Soccorso Rosso Proletario

Soccorso Rosso Proletario

dal carcere di trento ai prigionieri palestinesi

https://ilrovescio.info/2025/11/13/un-cesto-di-pensieri/

 

Un cesto di pensieri

In quella sorta di interregno in cui mi trovo – né libero né del tutto carcerato –, ho deciso di rinunciare per la prossima settimana alle uscite giornaliere dalla prigione, come gesto di solidarietà con le compagne e i compagni di Palestine Action in sciopero della fame nelle carceri britanniche, sciopero a cui si è unito anche il mio amico e fratello Stecco. So che stando in prigione invece di andare al lavoro non impensierisco certo l’amministrazione penitenziaria. Ma il mio messaggio non è rivolto alla direzione del carcere – a cui non ho niente da dire né da chiedere –, bensì a chi si sta battendo contro il genocidio del popolo palestinese, al fianco della sua indomita resistenza.

Quello che posso offrire, insieme a questo mio piccolo gesto, è un cesto di pensieri, un pugno di parole con cui esprimere ciò che ho nel cuore.

La forza che mi arriva dalle carceri britanniche – che a sua volta riflette la tenacia di quella resistenza che le prigioni e i centri di detenzione amministrativa sionisti non riescono a piegare, nonostante l’isolamento, la tortura e gli stupri – non ha solo la forma della condivisione etica e ideale, ma anche l’intensità delle emozioni che provo nel leggere le dichiarazioni di sciopero. Sono convinto – perché lo sento con tutte le fibre dell’animo – che il moto internazionale contro il genocidio a Gaza e contro il sistema globale che lo rende possibile sia un nuovo inizio, un cominciamento.

In aggiunta a quello che è successo nelle strade, nei porti, nelle università; in aggiunta ai sabotaggi avvenuti di giorno e di notte, anche le proteste che collegano prigioniere e prigionieri al di là delle sbarre, dei Paesi e dei continenti ne sono un segnale importante. Innanzitutto perché tra “dentro” e “fuori” si sta creando un rapporto di reciprocità e di circolarità, non solo di sostegno da “fuori” a “dentro”. Il fatto che tra le rivendicazioni dei prigionieri per la Palestina ci sia la chiusura di tutti gli stabilimenti di Elbit Systems UK dimostra la volontà di non separare la propria sorte dalla liberazione della Palestina, la quale implica niente meno che la sovversione globale dei rapporti di potere e di sfruttamento, di cui il colonialismo d’insediamento sionista è un ganglio fondamentale.

Il genocidio algoritmico del popolo palestinese è l’espressione più atroce di un sistema scientifico-militare-industriale in guerra con gli oppressi, con gli immigrati, con le donne, con i diversi, con i bambini, con tutto il vivente e ormai con gli umani in quanto tali.

Se, come ha scritto Mohammed El-Kurd, ci sono «semi che germogliano all’inferno», la rivolta contro l’inferno di Gaza sta facendo germogliare un’Internazionale del genere umano.

Che i terroristi di Stato strillino al «terrorismo» di fronte ai tentativi di sabotare almeno in parte la loro violenza sterminatrice significa che cominciano ad avere paura. E fanno bene. Perché i cuori ardenti, a differenza degli algoritmi, non sono prevedibili. E non sono prevedibili perché non subordinano al calcolo costi-benefici la propria ricerca della libertà e della giustizia. Come un albero non ha bisogno di vedere l’insieme della foresta per sapere che la grande quercia è stata abbattuta – perché lo avverte attraverso la fitta rete delle sue radici –, anche gli umani che si rifiutano di diventare macchine sentono la sofferenza e la gioia di altri umani che non incontreranno mai. La solidarietà tra sorelle e fratelli sconosciuti, le cui azioni e parole ci fanno vibrare, è il lievito morale di ogni Intifada, il dono più prezioso nel cesto.

Forza e coraggio ai prigionieri palestinesi. Forza e coraggio ai prigionieri per la Palestina. Solidarietà con Anan, Alì e Mansour. Fianco a fianco con il mio amico e compagno Stecco.

Carcere di Trento, 12 novembre 2025

Massimo Passamani

Dopo continue violazioni dei suoi diritti da parte del carcere di Melfi, Anan Yaeesh ferito in carcere

Il 10 ottobre Anan Yaeesh, prigioniero politico palestinese deportato dal 23 settembre nel carcere di Melfi, aveva interrotto lo sciopero della fame intrapreso il 4 ottobre, anche in seguito alle rassicurazioni, da parte delle autorità carcerarie melfitane, di soddisfare i suoi diritti, regolarmente riconosciutigli dall’autorità giudiziaria dell’Aquila, da cui dipendono tutte le sue istanze fino alla sentenza di primo grado.

