Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

Come in India anche nelle Filippine la polizia ammazza contadini e quadri maoisti inscenando falsi scontri: massacrate nell’ultima settimana almeno 7 persone dal regime fascista Duterte

La mattina del 24 ottobre almeno 5 contadini sono stati uccisi a sangue freddo dalla Polizia nazionale filippina (PNP) a Masbate, una delle province che ha visto il maggior numero di esecuzioni extragiudiziali attribuite a militari e polizia. Per il Partito Comunista delle Filippine (CPP) sono più di 74 ora gli omicidi nella provincia sotto il regime terrorista di Duterte.

Sempre a sangue freddo, il 29 ottobre alle 8 di sera a Bukidnon, le Forze Armate delle Filippine (AFP) hanno assassinato i compagni Jorge Madlos, alias “Ka Oris”, portavoce del New People’s Army (NPA), e il suo assistente medico Eighfel Dela Peña, alias “Ka Pika”, mentre stavano andando in motocicletta per cercare cure mediche. I rivoluzionari erano disarmati e sono stati uccisi in un’imboscata, ma per creare una falsa immagine di scontro armato, le AFP hanno organizzato attacchi aerei quattro ore dopo nelle vicinanze di Barangay Dumalaguing, Impasug-ong, provincia di Bukidnon. Per circa due ore, dalle 00:40 alle 2:00 passate, l’AFP ha sganciato almeno sei grosse bombe, ha sparato dozzine di razzi e mitragliato il fianco della montagna, sconvolgendo la pace e provocando paura e panico tra la gente. Hanno poi sostenuto un’enorme menzogna parlando di uno scontro armato alle 11 del mattino (10 ore dopo) in cui Ka Oris e Ka Pica sarebbero stati uccisi.

Sia gli omicidi dei contadini che quelli dei quadri maoisti sono stati commessi  dalla Polizia nazionale filippina (PNP) e dalle Forze Armate delle Filippine (AFP) su persone disarmate e propagandati come operazioni militari antiguerriglia nel corso di combattimenti.

Repressione pura, vere e proprie esecuzioni sommarie ed extragiudiziali, come le definisce in un articolo, che riportiamo in calce, Gianni Sartori.

Questi massacri fanno parte dell’aggravarsi degli atti di terrorismo di stato perpetrati dalle Forze Armate Filippine e dalla Polizia Nazionale contro le masse contadine e la popolazione ribelle nel tentativo di porre fine alla resistenza armata del popolo contro il regime dell'”Hitler” filippino (come ama definirsi Duterte).

Finti scontri con attacchi aerei e bombardamenti si sono intensificati nel 2021, nel tentativo di “sconfiggere l’insurrezione entro la fine dell’anno”. Nel febbraio di quest’anno, le truppe dell’AFP hanno ucciso sommariamente un agricoltore locale e due membri dello staff di una fattoria dimostrativa per l’agricoltura sostenibile a Pres. Un totale di 277 agricoltori sono stati uccisi a livello nazionale dalle forze armate fasciste di Duterte dalla metà del 2016, per non parlare delle migliaia di casi di molestie e intimidazioni, resa forzata, insediamento e altri abusi a seguito delle operazioni militari mirate nelle campagne.

Di seguito riportiamo 2 comunicati del Partito Comunista delle Filippine (CPP) sul massacro di contadini a Masbate e sull’omicidio dei compagni a Bukidnon:

October 25, 2021

The Communist Party of the Philippines (CPP) condemns in the strongest terms the Philippine National Police (PNP) for the massacre of at least five peasants early yesterday morning in Barangay Bugtong, Mandaon town in Masbate province.

Contrary to the PNP’s claims in their press releases, the victims were not members of the New People’s Army (NPA). The PNP identified one of the victims as Eddie/Arnold Rosero, a local resident.

According to the NPA’s Regional Operational Command in Bicol, there was no armed encounter yesterday nor was there an NPA unit in the area.

We hold the PNP accountable for this heinous crime. This was committed by the police following direct orders of the police chief to “put an end” to the NPA in Masbate and the Bicol region.

