No alla dissoluzione di Urgence Palestine, petizione da firmare e diffondere

Stop alla censura delle voci palestinesi

Contro il genocidio, per una Palestina libera: no alla dissoluzione di Urgence Palestine

Mentre a Gaza si intensifica il genocidio e viene imposto un assedio che affama e distrugge un intero popolo, cosa fa lo Stato francese di Macron e Retailleau?

Annuncia l’intenzione del governo di sciogliere una delle principali organizzazioni palestinesi in Francia, uno dei collettivi più attivi nella solidarietà con la Palestina.

Questa gravissima misura risponde a una richiesta avanzata mesi fa da Julien Odoul, deputato del « Rassemblement National », recentemente condannato dalla Giustizia.

Accogliendola, il ministro dell’Interno Bruno Retailleau allinea la repressione dello Stato francese alle parole d’ordine dell’estrema destra e del governo israeliano.

Denunciare un genocidio non è un crimine. Resistere all’ingiustizia non è un reato.
Esigere la libertà per la Palestina non è incitamento all’odio, ma una necessità umana.

Le nostre rivendicazioni sono semplici:
– STOP al genocidio in Palestina
– NO allo scioglimento di «Urgence Palestine»
– SÌ alla libertà di espressione e alla solidarietà internazionale.

 

SIGN HERE http://www.stop-dissolution.fr/

Riprende la mobilitazione per Mumia Abu Jamal in USA e Francia

quanto mai necessaria in tempi di Trump fascista

USA/France : Mobilisations pour Mumia

 

Le 25 mars 2025, la Cour suprême de Pennsylvanie, a définitivement écarté tout recours contre la condamnation de Mumia Abu Jamal. En septembre 2024, cette juridiction, qui l’avait déjà condamné à mort en 1982, avait déjà rejeté sa requête sans examiner les nouvelles preuves d’innocence. Ces dernières corroboraient le caractère raciste dont ont fait preuve, tout au long des procédures judiciaires, les magistrats et les juges. Sous la pression de la police corrompue de Philadelphie et des dirigeants politiques de Pennsylvanie, ils ont refusé d’examiner la requête au motif qu’elle était hors délai, alors que de nouvelles preuves n’ont été découvertes que tout récemment.

Mumia a été incarcéré pendant 29 ans dans le couloir de la mort. Deux fois sur le point d’être exécuté, il ne doit la vie sauve qu’à une forte mobilisation dans le monde entier. En 2011, sa peine de mort a été commuée en prison à perpétuité sans possibilité de libération conditionnelle. Bien qu’affaibli par la maladie, Mumia, 71 ans, poursuit inlassablement à écrire, à étudier et à conseiller les prisonniers pour leur défense. Les mobilisations se poursuivent: San Francisco, Oakland et San Jose ont tenu avec son fils aîné Jamal de grandes protestations. D’autres initiatives auront lieu à Philadelphie, à Houston et dans le monde (Mexico et Berlin). Comme chaque premier mercredi du mois, un rassemblement sera organisé le 7 mai (18 heures) place de la Concorde, à proximité de l’ambassade des États-Unis.

 

Carceri – GLI SBIRRI FASCISTI DEL SAPPE VOGLIONO RIAPRIRE LE CARCERI SPECIALI…

Aggressioni carcere, sindacato Sappe: “Riaprire le strutture delle isole Pianosa e Asinara per i detenuti violenti”

La popolazione detenuta, spesso espressione degli ambienti più degradati e violenti, rappresenta una concentrazione di situazioni ad alto rischio, che la Polizia Penitenziaria si trova a fronteggiare ogni giorno con grande senso del dovere, ma con strumenti sempre più inadeguati”. Il sindacato Sappe ha quindi rinnovato l’allarme: “Non possiamo più assistere in silenzio all’escalation di aggressioni ai

danni del personale. Apprendiamo con favore che i quattro violenti sono stati trasferiti ad altro istituto, tuttavia, occorre una riflessione sull’efficacia di questi provvedimenti che non scoraggiano i più facinorosi dal mettere in atto simili condotte e come unico strumento di contrasto non sembrano proprio sortire gli effetti desiderati. Servono interventi urgenti e una nuova centralità della sicurezza penitenziaria nell’agenda politica, conclude Santilli. 

