L’avvocato Claudio Novaro, difensore di molti militanti: «Si vuole eliminare la protesta sociale»
Tanto per esser chiari, scrive alla fine l’avvocato Claudio Novaro, il senso (della vicenda) è in una canzone del Sessantotto francese, di Dominque Grange: «Même si vous vous en foutez, chacun de vous est concerné», anche se ve ne fregate, ognuno di voi è coinvolto. Nel lungo e articolato pezzo — pubblicato sul sito Volerelaluna.it, il difensore di tanti militanti antagonisti parla della maxi inchiesta di Digos e Procura sul centro sociale Askatasuna, con l’obiettivo di ampliare la riflessione (giuridica) e allargare l’orizzonte (politico), come da titolo: «Costruire il nemico. Askatasuna, i No Tav, il conflitto sociale». Difatti, l’ultimo capoverso è proprio un appello alla politica: «Sarebbe bene che quel poco di sinistra che ancora esiste a Torino e nel Paese – scrive il legale – iniziasse a interrogarsi e a preoccuparsi di queste derive giudiziarie, perché non si tratta solo di Askatasuna o della repressione per via giudiziaria delle attività di un centro sociale». Piuttosto, «le affermazioni sopra riportate (quelle relative all’inchiesta, ndr) rendono plasticamente conto dei rischi di una deriva autoritaria non solo della giustizia, ma, visto il ruolo preponderante nell’inchiesta dell’autorità amministrativa, incarnata nella Polizia di stato, delle istituzioni, con il tentativo di delegittimare ed eliminare dallo scenario collettivo il conflitto e la protesta sociale». Va da sé, il punto (non secondario) è con quali mezzi e strumenti sono poi portati avanti, conflitto e protesta sociale.
«L’obiettivo è lo sgombero, come con l’ex Asilo»
La riflessione dell’avvocato Novaro arriva dopo che, l’11 luglio scorso, il tribunale del Riesame ha parzialmente accolto l’appello della Procura su alcune richieste di misure cautelari e, soprattutto, su un’ipotesi di reato, inizialmente bocciata dal gip: quell’associazione sovversiva che i giudici hanno ora riqualificato in associazione per delinquere. Con questa specificazione, riferisce il legale: «A costituire un’associazione per delinquere non è il centro sociale ma “un gruppo criminale dedito a compiere una serie indeterminata di delitti, principalmente in Val di Susa”». Seguono durissime critiche, chiaramente di parte (difensiva), a Riesame e Procura: poiché la prospettiva interpretativa dei giudici «cerca di salvare l’insalvabile, ma ne condivide il pressapochismo, la scarsa aderenza alla realtà dei fatti e, soprattutto, la scarsa conoscenza delle pratiche, dei linguaggi, perfino delle idee che caratterizzano il variegato mondo dell’antagonismo italiano». Morale, sempre secondo l’avvocato Novaro: la polizia aveva in mente per Askatasuna la stessa operazione fatta con l’ex Asilo occupato, cioè lo sgombero. Ma qui, sostiene il legale, «la posta in gioco è ancora più alta». Perché si va dalla «conflittualità metropolitana, legata alle manifestazioni di piazza, alle politiche abitative cittadine», fino «al bersaglio più grosso, la resistenza in Val di Susa contro la Tav». Tant’è che, «106 reati sui 112 contestati originariamente, ora ridotti a 66 su 72, riguardano episodi commessi in Valle, nell’ambito della lotta No Tav». Mentre, per quanto riguarda le tantissime intercettazioni, «si tratta di conversazioni malamente e approssimativamente lette e decifrate sulla base di un’interpretazione esclusivamente letterale, anche quando ci si trova di fronte a battute, risate, frasi scherzose». Poi però, spesso, gli scontri con le forze dell’ordine, sono verissimi. Opposta, ovviamente, la lettura di Digos e pm, che in due anni di inchiesta sono convinti di aver ricostruito un’attività illegale sfociata nei reati a vario titolo contestati. Sull’effettività delle misure cautelati dovrà esprimersi ora la Cassazione, su tutto il resto si aspetterà, eventualmente, un dibattimento.