The local unit of the NPA must seek to immediately identify and arrest those directly responsible for the massacre. We urge local police officers, whether involved or not in the crime, to cooperate with the NPA and reveal the whole truth about the massacre. The NPA must do everything in its power to give justice to the victims and their families.

This massacre forms part of the worsening acts of state terrorism perpetrated by the Armed Forces of the Philippines (AFP) and the PNP against the peasant masses and people of Masbate. The AFP and PNP seeks to terrorize the people through killings, abductions, unlawful arrests, beatings, armed intimidation, forced surrenders, hamletting of communities and other abuses in their futile drive to put an end to the people’s armed resistance.

Masbate is one of the provinces that has seen the biggest number of extrajudicial killings attributed to the military and police. Based on our information, there are now at least 74 killings in the province under the terrorist Duterte regime.

October 31, 2021

Comrade Ka Oris (Jorge Madlos), spokesperson of the New People’s Army (NPA), was not killed in an armed encounter. He was ambushed on the road between Impasug-ong town proper & the national highway at 8 pm on Oct 29. He and his medical aide were riding a motorcycle on their way to seek medical treatment. This is according to his wife Ka Maria Malaya.

Ka Oris and aide Eighfel Dela Peña (Ka Pika) were both unarmed when ambushed. Whether they were ambushed while moving or were accosted and thereafter executed is still unclear. Clearly, however, they were not in a position to give battle or fight back and were murdered in cold-blood.

To conceal their crime of murdering unarmed revolutionaries and create a false picture of an armed encounter, the 4th ID staged aerial strikes four hours later in the vicinity of Barangay Dumalaguing, Impasug-ong, Bukidnon province. For around two hours, from 12:40 a.m. to past 2 a.m. the AFP dropped at least six large bombs, fired dozens of rockets and strafed the mountainside shattering the peace and causing fear and panic among the people. They then issued a fat lie claiming of an armed encounter at 11 am (10 hours later) where Ka Oris and Ka Pica were supposedly killed.

Since last night, Gen. Brawner of the 4th ID and other AFP officers shamelessly faced the media. They brazenly wove one lie after another in an attempt to fool the people. They are utterly dishonorable officers for propagating false information. We hold Gen. Brawner and the men and officers of the 403 IBde responsible for the murder of Ka Oris and Ka Pica and its coverup.

Given the circumstances, the families of Ka Oris and Ka Pika are in a position to demand that independent pathologists perform an autopsy on the bodies of the victims to determine the actual circumstances of their killing.

We also support the wishes of the families to have the bodies of Ka Oris and Ka Pika be immediately released to them in order for them to conduct a proper wake and give all those who knew Ka Oris the opportunity to pay their last respects.

Ka Oris had long wished to return to Siargao Island where he grew up as a boy. Perhaps, his wish could be fulfilled.

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Da Osservatorio repressione

Dall’India alle Filippine si ammazzano indigeni e contadini

Mascherare la repressione pura e semplice, in molti casi l’esecuzione extragiudiziale, come “operazione militare contro la guerriglia” rientra nei metodi, nello “stile”, delle guerre a bassa intensità (per quanto “bassa” risulti spesso un eufemismo).

Lo si è visto in America Latina, dalla Colombia al Guatemala, dove venivano venduti ai media come cadaveri di combattenti i poveri corpi massacrati di contadini e indigeni. Talvolta interi villaggi.

O addirittura esibirli come vittime della guerriglia.

Per esempio in Colombia era pratica consolidata quella di attribuire alle FARC o all’ELN la responsabilità dei massacri di civili operati dall’esercito, dalla polizia, dai paramilitari o da squadroni della morte (in genere legati al narcotraffico).

Del resto succedeva anche in India. Solo neldicembre 2019, dopo quasi otto anni, una commissione guidata dal giudice V.K. Agrawal aveva finalmente stabilito la verità in merito agli eventi di Sarkeguda dove, nel giugno 2012, vennero assassinati 17 adivasi (gli aborigeni dell’India), di cui sette bambini. Un massacro ufficialmente presentato come uno scontro con la guerriglia maoista, i naxaliti. Quel mattino i paramilitari (le CRPF) avevano circondato gli abitanti del villaggio riuniti per la festa tradizionale di Beej Pondum aprendo quindi il fuoco. Successivamente si erano scatenati infierendo ulteriormente sulle persone ferite rimaste a terra.

