Soccorso Rosso Proletario

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Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

libertà per Anan, Ali e Mansur – la campagna nazionale fino al 2 aprile – info SRP

Resoconto della Riunione Operativa Domenica 9 marzo 2025*

Aggiornamento sugli sviluppi processuali

La riunione si è aperta con un aggiornamento sulla situazione giudiziaria. Nonostante le sentenze della Corte di Cassazione e del Tribunale della Libertà dell’anno scorso avessero fatto sperare in un mancato rinvio a giudizio per Ali Irar e Mansour Doghmosh, il giudice ha deciso diversamente. Tutti gli imputati, compreso Anan, saranno quindi processati.

Un ulteriore elemento inaspettato è la fissazione della prima udienza per mercoledì 2 aprile, molto prima delle previsioni (maggio-giugno).

. Di seguito vengono riportati, territorio per territorio, gli aggiornamenti in vista delle prossime scadenze:

Pisa – Domenica 30 marzo si terrà una pedalata “From the River to the Sea”; l’occasione verrà colta per sensibilizzare sull’arresto di Anan, Ali e Mansour. È necessario predisporre materiale informativo per gli stand all’arrivo. Bologna –

Domenica 16 marzo si terrà un corteo per la Palestina, con particolare attenzione alla campagna per Anan, Ali e Mansour. – È prevista un’iniziativa all’Università di Bologna sui detenuti politici, con focus anche sul caso di Anan, Ali e Mansour. – L

Venezia – Il 24 marzo si terrà un’iniziativa sulla Palestina con approfondimenti sul caso di Anan, Ali e Mansour. –

– È prevista una campagna di manifesti e attacchinaggi. Ferrara – Martedì 11 marzo si terrà un’iniziativa pubblica sulla repressione nel corso della quale si porterà l’attenzione sul caso di Anan, Ali e Mansour. – È fondamentale disporre di materiale informativo e opuscoli per la sensibilizzazione. – Si rinnova la disponibilità a organizzare un presidio a fine mese e a spingere per la partecipazione al presidio del 2 aprile a L’Aquila. Firenze – È fondamentale integrare il caso di Anan, Ali e Mansour nelle mobilitazioni del 29-30 marzo, in vista anche della Giornata della Terra. *Ulteriori punti* –

Il 12 aprile a Milano si terrà una manifestazione nazionale per la Palestina; si sta lavorando affinché il caso di Anan, Ali e Mansour sia uno dei punti principali della piattaforma, garantendo la massima visibilità alla campagna. – A Napoli sono previste diverse iniziative in cui verrà affrontata la questione, tra cui quella del 15 marzo. -….a seguito del rinvio a giudizio di Ali Irar e Mansour Doghmosh, occorre rielaborare la comunicazione affinché non sia incentrata solo su Anan Yaeesh, ma includa anche loro due. È stata proposta la traduzione del materiale informativo in inglese per una diffusione internazionale e il coinvolgimento di realtà politiche in altri paesi europei, che potrebbero includere momenti di mobilitazione davanti a sedi diplomatiche italiane all’estero ……dalle realtà abruzzesi è arrivata la comunicazione che a Giulianova, Teramo, Pescara e L’Aquila si è deciso di avviare un primo ciclo di assemblee locali in vista del 29 marzo e del 2 aprile; queste assemblee culmineranno in un’assemblea regionale giovedì 13 marzo, con l’obiettivo di garantire un coordinamento efficace tra le realtà abruzzesi in vista del processo. sul sito https://freeanan.it vari materiali informativi utili alla campagna, per aderire alla quale è neccessario inviare mail a comitatofreeanan@gmail.com o scrivere ai social ufficiali del comitato Free Anan

liberato il compagno francese arrestato – comunicato

 Notre camarade est libre ! »

Ce mardi soir, nous apprenions l’arrestation d’un militant pro-palestinien à Paris, interpellé par une dizaine de policiers à peine descendu de son avion en revenant de voyage. Son seul crime avait été de soutenir ouvertement la résistance du peuple palestinien et de condamner le génocide en cours, notamment dans la manifestation pour la libération de Georges Abdallah organisée le 8 février, à Paris.

