Gaza, presìdi per i palestinesi a processo: settembre di proteste all’Aquila

Bandiera Palestina


Viene lanciata già in questi giorni, con oltre un mese di anticipo e con volantinaggi anche fuori città, la mobilitazione davanti ai cancelli dello stabilimento Leonardo di Pile. L’iniziativa, secondo gli organizzatori, punta a mettere in evidenza il ruolo dell’azienda, controllata dallo Stato, “nella produzione e vendita di armamenti destinati anche a Israele e utilizzati nei conflitti in Palestina, Yemen, Siria e Libano”. Il 12 settembre, alle 7 del mattino, è in programma un’assemblea pubblica promossa dalla rete “La guerra comincia anche da Qui! Fermiamola!”.

La mobilitazione è legata anche al procedimento in corso a L’Aquila nei confronti di Anan Yaeesh, Mansour Doghmosh Mansour e Ali Irar, imputati in un processo con l’accusa di terrorismo internazionale. I promotori della campagna parlano di “criminalizzazione della resistenza anticoloniale” e denunciano un attacco a militanti palestinesi “per il solo fatto di esserlo”. Le prossime udienze sono fissate per il 19 e il 26 settembre, con annunciata presenza solidale davanti al Tribunale.

Presìdi e iniziative. In occasione delle udienze sono previsti presidi e momenti di informazione davanti al Palazzo di giustizia. Le iniziative si inseriscono in una cornice più ampia di proteste nazionali e internazionali, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e rivendicare il diritto all’autodeterminazione dei popoli.

Replica legale alla vicenda del Carrefour. Parallelamente, alcuni attivisti hanno avviato un’azione legale per diffamazione. Le querele riguardano dichiarazioni di esponenti politici e di un giornalista di una testata locale in merito a un flash mob del 25 aprile nel Carrefour dei IV Cantoni. Secondo la loro ricostruzione, la manifestazione – caratterizzata da un corteo silenzioso con bandiere palestinesi e cartelli – si era svolta pacificamente, senza episodi di violenza o aggressione. Le accuse, definite “false e lesive”, sono state contestate con l’annuncio di costituzione di parte civile e con l’intenzione di destinare eventuali risarcimenti alla resistenza palestinese.



Vicenza, la repressione si abbatte contro gli attivisti No Tav: 56 indagati

Sono 56 le persone sotto indagine della Digos per le manifestazioni di protesta tenutesi contro la linea ad Alta Velocità di Vicenza. A darne notizia, è la stessa Questura. I fatti contestati risalgono a due episodi distinti verificatisi presso il bosco Lanerossi, dove il gruppo aveva organizzato un presidio in difesa dell’area verde. Nel primo, gli attivisti hanno cercato di bloccare l’accesso all’area agli operai delle ditte incaricate dei lavori, venendo in risposta colpiti dagli idranti delle forze dell’ordine; nel secondo, hanno invece provato a ostacolare i lavori, ottenendo lo stesso trattamento. Il piano per l’alta velocità a Vicenza, dal valore di circa 1,82 miliardi di euro, rientra nel più ampio progetto della linea ad alta velocità/capacità Verona-Padova; la tratta vicentina prevede lavori su 6,2 chilometri all’interno della città, lungo i quali verrebbero abbattuti decine di edifici e intere aree verdi; inizialmente era previsto l’abbattimento dello stesso bosco Lanerossi, ma dopo un anno di mobilitazioni dal basso l’area del cantiere è stata spostata.

Il primo episodio per cui gli attivisti sono stati accusati risale allo scorso 8 luglio. Quel giorno, era previsto lo sgombero del presidio No Tav per la salvaguardia del bosco, che avrebbe dovuto lasciare spazio all’avvio dei cantieri. Arrivate sul posto, le forze dell’ordine hanno portato via attivisti e attiviste che si erano incatenati ai cancelli di ingresso del bosco, mentre quelli che si trovavano all’interno, su di piattaforme sopraelevate costruite sugli alberi, sono stati fatti scendere dai vigili del fuoco mediante un camion con braccio. Successivamente, le piattaforme sopraelevate sono state abbattute per mezzo di una ruspa, mentre la polizia in assetto antisommossa ha respinto con gli idranti gli ultimi attivisti rimasti a presidiare l’area. Il secondo episodio è invece del 12 luglio. Dopo lo sgombero, infatti, gli attivisti hanno organizzato un corteo che, partendo da una piazza della città, è arrivato proprio presso il bosco Lanerossi. Quel giorno, centinaia di persone hanno marciato verso l’area verde, e alcuni manifestanti hanno provato a sfondare la recinzione del cantiere, venendo nuovamente fermati dagli idranti delle forze dell’ordine.