Due recenti episodi sembrerebbero riproporre lo schema. Il primo ancora in India, l’altro nelle Filippine.

Il 25 ottobre tre indigeni adivasi, esponenti del Partito Comunista dell’India (Maoista), sono stati uccisi dalle forze di sicurezza nei pressi della frontiera tra gli Stati del Telangana del Chhattisgarh.

Si trattava di quadri a livello regionale del partito, ma non di esponenti della guerriglia naxalita. Come invece ha cercato di dar a intendere un comunicato delle forze di sicurezza parlando di uno “scontro a fuoco” che in realtà non sarebbe mai avvenuto. Stando almeno a quanto dichiara il PCI (M) che definisce l’episodio “un’esecuzione mascherata da combattimento”. Va detto che i naxaliti rivendicano sempre le loro operazioni e i militanti caduti in combattimento. L’accusa alle forze di sicurezza di aver agito come una squadra della morte va quindi presa in seria considerazione. Di conseguenza il PCI(M) ha chiamato la popolazione della regione a sollevarsi con uno sciopero generale contro la triplice barbara esecuzione.

Quasi contemporaneamente nelle Filippine il capo della polizia nazionale – generale Guillermo Eleazar – si è complimentato con l’ufficio regionale della polizia 5 (PRO-5) per aver “neutralizzato” (ossia ucciso) cinque presunti appartenenti a NPA (Nuovo esercito popolare) a Barangay Bugtong (provincia di Masbate). Ma anche in questo caso, come ha immediatamente denunciato il Partito comunista delle Filippine (ramo politico di NPA), si trattava di semplici contadini, non di guerriglieri. Anche perché in questa zona notoriamente non è presente alcuna unità di NPA.

Gianni Sartori

Padova, cariche della polizia di stampo sudamericano per proteggere il fascista negazionista Bolsonaro

Idranti e cariche contro i manifestanti che hanno forzato il blocco della celere e si stavano dirigendo verso la Basilica del Santo. Un fermo, diversi feriti.

Pioggia battente e freddo: l’arrivo del presidente brasiliano Jair Bolsonaro coincide con una brusca virata metereologica verso l’autunno inoltrato. Nonostante questo tantissime persone hanno risposto all’appello lanciato dal Cso Pedro, Adl Cobas e altre realtà cittadine in Prato della Valle. Un appello che conteneva un messaggio chiaro: la presenza di Bolsonaro è un insulto alla città e le persone che scendono in piazza lo faranno per bloccarne l’arrivo. Anche il titolo della manifestazione, riportato nel grande striscione d’apertura, non lascia dubbi: “Fora Bolsonaro!”, che si rifà alle contestazioni che il presidente sta ricevendo in patria, ma anche a un’espressione dialettale veneta inequivocabile.

Scene di guerriglia nel centro cittadino: manganelli e idranti contro il corteo che era deciso a raggiungere la basilica di Sant’Antonio per dire a Bolsonaro che a Padova non c’è spazio per le sue posizioni omofobe, fasciste e razziste, e che è stato immediatamente bloccato da una carica e, subito dopo, dall’idrante. Di fronte alla presenza di un capo di stato come Bolsonaro, lo stato italiano si è schierato a difesa di posizioni fasciste reprimendo il dissenso della città. Nel corso delle cariche, una ragazza è stata fermata, per poi essere liberata in serata.