En l’espace de 48h, une déferlante de dénonciations sionistes avaient fait le tour des réseaux sociaux après la diffusion d’extraits vidéos d’une intervention, le préfet de police de Paris annonçant ouvrir une procédure de répression à son encontre.

Le lendemain, près de 24h après l’arrestation, il est annoncé dans une série de communiqués que « ni ses avocats, ni ses camarades n’ont de nouvelles de lui ». Des rassemblements spontanés sont donc organisés à la hâte devant des dizaines de mairies, préfectures ou hôtels de police. Cette après-midi, après l’avoir retenu près de 48h, le militant a été enfin libéré grâce à la mobilisation marquée sur tout le territoire.

Dans un visuel partagé sur les réseaux sociaux, plus d’une trentaine d’organisations célèbrent sa libération « jusqu’à son jugement ». Poursuivi pour « apologie du terrorisme », il sera jugé le 15 mai. Les organisations appellent donc à « poursuivre le combat ».

Nous partageons ici une vidéo publiée sur les réseaux sociaux :

finalmente libero in Spagna il compagno Arenas – un saluto rivoluzionario – soccorso rosso proletario

 

Manuel Pérez Martinez, connu sous le nom de « Camarade Arenas », est le secrétaire général du Parti communiste d’Espagne (reconstitué) – PCE(r). Après 32 ans de prison tout au long de sa vie, dont les 25 dernières années en France puis en Espagne, il vient d’être libéré de la prison d’Aranjuez ce mercredi 5 mars 2025 à l’âge de 80 ans. D’autres prisonniers du PCE(r) ou des GRAPO sont toujours emprisonnés (voir notre dossier).

Francia – arrestato un compagno per un discorso in occasione di una manifestazione per la Palestina – la nostra solidarietà

 


Défendre la Palestine n’est pas un crime ! La solidarité est notre arme !

Exigeons la libération du camarade arrêté pour avoir défendu la résistance palestinienne !
Attaquer l’un de nous, c’est nous attaquer toutes et tous et défendre l’un de nous, c’est nous défendre toutes et tous ! Nous dénonçons vigoureusement l’arrestation et exigeons la libération du camarade – défenseur de la cause palestinienne, de son héroïque résistance et de l’un de ses combattants historiques, Georges Abdallah – arrêté arbitrairement hier, mardi 04 mars 2025 et placé depuis lors en garde à vue.
Cette nouvelle arrestation vise une nouvelle fois une voix du mouvement de solidarité avec la Palestine qui manifestations après manifestations, initiatives après initiatives a endossé la responsabilité de faire entendre et tonner notre cri collectif de dénonciation du crime de la colonisation et de soutien inconditionnel aux luttes de libération des peuples opprimés pour la victoire ou la victoire et en particulier à la lutte de libération nationale du peuple palestinien car « tout naturellement, les masses populaires palestiniennes et leurs avant-gardes révolutionnaires peuvent toujours compter sur notre mobilisation et notre solidarité active en faveur de la Palestine et de sa prometteuse résistance »
(Georges Abdallah).

