Archivio mensile:Aprile 2022
La soluzione finale per Julian Assange
La Corte di Westminster, a Londra, ha emesso l’ordine di estradizione per Julian Assange, il fondatore del sito WikiLeaks. Spetta ora alla ministra dell’Interno britannica, Priti Patel, approvare o meno l’estradizione di Assange negli Stati Uniti entro il 18 maggio.
di Gianluca Cicinelli
Adesso soltanto un improbabile ricorso all’Alta Corte potrebbe modificare la decisione, dopo che il mese scorso la Corte suprema si era rifiutata di riesaminare il caso. Ormai dal punto di vista giuridico il Regno Unito – l’ex patria del “Free Speech Corner” – ha preso la sua decisione, servile nei confronti degli Usa.
Sette minuti. Tanto è durata l’udienza, la cui sentenza era già scritta da mesi, con cui si è posta la parola fine alla vita civile di Julian Assange, accusato dagli Stati Uniti di aver diffuso documenti riservati che provano i crimini di guerra commessi dai militari a stelle e strisce in Iraq e Afghanistan. Per chi non li avesse visti, si tratta in particolare di filmati dove gli statunitensi aprono il fuoco senza provocazione alcuna uccidendo civili inermi come fossero cani. Quei filmati sono un servizio reso al mondo civile, quello che sta scomparendo ogni giorno di più, che ha macchiato per sempre di sangue l’abito da “esportatori della democrazia” con cui le amministrazioni di Bush Jr (repubblicano) e di Obama (democratico) hanno giustificato le invasioni di Iraq e Afghanistan dopo gli attentati subiti l’11 settembre 2001.
Di seguito il filmato reso pubblico da Wikileaks, denominato “Collateral Murder” che mostra il massacro di civili compiuto dalle forze armate Usa il 12 luglio 2007, tratto dal programma Rai “Presa Diretta” di Riccardo Iacona
Julian Assange è rinchiuso da tre anni nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, dopo essere stato espulso dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra in cui aveva trovato rifugio quando presidente del Paese americano era Rafael Correa. Appena eletto nuovo presidente dell’Ecuador Lenin Moreno, il “rifugiato” Assange fu trascinato fuori a forza dall’ambasciata e arrestato dalle autorità inglesi.
Assange è in un pessimo stato di salute non soltanto fisica da molto tempo. Amnesty International ha dichiarato che un’eventuale approvazione della sua estradizione da parte della ministra dell’Interno Priti Patel violerebbe il divieto di tortura e costituirebbe un precedente allarmante per pubblicisti e giornalisti di ogni parte del mondo. Amnesty fa anche notare che se il governo di Londra consentisse a uno Stato estero di esercitare giurisdizione extraterritoriale per processare una persona che ha diffuso informazioni dal Regno Unito, altri governi potrebbero sfruttare la stessa strategia giudiziaria per imprigionare giornalisti e mettere il bavaglio ai media anche oltre i loro confini. All’udienza – che rischia di trasformarsi nella condanna a morte per Julian Assange – era presente l’ex leader laburista Jeremy Corbyn che ha dichiarato di sperare che il ministro dell’Interno britannico riconoscesse la sua “enorme responsabilità” nel difendere la libertà di parola, il giornalismo e la democrazia rilasciando Assange.
India, muore Narmada Akka, leader del movimento rivoluzionario maoista, detenuta dallo stato fascista e genocida di Modi.
Atto di intimidazione a Iglesias alla Giornata della Terra
Ieri 22 aprile si è svolta ad Iglesias la Giornata della Terra, promossa dal Comitato Riconversione RWM in collaborazione col Movimento Nonviolento e numerose associazioni territoriali. Durante la serata diverse associazioni ambientaliste e disarmiste hanno presentato il loro lavoro.
Dopo la presentazione del libro “Disarmare il virus della violenza” di Pasquale Pugliese e al termine di una serata che aveva visto anche la partecipazione di alcuni bambini della scuola primaria e l’esposizione dei loro lavori sulla pace, si è verificato un atto inconsueto ed assurdo durante un evento culturale, svoltosi tra l’altro in un locale comunale: alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine hanno proceduto all’identificazione di alcuni fra i presenti, senza fornire alcuna motivazione specifica. A quel punto, anche le altre persone presenti in sala hanno chiesto di essere a loro volta identificate.