L’evento che ieri, 1 novembre, ha visto scendere in piazza tante realtà cittadine, ha avuto una portata tale da attirare nutrite delegazioni da tutto il Nord-Est e anche da altre parti d’Italia. Bolsonaro rappresenta così bene la sintesi del “male contemporaneo” che la sua presenza offre l’occasione per portare in piazza le tante tematiche su cui i movimenti sociali lavorano da anni. Nei suoi quasi tre anni di presidenza si è contraddistinto per aver demolito qualsiasi (timido) avanzamento nel campo dei diritti civili e sociali che c’era stato in Brasile; per aver bloccato la restituzione delle terre alle popolazioni indigene; per aver condotto una guerra di bassa intensità contro indigeni, femministe, attivisti sociali; per aver  favorito l’aumento della violenza estrattivista in tutto in Paese, in particolare in Amazzonia. E poi la gestione negazionista e criminale della pandemia, per la quale è stato accusato di crimini contro l’umanità da una commissione d’inchiesta parlamentare che si è appellata all’ONU: il Paese sudamericano è secondo al mondo per numero di morti da Covid (oltre 600 mila), che si sono concentrati nelle fasce più povere e razzializzate della popolazione.

Per tutte queste ragioni sono tante le voci che si sono alzate dalla piazza padovana. A partire da Lisa del Cso Pedro che aprendo la giornata di mobilitazione di oggi ha ribadito come «l’odio, l’omofobia e il negazionismo non debbano avere spazio».

Mattias di Rise Up 4 Climate Justice, neonato movimento climatico che venerdì scorso è stata protagonista di un’iniziativa proprio ad Anguillara, ha sottolineato come «i territori sono devastati a causa di persone come Bolsonaro. In Amazzania si sta deforestando l’ultimo polmone verde del mondo per dare terreni alle multinazionali, cacciando le popolazioni indigene».

Melania di Non Una di Meno Treviso ha voluto ricordare Marielle Franco, attivista nera indigena, ammazzata da Bolsonaro, primo mandante politico, e continua «questa città si opporrà all’arrivo di un fascista, omofobo machista e la marea transfemminista si opporrà.  Sono i nostri corpi in lotta che rendono le città sicure».

Interviene anche un professore italiano che lavora in Brasile, proprio ai piedi dell’Amazzonia e dice «come italiano mi vergogno perché io l’Amazzonia l’ho vista bruciare, ho visto l’oppressione in Brasile, la pandemia, l’omicidio di Marielle Franco che oggi è con noi in questa piazza. Vi ringrazio per essere qui».

Ilaria del Cso Pedro, a proposito di intersezionalità delle lotte, rilancia il world vegan day, «le specie amazzoniche sono state decimate negli ultimi anni anche per colpa del consumo dei corpi degli animali da macello. Dalla pandemia di Covid-19 l’Amazzonia brasiliana continua a bruciare e la deforestazione batte nuovi record. Nel primo semestre del 2020 sono stati occupati 3.000 ettari di foresta, un aumento del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso».

Francesco di Open Your Borders, ribadisce «siamo qui oggi per un motivo molto semplice, impedire a Bolsonaro di entrare a Padova. Siamo qui oggi perché Padova è sempre stata una città accogliente ma con anticorpi al razzismo ben allenati. Per questo motivo siamo qui oggi a mettere in gioco i nostri corpi. Bolsonaro rappresenta quindi la visione del mondo elitaria, classista, razzista a cui noi ci opponiamo fermamente, come ha anche dimostrato con i suoi ripetuti attacchi ai popoli indigeni».

Dopo le cariche, la manifestazione si mossa nelle vie del centro per chiedere la liberazione della manifestante fermata: «Padova ha dimostrato in maniera inequivocabile di saper tener testa a chi fa del razzismo, del sessismo e del negazionismo climatico il proprio manifesto politico. “Fora Bolsonaro!” non è stato solo uno slogan, ma il grido di una città degna che ha voluto dimostrare tutto il suo sdegno contro uno dei peggiori criminali del nostro tempo».

da GlobalProject

30 ottobre a Roma contro i padroni del mondo, contro i regimi fascio-populisti reazionari e le loro politiche genocide

Dall’India, al Brasile, alla Turchia, i governi dittatoriali, fascio-populisti e reazionari hanno trasformato ancor più la pandemia in strage di masse proletarie e povere. Le loro politiche portano alla fame, al dilagare della povertà, alla guerra contro i loro stessi popoli.