“Ditemi voi se è normale un Paese nel quale non uno ma ben quattro detenuti tentano di linciare un poliziotto penitenziario in servizioha aggiunto Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria “a questo senso di impunità, di cui larga parte della frangia violenta della popolazione detenuta è convinta di godere, devono assolutamente corrispondere provvedimenti penali e disciplinari efficaci, anche prevedendo di destinare carceri dismesse come l’Asinara e Pianosa per contenere quei ristretti che si rendono protagonisti di gravi eventi critici durante la detenzione”.

Capece ha quindi ribadito la necessità di urgenti provvedimenti a tutela della Polizia penitenziaria in servizio: “Sarebbe opportuno dotare al più presto la polizia penitenziaria del taser o, comunque, di altro strumento utile a difendersi dalla violenza di delinquenti che non hanno alcun rispetto delle regole e delle persone che rappresentano lo Stato. 

palestina – turchia – georges ibrahim abdallah Repressione e resistenza

 

 

Palestina: due prigionieri del FPLP nuovamente arrestati dall’occupazione israeliana

Martedì 6 maggio le forze israeliane hanno arrestato diversi prigionieri palestinesi rilasciati di recente. In particolare, hanno preso di mira due attivisti di Nablus: Wael Jaghoub, leader del FPLP condannato all’ergastolo e rilasciato il 25 gennaio nell’ambito dell’accordo di scambio di Toufan al-Ahrar, e Thaer Hanani (a destra nella foto), un altro membro dell’organizzazione di sinistra palestinese, rilasciato il 30 giugno 2024 dopo aver scontato 20 anni di prigione

In Turchia, 10 prigionieri rivoluzionari sono in sciopero della

 fame a tempo indeterminato 

per denunciare l’isolamento (in particolare nelle carceri di tipo S, Y e R), i trasferimenti forzati e per chiedere migliori condizioni di detenzione ( vedi il nostro articolo ). Poiché uno di loro, Sercan Ahmet Arslan, inizierà il suo 200° giorno di sciopero della fame il 7 maggio 2025, nello stesso giorno verrà organizzata una giornata internazionale di azione per sostenerli. In questo contesto, il comunista libanese e prigioniero politico Georges Abdallah è oggi in sciopero della fame in solidarietà con la lotta di questi rivoluzionari imprigionati

Francia: Georges Abdallah in sciopero della fame per sostenere i prigionieri rivoluzionari turchi

– IL GRUPPO RAP NORDIRLANDESE KNEECAP È INDAGATO DALL’ANTITERRORISMO INGLESE PER IL SOSTEGNO ALLA PALESTINA.

. MASSIMA SOLIDARIETÀ E CONDIVISIONE soccorso rosso proletario

 

In Irlanda del Nord i Kneecap, gruppo rap di Belfast, sono indagati dall’antiterrorismo britannico per il loro sostegno alla Palestina.

Tutto è iniziato quando il trio hip-hop nordirlandese si è esibito sul palco del Coachella, festival annuale seguitissimo negli Stati Uniti. “Israel is committing genocide against the Palestinian people… It is being enabled by the US… Fuck Israel/Free Palestine“, sono le tre frasi lanciate dal palco del Coachella che hanno reso i Kneecap la band più pericolosa e ricercata di Scotland Yard.

Da qui le reazioni di esponenti politici inglesi che ne hanno chiesto l’esclusione dai cartelloni musicali di festival o concerti, oltre che le indagini da parte della polizia britannica per “incitamento all’odio“.