A quelle rassicurazioni però non sono seguite azioni concrete, ed Anan è tornato a protestare ferendosi.

Quelle rassicurazioni, infatti, non hanno avuto altro effetto se non quello di distogliere lo sguardo dal carattere punitivo di questo trasferimento arbitrario e dalle restrizioni a cui Anan continua ad essere sottoposto nel carcere di Melfi, come il blocco della corrispondenza o l’imposizione di acquistare all’interno del carcere a prezzi triplicati ciò che gli si potrebbe inviare da fuori risparmiando sui costi. 

È difficile non fare paragoni tra queste “rassicurazioni” e quelle che ci vengono imposte per spegnere le mobilitazioni dal cosiddetto accordo di cessate il fuoco a Gaza, anch’esso, guarda caso, formalmente annunciato il 10 ottobre.

Mentre continua senza sosta il genocidio a Gaza, si moltiplicano gli attacchi dei coloni in Cisgiordania e dai rapporti delle organizzazioni per i diritti umani dei detenuti palestinesi emergono prove inconfutabili di stupri, torture e arresti di massa, notevolmente aumentati a partire dal 10 ottobre, i media occidentali continuano in gran parte a tacere su tutto questo e la Knesset israeliana approva in prima lettura un disegno di legge per applicare la pena di morte ai prigionieri palestinesi.

Parallelamente in Italia si continua a violare i diritti di un partigiano palestinese ingiustamente detenuto in un carcere di massima sicurezza, mentre la Procura dell’Aquila convoca il rappresentante di uno stato terrorista e genocida a testimoniare contro di lui, nel tentativo di condannare la legittima resistenza del popolo palestinese e di legittimare gli insediamenti illegali israeliani quantunque ospitino le basi militari di uno stato occupante.

Sabato 15 novembre, alle ore 15 ci sarà un presidio davanti al carcere di Melfi in solidarietà ad Anan, e Venerdì 21 a L’Aquila ci sarà un presidio nazionale davanti al Tribunale di L’Aquila, per la liberazione di Anan Yaeesh e contro la connivenza, sempre più conclamata, del governo Meloni con regimi assassini, stupratori e torturatori.

Di seguito l’indirizzo per scrivergli e il comunicato del Comitato Free Anan.

Anan Yaeesh

Casa Circondariale di Melfi, Via Lecce 18 – 85025 Melfi (PZ)

DOPO CONTINUE VIOLAZIONI DEI SUOI DIRITTI DA PARTE DEL CARCERE DI MELFI, ANAN FERITO IN CARCERE

Nella giornata di ieri Anan Yaeesh, in segno di protesta, per denunciare la politica punitiva messa in atto dalle autorità carcerarie del penitenziario di Melfi, si è ferito in carcere. Un gesto volto a denunciare la gravità della situazione detentiva alla quale continua a essere sottoposto.

L’autorità giudiziaria, pur con tutti i limiti e le contraddizioni emerse in maniera palese nel corso del processo de L’Aquila, aveva comunque riconosciuto e autorizzato ad Anan l’accesso a una serie di diritti basilari. Questi diritti, formalmente garantiti, avrebbero dovuto tradursi in misure concrete all’interno dell’istituto penitenziario.

Al contrario, è l’autorità esecutiva impersonata dalla direzione del carcere di Melfi e facente capo al governo Meloni e al Ministero della Giustizia, lo stesso che in passato aveva già concesso un primo nulla osta per la sua estradizione in Israele a continuare ostinatamente a impedirgli di usufruirne, in barba a quanto stabilito dal tribunale ed in barba della tanto decantata separazione dei poteri.

Nonostante le autorizzazioni dell’autorità giudiziaria e delle quali usufruiva presso la Casa Circondariale di Terni, in quella di Melfi invece ad Anan viene ancora negato l’accesso a parte dei suoi effetti personali, regolarmente trasferiti dal carcere di Terni a quello di Melfi dopo il suo recente trasferimento.

Queste violazioni si aggiungono a una lunga serie di abusi già denunciati: tra tutti, il trasferimento punitivo a centinaia di chilometri di distanza nel pieno del processo, una decisione che ha compromesso la possibilità di incontrare regolarmente i suoi legali, ledendo in modo evidente il suo diritto alla difesa.