Accade in India con Modi, dove il campione di quella che viene chiamata “la più grande democrazia del mondo” incarcera, deporta, tortura i lavoratori, i contadini, gli intellettuali, le masse popolari che si ribellano in armi guidate dal PCI(maoista)

Accade nel Brasile con Bolsonaro, un fascio populista negazionista oggi incriminato per la gestione criminale della pandemia, legato organicamente ai militari, ai grandi latifondisti e che per loro fa terra bruciata in Amazzonia, deporta i popoli indigeni, conduce una guerra contro le masse contadine povere…

Accade in Turchia col regime Erdogan che porta il terrore in Siria, nel Rojava, nel Kurdistan, che occupa militarmente la Libia, aiuta l’UE nei respingimenti antiimmigrati, espande l’influenza turca in Africa e reprime l’opposizione nel suo paese…

India, tre quadri del Partito comunista indiano (maoista) sono stati uccisi a sangue freddo dalle forze di sicurezza

Tre quadri del Partito comunista indiano (maoista) sono stati uccisi dalle forze di sicurezza al confine tra gli stati di Telangana e Chhattisgarh lunedì mattina presto. Erano quadri regionali di origine indigena (adivasi). Le forze di sicurezza hanno detto che c’è stata una sparatoria, ma ilPCI (M) ha rivelato che si è trattato di una vera e propria esecuzione mascherata da combattimento per eliminare i quadri maoisti. Il PCI (M) ha invitato la popolazione della regione a seguire uno sciopero (in realtà una “bahn”: uno sciopero generale accompagnato da azioni di guerriglia come i blocchi stradali).

Fonte: secours rouge

SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE PER LA LIBERAZIONE DI GEORGES ABDALLAH

Da Proletari comunisti

Sabato 23 ottobre 2021, più di mille persone hanno manifestato fino ai cancelli del carcere di Lannemezan (F) per chiedere l’immediato rilascio di Georges Abdallah, comunista libanese imprigionato in Francia da 37 anni. Molti comitati di sostegno hanno permesso a questa mobilitazione di raggiungere un’affluenza storica. Il Soccorso Rosso Internazionale era presente con i membri delle sue sezioni di Tolosa, Ginevra e Bruxelles.

Fonte: secoursrouge.org

Dichiarazione di Georges Abdallah

Cari/e Compagni/e, cari/e amici/amiche,

Dopo un mese d’intensa mobilitazione di solidarietà in Francia, così come altrove in altri Paesi, eccovi riuniti oggi di fronte a questi muri e a questo filo spinato. Come un anno fa, o addirittura un decennio per alcuni di voi, la vostra sola presenza qui suscita ancora molta emozione e altrettanto entusiasmo. Vedete, Compagni e amici/amiche, l’atmosfera in questi luoghi sinistri, tutta questo ambiente carcerario, cambia quando l’eco della vita attiva giunge a colpire la piattezza senza nome di una mortale quotidianità carceraria… Così, i compagni di prigionia sociali scoprono come per magia, anche se solo per un piccolo momento, la bellezza e il potere delle relazioni umane sostanzialmente disinteressate e della solidarietà nonostante tanti anni dietro le sbarre… Seguendo nella miseria culturale ed emotiva senza rapporti reali con la società da lunghi anni per alcuni, questo risveglio d’entusiasmo e d’umanità non passa inosservato; lo si legge negli occhi e lo si vede in questi commenti spontanei, spesso sinceri, ma purtroppo senza futuro…

Compagni e Amici/Amiche, l’eco dei vostri slogan, dei vostri canti e tutto il resto, va oltre questi fili spinati e altre torri di avvistamento, risuona nelle nostre teste e ci trasporta lontano da questi luoghi sinistri.

