Soccorso Rosso Proletario

Soccorso Rosso Proletario

LA SOLIDARIETA’ CON LA RESISTENZA PALESTINESE NON E’ REATO. GIU’ LE MANI DAL 25 APRILE ANTISIONISTA E ANTIFASCISTA DI BERGAMO

                          

 

Perquisizioni e denunce contro la Rete Bergamo per la Palestina, tra questi anche compagni di Proletari Comunisti e Slai Cobas sc, a seguito del corteo per il 25 aprile a Bergamo, una bella e combattiva manifestazione antifascista, palestinese, contro guerra e riarmo. Un’azione repressiva che continua quanto fatto quella mattina da Polizia e Carabinieri, anche con cariche, per isolare e cacciare dal corteo antifascista lo spezzone della Rete Bergamo per la Palestina, a protezione  dell’associazione Italia-Israele nella manifestazione, a fianco dello stato di tipo nazi-sionista di Israele, occupante, genocida, impegnato nella deportazione della popolazione palestinese a difesa degli interessi imperialisti.

Questi tentativi polizieschi, sempre contrastati, sono andati avanti per oltre due ore, fino a quando, una grossa fetta della piazza, antifascista, solidale con la Palestina, quella del ‘tout le monde dèteste la Police’, si è unita alla contestazioni cacciando letteralmente poliziotti e carabinieri dalla manifestazione.

Ora le perquisizioni e le denunce, parte della crescente repressione del governo fascio imperialista della Meloni, complice del genocidio, militarmente, politicamente, economicamente sostenitore del boia Netanyhau. La repressione non ferma ma alimenta le lotte, il presidio di venerdì 25 in centro a Bergamo è un passo in questa direzione.

sul 25 aprile: https://proletaricomunisti.blogspot.com/2025/04/bergamo-la-polizia-attacca-il-25-aprile.html

georges abdallah è libero e ritorna al suo popolo e alla lotta di liberazione del popolo palestinese e delle masse arabe

 

25/07/2025

France : Georges Abdallah est libre !

 

Georges Abdallah a été libéré de la prison de Lannemezan à 3h30 devant laquelle, la veille, avait eu lieu une dernière manifestation de soutien. Il a pris place dans un avion à destination du Liban. Georges arrivera à Beyrouth à 14h20 (13h20 heure de Paris/Bruxelles).

 

 

15h20 heure locale: Georges est à l’aéroport de Beyrouth et parle actuellement aux médias. Plusieurs centaines de personnes sont rassemblées devant l’aéroport de Beyrouth pour l’accueillir donc des délégations du FPLP, du Parti Démocratique du Peuple, du Parti communiste Libanais, du Parti social national syrien, du Secours Rouge international, etc.

 

 

 

15h30 heure locale: Georges est sorti de l’aéroport, un keffieh autour du coup et poing levé. Il a salué la foule et a appelé à poursuivre la mobilisation pour la Palestine. 

 

 

16h30 heure locale: Le convoi de Georges poursuit son chemin vers le Nord du Liban, vers Kobayato où il va y avoir une réception. Le convoi fait plusieurs étapes où, à chaque fois, Georges est salué et accueilli.

Aggiornamenti sulla campagna di raccolta fondi per il prigioniero palestinese Anan Yaeesh

La campagna di solidarietà dal basso e di sensibilizzazione nei confronti del partigiano palestinese Anan Yaeesh, da 18 mesi rinchiuso nel carcere di Terni, sta riscontrando un notevole successo. In circa una settimana, nel conto dei Cobas Confederazione di Terni, sono stati raccolti 2.270 € per Anan, che serviranno a garantirgli le cure a cui ha diritto, lo studio all’università, l’appoggio materiale e solidale di cui ha bisogno.
Tante soggettività, singolarmente o in associazione o con benefit, a seconda delle proprie possibilità e capacità organizzative, stanno dando un’autentica risposta popolare a quello che Israele e i suoi complici in Italia vorrebbero impedire: la solidarietà concreta alla Resistenza palestinese, incarnata in Italia da Anan Yaeesh.
Infatti, non solo Israele bombarda e priva di cibo, acqua, medicinali, aiuti umanitari la popolazione di Gaza, ma da circa un anno blocca anche dalla Cisgiordania gli aiuti da parte dei familiari di Anan.
Inoltre, da qualche mese, nel carcere di Terni, è in vigore un’ordinanza per cui i prigionieri in AS2, come Anan, possono ricevere pacchi solo dai propri familiari.
Ma, come ha detto Anan, siamo noi la sua famiglia adesso!
Sono i giovani, che nonostante la repressione, si battono per la rottura degli accordi Italia-Israele
Sono i lavoratori, che hanno il coraggio di sfidare le leggi liberticide del governo fascista italiano per bloccare l’invio di armi al suo complice israeliano.
Sono gli attivisti e le attiviste che rischiano la vita per l’esistenza del popolo palestinese.
Sono le masse proletarie, italiane e di tutto il mondo, che lottano contro l’imperialismo, per una Palestina libera dal fiume al mare.
Siamo tutti e tutte coloro che lo sostengono in carcere con lettere, pensieri, libri e poesie
Siamo tutte e tutti coloro che lo sostengono in carcere con questa raccolta, anche con uno stipendio da fame.
E rivendichiamo questa dimensione orizzontale e allargata della risposta popolare e solidale a un partigiano palestinese, perché questa è la sua forza autentica!

