



Da ORE 12 Controinformazione rossoperaia del 27/10
La manifestazione si è tenuta ieri davanti a carcere di Melfi in solidarietà e per rivendicare la liberazione di Anan, il prigioniero politico palestinese che insieme ad altri è stato arrestato, e viene detenuto e processato nelle carceri italiane in maniera ingiusta e sostanzialmente a servizio degli interessi dello Stato sionista di Israele. Un’espressione tipica della complicità che esiste tra Stato imperialista italiano e Stato israeliano e chiaramente questo governo non ha nessuna intenzione di liberare Anan ma ha tutta l’intenzione di arrivare a un processo che in qualche maniera possa sancire la possibilità per Anan e altri suoi compagni di essere estradati e poi riconsegnati nella mano del mostro sionista.
E’ quindi una battaglia importante.
Una battaglia esemplare in queste ore in cui il sostegno alla resistenza effettiva palestinese ai piani cosiddetti “di pace” dell’imperialismo e del sionismo è determinante per il futuro della resistenza ma in generale per il futuro del popolo palestinese e della sua battaglia prolungata per una Palestina libera, uno Stato palestinese dal fiume al mare.
E’ stata una manifestazione importante perché pur essendo un numero non grande di compagni, era rappresentativa di tutte le realtà attive sulla Palestina da tempo e per la liberazione di Anan.
Al presidio ci sono state, a parte le realtà di Roma, dell’Aquila, di Teramo che stanno conducendo questa battaglia sul campo, là dove si tiene il processo, e da mesi e mesi stanno attivando presidi e iniziative incisive, partecipate, un lavoro massivo di controinformazione sia rispetto a ciò che sta avvenendo nel processo sia perché il movimento per la Palestina nel suo insieme raccolga al suo interno, come di fatto sta avvenendo, la battaglia per la liberazione di Anan, vi sono state realtà da varie parti della Basilicata, dalla Puglia.
Realtà che in generale non si erano ritrovate prima d’ora e quindi la battaglia per Anan ha avuto una capacità di aggregare realtà che non erano collegate. Una manifestazione rappresentativa che dimostra ancora una volta quello che abbiamo detto sempre che la mobilitazione per la Palestina è capace di moltiplicare le energie della mobilitazione su tutti i piani.
E proprio perché si è trattato di raccogliere realtà non collegate, che sono attive da sempre sul territorio, ora è necessario che prendano nelle loro mani la battaglia per Anan e la inseriscono nella battaglia più generale che si sta facendo sui territori di solidarietà con la Palestina, ma non solo, contro gli armi, le industrie belliche, la Leonardo e così via.
Questa assemblea insieme al lato positivo di aver messo i compagni insieme e di aver ribadito con forza la lotta e l’importanza della solidarietà Anan, la valorizzazione della resistenza palestinese, a nostro giudizio non è riuscita però a trovare la forma e il modo perché le realtà che si erano ritrovate potessero pianificare insieme la continuità di questa campagna, sia al carcere di Melfi, dove necessariamente dovrà continuare, sia il suo radicamento nei territori in cui la presenza di Anan ci dà la possibilità di informare, controinformare, sensibilizzare e alla fine mobilitare settori di lavoratori, di studenti.
Su questo non si è fatto abbastanza nell’assemblea che si è tenuta durante il presidio al carcere. Alcuni compagni sono stati troppo incline ai comizi; bisognava far sentire all’interno del carcere forte e chiara la voce solidale dei partecipanti, non serviva tanto uno stile da comizi o interventi molto lunghi che affrontavano tutti i problemi e pensavano di ricondurli a uno. Sono posizioni sbagliate, atteggiamenti sbagliati presenti nei compagni ed espressesi anche nell’iniziativa di Melfi.
Noi da parte nostra che ci abbiamo partecipato e chiaramente abbiamo intenzione di contribuire allo sviluppo effettivo di questo movimento abbiamo cercato di sottolineare in termini costruttivi la necessità di sviluppare la mobilitazione in questo senso; e naturalmente lo faremo innanzitutto noi, perché la battaglia di Anan deve essere ben presente in tutto il proseguio della mobilitazione per la Palestina.
La rivendicazione della liberazione di Anan è di valore locale, nazionale e anche internazionale. In questo senso pensiamo che là dove noi siamo presenti in questo caso nella zona di Taranto, verso i complessi industriali in cui interveniamo, l’Ilva ma anche la Leonardo dove è in atto un’iniziativa dei lavoratori attraverso una petizione che sta raccogliendo parecchio successo, ci sono le forze che hanno interesse a una mobilitazione per Anan perché essa si lega alla mobilitazione che viene fatta contro la guerra, il razzismo, l’imperialismo, lo sfruttamento e la ricaduta sui territori del razzismo, dell’economia di guerra, dello sfruttamento.
Quindi pensiamo che questa manifestazione a Melfi possa servire in questa direzione.
Ma il percorso richiede che avanzi lo spirito unitario e la chiarezza, la capacità di includere piuttosto che di autoproclamarsi come in certi interventi in questa manifestazione è stato fatto.
