Contro il regime fascista turco solidarietà a Grup Yorum – In Turchia Bella Ciao risuona dai minareti delle moschee e in Grecia mobilitazioni e video di solidarietà. Che si esprima la massima solidarietà internazionale!

Turchia: persone non identificate trasmettono la canzone antifascista “Bella Ciao” dagli altoparlanti della moschea di Esrefaşa a Izmir. Il regime di Erdogan è attivamente alla ricerca di “sabotatori” e li rincorre sui social

Dalla Grecia iniziative di solidarietà

 

 

 


Se il reato è l'”opposizione politica”, ben venga ogni opposizione, anche una biciclettata. Venerdì 22 maggio a Bologna alle ore 17 in piazza dell’Unità e poi alle 18 presidio al carcere della Dozza

Diverse realtà collettive bolognesi in solidarietà agli arrestati dal 13 maggio: “Messaggio chiarissimo: su quanto succede nelle carceri vige l’obbligo del silenzio, sulle violenze subite dai detenuti, sui trasferimenti punitivi, sull’assistenza e prevenzione sanitaria inesistenti, sull’estendersi dell’epidemia”. A firma “Complici e solidali”, invece, venerdì biciclettata e presidio sotto la Dozza.
“Il 13 maggio a Bologna sette compagne e compagni anarchic* sono stati arrestati e altr* cinque sottopost* ad obbligo di dimora con l’accusa assurda di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico. Si tratta di compagne e compagni che negli ultimi mesi si sono distint* per aver espresso solidarietà ai detenuti e ai loro familiari di fronte ai 14 morti nelle rivolte di marzo, e in un momento in cui le carceri sovraffollate sono diventate immensi focolai di contagio. Stupefacenti le dichiarazioni della Procura, che giustificano un’imputazione abnorme sulla base di un unico fatto specifico, il danneggiamento di un ponte ripetitore nel 2018, la cui attribuzione è tutta da dimostrare”. Inizia così un comunicato con cui diverse realtà tra collettivi, spazi sociali, associazioni e sindacati di base solidarizzano con gli attestati e stigmatizzano l’inchiesta dei pm bolognesi. Queste le adesioni: Associazione Bianca Guidetti Serra, Associazione di Mutuo Soccorso per il diritto di espressione, Associazione Primo Moroni, Circolo Anarchico Berneri, Làbas, Laboratorio Crash, Laboratorio Smaschieramenti, Noi Restiamo, Potere al Popolo – Bologna, Rete bolognese di iniziativa anticarceraria, Rete dei Comunisti, Si Cobas, Sgb, Tpo, Usb – Federazione del Sociale, Vag61, Xm24.

Prosegue il testo: “Bizzarro che a distanza di due anni si tiri fuori questa inchiesta, come un coniglio dal cappello, proprio nel momento in cui si allarga la solidarietà ai detenuti. Il messaggio è chiarissimo: su ciò che succede nelle carceri vige l’obbligo del silenzio, sulle violenze subite dai detenuti, sui trasferimenti punitivi, sull’assistenza e prevenzione sanitaria inesistenti, sull’estendersi dell’epidemia e i morti di Covid dietro le sbarre. Un altro elemento che emerge con chiarezza dal comunicato della Procura è l’invenzione di un nuovo reato: quello di opposizione politica. Viene contestata agli indagati la loro attività contro i centri per la deportazione forzata dei migranti e l’adesione alle campagne anticarcerarie, considerando come fatti eversivi l’organizzazione di manifestazioni non preavvisate, le scritte sui muri, la realizzazione e diffusione di opuscoli, articoli e volantini. Pratiche consuete e diffuse di tutti movimenti di lotta, da chi difende i territori dalle devastazioni ambientali, a chi si muove per affermare il diritto alla casa, al reddito, agli spazi sociali, alla dignità del lavoro. Quanta ipocrisia nelle istituzioni che si esprimono contro il regime militare egiziano che incarcera lo studente Patrick Zaki per reati di opinione, e restano in silenzio in patria davanti a degli arresti di cui la stessa Procura dichiara la natura preventiva, al fine di impedire che, come annunciato recentemente anche dal ministro Lamorgese, ogni atto di resistenza possa rapidamente diventare un ‘focolaio di tensione’. Un’ammissione che pesa come un macigno sull’agibilità democratica di questo paese e che vuole lanciare un avvertimento minaccioso: ognuno di voi, tanto più se collettivamente organizzato, è pericoloso, perché un paese ridotto in miseria è una gigantesca polveriera e la finzione dello ‘Stato di diritto’ finisce qui. Quanto disgusto, inoltre, per una stampa prona al potere che diffonde comunicati della Procura senza nessun spirito critico”.