Cette voix – comme toutes celles qui s’élèvent de notre camp et dont tout un chacun reconnaît le courage en ces temps répressifs sans nom de censure et d’autocensure – a été celle qui, en notre nom, n’a eu de cesse de rappeler le droit juste et légitime à se révolter car « partout où l’on voit fleurir l’espoir et la dignité s’affiche en arrière-plan le long parcours de la résistance » (Georges Abdallah).
Cette voix face à tous ces anonymes soutiens solidaires s’est élevée pour exiger la libération de tous les flambeaux de la résistance que sont aussi les prisonniers politiques palestiniens – « ces indomptables héros résistants captifs dans les geôles sionistes » (Georges Abdallah) et la libération de l’un d’eux, de l’un des nôtres, qu’est Georges Abdallah car il est de nos luttes et que nous sommes de son combat !
Cette voix s’est élevée avec force et détermination, sans tergiversation ni concession car « « Il est des moments où se taire veut dire se rendre complice… » (Georges Abdallah) et c’est bien en cela et pour cela que l’Etat français cherche à la bâillonner, elle aujourd’hui, à l’image de toutes celles qui se sont élevées, notamment ces derniers temps, qui ont été et restent en premières lignes du combat mais donc aussi de l’acharnement et de la répression étatiques.
Cette répression exponentielle dite aujourd’hui « antiterroriste » fait aujourd’hui feu de tout bord avec l’arbitraire d’interdictions d’initiatives solidaires et de manifestations, d’amendes systématiques, de gardes à vue et de convocation par le parquet antiterroriste, de condamnations pénales, de comptes financiers bloqués, de dissolution d’associations et de collectifs, d’évacuations violentes de campus, de tribunes médiatiques outrancières et calomnieuses – le tout dans une logique d’intimidation collective et d’entrave à toute expression de soutien au peuple palestinien et à sa résistance. Car l’Etat le sait bien : « si la résistance n’est pas la victoire, sans résistance, il n’y a pas de victoire ! » et c’est bien l’expression même de ce soutien à la Palestine – l’Algérie a vaincu ! Le Vietnam a vaincu ! La Palestine vaincra ! – qu’il faut criminaliser et faire taire.
Alors oui, nous tous qui sommes de ce mouvement de solidarité avec le peuple palestinien, qui avons conscience de la centralité de cette cause et qui œuvrons jour après jour pour la libération de Georges Abdallah, de tous les prisonniers et réprimés, nous le crions ici même : Défendre la Palestine n’est pas un crime ! La solidarité est notre arme ! Et en cela, nous exigeons la libération du camarade arrêté pour avoir défendu la résistance palestinienne ! Car attaquer l’un de nous, c’est nous attaquer toutes et tous et défendre l’un de nous, c’est nous défendre toutes et tous !

info solidale di soccorso rosso proletario

da secours rouge

 

Salvatore « Ghespe » Vespertino a été arrêté en Espagne, à Madrid, lors d’un contrôle de police et a été enfermé dans la prison de Soto del Real, à Madrid. Il n’a pas fait opposition à son extradition vers l’Italie, qui devrait donc avoir lieu rapidement. Ghespe, en cavale et recherché depuis 2023, avait été condamné en appel pour l’action contre la librairie Il Bargello, liée au mouvement néofasciste italien CasaPound, le premier janvier 2017 (photo). L’engin avait gravement blessé un artificier de la police. La sentence de Cassation de juillet 2023 a confirmé les condamnations en appel, dont huit ans pour Ghespe, qui avait déjà passé une période en détention préventive.

 

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la dichiarazione di Anan Yaeesh del 26 febbraio

Riceviamo e pubblichiamo la dichiarazione spontanea di Anan durante l’ultima udienza all’Aquila, che lo ha rinviato a giudizio insieme ad altri due palestinesi. 

 

Anan Yaeesh – dichiarazione spontanea ex art 421 cpp

Desidero iniziare con i miei saluti alla Corte e a tutti i presenti.

Esiste sempre la legge, ma anche lo spirito della legge; pertanto, vorrei chiedere all’Onorevole Giudice di concedermi il minimo diritto umano nei confronti del mio Paese, osservando un minuto di silenzio per le anime dei bambini, delle donne e dei martiri della Palestina.

Innanzitutto, desidero affermare la mia fiducia nel sistema giudiziario italiano e riconoscerne la legittimità.

Tuttavia, mi oppongo all’essere processato in Italia, in quanto sono palestinese e non ho commesso alcun reato né in Italia né in qualsiasi altro paese. Il mio fascicolo, come resistente palestinese, è conosciuto dalle autorità di sicurezza italiane, e ho ottenuto il permesso di soggiorno in Italia e la protezione speciale dopo che la mia richiesta di asilo era stata respinta dal Tribunale di Foggia. Pertanto, signor Presidente, considero il mio arresto e il mio processo qui illegittimi, poiché l’arresto stesso, sin dal primo momento, è stato compiuto in contrasto con il diritto internazionale umanitario, con lo statuto delle Nazioni Unite, con la Convenzione di Ginevra e con i due protocolli aggiuntivi, e tutto ciò che ne è derivato è anch’esso illegale; ciò che si fonda sull’illegittimità, infatti, è anch’esso illegittimo.