Ripubblichiamo di seguito l’Iban messo a disposizione dai Cobas di Terni per le spese di prima necessità e per le cure odontoiatriche di Anan:

IBAN IT95C0200814412000103485396
intestato a CONFEDERAZIONE COBAS SEDE PROVINCIALE DI TERNI
Causale: per Anan Yaeesh

srp L’Aquila

Maxi attacco giudiziario a Torino. Giù le mani da chi lotta contro guerra, genocidio e governo!

Nei giorni scorsi ad alcuni giovani attivisti di Torino è stato notificato un faldone di circa 250 pagine che, su richiesta della Questura di Torino, ha avviato un’indagine nei confronti di decine di giovani rispetto ai quali la Procura ha chiesto misure cautelari che vanno dal divieto di dimora, agli arresti domiciliari fino alla custodia cautelare in carcere.

La Questura ricostruisce cortei, iniziative e manifestazioni svoltisi a Torino da ottobre 2023 fino alla manifestazione del 5 ottobre a Roma in un’ottica sovversiva e violenta piuttosto che in un contesto legittimo di rivendicazione sociale e politica, di contestazione e manifestazione del dissenso.

I fatti citati ed incriminati comprendono mobilitazioni ed eventi ampiamente partecipati come quello contro il genocidio in Palestina, denunciando la complicità delle istituzioni italiane, le collaborazioni strette tra università e un regime macchiato di sangue; presidi come quello davanti alla Rai, da tempo riconosciuta per la sua copertura parziale e faziosa delle notizie nonché la difesa di spazi universitari dall’ingresso di collettivi come il FUAN, dichiaratamente neofascisti, sfociata il 5 dicembre 2023 in cariche pesanti contro studenti, studentesse e docenti, così violente da aggredire anche una docente.

Le mobilitazioni a cui si fa riferimento sono, dunque, tutte legittime contestazioni collettive per rivendicare diritti, bisogni ed opporsi a ingiustizie sociali e pubbliche.

Questa linea accusatoria, però, non stupisce, considerato che la recente approvazione del DDl Sicurezza esprime proprio la filosofia securitaria, autoritaria e fortemente repressiva dell’attuale governo che l’ha varato.

Si associa il concetto di pericolosità sociale a chi esprime un dissenso, a chi manifesta per qualsiasi questione e ciò è un fatto molto grave perché il dissenso non è pericoloso, non attenta alla tranquillità pubblica né alla sicurezza pubblica. Se ogni dissenso venisse considerato pericoloso socialmente, dove andremo a finire? Il dissenso rappresenta invece il valore più alto della democrazia, ne incarna il suo aspetto essenziale, criminalizzare la contestazione quindi è un rischio molto grave e questa tendenza di emettere fogli di via, divieti di dimora, multare, sanzionare sono misure sproporzionate ed incongrue rispetto alle azioni che le persone raggiunte da queste misure hanno compiuto ovvero manifestare il proprio pensiero, esprimere le proprie idee, contestare e rivendicare legittimamente i propri diritti. Tutte azioni peraltro costituzionalmente garantite quindi trasformare la disobbedienza civile in qualcosa di illegale è molto preoccupante e uno stato che lo fa attraverso le misure di prevenzione e le misure cautelari è uno stato di polizia e non uno stato democratico.