Si legge in conclusione: “L’utilizzo spregiudicato delle veline confezionate ad arte dalla questura da parte della stampa non fa che confermare questo disegno. Insistere sul fatto che chi percepisce il reddito di cittadinanza non abbia il diritto di protestare contro lo stato che glielo eroga è un monito che viene lanciato verso tutti i soggetti sociali che stanno pagando i costi della pandemia e per i quali le briciole stanziate dal governo non saranno sufficienti. Il messaggio è chiaro: non sputare nel piatto in cui mangi anche se mangi merda e guai ad organizzarti per cambiare le cose! In questa logica perversa solo i ricchi hanno il diritto di fare politica (Confindustria docet) e quelli che dovrebbero essere in potenza diritti universali ad una vita dignitosa diventano privilegi di colpevoli fannulloni. Questi processi trovano radici ben profonde anche nei vari decreti in materia di sicurezza e immigrazione. Dalla chiusura dei porti, alla criminalizzazione di chi è solidale e di chi dimostra dissenso ribadiamo la necessaria abrogazione di tali decreti. Esprimiamo la nostra piena solidarietà agli arrestati e alle arrestate, con la ferma convinzione che oggi più che mai è necessario continuare la lotta”.
A firma Complici e solidali sono state invece indette per venerdì una biciclettata dalle 17 in piazza dell’Unità e un presidio dalle 18 alla Dozza. Si legge sul volantino: “La notte del 13 maggio un’operazione dei Ros dei carabinieri ha portato all’arresto di 7 persone, mentre altre 5 sono state raggiunte da misure cautelari. Le accuse sono pesantissime: associazione sovversiva con finalità di terrorismo, il famigerato 270/bis del codice penale. Le persone arrestate sono state condotte nelle sezioni di alta sicurezza di varie carceri italiane. La procura di Bologna si è espressa chiaramente: questi arresti hanno una “valenza strategica preventiva” legata al contesto emergenziale che stiamo vivendo. Queste persone potrebbero essere pericolose perché inserite nelle tensioni sociali che nasceranno dall’attuale crisi economico-sanitaria. Sono mesi che ci obbligano a stare in casa, colpevolizzando i comportamenti delle singole persone, ma nello stesso momento tenendo aperte fabbriche, riempiendo le Rsa di malati di Covid, esponendo i detenuti e le detenute a rischio contagio e a morte certa. Molti di noi hanno perso il lavoro e tanti altri non lo troveranno. Cassa integrazione e buoni spesa sono degli inutili palliativi e non bastano ad arrivare a fine mese. L’unica risposta che lo stato ha dato è polizia, militari, droni, telecamere e controlli a tappeto. La colpa degli/delle arrestati è anche quella di aver espresso vicinanza alle rivolte carcerarie del mese di marzo che hanno portato alla distruzione di intere sezioni detentive e purtroppo all’uccisione di 14 detenuti. La solidarietà espressa è considerata centrale in questa inchiesta. Proprio per questo motivo, per sostenere le persone arrestate e tutti/e i/le detenuti/e delle carceri italiane, ritorniamo con un presidio sotto il carcere della Dozza”.