Se riconoscete la legittimità dello Stato di Palestina, allora la richiesta di estradizione avanzata nel gennaio dello scorso anno nei miei confronti avrebbe dovuto essere presentata attraverso il governo del mio Paese. Se, invece, considerate la Palestina come un territorio illegalmente occupato da una potenza coloniale, allora la resistenza è un diritto legittimo e non dovreste arrestarmi qui per tale motivo.

Sfortunatamente, signor Giudice, ho preso visione delle vostre osservazioni sul caso e, con rammarico, ne ho dedotto che considerate il palestinese terrorista non per la, legittima, resistenza che porta avanti contro uno stato occupante, ma perché riconoscete Israele come uno Stato amico. Se in ballo vi fosse stato un altro paese occupante, la Russia ad esempio, avreste riconosciuto la legittimità della resistenza palestinese. Non mi state processando in base al diritto internazionale, ma in base ai vostri rapporti diplomatici, solo perché Israele è considerato un alleato del governo italiano, un partner commerciale, e ritenete legittime tutte le azioni che esso porta avanti. Tanto vale allora cambiare il nome delle corti internazionali e umanitarie in “Corti degli amici”.

 Volete che mi difenda dalle accuse a mio carico, ma mi vergogno di cercare l’assoluzione da accuse che per me rappresentano un motivo di onore. Non voglio difendermi dall’accusa di avere dei diritti e di averli rivendicati, o di aver tentato di liberare la mia gente e il mio Paese dall’oppressione coloniale. Giuro che non intendo essere assolto dalla legittima resistenza contro l’occupazione sionista. La resistenza palestinese è uno dei fenomeni più nobili conosciuti dalla storia.

 Piuttosto, mi vergogno di trovarmi in una stanza calda, anche se in carcere, mentre i bambini di Gaza muoiono di freddo, fame e sete. Mi vergogno del buon trattamento ricevuto dalle autorità carcerarie qui, mentre i miei fratelli prigionieri nelle carceri israeliane vengono sottoposti ai peggiori tipi di tortura, oppressione, sevizie.

Signor Giudice, su tutti i miei documenti rilasciati in Italia non è riportato il nome “Palestina”, ma quello di “Territori occupati”. Quindi, sapete che quella terra è occupata e, di conseguenza, in base alle convenzioni firmate dal vostro Paese, dovete ritenere legittima la resistenza contro l’entità occupante. Perché allora mi ritrovo oggi detenuto da parte vostra?

 Come partigiano palestinese sono costretto ad osservare che da un punto di vista politico il mondo adotta due pesi e due misure: colui che è più forte e appoggiato dagli USA è colui che prevale.

Ma la Giustizia, il diritto, utilizza anch’esso lo stesso metro di giudizio, due pesi e due misure, oppure saranno le leggi a prevalere nelle aule di Tribunale?

Sarebbe giusto, se considerando i coloni che occupano la terra di Palestina senza diritto né legittimità, dei civili, solo perché non indossano le divise dell’esercito israeliano, aveste lo stesso giudizio nei confronti della resistenza palestinese, anch’essa infatti è composta da civili e non da militari, in quanto la Palestina non possiede uno Stato e neppure un esercito con cui difendersi dagli aggressori. Entrambi impugnano le armi e uccidono; l’unica differenza è che la resistenza palestinese difende la propria terra, il proprio popolo e i propri diritti negati, e non uccide bambini, donne o civili se non per errore. Nel corso degli anni, questi errori non hanno mai superato l’uno per cento, mentre i coloni sistematicamente attaccano i civili indifesi. Da anni uccidono donne e bambini, bruciandoli addirittura all’interno delle loro case, come hanno fatto a Hebron uccidendo oltre 30 fedeli nella Moschea di Abramo, o come hanno fatto con la famiglia Dawabsha, con Iman Hejju, con Mohammad al-Durrah, o come hanno fatto nel villaggio di Jatt il 16 agosto e in molte altre occasioni, con lo scopo di incutere terrore nei palestinesi e obbligarli a lasciare la propria terra; i coloni seguono gli insegnamenti della Haganah e dell’Irgun.