Il Progetto Av/Ac Verona-Padova 2° lotto “Attraversamento di Vicenza” prevede il raddoppio dei binari sulla linea Milano-Venezia, inclusi i tratti che attraversano il centro abitato di Vicenza. Per la realizzazione del piano per l’alta velocità sono previste diverse demolizioni abitative, soprattutto nei quartieri di San Lazzaro, San Felice e Ferrovieri, tra i più popolosi della città, per un totale di circa 62.316 metri quadri di superficie. L’opera andrà a modificare 6,2 chilometri di tratto con annessi interventi all’intera viabilità nella parte ovest della città, fino alla stazione ferroviaria nel centro storico. Le proteste contro l’opera si sono intensificate a partire da maggio dell’anno scorso, quando il bosco Lanerossi è stato occupato dai collettivi che si sono opposti alla sua distruzione. Dopo un anno di mobilitazioni, il sindaco ha annunciato che il bosco non verrà abbattuto, e che l’area dei cantieri verrà spostata altrove. Il comitato, però, ha rilanciato la mobilitazione, e ora punta a rendere il bosco un’area pubblica di proprietà comunale a disposizione della comunità.

Burocrazia e negligenza sanitaria, la situazione nel carcere di Terni, dov’è rinchiuso Anan Yaeesh

Sabato scorso (9 agosto) Anan Yaeesh è stato visitato all’interno del carcere di Terni da un dentista privato, che avrebbe potuto risolvere il problema di Anan sabato stesso, se il carcere avesse messo a sua disposizione i materiali per intervenire. Ma dovrà portarli dal suo studio ed avrà bisogno di un’altra autorizzazione per entrare e per curarlo.

È dall’ottobre scorso che Anan soffre di mal di denti, ma la prima volta che è stato visitato dal dentista del carcere è stato a metà dicembre. Alla fine dello scorso anno scriveva:
Sono stato visitato dal medico qui le scorse 2 settimane, ma non ha fatto nulla, perché mi ha detto che i miei denti sono distrutti e bisogna rimuoverli tutti, e quando gli ho chiesto se poteva aggiustarli o rimetterli nuovi dopo averli rimossi mi ha detto “No, qui posso solo rimuoverli”. Quindi ho deciso di aspettare con il mio dolore fino a quando non sarò libero e potrò sistemare tutto fuori… Inoltre gli ho chiesto se potevo portare un medico da fuori e mi ha detto “sì, ma dovrebbe essere l’avvocato a farlo”, quindi non so se aspettare fino al processo per vedere se sarò libero o no.”

E così siamo arrivati ad agosto, un mese terribile per tutti i detenuti.

Tra abbandono sanitario, detenzione di persone gravemente malate, caldo estremo e mancanza di acqua, il diritto alla salute in carcere è un miraggio, e se non hai familiari in Italia o reti solidali che ti sostengano, te lo puoi scordare.

Fatta eccezione per le sezioni in AS2, il carcere di Terni è un istituto fortemente sovraffollato, dove in 600 detenuti condividono lo spazio minimo previsto per 422 posti regolamentari, con circa 150 detenuti psichiatrici. Mancano psicologi e personale sanitario adeguato, e invece di risolvere il problema del sovraffollamento e la cronica carenza di strutture e presidi sanitari, ogni rivolta dei detenuti a questo stato di cose diventa un pretesto per aumentare gli agenti di polizia penitenziaria e i loro armamenti.

Anziché più salute, più militarizzazione, repressione, guerra e carceri.

Ma se il carcere, in quanto a contraddizioni, è lo specchio di questa società, non lo è altrettanto per le relazioni che si instaurano tra i prigionieri e le prigioniere, che sono relazioni di autentica solidarietà umana. Perché una classe è rinchiusa in quelle mura, ed è la classe proletaria, che in essa trova la sua forza per resistere all’oppressione.

E noi che ancora abbiamo il privilegio delle cosiddette persone “libere”, abbiamo anche il dovere di conoscere e riprodurre quelle relazioni, di farle valere, anche fuori quelle mura e oltre ogni confine.

Ringraziamo il dentista, che nonostante gli intralci burocratici, continua a lavorare con scrupolo e impegno per la tutela della salute di Anan.

Libertà per Anan, libertà per tutti i prigionieri della libertà

Soccorso rosso proletario

carcere assassino

Detenuto si suicida nel carcere di Brissogne

Il corpo del giovane è stato trovato dalla polizia penitenziaria

Un giovane detenuto nella casa circondariale di Brissogne si è suicidato nelle scorse ore. Si tratta di un cittadino straniero originario del Nord Africa il cui corpo è stato trovato dal personale della polizia penitenziaria. In seguito alla conferma del decesso la salma è stata messa a disposizione della procura di Aosta.