Lettera di Nicole ed Elena dal carcere femminile di Piacenza

Carcere di Piacenza, 15 maggio 2020

Grazie a tutti voi!
Grazie per il kit di buste e bolli!
Io (Nicole) ed Elena siamo in AS3. Siamo arrivate alle 11.30 circa del 13 Maggio, dopo un primo passaggio in una tenda posta esternamente per misurare la temperatura corporea alle nuove detenute, siamo state messe in isolamento sanitario per 15 giorni (celle singole ma adiacenti). Non possiamo accedere alla palestra e alla biblioteca, dopo che c’eravamo state per 2 giorni, causa emergenza Covid e nostro isolamento. Dopo tale misura non saremo più potenziali veicoli di infezione… dopo una nostra incazzatura ci hanno dato 4 libri e ci stanno preparando il regolamento interno (è dall’ingresso che lo chiediamo)… vedremo.
Abbiamo 2 ore d’aria al dì, da fare separatamente dalle altre sempre per emergenza Covid e quindi le facciamo assieme (con mascherina) alle 12-13 e 15-16.
Come saprete qui c’è anche Natascia che al momento riusciamo a vedere solo di striscio quando attraversiamo il corridoio, ma i suoi sorrisi sono stati e sono fondamentali. Speriamo di poterla abbracciare presto. Oggi abbiamo avuto l’interrogatorio e ci siamo avvalsi della facoltà di non rispondere. Eravamo in videoconferenza insieme a tutti gli altri.
Lunedì vedremo gli avvocati. Di ieri la notizia che dal 19 c.m. al 30/06 riprenderanno i colloqui visivi e saranno mantenuti i colloqui via Skype. Questa operazione (che ci pare aver capito chiamata “RITROVO”?) ha quali capi di imputazione l’ormai noto 270 bis e 270 bis1 (aggravante) per 11 su 12, istigazione a delinquere tramite articoli, volantini e manifesti con l’aggravante dell’uso di strumenti informatici – Tribolo.noblogs.org e la piattaforma roundrobin.info -; danneggiamento di un Bancomat BPER nel corso di una manifestazione non autorizzata il 13/02/2019; imbrattamento e deturpamento con vernice spray su edifici a Modena e Bologna con scritte comparse dal dicembre 2018 ad oggi per tutti. Incendio, per uno degli imputati più altri allo stato da identificare, ai ponti ripetitori delle reti televisive in via Santa Liberata (Bo) nella notte tra il 15 e il 16/12/2018.
Che dire?… “la commissione dei reati – fine […] non è necessaria” (cit. pag.21 ordinanza)… forse l’ennesimo tentativo dopo Outlaw e Mangiafuoco – finite in una bolla d’aria – di chiudere la bocca a chi “odia gli sfruttatori” (cit. pag.20 ordinanza)? E cosa più importante non ne fa un mistero ma lo urla al mondo. L’ordinanza porte il timbro del 6 marzo. Ci chiediamo se questi miseri esseri senza qualità abbiano deciso di rimandare il nostro arresto al 13 Maggio per risparmiarci l’ingresso in carcere nel pieno dell’emergenza Covid19 o se lo abbiano fatto per evitare in quel periodo ulteriori presenze scomode e ribelli nelle gabbie di Stato. La risposta viene da sé. Medici e guardie, fusi in un corpo unico qui come altrove, si rivendicano la loro «scelta di vita». I medici in particolare, incalzati dalle nostre domande provocatorie sul loro ruolo durante la prima visita, hanno fieramente sostenuto di svolgere il loro lavoro per la tutela della salute delle persone in galera.
A conti fatti, visti i morti e i malati di e in carcere, non possiamo che concludere e urlargli in faccia che il loro lavoro lo fanno decisamente male nonché in completa armonia con le guardie.
Non può esistere in luoghi del genere, la tutela della salute delle persone, per ciò che questi luoghi sono e rappresentano. L’unica sicurezza è la libertà per tutte e tutti.