Nel panorama musicale, a prendere le loro difese, tra gli altri, i Massive Attack: il gruppo di Bristol ha dichiarato che “se i politici di alto livello non riescono a trovare il tempo e le parole per condannare, per fare un esempio, l’assassinio di 15 operatori umanitari a Gaza o la fame imposta illegalmente alla popolazione civile e usata come arma, o ancora l’uccisione di migliaia di bambini da parte di uno Stato che possiede le armi di precisione più avanzate al mondo, quale peso dovremmo dare ai loro consigli sugli artisti da invitare a un festival?”.

Le prese di posizione politiche dei Kneecap non sono nuove. Figli della storia dei Troubles, il gruppo nordirlandese fin dagli esordi nel 2017 ha raccontato nelle sue canzoni la cultura giovanile della classe operaia di Belfast, il repubblicanesimo e i diritti linguistici irlandesi. Tanto da cantare in alcune canzoni in gaelico.

Processo contro Anan, Ali e Mansour, oggi una prima importante vittoria: FUORI GLI INTERROGATORI ISRAELIANI DAL PROCESSO AI PALESTINESI

 

Terza udienza oggi al Tribunale dell’Aquila, del processo contro i palestinesi Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh. Sono accusati di terrorismo per aver, secondo accuse formulate dalle autorità israeliane, finanziato la Brigata Tulkarem, attiva nella resistenza palestinese nei territori occupati. Il processo si svolge in un tribunale italiano ma le indagini sono state svolte da inquirenti stranieri… quelli dell’occupazione israeliana. Nel corso dell’udienza di oggi la Corte d’Assise doveva sciogliere la riserva sull’acquisizione nel fascicolo di verbali di interrogatori fatti da Israele nei confronti di prigionieri palestinesi deportati nelle sue carceri, in violazione del diritto internazionale. 

 

Oggi però i giudici hanno accolto la richiesta della difesa: quella, cioè, di non ammettere agli atti le trascrizioni degli interrogatori condotti dagli israeliani, con ogni probabilità mediante tortura e minacce.

 

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Per lanciare la mobilitazione del 21 maggio all’Aquila in occasione dell’udienza che potrebbe risultare decisiva oggi si svolgeranno presidi anche a Bergamo, Padova e Bologna davanti a Tribunali e Prefetture. A Milano è prevista la presentazione pubblica del Comitato Free Anan, appuntamento alle 19.30 presso Archive in via Arquà 15.

 

 

APPELLO

Per la liberazione di Anan Yaeesh e la fine della criminalizzazione della Resistenza Palestinese

Alle organizzazioni, alle associazioni della società civile e a tutte le realtà impegnate nella difesa dei diritti umani.
Invitiamo la società civile e le istituzioni a sottoscrivere questo appello per la liberazione immediata di Anan Yaeesh, cittadino palestinese rifugiato in Italia, detenuto da oltre un anno nel carcere di Terni con l’accusa infondata di “terrorismo”.

Invitiamo, quindi, tutte le realtà politiche, sociali e sindacali a sostenere questo appello e a mobilitarsi su questi punti:

1. L’immediata liberazione di Anan Yaeesh, e il proscioglimento suo, di Ali Irar e di Mansour Doghmosh da ogni accusa.

2. Il rispetto del diritto internazionale, che riconosce al popolo palestinese e ai popoli sotto occupazione il diritto di resistere per l’ottenimento della propria liberazione e autodeterminazione.

3. La massima diffusione del caso di Anan Yaeesh, attraverso tutti i mezzi comunicativi disponibili, l’organizzazione di iniziative informative in ogni territorio e la partecipazione attiva alla campagna per la sua liberazione.

4. L’organizzazione di mobilitazioni per Anan Yaeesh, con presìdi davanti a Prefetture e Tribunali a partire da mercoledì 7 maggio, in occasione della prossima udienza, e nel weekend del 17-18 maggio in vista dell’udienza del 21 maggio. La voce di Anan deve essere presente in ogni manifestazione: ciò significa continuare a scendere in piazza per la Palestina.