Lo scorso marzo un altro detenuto straniero aveva tentato di togliersi la vita. Il gesto è stato evitato dal personale del carcere valdostano. Il mese successivo si è verificato un episodio analogo.

Recentemente a Brissogne sono arrivati il viceministro della Giustizia Sisto, che ha definito il carcere rispettoso della Costituzione, e la senatrice M5s Pirro, la cui visita è stata in parte annullata per la protesta di un detenuto che aveva scalato un muro del penitenziario.

COMUNICATO STAMPA | SOTTOSCRIZIONE NAZIONALE PER ANAN YAEESH

RISULTATO STRAORDINARIO DELLA PRIMA FASE: RACCOLTI 4340 EURO!

Nei primi quindici giorni della campagna nazionale di sottoscrizione a sostegno del combattente per la libertà palestinese Anan Yaeesh – detenuto nel carcere di Terni e attualmente processato presso il Tribunale dell’Aquila – la solidarietà popolare ha prodotto un risultato straordinario.

*Dal 15 luglio al 1° agosto 2024, sono stati raccolti 4340 euro* attraverso decine e decine di bonifici bancari provenienti da:
* *Singoli cittadini* da tutta Italia
* *Associazioni* impegnate nella difesa dei diritti umani e nella giustizia sociale
* *Sindacati di Base*

Questo flusso costante e generoso di contributi dimostra l’ampio sostegno alla lotta di Anan e all’urgente necessità di garantire il suo diritto a una difesa adeguata e a un processo equo, il diritto allo studio e alla salute.

*RILANCIAMO L’INIZIATIVA!*
La campagna *NON SI FERMA*. Per far fronte alle spese legali, di supporto processuale e di sostegno al diritto allo studio e alla salute di Anan durante questo difficile momento, è cruciale continuare e rafforzare la raccolta fondi.

*COME CONTRIBUIRE:*

1. *BONIFICO BANCARIO intestato a *CONFEDERAZIONE COBAS, SEDE PROVINCIALE DI TERNI
IBAN IT95C0200814412000103485396
Causale: per Anan Yaeesh

*PERCHÉ È IMPORTANTE CONTINUARE A SOSTENERE:*
* Garantire ad Anan Yaeesh gli strumenti necessari per la sua difesa legale.
* Coprire i costi dell’università
* Garantire il diritto alla salute e alle spese mediche di Anan
* Mantenere alta l’attenzione pubblica sulla sua vicenda giudiziaria e sulla causa palestinese.

*La solidarietà concreta è la nostra arma più potente. Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza.*

*Restiamo uniti per Anan, per la Palestina, per la Giustizia!*

CONFEDERAZIONE COBAS TERNI
COORDINAMENTO TERNANO PER LA PALESTINA

Soccorso rosso proletario

Slai Cobas s.c.

CaseMatte L’Aquila

#LibertàPerAnanYaeesh#SolidarietàConLaPalestina#SottoscrizioneNazionaleAnanYaeesh

“Rinchiusi come bestie”, le strazianti lettere dei detenuti nelle carceri della Liguria

azioni, denunce e richieste di aiuto. Dal carcere arrivano sulla scrivania del garante delle persone sottoposte a misure restrittive della Liguria “Siamo rinchiusi come bestie, nella saletta il tavolo è rotto e non ci sono neanche le sedie. Nessuno sa cosa farsene di noi”. È solo una riga della lunga lettera firmata da un detenuto del carcere di Marassi spedita a Doriano Saracino, garante delle persone sottoposte a misure restrittive della Liguria. Non è la prima e non sarà sicuramente l’ultima: dall’inizio dell’anno sono state 53, alcune scritte dalla stessa persona.

Mai così tanti suicidi nelle carceri della Liguria, sette casi nel 2024 – Il dramma

Richieste d’aiuto, denunce, difficoltà: i messaggi dei detenuti sono tutti diversi e arrivano da tutte le carceri della Liguria. Così, tra una lettere e l’altra, c’è chi denuncia le condizioni del penitenziario tra sovraffollamento e la muffa, e chi invece racconta della paura della vita dopo il penitenziario, senza futuro o prospettive.