Volevamo ringraziare tutte quelle persone che ci hanno fatto sentire la loro vicinanza con i telegrammi, tanti; forse dall’esterno sembra una sciocchezza ma qui ci hanno scaldato il cuore e lo spirito. Il nostro pensiero va, in primis, a Stefy poiché è l’unica tra noi sola nel carcere di Vigevano e a tutti i nostri amici e compagni di lotta a Ferrara e Alessandria, a quelli raggiunti da obbligo di dimora nel Comune di Bologna e alle compagne e ai compagni fuori che continnuano a lottare insieme a noi.

Nicole e Elena

Il padrone comanda, la Procura obbedisce: denunciate a Bologna le maschere bianche per i loro interventi in difesa di lavoratrici e lavoratori sfruttati

Sei attivisti bolognesi hanno ricevuto altrettante misure cautelari perché secondo la Procura di Bologna sono stati protagonisti della campagna promossa anche attraverso la pagina Facebook “il padrone di merda”, che denuncia e interviene in difesa di lavoratrici e lavoratori sfruttati.
 
Per 5 è stato disposto il divieto di dimora nel comune di Bologna, mentre l’ultimo ha ricevuto un divieto di avvicinamento alle parti offese, che secondo la procura sarebbero commercianti e imprenditori di società o cooperative che non pagavano o facevano lavorare a nero i propri addetti.
 
Denunciati anche 13 tra lavoratrici e lavoratori. Sono accusati a vario titolo di
fantasiosi reati quali tentata estorsione, lesioni personali, violenza privata, diffamazione, imbrattamento, disturbo delle occupazioni e utilizzo di mezzi per rendere difficoltoso il riconoscimento della persona in luogo pubblico.

Solidarietà dal Soccorso Rosso Proletario, che sostiene e diffonde la loro lotta. Di seguito il loro comunicato, più avanti come sostenere la campagna “Il padrone di merda”

