Anan Yaeesh, palestinese sotto processo a L’Aquila su mandato del governo genocida di Israele, è stato trasferito il 23 settembre, dal carcere di Terni a quello di Melfi.
Il trasferimento, del tutto strumentale, perchè Anan non ha commesso alcuna infrazione disciplinare in 19 mesi di detenzione a Terni, è stato deciso all’indomani di un presidio sotto quel carcere, dove centinaia di persone di tutte le età hanno voluto esprimere, con la loro presenza, i loro interventi, i loro slogan, piena solidarietà ad Anan Yaeesh e alla resistenza palestinese, ribadendo che il diritto all’autodeterminazione a livello internazionale riconosce ai popoli sotto occupazione militare – come quello palestinese- il diritto alla resistenza e che quindi Anan non può né deve essere processato e deve essere liberato.
La solidarietà popolare che si è espressa in quel presidio a Terni è tornata amplificata all’ennesima potenza il giorno dopo, quando nelle piazze di tutta Italia, ma in particolare in quelle del centro, centinaia di migliaia di manifestanti hanno aderito allo sciopero generale indetto dai sindacati di base, bloccando strade ferrovie e porti al grido di “Palestina Libera”, “La Resistenza non è reato, Anan Yaeesh va liberato”.
Alla solidarietà popolare e di massa espressa ad Anan e alla resistenza palestinese, lo stato italiano, con tutti i suoi apparati, ha risposto con la deportazione e la dilatazione dei tempi del processo.
Un processo assurdo, sulla base di accuse mosse da Israele, per sostegno alla resistenza palestinese in Cisgiordania definita come “terrorismo”. Un processo in cui la difesa è stata privata pressoché di tutti i testimoni e in cui l’accusa non è riuscita a dimostrare alcun coinvolgimento di Anan e dei suoi due amici palestinesi in azioni violente, né contro civili né contro coloni israeliani. Tantomeno è riuscita a provare che le azioni contestate si siano mai verificate, a conferma della natura politica di un processo che mira a criminalizzare la solidarietà e la resistenza palestinese e che è diventato uno dei punti centrali della piattaforma della grande manifestazione nazionale del 4 ottobre a Roma.
Ed è di questa mobilitazione e solidarietà popolare che lo stato israeliano genocida e il governo italiano complice hanno evidentemente paura.
La preoccupazione dell’entità sionista per le mobilitazioni in Italia, d’altronde, emerge chiaramente dall’attività di dossieraggio del governo israeliano, che su ogni manifestazione per la Palestina fornisce un quadro molto dettagliato, indicando orari, luoghi, coordinate geografiche, livelli di rischio assegnati a ciascuna piazza, gruppi promotori.
Il lavoro sporco che l’Italia sta facendo per Israele, non si ferma infatti alla deportazione di Anan lontano dalla comunità che lo sostiene, ma attraverso la magistratura sta compiendo una vera e propria opera di ostruzionismo, prima accelerando, poi dilatando i tempi del processo, quasi ad evitare che la pronuncia della sentenza avvenga a ridosso del 7 ottobre e in un momento di alta e intensa mobilitazione per la Palestina.
Le udienze fissate per il 19 e il 26 settembre sono state annullate a causa del trasferimento del giudice a latere. Nonostante il trasferimento fosse noto da tempo (il decreto è datato 8 settembre), non è mai stata inviata alcuna richiesta al CSM per garantire la conclusione del processo con lo stesso collegio giudicante.
Nell’udienza del 24 settembre il Tribunale dell’Aquila ha fatto slittare le udienze al 31 ottobre per la conclusione dell’istruttoria, al 21 novembre per la requisitoria del PM, al 28 novembre per le arringhe della difesa, le dichiarazioni degli imputati, ed eventualmente per la sentenza, salvo fissare la conclusione del processo ad un’altra data.
Questo allungamento compromette il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, sancito dall’articolo 111 della Costituzione. Anche il trasferimento di Anan a centinaia di chilometri dal foro competente e dal suo avvocato, incide pesantemente sul suo diritto alla difesa, rendendo più difficili e onerosi i contatti con il legale in una fase processuale decisiva. Per questo è stata presentata un’interrogazione parlamentare al ministro Nordio per verificare la responsabilità e l’inerzia del Tribunale dell’Aquila nella gestione del procedimento e valutare il ritorno di Anan Yaeesh presso il carcere di Terni.
Ma la nostra preoccupazione, come soccorso rosso proletario, va anche alle condizioni di vita di Anan nel nuovo carcere, che ha regole molto più restrittive di quelle di Terni. Anan si trova di fatto solo in una stanza singola, e molte delle cose che prima poteva tenere in cella gli sono state tolte, come il computer, e persino l’orologio da polso. A Terni la presenza di un Imam lo accompagnava nelle sue preghiere, a Melfi è contemplata solo la religione cattolica. Inoltre Anan era iscritto all’Università per Stranieri di Perugia, e questo trasferimento va a ledere, oltre tutto, il suo diritto all’istruzione.
Ma stiano sicuri i carcerieri, il ministero Nordio e il governo Meloni, che Anan nel carcere di Melfi avrà lo stesso sostegno e la stessa solidarietà che aveva a Terni. Perché Melfi non ha solo il carcere, Melfi ha la Stellantis, con un ex militare israeliano alla presidenza del gruppo, un accordo di collaborazione industriale con Israele, ma con migliaia di operai che hanno doppie ragioni per lottare contro un padrone, che si arricchisce non soltanto sulla loro pelle, ma anche col genocidio del popolo palestinese.
E ora che sindacati di base e CGIL aprono allo sciopero generale unitario per la Palestina, questa possibilità è tutt’altro che remota.
Anche a Melfi stiamo cercando di costruire una rete di solidarietà attorno ad Anan, per contrastare il piano di desolidarizzazione contro di lui da parte dello Stato italiano.
Facciamo appello quindi a tutti i comitati e le realtà lucane e pugliesi solidali con la Palestina a conoscere e a informare le persone di quei territori sulla vicenda di Anan Yaeesh e sul processo-vendetta che si sta compiendo a L’Aquila su un partigiano palestinese della Cisgiordania per conto di Israele.
Agli operai della fabbrica di Melfi, a tutti i lavoratori che dal nord al sud Italia stanno scioperando e presidiando anche in questi giorni le piazze contro il genocidio in Palestina e in sostegno della Flottilla, diciamo che un pezzo di Palestina e della sua legittima resistenza è illegittimamente detenuto nel carcere di Melfi da un governo complice di genocidio, che vuole processarlo e condannarlo per condannare la lotta per l’autodeterminazione di un intero popolo.
A tutti diciamo che la campagna per la liberazione di Anan Yaeesh va portata in ogni iniziativa, manifestazione, sciopero, blocco per la Palestina, perché Anan è uno di noi, e noi siamo parte della resistenza palestinese qui in Italia, perché siamo tutti palestinesi.
Continuiamo a sostenere Anan, scriviamogli:
Anan Yaeesh
c/o Casa Circondariale di Melfi, Via Lecce 18
85025 – Melfi (PZ)
Soccorso rosso proletario – L’Aquila