Nelle lettere stati d’animo, segnalazioni, denunce e richieste di aiuto

“Per favore aiutatemi, conoscete la mia situazione” 

Le lettere raccontano storie intime, dolori, speranze ma anche relazioni. Saracino e il suo ufficio risponde a tutti: “Una soluzione unica, uguale per tutti, non c’è. Leggiamo e nella maggior parte dei casi, quando è possibile, ci muoviamo” spiega il garante. “Vediamo se è possibile la presa di contatto con gli operatori che possono occuparsi del detenuto al momento della scarcerazione, oppure andiamo a fare un colloquio con la persona che ha chiesto determinate incontri con noi, se ci sono elementi che meritano di essere approfonditi lo facciamo e se ci sono dei riscontri significativi, in certi casi ci sono già stati in passato degli esposti alla magistratura per dei fatti che abbiamo ritenuto gravi seguiamo l’iter”.

Perché nel carcere di Marassi potrebbe scoppiare una nuova rivolta – Leggi qui

“Rispondiamo anche laddove non è semplice rispondere. A volte non c’è molto che si possa concretamente fare ma è importante che le richieste che arrivano a noi non vengano considerate messaggi infilati in una bottiglia, del tipo: se arriva qualcuno bene, se non arriva si è perso. Anche questo non è facile perché l’ufficio non ha una grande struttura, siamo in pochi e le richieste sono tante”.

L’anno scorso sono state più di 330 i detenuti incontrati dal garante

“Siamo come leoni in gabbia. Non c’è una palestra, non c’è niente, solo uno schifo”

Alle lettere infatti, si sommano le e-mail e le telefonate di parenti o di persone che da semilibere possono comunicare direttamente con loro, più tutte le richieste di persone che incontrano durante le visite nelle carceri. Lo scorso anno sono state 330 le persone incontrate in carcere del garante, numero a cui si deve sommare anche quelle incontrate nelle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) e le detenzioni domiciliari. Oltre al tempo e alle risorse, c’è il peso psicologico di un lavoro fondamentale: “Ci si confronta spesso con il dolore, con il fallimento, sia della società che delle persone. Il mio approccio – continua Saracino – è ‘fallirò ancora, ma fallirò meglio’: sapere che nella vita le cadute ci sono, ma che si può cambiare e migliorare sempre è l’unico modo per mantenere l’ottimismo e la fiducia davanti a tutti questi drammi. È un modo per resistere culturalmente a un clima che in qualche modo insiste nel dire che per queste persone occorre gettare via la chiave”.

“Bisogna lavorare per far si che la pena abbia un senso”

“Se vogliamo buttare via la chiave non dimentichiamoci che queste persone anche con la “chiave buttata” prima o poi usciranno, perché la pena termina. E allora la domanda che pongo è: come vogliamo che escano? La risposta a questa domanda è collegata all’altra domanda: come vogliamo che stiano dentro? Non quanto stiano dentro e per cosa ma come. La verità è che per far si che la pena abbia un senso, occorre che ci siano delle condizioni minime rispettate, che spesso non ci sono, ma soprattutto anche qualcosa in più: corsi di formazione professionale, housing sociale e tutte le iniziative che insieme a tanti enti stiamo cercando di mettere in atto in questi anni”.

GENOVA 24

LA SOLIDARIETA’ CON LA RESISTENZA PALESTINESE NON E’ REATO. GIU’ LE MANI DAL 25 APRILE ANTISIONISTA E ANTIFASCISTA DI BERGAMO

                          

 

Perquisizioni e denunce contro la Rete Bergamo per la Palestina, tra questi anche compagni di Proletari Comunisti e Slai Cobas sc, a seguito del corteo per il 25 aprile a Bergamo, una bella e combattiva manifestazione antifascista, palestinese, contro guerra e riarmo. Un’azione repressiva che continua quanto fatto quella mattina da Polizia e Carabinieri, anche con cariche, per isolare e cacciare dal corteo antifascista lo spezzone della Rete Bergamo per la Palestina, a protezione  dell’associazione Italia-Israele nella manifestazione, a fianco dello stato di tipo nazi-sionista di Israele, occupante, genocida, impegnato nella deportazione della popolazione palestinese a difesa degli interessi imperialisti.

Questi tentativi polizieschi, sempre contrastati, sono andati avanti per oltre due ore, fino a quando, una grossa fetta della piazza, antifascista, solidale con la Palestina, quella del ‘tout le monde dèteste la Police’, si è unita alla contestazioni cacciando letteralmente poliziotti e carabinieri dalla manifestazione.

Ora le perquisizioni e le denunce, parte della crescente repressione del governo fascio imperialista della Meloni, complice del genocidio, militarmente, politicamente, economicamente sostenitore del boia Netanyhau. La repressione non ferma ma alimenta le lotte, il presidio di venerdì 25 in centro a Bergamo è un passo in questa direzione.

sul 25 aprile: https://proletaricomunisti.blogspot.com/2025/04/bergamo-la-polizia-attacca-il-25-aprile.html