Comunicato maschere bianche dopo le assurde accuse della magistratura

+++ NOTIZIA GRAVISSIMA, MASCHERE BIANCHE SOTTO ATTACCO! +++
Cosa è successo? All’alba di questa mattina a Bologna alcune maschere bianche – ossia lavoratori e precari che non accettano di essere sfruttati e truffati dai padroni di merda – sono state svegliate dagli agenti di polizia per vedersi recapitare un procedimento di misura cautelare: si tratta di 5 “divieti di dimora” e 1 “divieto di avvicinamento”. Altri 13 lavoratori sono stati denunciati.
Iniziamo col rendere noto che i suddetti agenti si sono presentati senza guanti e mascherine e senza preoccuparsi di rispettare la distanza di sicurezza: per quanto sia noto che la tutela dei giovani precari non sia mai stata una loro priorità, questo fatto è ulteriormente grave e pericoloso per la salute di tutti. Alle obiezioni mosse da un lavoratore precario, la risposta di un agente è stata: “Non vi preoccupate, con l’obbligo di dimora starete molto distanti!”. Tra le risate del collega e in sfregio a qualsiasi norma sanitaria che gli stessi agenti dicevano di voler far rispettare quando, nel periodo di lockdown, davano multe e denunce.
Che cos’è un divieto di dimora? È una misura cautelare (cioè emanata in modo discrezionale da un giudice e immediatamente esecutiva senza alcun processo, cioè senza alcuna dimostrazione di “colpevolezza”) che obbliga i lavoratori e i precari che l’hanno ricevuta ad abbandonare immediatamente la città di Bologna e non farvi ritorno a tempo indeterminato. Non importa che in questa città risiedano per tutti amici, affetti, in alcuni casi famiglie. Non importa che in questo modo vengano ulteriormente limitate le già instabili entrate con cui ognuno dei lavoratori prova ad arrivare a fine mese. Non importa che ci troviamo nel mezzo di una pandemia, che limita la mobilità per ragioni di tutela della salute collettiva: infischiandosene delle possibilità di contagio e diffusione del virus, quegli stessi lavoratori che fino a qualche giorno fa non potevano uscire di casa adesso, da un’ora all’altra devono abbandonare la propria casa e andare non si sa dove e non si sa per quanto. Andare da amici o parenti, mettendo a repentaglio la salute propria e degli altri? Affittare un’altra casa fuori Bologna, quando si fa fatica a pagare l’affitto della casa in città? Chi diceva di volere tutelare la nostra salute, oggi dimostra che in realtà non gliene è mai fregato nulla. L’unica salute che gli interessa è quella dei profitti dei padroni di merda.
Chi sono le persone perseguitate? Un lavoratore di una cooperativa sociale del bolognese, che durante tutto questo periodo è stato costretto ad andare al lavoro per pochi soldi e senza adeguate protezioni; il lavoratore di un bar, che oggi avrebbe dovuto riprendere i suoi turni; il socio di una piccola attività, una di quelle partite iva che rifiuta di scaricare la crisi sui lavoratori e proprio perciò non ha ricevuto un solo euro da Stato e regione; uno studente che, per pagarsi l’università, deve fare dei lavoretti in nero; un rider che in questi mesi è stato costretto a montare sulla bicicletta per guadagnare i soldi necessari a tirare avanti. A questi “divieti di dimora” si aggiunge il “divieto di avvicinamento” per una ex lavoratrice del Nails Café, vicenda esplicitamente messa al centro della montatura giudiziaria: si tratta di padroni di merda loro sì colpevoli di non aver versato migliaia di euro dovuti a una loro dipendente. Il messaggio ai lavoratori è: state lontani e lasciate che i pdm sfruttino e truffino in tranquillità.
Cosa viene imputato? Di perseguitare e non dare tregua ai padroni che non pagano i lavoratori. Pretendere di ricevere il salario pattuito da questa mattina ufficialmente si chiama “estorsione”! Andare dal padrone di merda a chiedere conto di truffe e molestie, disturbando così i suoi sporchi affari, da questa mattina ufficialmente si chiama “violenza”!
Anche in questo caso il messaggio è chiaro: all’alba della riapertura di tanti esercizi commerciali dopo mesi di lockdown per la crisi coronavirus la parola d’ordine è quella della ripresa economica, non fosse altro che questa ripresa riguarda solamente i padroni di merda. Dei giovani, dei precari e dei lavoratori sfruttati, che molto spesso non si sono visti recapitare neppure un centesimo negli ultimi periodi di chiusura totale, non interessa niente a nessuno. L’economia dei lavoretti in nero e malpagati deve riprendere alla svelta e in un momento come questo le maschere bianche rappresentano indubbiamente un problema per tutti i padroni pronti a scaricare sui propri dipendenti i costi della crisi economica.
È inutile che cercate di dare un nome o di cacciare qualcuno, perché dietro quelle maschere bianche ci siamo tutti: tutti i precari che hanno scelto di vendicarsi dei propri sfruttatori; tutti i lavoratori che almeno una volta si sono identificati in una delle tante storie di ricatto, truffa e molestie che in tanti mesi abbiamo raccontato. A maggior ragione nel pieno della crisi economica, per ogni padrone di merda sfruttatore segnalato ci saranno più maschere bianche pronte a scendere in strada. Per ogni precario cacciato dalla propria casa, ci saranno più maschere bianche pronte a diffondersi in tutta Italia, perché i padroni di merda non hanno dimora.
Quando le istituzioni dicevano #andràtuttobene, ora sappiamo a chi si riferivano: ai padroni di merda, gli unici a essere veramente tutelati. Per questo la vendetta contro i padroni di merda non si ferma, ed è di nuovo tempo di indossare la maschera.