Quando si dice la continuità collettiva evidentemente bisogna trovare le forme di questa continuità, i presidi al carcere sono sempre stati significativi e simbolici, ma chiaramente la forma principale con cui si possono coinvolgere associazioni, masse e realtà è il corteo. Per cui riteniamo che effettivamente la proposta del corteo fatta in uno degli interventi iniziali al carcere vada raccolto e quindi si deve costruire un nuovo presidio a Melfi e un corteo, a Melfi stesso o in altra realtà vicine. E’ un problema che bisogna risolvere con il confronto e il parere di tutti. Chiaramente per realizzare un nuovo presidio di questa natura comprensivo di un corteo occorre almeno un mese di mobilitazione e di propaganda, agitazione e costruzione delle relazioni necessarie perché riesca.
Questa è la nostra intenzione e questo continueremo a fare sin da subito, affinché questo corteo possa segnare un passo avanti della mobilitazione sia per la liberazione di Anan sia per il grande significato che queste battaglie hanno per la crescita della coscienza e del movimento generale che metta in discussione l’imperialismo, i suoi governi, i suoi stati
ntervento di proletari comunisti di Taranto all’assemblea del presidio al carcere
Compagni, dobbiamo utilizzare questa opportunità che ci siamo ritrovati grazie ad Anan. Abbiamo un dovere di organizzare una lotta vera a partire dalla ragione per cui siamo qui. La
solidarietà ad Anan ha bisogno di un supporto popolare che possiamo trovare se ci uniamo a tutte le realtà popolari che in Puglia come in Basilicata sono impegnate, hanno di fronte gli stessi nemici. Ma è necessario che ogni lotta venga fatta davvero e venga fatta con le caratteristiche che hanno queste lotte. Noi dobbiamo liberare Anan, dobbiamo estendere la solidarietà Anan in ogni luogo, e utilizzare il fatto che l’hanno rinchiuso in questo carcere per sviluppare una campagna sui nostri territori, di conoscenza e di solidarietà, per costruire una nuova manifestazione che ci veda crescere sia come numero, sia come livello di investimento delle realtà del territorio.
Siamo d’accordo sulla necessità di fare un corteo, di costruire un corteo che vada oltre i presidi che continueremo naturalmente a fare qui finché Anan sarà qui, perché se ci siamo venuti oggi, ci verremo sempre, e sempre vuol dire anche cercare di portare ogni volta più compagni. Il corteo, che è da organizzare secondo le caratteristiche che possiamo decidere insieme, è importante, perché il passo in più che possiamo fare per poter far crescere il movimento di solidarietà.
Poi questo lavoro non serve che si ricordino le questioni in maniera generica. Per esempio la Leonardo a Taranto non è un fenomeno strano da leggere sui giornali; ci sono state assemblee, cortei per poter sensibilizzare il paese e indirettamente i lavoratori. Noi ci siamo andati, abbiamo rotto con questa storia che alle fabbriche, come la Leonardo, si va il sabato a protestare come l’industria bellica come se i lavoratori in queste fabbriche non esistono. Siamo stati nei giorni feriali alla Leonardo di Grottaglie, abbiamo parlato con gli operai e abbiamo visto che non è come viene descritta la situazione anche tra gli operai delle fabbriche belliche; e da tutto questo nasce che poi un gruppo di lavoratori ha fatto l’iniziativa lodevole dell’appello “Stop alle forniture belliche ad Israele”, questo è il frutto di un lavoro, non è il frutto di un’idea.
Quindi il nostro compito è lavorare realmente. Questo riguarda anche la questione Stellantis a Melfi, non si va alla Stellantis una volta ogni tanto; la battaglia sulla Palestina bisogna portarla alla Stellantis. Alle portinerie dell’Ilva, e sappiamo bene com’è la situazione all’Ilva, ci sono i manifesti di questa manifestazione al carecre per Anan; alcune volte gli operai ci dicono: voi ve ne venite con la Palestina…, ma è attraverso questo lavoro che oggi anche all’Ilva ci sono lavoratori che seguono l’attività di solidarietà con la Palestina.
Quindi il nostro problema è di organizzare il lavoro che dobbiamo fare, non possiamo fare comizi, francamente non è lo stile che ci serve. Nè siamo d’accordo quando si fa della demagogia, quando si dice: noi siamo qui e gli altri…, come se si fosse assolutamente ingenui e superficiali e non si capisce che non è che le masse vengono perché fai un fischio, ma perché le organizzi, fai le lotte, sei riconosciuto, masse si organizzano in sindacati, in comitati, in organizzazioni che devi sensibilizzare e raccogliere. Non sono un popolo che deve venire dietro a te.
Capendo anche che le persone che riempiono le piazze non sono già convinte che bisogna opporre alla guerra imperialista la guerra rivoluzionaria, non sono già convinte che la Palestina è il simbolo della lotta di tutti i popoli oppressi contro questo sistema. Lo comprendono attraverso dieci, cento iniziative che fanno. E per questo non hanno bisogno di sentirsi dire che non serve a niente la Corte di Giustizia Internazionale. Dire questo è demagogia. Il nostro problema è per costruire un movimento reale, abbiamo bisogno di unire tutte le energie necessarie, certo intorno alla prospettiva della resistenza, della liberazione e della rivoluzione che alla fine è l’unica soluzione.
Quindi organizziamo una nuova manifestazione facendo un lavoro sul territorio perché finalmente possiamo anche essere di più.
Quindi non sprechiamo questa occasione, costruiamo le prossime scadenze a livello locale come a livello nazionale.