Lettera di Gigi dagli arresti domiciliari e appello alla solidarietà

“La cassiera del supermercato mi guarda, negli occhi.. e mi chiede come va.
Mi conosce, non bene, ma delle cose le sa.
Mi augura buona giornata e le sorrido perché la mia ora d’aria finisce lì.
Lo sa, sorride e mi dice “forza eh!”.
Lo stesso la signora incrociata tra gli scaffali.. “Siamo con te”….
È commovente l’affetto delle persone incrociate nel “tempo concesso” per poter fare la spesa e badare ad altre “funzioni essenziali”…
Come poi uno dovrebbe badare alle proprie “funzioni essenziali” non è dato sapere, visto che gli viene negata anche la possibilità di poter lavorare.
In questi giorni è uscito un bellissimo fumetto di Zerocalcare sulla vicenda di Tarek e consiglio a tutte e tutti di leggerlo.
Non parla “dell’eccezionalità” di una situazione, ma della sua “normalità”.
E la normalità, in questo caso, è quella di vite fagocitate dal sistema giustizia e vomitate nelle carceri e rinchiuse lì a “finirsi” come “eccedenze” delle nostre società.
Il vero problema è la “normalità” della struttura, così come funziona e va avanti.
E trita vita umane.
D’altronde essa non è altro che il riflesso più cruento della società “fuori”, atomizzata, sopraffatoria, tendente all’esclusione e antitetica ad ogni visione e condivisione comunitaria.
La mia, di situazione, invece vive una sorta di “eccezionalità”.
Se potessi non parlerei in prima persona (infatti mi rimarrebbe più facile parlarne in termini generali), ma a parte che è la realtà… e tanto è…
Inoltre, penso che ragionarne in questi termini risulti più comprensibile. E credo sia importante che quel che diciamo e facciamo, venga capito.
Dicevo, la mia situazione vive una sorta di “eccezionalità”.
A partire da vari aspetti:
Comunicati delle guardie e articoli di giornale che a caratteri cubitali dichiarano la “pericolosità sociale” del soggetto, prontamente smentiti dalle prese di posizione di larghe parti della popolazione e dall’affetto quotidiano delle persone con parole e gesti.
Per poi continuare con il “non isolamento” e “non dimenticanza”, che molto spesso invece vivono e subiscono le persone arrestate.
La mia non è una situazione di isolamento, sia fisica che ideale.
Sia per il luogo della pena non restrittivo come la situazione carceraria, sia per tutte le persone che ho attorno, a cui son grato.
Ma come detto, questa situazione è “l’eccezionalità”, a differenza di come il sistema carcere fagocita vite umane nel silenzio della “società civile”.
A tale situazione, la mia, hanno contribuito diversi fattori.
Tra questi, anche il fatto di non permettermi neanche di lavorare per “pericolosità sociale”.
Un palese ingiustizia, capita e sentita da molti, a maggior ragione se si tiene in considerazione il lavoro: l’apicoltura.
Anche inserita nel sociale.
Questa palese ingiustizia ha reso evidente la separazione che c è tra lo Stato e il suo apparato, da una parte, con il popolo (con tutto quello che vorrà dire…) e il suo sentimento, dall’altra.
Con buona pace di chi, in tutti questi decenni, ha tentato un goffo lavoro di recupero con la tiritera che lo Stato siamo noi!
E inoltre, la mia situazione, ha portato il discorso carcere/repressione all’evidenza di tutti/e.
Di una ragazza che ti guarda negli occhi ad una cassa, o di una signora che ti rincuora tra gli scaffali.
La normalità, invece, che avvolge il carcere/Repressione è quella del distacco, “a me non succede”, del timore, della diffidenza.
Credo invece che tale “eccezionalità”, la repressione sentita anche in società, sia una crepa e vada allargata, perlomeno narrativamente.
Che tale ingiustizia, infamia, sia talmente evidente da far emergere le contraddizioni, anche dialettiche e narrative, nella propaganda statale.
È un’occasione, tra le tante, che abbiamo di smontare la narrazione della controparte.
Però le crepe, si sa, poi si possono insinuare ovunque…
Allora come spiegare, a chi propaganda il carcere e il sistema repressivo, come “strumento di reinserimento sociale”, che ad un individuo viene negato anche il lavoro di apicoltore, per il semplice fatto che è un nemico di questo ordine costituito?
Perché la realtà dei fatti questa è!
Ed è ben compresa da tutte e tutti.
E tocca allargare questa dissonanza con la narrazione dominante, soprattutto quando è così lampante.
Per concludere, ho sempre pensato che le lotte avessero dei margini, non come confini, ma come possibilità.
E li avessero laddove sapevano trovare dei complici anche che “non avrebbero prestato giuramento alla mia bandiera”.
Che siano bisogni, sogni o tensioni simili. Anche del momento.
Fuori alle carceri, ad esempio, ai presidi, le detenuti e i detenuti riconoscevano le voci di chi sapeva che vuol dire stare in cella con questo caldo, non avere l’acqua, subire i trasferimenti, le angherie delle guardie, essere appesi alle domandine, vivere o meglio sopravvivere spossessati di tutto e separati dal contesto sociale.
Il “dentro” e il “fuori” si può superare anche così, capendosi, sentendosi complici.
La “normalità”, invece, ci mostra come il mostro carcere/repressione sia avulso da tutto (salvo alcune situazioni specifiche), immerso nel dimenticatoio e in quel buco nero che è la gabbia.
Parlarne è importante e fondamentale.
Ma è vitale saper trovare delle corde che leghino con il contesto “fuori”.
A questo può servire “l’eccezionalità”, ad esempio, della mia situazione.
E tale situazione, senza che ci giriamo troppo attorno, riguarda anche altre persone impegnate nelle lotte e, ahinoi, tenderà a riguardarci sempre più, visto l’acuirsi della repressione e dell’autoritarismo.
Quelle corde servono anche ad unire la “normalità” e “l’eccezionalità”.
Perché se delle crepe partono da quest’ultime, esse possono e devono arrivare ovunque.
Per demolire il mostro dell’oppressione.
Perché alla fine, non si so manco resi conto, lorsignori, che questa infame Repressione ha reso il più grande servigio alle idee che ho sempre cercato di portare avanti.
Le ha rese ancora più chiare, comprensibili e condivisibili a molti.
È vero, è un’eccezione quando si parla di Repressione… Molto spesso avvolta dalla paura e dal silenzio della “normalità”.
Spetta a noi fare in modo che le crepe della libertà, laddove si sono insinuate e sono riuscite a rompere il dominio, riescano ad espandersi ovunque. “