5. La più ampia partecipazione al presidio a L’Aquila il 21 maggio, in occasione di una cruciale udienza del processo.

6. Il sostegno economico alla difesa legale, attraverso donazioni al Comitato Free Anan, per coprire le spese di questo processo.

PER ADESIONI
comitatofreeanan@gmail.com

Dichiarazione di Anan Yaeesh all’udienza del 16 aprile, manteniamo alta l’attenzione su un processo profondamente ingiusto

Riceviamo e volentieri pubblichiamo, dal Laboratorio Sociale Largo Tappia, la dichiarazione spontanea di Anan Yaeesh all’udienza del 16 aprile (quella del 2 è rimasta imprigionata in una traduzione fedele ad Israele piuttosto che alla testimonianza di Anan):

“Oggi non parlo della causa palestinese, ma parlo di altre cose, perché avete chiesto che non dobbiamo fare entrare la politica nell’aula di tribunale. Però io credo che siamo qua per una decisione politica, e non giuridica”

[Il giudice interrompe, ripetendo ossessivamente che in aula si prendono solo decisioni giuridiche e costringendo l’avvocato a intervenire. La difesa fa notare che in una dichiarazione spontanea dell’imputato, non c’è la possibilità di un confronto con la Corte. La Corte può non apprezzare quello che intende dire l’imputato, ma lo deve lasciar parlare, poi magari potrà motivare in ordine a quello che dice l’imputato. Ma non può contestare quello che pensa l’imputato. Il giudice interrompe ripetutamente anche la difesa, chiedendo se anch’essa la pensa come l’imputato, e l’avvocato risponde giustamente che nel c.p.p. non è ancora previsto l’esame del difensore. “Poi lo controlliamo, ma penso di no” è la risposta con cui il giudice finalmente si tace, prima di ridare la parola ad Anan]

“Io sono qua per un motivo politico, perché non ho commesso alcun reato contro la legge italiana in Italia. Però rispetto la decisione di non far entrare la politica dentro l’aula di tribunale. Perché voi usate la politica per giudicarmi, perché se volete giudicarmi secondo la legge italiana dovete considerare tutti i documenti e tutti gli atti della comunità internazionale che voi riconoscete. E dovete considerare che tutti gli enti internazionali riconoscono che nelle prigioni israeliane si pratica la tortura e le regole dei diritti umani non vengono rispettate.

Però non avete preso in considerazione tutto questo. Avete preso invece in considerazione la relazione politica tra il governo italiano e il governo israeliano.

Signor giudice, voi non mi avete dato il diritto di difendermi. La stessa cosa succede nei tribunali di Israele.

Avete preso in considerazione i testimoni dell’accusa e invece non avete preso in considerazione la mia testimonianza. Il procuratore ha usato dei documenti stranieri contro di me, però avete rifiutato i documenti che ho presentato io e avete deciso di non sentire i testimoni che ho proposto io, questo contro la legge in Italia. E mettete fretta quando parlo io, e mettete fretta anche quando parla la mia difesa.

Non volete darci il tempo che ci serve per parlare, come se, dopo l’udienza, io tornassi alle isole Maldive e non in carcere. Questo perché avete fretta di finire la causa invece di applicare la giustizia.

Sento di essere tanto oppresso, sento che sto subendo una grande ingiustizia in questo tribunale. Come se fossi in un tribunale finto, come successo in Francia contro gli algerini o come avviene in un tribunale militare in Israele

Se quello che sento è giusto, significa che la mia condanna è già decisa. Allora emettete la vostra condanna! Non è necessario fare tutte queste udienze, così sconto quello che devo scontare in prigione tutto il tempo.

Se invece questo tribunale rispetta la democrazia e rispetta i vostri diritti come umani, e se abbiamo il diritto come gli altri popoli di vivere in libertà, allora dovete darmi i miei diritti come essere umano, perché abbiamo già subito abbastanza oppressione dai vostri amici israeliani.

Dovete lasciarci in pace! Viva la resistenza palestinese, fino alla libertà!