesi semi-coloniali e semi-feudali arretrati, portano al potere i partiti fascisti. In questo contesto, nell’India semi-coloniale e semi-feudale hanno portato al potere il governo Modi, capo del partito fascista brahmanico Hindutva RSS-BJP. Da quando il governo Modi è in carica, gli attacchi fascisti si sono ulteriormente intensificati in tutto il paese. Gli organi costituzionali sono zafferanizzati/fascistizzati.
Nel bilancio nazionale della difesa gli stanziamenti del governo per forze di polizia, paramilitari ed esercito sono costantemente aumentati ed il paese è sempre più militarizzato. Sono state approvate diverse leggi antipopolari, in particolare leggi repressive draconiane contro gli interessi degli operai, contadini, classe media, dei piccoli e medi commercianti ambulanti e negozianti. I governi fascisti non si occupano dei problemi quotidiani, fondamentali e vitali del popolo. Fanno grande propaganda contro il terrorismo e l’estremismo di sinistra che mettono in pericolo la sicurezza del paese. I media borghesi amplificano questa propaganda. Ne sono parte la legge sulla prevenzione delle attività illecite (UAPA)-2019, la legge di emendamento sulla Commissione per i diritti umani-2019, la legge di emendamento della NIA-2019, la legge di emendamento sul diritto all’informazione-2019 e altre simili che calpestano ogni minima libertà e autonomia del popolo. Ne conseguono attacchi fascisti contro attivisti dei diritti umani, attivisti sociali, avvocati, dirigenti operai e contadini, attivisti democratici, masse tribali in lotta per il loro ‘jal-jungle-zameen-ijjat-adhikar'(‘a noi il potere nel nostro villaggio’), musulmani, donne, studenti, insegnanti, docenti, accademici e artisti. Vengono implicati in false imputazioni secondo leggi draconiane come l’UAPA e il Sedition Act, imprigionati e sottoposti a torture fisiche e mentali.
Soprattutto negli ultimi 50 anni è diventata prassi comune arrestare dirigenti, quadri, attivisti di Organizzazioni di massa, presidenti e membri dei Comitati Popolari Rivoluzionari, attivisti della Milizia popolare, simpatizzanti del nostro partito, che combattono per liberare il paese dallo sfruttamento e oppressione imperialista e delle classi dominanti e stabilire un sistema di Nuova Democrazia, arrestare dirigenti, attivisti e simpatizzanti di organizzazioni che lottano per la liberazione di nazionalità come i Kashmir, Naga, Manipur, Asom e Bodo.
Centinaia di loro languiscono nei carceri nelle aree del nostro movimento. Forze di polizia e paramilitari non si preoccupano delle ripetute pronunce della Corte Suprema che raccomandano il minimo uso della forza quando si tratta di movimenti popolari, né dei numerosi rapporti redatti da agenzie governative quali le Commissioni per i diritti umani per gli omicidi in carcere, le atrocità sulle donne e le torture ad opera della polizia. Continua a leggere