Nulla può testimoniarlo meglio di quanto recentemente dichiarato in una lettera dal Direttore dello Shin Bet israeliano, che ha riconosciuto che i coloni sono gruppi terroristici e che le autorità israeliane dovrebbero arrestarli e reprimerli. Tuttavia, la risposta di Benjamin Netanyahu è stata fornire ai coloni oltre10.000 fucili.

Ma d’altronde cosa aspettarsi da Netanyahu riconosciuto dalla Corte Penale Internazionale come criminale di guerra per i massacri compiuti nei confronti dei palestinesi.

Il Tribunale dell’Aja ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti nel caso arrivasse in Europa, ma, nonostante ciò, il governo italiano ha dichiarato che sarà il benvenuto in Italia e ha rifiutato la decisione della Corte, disconoscendone la legittimità.

È il governo che ha deciso di arrestarmi su richiesta israeliana, attribuendomi l’appellativo di terrorista. Alla luce di ciò, posso affermare di non vedere nessuna legge in questo paese che non sia quella del più forte; tutto il resto sono solo finzioni che vengono, con la forza, imposte ai più deboli.

 Nella prima udienza estradizionale di febbraio 2024, ho chiesto alla Corte di Appello e al Procuratore Generale di non consegnare i contenuti dei miei telefoni cellulari agli israeliani, in quanto contenevano informazioni riservate che detenevo in qualità di resistente palestinese, di comandante partigiano. Mi è stato risposto che ciò non sarebbe accaduto, poiché erano consapevoli che eravamo in guerra e che l’Italia è neutrale. Tuttavia, sono rimasto sorpreso nel sapere che ad aprile scorso tutte le informazioni contenute nei miei cellari sono state passate agli israeliani. In questo modo, avete violato ogni principio di sicurezza e lo stesso diritto internazionale, diventando di fatto partecipi degli israeliani in questa guerra, aiutandoli nella repressione delle legittime aspirazioni di un popolo oppresso.

Le donne di tutta la terra non sono state capaci di dare vita a resistenti come quelli palestinesi.

Signor Giudice, contro di noi si sono schierate tutte le nazioni e gli eserciti del mondo, pensando di liquidare la nostra causa. Ma la nostra causa non finirà finché ci sarà un solo bambino palestinese in vita. I nostri diritti li riavremo. Non chiediamo pietà a nessuno, non ci inchiniamo davanti a nessuno, anche a costo di essere tutti uccisi, arrestati o deportati. I palestinesi non abbasseranno la testa né mendicheranno pietà, perché abbiamo dalla nostra parte la ragione. E se nessuno ci restituirà i nostri diritti in vita, crediamo che, dopo la morte, ci ritroveremo davanti a un giudizio che sarà il più giusto: quello di Dio, che non negherà il diritto a nessuno e ridarà a ogni oppresso i suoi diritti, forte o debole che sia, perché tutti, il giorno del giudizio, saranno uguali.

 Signor Giudice, in passato, sono stato sottoposto decine di volte alla tortura. Sono anche stato vittima di tentati assassinii da parte di Israele, sia in Palestina che all’estero. Nel mio corpo vi sono 11 proiettili e oltre 40 schegge; non ho un osso che non sia stato rotto. Non ho un passato, se non alcuni ricordi e foto di amici uccisi per mano dell’occupazione, e di un’amica giustiziata a sangue freddo davanti ai miei occhi. Ho una famiglia che non vedo da lunghi anni e due genitori morti senza realizzare il loro sogno di rivederci un’ultima volta. Ho una patria devastata, un popolo sfollato, e persino le nostre case sono state demolite dai bulldozer israeliani.
Ciononostante, non ho mai fatto un passo indietro né esitato nel rivendicare il diritto del mio paese alla libertà, e non ho mai chinato il capo davanti a nessuno. Questo perché credo fermamente in questa causa. Cosa sarà mai essere ucciso per la libertà del mio paese e del mio popolo? Cosa sarà mai trascorrere anni in carcere per la mia causa? Specie considerando che vi sono oltre 10.000 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, e io sono una parte indivisibile di loro. Se vi è una cosa che mi rattrista, è che tutti i miei compagni hanno avuto l’onore di cadere martiri, lottando per la Palestina, nutrendo con il loro sangue quella terra di pace e amore, violata dall’occupazione sionista. E io non ero al loro fianco.