Di fronte a questo quadro, denunciamo con forza la responsabilità delle autorità penitenziarie, del Ministero della Giustizia e del governo, e chiediamo che vengano immediatamente ripristinati i diritti riconosciuti ad Anan.

E RINNOVIAMO LA NECESSITÀ DI PARTECIPARE NUMEROSI ALLE PROSSIME SCADENZE MOBILITATIVE, LA PIÙ IMPORTANTE DELLE QUALI È IL PRESIDIO CHE SI TERRÀ IN CONCOMITANZA CON L’UDIENZA DEL 21 NOVEMBRE DAVANTI AL TRIBUNALE DE L’AQUILA.

Anche Georges Abdallah sostiene la liberazione del partigiano palestinese Anan Yaeesh

Dai giovani palestinesi

LIBERTÀ PER ANAN YAEESH
Anche Georges Abdallah, militante della resistenza palestinese e libanese contro il sionismo e figura simbolo della lunga detenzione politica, che ha trascorso oltre 40 anni nelle carceri francesi, sostiene la liberazione del partigiano palestinese Anan Yaeesh, detenuto dal gennaio 2024 nelle carceri italiane per il suo sostegno alla gloriosa Resistenza del nostro popolo a Tulkarem.

In diverse occasioni Abdallah ha ribadito l’importanza imprescindibile della solidarietà con i prigionieri politici. Come ha affermato:
“Sono stato liberato grazie all’impegno di tutti voi. Voi siete la ragione della mia liberazione. Non esiste una giustizia sospesa nel cielo, ma un rapporto di forze. Quando trattenere un prigioniero politico diventa più oneroso che liberarlo – grazie alla solidarietà e al movimento che la organizza – allora lo liberano.”

In un altro intervento ha sottolineato:
“Il contributo più grande che si può dare a un prigioniero politico è inserirlo nella lotta reale, in relazione alla società in cui vive e alla causa per cui è stato incarcerato. Bisogna fare in modo che il suo ruolo di militante sia tutelato e non ridotto a quello di semplice detenuto.”

Accogliamo con forza le parole di Georges Abdallah nel ribadire che la differenza la possono fare solo le lotte dal basso, le mobilitazioni, i centimetri di piazza presi a spinta per rivendicare da che parte stiamo.

Per questo il nostro appello è ai milioni di persone che in questi mesi si sono mobilitati per la Palestina. Invitiamo a una mobilitazione nazionale diffusa dal 14 novembre al 21 novembre (data in cui ci sarà un’udienza per Anan).

UDIENZA ANAN – Presidio, 21/11, 09:30 – L’Aquila

LIBERTÀ PER ANAN
LIBERTÀ PER TUTT*

LIBERTÀ PER ANAN YAEESH giovanipalestinesi

Immagine del profilo di giovanipalestinesi.it
LIBERTÀ PER ANAN YAEESH

Anche Georges Abdallah, militante della resistenza palestinese e libanese contro il sionismo e figura simbolo della lunga detenzione politica, che ha trascorso oltre 40 anni nelle carceri francesi, sostiene la liberazione del partigiano palestinese Anan Yaeesh, detenuto dal gennaio 2024 nelle carceri italiane per il suo sostegno alla gloriosa Resistenza del nostro popolo a Tulkarem.

In diverse occasioni Abdallah ha ribadito l’importanza imprescindibile della solidarietà con i prigionieri politici. Come ha affermato:
“Sono stato liberato grazie all’impegno di tutti voi. Voi siete la ragione della mia liberazione. Non esiste una giustizia sospesa nel cielo, ma un rapporto di forze. Quando trattenere un prigioniero politico diventa più oneroso che liberarlo – grazie alla solidarietà e al movimento che la organizza – allora lo liberano.”

In un altro intervento ha sottolineato:
“Il contributo più grande che si può dare a un prigioniero politico è inserirlo nella lotta reale, in relazione alla società in cui vive e alla causa per cui è stato incarcerato. Bisogna fare in modo che il suo ruolo di militante sia tutelato e non ridotto a quello di semplice detenuto.”

Accogliamo con forza le parole di Georges Abdallah nel ribadire che la differenza la possono fare solo le lotte dal basso, le mobilitazioni, i centimetri di piazza presi a spinta per rivendicare da che parte stiamo.

Per questo il nostro appello è ai milioni di persone che in questi mesi si sono mobilitati per la Palestina. Invitiamo a una mobilitazione nazionale diffusa dal 14 novembre al 21 novembre (data in cui ci sarà un’udienza per Anan).