A nostro avviso si tratta di un atto di intimidazione nei confronti di associazioni e movimenti della società civile, impegnati nel difficile compito di preparare la pace in un momento storico in cui il clima bellicista sta prendendo il sopravvento nella politica governativa e nelle istituzioni. Oggi mettere in discussione il potere dell’industria degli armamenti e di chi la spalleggia viene evidentemente considerata una colpa, così come quella di dichiarare pubblicamente la propria contrarietà alla guerra e all’invio di armi sul teatro bellico.
Come nonviolenti condanniamo questo episodio e confermiamo il nostro impegno per la pace ed il disarmo, rivendicando il diritto di poter fare cultura di pace, senza provocazioni né intimidazioni.
Cagliari, 23.04.2022
Movimento Nonviolento Sardegna
da pressenza
Tre combattenti delle Ypj uccise dai droni turchi. Ancora attachi in Rojava e a Shengal
L’autocrate turco Erdogan sta intensificando gli attacchi contro le esperienze di autogoverno e confederalismo democratico in nord-Iraq e Siria del nord-est. Da lunedì 18 aprile è iniziata una nuova operazione militare, supportata anche dai Peshmerga curdo-iracheni del cacicco locale, Barzani (KRG, conservatore) e da pezzi dell’esercito governativo iracheno (clicca qui per la prima corrispondenza di Radio Onda d’Urto).
Bersaglio di raid aerei e tentativi – finora fallimentari – di incursione via terra sono in particolare le postazioni del Pkk sui monti dell’Iraq settentrionale e il distretto di Shengal, il territorio dell’autonomia democratica ezida, ma anche la regione di Hasake in Rojava con colpi di cannone che hanno raggiunto anche il centro di Kobane. Qui le Women’s Defense Units (YPJ) hanno annunciato la morte di tre compagne – Dilar, Ronahî and Kobanê – uccise da un drone turco
Sale nel frattempo pure il bilancio di militari turchi uccisi: secondo il Pkk sono almeno cento, di cui sei alti ufficiali. Secondo Ankara, invece, sarebbero due in tutto.
Da Shengal, dove alla resistenza delle Ybs (le forze di autodifesa ezide) si unisce la mobilitazione della società civile, sentiamo la corrispondenza di Nayera, compagna che si è recata nel nord-Iraq per condurre una ricerca sulla comunità ezida e sul suo autogoverno. Ascolta o scarica
La questura di Padova vieta il corteo in difesa del diritto di aborto
Bologna: tentarono di impedire il comizio di Salvini, antirazzisti condannati
VENTIMILA LEGHE DI RICATTO. Raccolta fondi in solidarietà agli antirazzisti condannati
Nell’autunno del 2014 la Lega capitanata da Matteo Salvini si trovava in fase di grande ascesa e Bologna era stata designata come luogo simbolo della sua avanzata in tutta Italia.
L’8 novembre dello stesso anno il leader della Lega, assieme a Lucia Borgonzoni e Alan Fabbri, aveva programmato una “visita” al campo sinti di Villa Erbosa. Quella rom sinti e camminati rappresenta una comunità che da secoli subisce violenze e discriminazioni e ancora oggi risulta essere la “minoranza più discriminata d’Europa”. Basti pensare che nel suddetto campo vivevano 21 famiglie già drammaticamente note alla cronaca locale per aver subito l’assalto della banda della Uno Bianca del dicembre 1990 in via Gobetti (due i morti, Patrizia della Santina e Rodolfo Bellinati).
La mattina dell’8 Novembre, Bologna si presenta diametralmente divisa: da un lato la volgare provocazione della Lega alla costante ricerca di sensazionalismi, per rilanciare la propria campagna elettorale in vista delle regionali previste per la fine del mese; dall’altro la comunità sinti, supportata dalla Bologna antifascista e antirazzista che voleva evitare l’ennesima speculazione politica sulla pelle degli ultimi.
Per aggirare il confronto con sindacati, realtà politiche e società civile, e poter fare il proprio comizio in favor di telecamera, Salvini e il suo seguito si avvicinarono al campo da un ingresso secondario.