Non amiamo la morte; al contrario, siamo un popolo che ama la vita più di ogni altra cosa. Tuttavia, preferiamo la morte con dignità e onore al vivere nell’umiliazione, con i nostri diritti negati. Signor Giudice, noi crediamo che la Palestina lo meriti e che la nostra amata Gerusalemme abbia un caro costo, che ogni palestinese è disposto a pagare con la propria anima.

  Quando la Palestina chiama, ferita, ha solo noi, suoi figli, disposti a difenderla con l’anima e con il sangue. Chi non difende la propria madre quando ha bisogno di lui, un domani non avrà il diritto di essere seppellito nella sua stessa terra, annaffiata dal sangue dei martiri. È un figlio indegno, che verrà respinto dalla sua stessa terra e non sentirà mai calore, né in vita né in morte.

 Tutti voi avete una patria nella quale vivere in tranquillità e sicurezza, tranne noi palestinesi. La nostra patria vive in noi, e siamo disposti a sacrificare l’anima in sua difesa. È lei che ci dà dignità e onore, e questo lo possono comprendere solo i liberi di questa terra; siamo un popolo che non si arrende, è vittoria o morte.

 Come potete accusarmi di terrorismo, mentre riconoscete la legittimità del movimento Fatah, del quale esistono uffici e rappresentanze in tutto il mondo, tra cui l’Italia, non è un atteggiamento falso e ipocrita?

L’Italia ha anche accolto il leader e fondatore del nostro movimento al Parlamento italiano per ben due volte. In quell’occasione, egli venne in Italia vestito con la propria divisa militare e armato, e dall’Italia pronunciò un discorso che fu ascoltato dal mondo intero. Lo stesso è stato fatto con l’attuale presidente, Mahmoud Abbas.

Se lo sguardo strabico della giustizia affermerà che i resistenti palestinesi sono terroristi e non partigiani avallerà la politica del più forte, la legge della giungla, dove il più forte e brutale prevale.

Signor Giudice, il popolo italiano non è e non sarà mai nostro nemico; merita tutto il meglio e il nostro rispetto, è un popolo amico che ha sempre sostenuto la causa palestinese. I nostri nemici sono gli israeliani che occupano la nostra terra, e nessun altro.
L’entità israeliana è un’entità occupante e terrorista, che non rispetta e non ha mai rispettato, nella sua storia, le leggi internazionali. Ha una storia colma di tradimenti. Hanno assassinato, nel corso degli anni, molti palestinesi in tutto il mondo: in Norvegia, Ungheria, Bulgaria, anche qui in Italia, in Malesia e in diversi paesi arabi. Essi non riconoscono nessuna legge che non sia la loro, nessuna legittimità che non sia la loro, e guardano a tutti coloro che non sono israeliani come loro subordinati.

Oggi definiscono le organizzazioni delle Nazioni Unite come terroristiche, come l’UNRWA, e l’ONU come un covo di antisemiti, e con tutta insolenza attaccano anche il Papa con la stessa accusa infamante. Diventa un nemico da prendere di mira chiunque non si allinei con loro.

Noi Palestinesi siamo un popolo libero e non accetteremo mai di essere gli schiavi di nessuno.

In questi ultimi giorni, davanti agli occhi dell’intero mondo, l’esercito israeliano ha sfollato oltre 40 mila palestinesi dalle proprie case a Tulkarem, bruciando abitazioni, devastando strade, ospedali, uccidendo donne e bambini; lo stesso accade anche a Jenin. Continuano a occupare anche ora, mentre mi trovo in quest’aula, commettendo i peggiori massacri contro i civili inermi, mentre voi tacciate il nostro difenderci di terrorismo; su quanto accade siete divenuti ciechi e sordi, perché non vi esprimete?

Signor Giudice, l’entità sionista uccide e distrugge in Palestina sin dal 1947, e non dal 7 ottobre. Ma il mondo è rimasto immobile e in silenzio, e il dolore lo prova solo chi riceve la ferita.