UDIENZA ANAN – Presidio, 21/11, 09:30 – L’Aquila

LIBERTÀ PER ANAN
LIBERTÀ PER TUTT*

il 21 novembre a L’Aquila presidio nazionale contro il processo alla resistenza palestinese

il 21 novembre la Corte di Assise dell’Aquila, ospiterà un rappresentante dello stato terrorista di Israele come teste di accusa nei confronti del partigiano palestinese Anan Yaeesh, processato per terrorismo insieme ad altri due palestinesi.

FUORI L’AMBASCIATORE ISRAELIANO DALLE AULE DI TRIBUNALE ITALIANE!

Il suo posto è sul banco degli imputati nelle aule della Corte di Giustizia Internazionale!

Il comunicato di Casematte/Fuorigenere/Srp-L’Aquila:

Durante l’ultima udienza del processo che vede coinvolti il partigiano Anan Yaeesh e altri due palestinesi con l’accusa di terrorismo internazionale è stato richiesto dalla PM di poter ascoltare, come testimone dell’accusa, l’ambasciatore israeliano. Quello che poteva sembrare un macabro scherzetto avvenuto in occasione del 31 ottobre presso il Tribunale dell’Aquila è invece la cruda realtà: durante la prossima udienza del 21 novembre 2025 sarà presente in aula un rappresentate dello Stato genocida.

Dall’arresto di Anan, avvenuto nel gennaio 2024, sono stati numerosi i presidi davanti al Tribunale dell’Aquila per sostenere, insieme a lui, tutta la Resistenza palestinese che quotidianamente viene criminalizzata da media e istituzioni.

Ci sembra particolarmente grave accogliere, all’interno di questo processo, già di per sé ingiusto e insensato, un esponente del sionismo perché, con questa mossa, per l’ennesima volta vengono sanciti la connivenza del governo fascista e dello Stato italiano coi genocidi e il loro asservimento al sistema imperialista e ai suoi piani per un Medio Oriente ripulito da ogni resistenza popolare e opposizione. “Il faro della democrazia in Medio Oriente” ci ha illuminato su ciò che è sempre stato: terrorismo nazionalista, apartheid e sterminio. Non possiamo chiudere gli occhi ed essere complici di tutto questo; non vogliamo far finta di nulla.

Per questa ragione si sta organizzando una mobilitazione massiccia sotto forma di presidio davanti al Tribunale dell’Aquila prevista per venerdì 21 novembre dalle ore 9.30.

Invitiamo tuttə a partecipare, a non disertare questo momento di presa di posizione netta al fianco della resistenza palestinese e di opposizione decisa al sionismo.

NO ALLA COMPLICITÀ DELLO STATO ITALIANO CON LO STATO GENOCIDA DI ISRAELE!
LA RESISTENZA NON SI ARRESTA!
LA RESISTENZA NON SI PROCESSA!
FUORI ISRAELE DALLA PALESTINA!

Ci vediamo il 21 novembre alle 9.30 davanti il tribunale dell’Aquila (via XX settembre, 68)

CaseMatte, FuoriGenere, SRP L’Aquila

India – nelle carceri indiane i maoisti non si arrendano ma lottano e protestano

Inde : Le prisonnier maoïste Sanjay Deepak Rao fait une grève de la faim de 9 jours

 

Sanjay Deepak Rao, âgé de 60 ans et détenu politique au bloc Manasa de la prison centrale de Cherlapally, a protesté contre son isolement cellulaire quotidien de 22 heures sur 24, sans possibilité de sortie. Il est incarcéré comme prisonnier maoïste depuis le 16 septembre 2023. Il a entamé une grève de la faim le 28 octobre, exigeant que non seulement lui, mais aussi les prisonniers des blocs Manasa et Manjeera à Cherlapally, soient autorisés à exercer leur droit légal de circuler librement dans leur bloc de l’aube au crépuscule. Au neuvième jour de sa grève de la faim, les autorités pénitentiaires ont indiqué que la cellule serait ouverte de 6H à 18H et que des livres lui seraient fournis. Il a donc décidé de suspendre sa grève de la faim. Le lendemain matin, le 6 novembre 2025, la requête déposée en son nom a été examinée par la Haute Cour du Telangana. Suite aux assurances données par les responsables de la prison et à la réponse de la Haute Cour le lendemain, Sanjay a déposé un recours légal pour obtenir satisfaction.

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