SOLIDARIETÀ A GABRIELE RUBINI (CHEF RUBIO)

Giovedì scorso, 17 luglio, gli agenti della Questura di Roma “Divisione Investigazioni Generali – Operazioni Speciali. III sezione antiterrorismo interno” si sono presentati a casa di Gabriele Rubini alle 7:00 di mattina e, dopo aver perquisito l’abitazione, hanno sequestrato tutti i suoi telefoni e altri strumenti di comunicazione.
Dopo la perquisizione della sua abitazione, Gabriele è stato portato al commissariato di Frascati e rilasciato solo a sera, alle 19:50.
L’obiettivo comunicato a Gabriele dalla Questura sarebbe stato quello di acquisire informazioni sulle sue attività telematiche in relazione in particolare a suoi post sul social
X (già Twitter) e “acquisire informazioni” sul contenuto delle sue chat private su Telegram e Signal.
È evidente però che “l’obiettivo” non dichiarato di tutta questa operazione è stato quello di silenziare Gabriele togliendoli il telefono e l’accesso a tutti i sui profili
social.
Gabriele Rubini è da anni oggetto delle “attenzioni” sioniste per la sua attività di denuncia dei crimini di Israele e per il suo sostegno incondizionato alla resistenza palestinese. La più grave di queste “attenzioni” è stata l’aggressione fisica (tentato omicidio) subita da Gabriele il 15 maggio 2024. Ad oltre un anno da questo episodio non v’è nessuna novità sullo stato delle indagini da parte delle autorità inquirenti. Al contrario, si impiegano risorse per indagare su un post sul social
X, che potrebbero essere meglio impiegate, ad esempio, per investigare sulla presenza in Italia di militari sionisti in quanto potenziali criminali di guerra (per chi si fosse “distratto”: 100.000 palestinesi assassinati dall’IDF di cui due terzi donne e bambini) o sulle armi che dal nostro territorio vanno allo Stato israeliano.
La perquisizione a Rubio è un atto repressivo grave che si pone in continuità con la precedente aggressione sionista e che conferma la connivenza dello Stato italiano col sionismo.
Condanniamo la repressione poliziesca e lo squadrismo sionista nei confronti di Gabriele e rivendichiamo il suo diritto, e quello di tutti noi, di denunciare il genocidio che Israele sta compiendo in Palestina con la complicità di tutte le ramificazioni dell’entità sionista e dell’imperialismo USA e UE.
Con Gabriele ribadiamo il nostro sostegno incondizionato alla Resistenza palestinese.
Il Coordinamento di solidarietà al popolo palestinese fa appello a tutto il movimento antisionista per l’organizzazione di una risposta concreta a questo grave episodio di repressione che ci veda tutti/e al fianco di Gabriele.
CON GABRIELE E CON LA RESISTENZA PALESTINESE SENZA SE E SENZA MA.
PALESTINA LIBERA DAL FIUME AL MARE!