Cari/e Compagni/e, cari Amici/Amiche, all’alba di questo 38° anno di prigionia, sapervi qui presenti nella diversità del vostro impegno, a pochi metri dalla mia cella, mi riempie di forza e porta una cocente negazione a tutti coloro che hanno scommesso sull’affanno della vostra solidarietà. Soprattutto mi conforta nella convinzione che il cambiamento dei rapporti di forza a favore dei protagonisti rivoluzionari imprigionati è sempre funzione della mobilitazione solidale assunta nel campo della lotta anticapitalista/antimperialista; quindi possiamo dire senza la minima esitazione: il sostegno più significativo che si può dare ai nostri compagni prigionieri si registra di primo acchito nel vero impegno nella lotta in corso. Certo, siete consapevoli che è sempre al livello delle istanze politiche che si decide il luogo e il peso del rito giudiziario, quando si tratta di rivoluzionari imprigionati. Per questo, del resto, è solo assumendo solidarietà su questo terreno di lotta di classe e in tutte le sue dimensioni che la detenzione dei nostri compagni in carcere comincia a pesare più delle possibili minacce inerenti alla loro liberazione. Sono pure questo impegno e questa mobilitazione militante e solidale a fare che nonostante tanti anni di prigionia, siamo ancora insieme, Compagni, fermamente ritti con incrollabile determinazione di fronte a ogni prova, questo 38° anno che già si preannuncia ricco anche di lotte e speranze.

Compagni, in questi tempi di pandemia, di crisi multidimensionale che scuote i pilastri del sistema capitalista mondiale, le contraddizioni inter-imperialiste non cessano di aggravarsi sempre di più. La borghesia imperialista ha recentemente sventolato ovunque la bandiera del nazionalismo. Classico riflesso dei capitalisti in tempo di crisi per meglio legare saldamente le masse popolari alla “loro” borghesia e al “loro” Stato. Come se il problema da risolvere per i lavoratori e gli altri precari fosse quello della “grandezza della nazione”, e non quella di porre fine al capitalismo e alla sua barbarie. Eppure, la crisi del capitalismo moribondo nella sua fase d’avanzata putrefazione è già qui davanti a noi a livello planetario… crisi sanitaria, crisi ecologica, crisi economica e sociale si combinano e si amplificano sempre di più. Non esiste via d’uscita dalla crisi nell’ambito del capitalismo. Il capitalismo globalizzato è il capitalismo esistente realmente oggi. L’agonia del suo mondo finirà solo con il superamento del capitalismo, non attraverso compromessi storici e altri illusori tentativi di salvaguardare le conquiste di un cosiddetto capitalismo democratico dal volto umano, ma piuttosto attraverso l’incessante lotta “classe contro classe”. Oggi viviamo tutti sotto l’egemonia del capitale globalizzato. Nessun Paese può sfuggire completamente al meccanismo distruttivo di questa egemonia. È questo “capitalismo globalizzato”, cioè il capitalismo realmente esistente, ad essere in crisi. Ed è questo capitalismo che i comunisti e tutti i rivoluzionari dovranno superare per vincere la barbarie. Per la sopravvivenza dell’umanità, per la sopravvivenza del nostro pianeta, occorre essere in grado di sbarazzarsi del capitalismo e della sua barbarie, al più presto.

Recentemente dobbiamo constatare, Compagni, che nel momento in cui in Africa le posizioni dell’imperialismo francese continuano a erodersi a vantaggio di altre potenze (per inciso, non solo Cina e/o Russia, ma anche Germania, USA e Turchia), in Francia si afferma sempre più un processo di fascistizzazione. Certo, non è questo l’argomento su cui potersi qui soffermare, resta il fatto che c’è da preoccuparsi al massimo livello.

Compagni, per avanzare nella costruzione dell’alternativa rivoluzionaria appropriata, la convergenza delle lotte è più che essenziale. Il blocco storico dei lavoratori e degli altri precari si costruisce e si struttura nella dinamica globale della lotta in tutte le sue componenti. Solo attraverso questa dinamica globale, la lotta di classe rende evidenti le potenzialità politiche del movimento attuale, spingendo il proletariato operaio ad appropriarsi della sua cosciente espressione politica. Le masse proletarie, appropriandosi dell’espressione politica consapevole dei loro interessi di classe, si riscoprono in quanto soggetti della loro storia e della storia stessa. Solo attraverso lo svolgersi dell’agire insieme i diversi soggetti della lotta rivoluzionaria qui e altrove nel mondo pervengono alla costruzione di alternativa appropriata e a porre una scadenza all’agonia del capitalismo moribondo nella sua fase di putrefazione avanzata, cioè l’agonia del capitalismo realmente esistente.