Ci troviamo ad affrontare una violenza squadrista, nazi-fascista, così come il popolo italiano ha affrontato l’aggressione e la violenza nazista tedesca. La differenza tra noi e voi, però, è che dopo più o meno 20 anni, voi siete riusciti a liberarvi, mentre noi, dopo 75 anni, ci ritroviamo ancora a resistere.

Signor Giudice, se la resistenza palestinese, legittimata da tutte le corti internazionali, a cui l’Italia ha aderito e riconosce legittimità, oggi la considerate terrorismo, allora, stando allo stesso principio, anche la resistenza italiana contro Mussolini, il fascismo e la Germania nazista dovrebbe essere definita terrorismo.

  Signor Giudice, nel corso della sua storia l’occupazione israeliana non ha rispettato né le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza né le decisioni della Corte Internazionale, potete dirmi che fine hanno fatto gli Accordi di Oslo e Camp David, e che fine hanno fatto le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza 242 e 338?

Riuscite a censire i palestinesi uccisi nel corso dell’aggressione israeliana a partire dal 1947 fino al giorno d’oggi? Oppure il numero di profughi cacciati? Come si esprime su questo il vostro diritto e la vostra legge?

Signor Giudice, la madre palestinese è come tutte le madri di questa terra. Immaginate con me di svegliarvi ogni mattina, mandare vostro figlio a scuola, preparargli da mangiare e, al momento di riaccoglierlo a casa al suo ritorno, vederlo tornare avvolto in un telo bianco, ucciso da un soldato israeliano, e doverlo stringere per l’ultima volta.

Immaginate, a Gaza, un padre con sua moglie e nove figli che si trovano senza cibo. Il padre esce per cercare qualcosa da mangiare; al suo ritorno ritrova tutta la famiglia morta sotto le macerie, uccisa da un bombardamento sionista.

Qualcuno di voi può alzarsi e dire che Israele è uno Stato occupante, oppressore e terrorista? Questa verità la sapete tutti in cuor vostro, ma nessuno di voi può dirla ad alta voce, perché vi ritrovereste accusati di antisemitismo, perdereste il vostro lavoro o potreste trovarvi a dividere con me il tavolo a pranzo in carcere, con un’accusa di terrorismo. Per questo dico e ripeto che forse i palestinesi sono i soli liberi in questo mondo di schiavi.

Viva la Palestina libera e araba

Viva Gerusalemme, sua eterna capitale

Pace all’anima dei martiri e dei bambini di Palestina

Saremo sempre la prima linea di difesa fino alla liberazione 

Palestinesi processati in Italia – Stralci della dichiarazione spontanea di Anan Yaeesh all’udienza preliminare

Un articolo di cronaca abruzzese di oggi, che merita di essere manipolato con cautela in quanto velina di polizia e Procura, mescola cose vere e cose false, come fa un manipolatore dell’informazione degno di tale fama.

Iniziamo dalle cose vere, poste in un trafiletto sotto il grosso dell’articolo, che contiene stralci della lunga e articolata dichiarazione di Anan, e le dichiarazioni della difesa all’esito dell’udienza.

Anan:

“Sono un uomo della resistenza, lo Stato italiano lo sa ed è per questo che ha accettato la richiesta di asilo. Il mio è un arresto illegittimo, in Italia non ho commesso alcun reato.

Per noi la resistenza è un dovere, voi siete amici di Israele. Non accettate e non rispettate tutto ciò che è il diritto internazionale, ma guardate solo alle relazioni diplomatiche, solo perché Israele è amico dell’Italia. Mi vergogno di dovermi discolpare dall’essere un resistente, mi ritengo parte di un popolo aggredito ed è mio diritto difendermi. Noi non riconosciamo l’occupazione. Mi vergogno di essere qui in carcere, al caldo quando bambini in Palestina vengono uccisi. Mi vergogno delle cure che ricevo, quando tutti i ragazzi che si trovano nelle carceri di Israele vengono torturati. La terra di Palestina non ha nessuno che la difende. Sono anni che l’esercito israeliano bombarda senza distinzione i civili, ammazza donne e bambini, arresta tutti. Il mio corpo ha 11 pallottole e 40 schegge, non c’è osso del mio corpo che non si sia fratturato. Sono stato rianimato due volte a causa delle torture. Amiamo la vita più di altri, ma per dignità preferiamo morire piuttosto che sottostare agli occupanti.”