Un gruppo di manifestanti, per evitare di regalare l’ennesimo palcoscenico di propaganda razzista, si pose davanti alla vettura di Salvini che, anziché indietreggiare, decise di avanzare a tutta velocità finendo per investire alcuni dei ragazzi presenti. I numerosi video della giornata pubblicati in diversi social non lasciano molto spazio all’interpretazione: l’auto, inizialmente ferma, a un certo punto accelera in maniera improvvisa verso i manifestanti!
Sulla base di questi fatti la procura ha deciso di procedere solo nei confronti di coloro che si erano frapposti tra la popolazione sinti e lo squallido gesto di sciacallaggio della Lega e di Salvini che a quell’epoca, va ricordato, strizzava più di un occhio a Casapound e all’estrema destra italiana.
Difficile metterla diversamente: quando la Bologna antirazzista e antifascista decideva di opporsi a Salvini all’inizio della sua parabola politica aveva tutte le ragioni dalla sua parte.
A distanza di 8 anni da quei fatti, gli effetti delle politiche promosse (soprattutto) dalla Lega e dal suo leader sono sotto gli occhi di tutti: le politiche disumane sui confini del Mediterraneo responsabili di oltre 1.315 di morti o dispersi da gennaio ai primi di novembre del 2021 e 28.600 migranti intercettati in mare e riportati indietro dalla Guardia Costiera libica; la discriminatorietà dei decreti sicurezza; la retorica razzista volta gettare benzina sul fuoco della competizione etnica. Senza considerare i 49 milioni di euro di rimborsi elettorali spariti nel nulla…
Oggi, all’inizio del 2022, si consuma la vendetta di Salvini e del suo partito. Un’ occasione che evidentemente la Lega intende sfruttare per “fare cassa”, visto che Matteo Salvini, Lucia Bergonzoni e Alan Fabbri si erano costituiti parte civile chiedendo a risarcimento somme superiori a 200 mila euro, cifra esorbitante per i fatti della giornata!
La Corte d’Appello con sentenza del 28 febbraio 2022 ha ridimensionato la richiesta, ma condannato giovani ragazzi/e, comunque, a pene elevatissime se considerate in relazione alle dinamiche della giornata (tra i 2 mesi e un anno e mezzo di reclusione). Inoltre, alla pena detentiva si aggiunge il ricatto di quella pecuniaria, che vede gli imputati costretti a risarcire la Lega e i suoi esponenti coinvolti di una somma folle pari a 20 mila euro per danni morali!!
Si tratta di una cifra da capogiro se fatta gravare sulle spalle di una manciata di giovani precari, colpevoli semplicemente di essersi messi in gioco in prima persona per difendere l’idea di un mondo equo e senza razzismo.
Di fronte a questo vergognoso attacco facciamo appello a tutte e tutti, realtà organizzate e singole individualità, che in questi anni si sono battute/i, con forme e modi differenti, contro le politiche e le retoriche fascio-leghiste.
I ragazzi condannati sono lavoratori precari senza santi in paradiso e senza patrimoni che possano aiutarli a far fronte ad una simile somma di risarcimento, vigliaccamente pretesa da personaggi che di certo non hanno problemi di portafogli.
Crediamo che, come antifascisti/e, sia doveroso mostrarsi complici e solidali con i ragazzi condannati, e facciamo appello alla solidarietà di tutte e tutti per contribuire alle spese che incombono sui ragazzi.
In tali circostanze la solidarietà non solo rappresenta l’unico strumento per far fronte a questa sentenza, ma costituisce anche messaggio di speranza per chi in futuro si troverà a lottare contro le ingiustizie.
Come poter portare la propria solidarietà?
- Tramite CROWFUNDING (https://gofund.me/e1d14a1c): ogni euro raccolto in tutte le città d’Italia sarà utile per la causa;
- Partecipando alle iniziative di autofinanziamento che vi segnaleremo nei prossimi giorni;
- Diffondendo più possibile questo appello!
Con la certezza che sarete in molti a stringervi attorno ai condannati e sventare il sopruso che si cela dietro questa amara sentenza mandiamo a tutti un caloroso saluto e ribadiamo con ancora più convinzione la nostra opposizione a ogni genere di razzismo e fascismo.
I condannati e i solidali per i fatti dell’8 Novembre 2014