Come potete vedere, Compagni, la borghesia araba nella sua stragrande maggioranza ora mostra il suo allineamento nel campo del nemico senza trucchi. Ciò non manca da un lato d’influenzare la lotta delle masse popolari palestinesi e dall’altro di affermare il posto speciale della causa palestinese come una delle principali leve della rivoluzione araba. E ovviamente, la lotta all’interno del blocco sociale della rivoluzione dovrebbe tener conto delle tergiversazioni e di altri compromessi della borghesia per poter fronteggiare ogni proposta “liquidazionista”. La Resistenza Palestinese ha e dovrà affrontare il “blocco arabo-sionista reazionario” guidato dalle potenze imperialiste.

Ogni giorno la Palestina ci dà lezioni di abnegazione e coraggio di eccezionale entità. Più che mai le masse popolari palestinesi, nonostante tutti i tradimenti della borghesia, assumono il ruolo di vero garante della difesa degli interessi del popolo. Contro l’occupazione e la barbarie dell’occupante, la prima risposta legittima che deve manifestarsi è anzitutto la solidarietà, ogni solidarietà, con coloro che con il loro sacrificio affrontano la milizia dell’occupazione. Le condizioni detentive nelle carceri sioniste peggiorano di giorno in giorno. E come vi è noto, Compagni, per affrontarlo, la solidarietà internazionale si rivela un’arma essenziale.

Che mille iniziative di solidarietà fioriscano in favore della Palestina e della sua promettente Resistenza!

Che mille iniziative di solidarietà fioriscano a favore dei/delle giovani Palestinesi!

Solidarietà, ogni solidarietà a chi resiste nelle carceri sioniste e nelle celle d’isolamento in Marocco, Turchia, Grecia, Filippine e altrove nel mondo!

Solidarietà, ogni solidarietà ai giovani proletari dei quartieri popolari!

Solidarietà, ogni solidarietà ai proletari in lotta!

Solidarietà, ogni solidarietà alle masse popolari yemenite!

Onore ai martiri e alle masse popolari in lotta!

Abbasso l’imperialismo, i suoi cani da guardia sionisti e altri reazionari arabi!

Il capitalismo è solo barbarie, onore a tutti coloro che vi si oppongono nella diversità delle loro espressioni!

Insieme Compagni e solo insieme vinceremo!

A tutti voi, Compagni e Amici/Amiche, il mio saluto rivoluzionario

Il vostro Compagno Georges Abdallah

USA: liberato David Gilbert dopo 40 anni di detenzione

L’ex membro dei Weather Underground, David Gilbert, 76 anni, ha ottenuto la libertà vigilata dopo 40 anni di detenzione per il suo ruolo nell’attacco al furgone Brinks vicino a New York del 1981. Una guardia e due agenti di polizia rimasero uccisi in quell’attacco e in una sparatoria a un posto di blocco. David Gilbert non portava armi, ma fu condannato per omicidio perché avrebbe guidato il furgone “staffetta” che aveva preso in carico il commando.

L’attacco era stato condotto congiuntamente da membri dell’Organizzazione Comunista del 19 maggio (un’organizzazione ereditata dal Weather Underground) e membri dell’Esercito di Liberazione Nero, il 20 ottobre 1981, e rivendicato dalla Joint Force armata rivoluzionaria. ( Task Force armata rivoluzionaria). Aveva incassato 1,6 milioni di dollari. La repressione che seguì a questo attentato fu terribile: decine di arresti, un attivista ucciso a colpi di arma da fuoco durante il suo arresto e orribili torture (bruciature di sigaretta, unghie strappate) per i presunti colpevoli.

David Gilbert ha ottenuto la libertà condizionale solo dopo che la sua condanna all’ergastolo è stata cambiata in 75 anni di carcere lo scorso agosto dal Governatore Cuomo, poche ore prima di lasciare l’incarico. È apparso davanti alla commissione per la libertà vigilata dello stato il 19 ottobre e successivamente gli è stata concessa la libertà vigilata. Il mese prossimo potrà lasciare la prigione di Shawangunk nella valle dell’Hudson.

Traduzione di srp da Secours Rouge