La difesa:

“Con estremo disappunto della difesa, prosegue la decisione dell’autorità giudiziaria di perseguire tre palestinesi residenti in Italia, rei, secondo la Procura, di aver contribuito a realizzare fatti di Resistenza in Cisgiordania. Evidentemente si è deciso, nel nostro Paese, che ai palestinesi non si applichi il diritto all’autodeterminazione dei popoli, il diritto alla resistenza e all’indipendenza, riconosciuti e pacificamente ammessi dalle convenzioni internazionali sottoscritte anche dall’Italia. Si tende così ad affermare il principio secondo cui i palestinesi non solo devono subire il tentativo di genocidio attualmente in corso, reato ritenuto plausibile dalla Corte Internazionale di Giustizia, o i crimini di guerra e contro l’umanità, come ritenuto dalla Corte Penale Internazionale, ma devono farlo senza neppure provare a difendersi. Contro questa impostazione politica e giuridica, la difesa farà ricorso al diritto internazionale.

E passiamo ai falsi, o meglio, a ciò che trapela da questo articolo:

Si scrive che “UNO DEGLI IMPUTATI SI E’ PRESENTATO CON I QUATTRO FIGLI IN TENERA ETA’ CHE GIOCAVANO NELL’ATRIO”, specificando nel corpo dell’articolo che Mansour era “accompagnato dalla moglie e dal suoi quattro figli in tenera età, i quali, giocando nell’atrio fuori dalla stessa aula di udienza, hanno richiamato l’attenzione del Gup, che, meravigliata, ha chiesto spiegazioni”

Ciò che trapela in questa precisazione è il fastidio che il giornalista, e probabilmente anche il Gup, hanno provato alla vista di 3 bambini palestinesi (e non 4), che con la loro vivacità rompevano la “solennità” di un’udienza in realtà rituale, dove tutto era già deciso. Dove però non si poteva mostrificare, deumanizzare fino in fondo, i resistenti palestinesi. Ma oltre al fastidio, ciò che trapela è il disprezzo delle vite, delle relazioni e dei sentimenti dei palestinesi, in quanto tali e in quanto proletari. L’indifferenza alla loro sofferenza quando Mansour era in carcere e il fastidio nel vederli uniti e apparentemente sereni.

Poi si potrebbe disquisire a lungo anche sui motivi della conta sbagliata – perché quattro e non tre figli se le differenze tra i 3 bambini sono talmente evidenti? – Ciò che trapela allora è anche razzismo, è il fare appello alla pancia degli “itagliani”, come pure quando si scrive: “DAL CARCERE DI TERNI L’ATTACCO ALL’ITALIA: “NON RISPETTATE IL DIRITTO INTERNAZIONALE””

Ciò che non emerge invece dall’articolo è l’intima complicità e vicinanza tra Italia e Israele, che a livello giudiziario si dimostra non solo nella rogatoria passiva che è stata richiesta dall’Italia ad Israele, ovvero la trasmissione di documenti e interrogatori compiuti sotto tortura in Israele nei confronti di alcuni palestinesi arrestati a Tulkarem, ma anche in quella attiva, ossia nella trasmissione ad Israele di tutte le informazioni contenute nel materiale informatico sequestrato in Italia. Ed è facile immaginare che dei tantissimi omicidi compiuti nell’arco di questo ultimo anno, di giovani e giovanissimi militanti palestinesi, una parte sia stata possibile anche grazie a queste informazioni.

Queste rogatorie pertanto sarebbero inutilizzabili nel rispetto del diritto internazionale, ma questo governo fascista, oltre a calpestare la Costituzione della repubblica italiana nata dalla Resistenza, se ne frega altamente del diritto internazionale.

Di qui la necessità di allargare il più possibile la campagna, investendo in essa anche giuristi democratici, oltre, naturalmente, le organizzazioni per i diritti umani.

Per aderire alla campagna inviare mail a comitatofreeanan@gmail.com