LE MASCHERE BIANCHE NON HANNO DIMORA!
 
???? Per aver sempre smerdato i Padroni di Merda ci hanno chiamato stalker, per essere stati dalla parte di ogni lavoratore e per aver preteso i soldi che ci spettano siamo diventati estorsori, per essere andati ogni settimana davanti ai datori che sfruttano, ci cacciano da Bologna.
Con una misura cautelare di “divieto di dimora”, senza alcun processo, ci cacciano dalla città, dicono che non possiamo stare qui, dove abbiamo affetti, famiglia, lavoro, casa, ci costringono a vivere in qualche albergo o sul divano di qualche amico.
???? Di fronte a tutto questo vogliamo dimostrare che le maschere bianche non si sconfiggono cacciando 5 di noi, né con le denunce né con le minacce, le maschere bianche sono e possono essere OVUNQUE, le maschere bianche non hanno dimora! Perché la maschera bianca non è l’identità di un gruppo, di un’organizzazione politica, di un sindacato: la maschera bianca è una condizione comune, è l’espressione di una comune voglia di uscire dal silenzio e farla finita con i padroni di merda.
Invitiamo tutti i solidali, i lavoratori che sono stufi di subire, i disoccupati che sono stanchi di campare di lavoretti, i precari che vogliono vendicarsi, a scendere per strada con le maschere bianche e far vedere che siamo uniti, siamo ovunque e siamo pronti alla nostra vendetta!
➡ Uno striscione, un cartello, un’azione contro un padrone di merda, in una piazza, davanti ai palazzi istituzionali o altrove, qualsiasi forma è adatta per indossare la maschera bianca e far vedere che siamo ovunque!
Mandateci foto, video e testi, li pubblicheremo tutti dalla nostra pagina
Che la crisi la paghino i padroni di merda!
Comunicato: bit.ly/2TikR3Z
Raccolta fondi: bit.ly/3dY79LO


Cancellate con un tratto di penna nella notte, anche le poche misure alternative al carcere disposte dal Dpcm. Intanto 2 giorni fa, sia a Poggioreale che a Secondigliano, ci sono state battiture di protesta contro le misure adottate da ministero e istituti sulla ripresa dei colloqui.

Ieri sia a #Poggioreale che a #Secodigliano ci sono state delle battiture contro le misure adottate da ministero e istituti sulla ripresa dei colloqui.

Pubblicato da Parenti e amici dei detenuti a Poggioreale, Pozzuoli e Secondigliano su Domenica 17 maggio 2020

Da Il Dubbio del 19 maggio


Misure alternative al carcere per ridurre la popolazione carceraria? Fino ieri sera sì. Era stato pubblicato addirittura in Gazzetta Ufficiale. Ma poi improvvisamente, poco prima di mezzanotte, il Governo ha deciso di modificare tutto e togliere quell’opzione
Misure alternative al carcere per ridurre la popolazione carceraria? Fino ieri sera sì. Era stato pubblicato addirittura in Gazzetta Ufficiale. Ma poi improvvisamente, poco prima di mezzanotte, il Governo ha deciso di modificare tutto e togliere quell’opzione.
Infatti, nel nuovo DPCM firmato il 17 maggio dedicato all’avvio della cosiddetta fase due ai tempi del covid 19, c’è anche un comma dell’articolo sugli istituti penitenziari. C’era scritto nero su bianco che, tenuto conto delle indicazioni fornite dal Ministero della Salute fatte d’intesa con il coordinatore degli interventi per il superamento dell’emergenza coronavirus, il ministero della giustizia raccomanda di limitare i permessi e la semilibertà o di modificare i relativi regimi in modo da evitare l’uscita e il rientro dalle carceri, valutando «la possibilità della detenzione domiciliare».
Un suggerimento che ribadisce ciò che è stato indicato – fin dall’inizio dell’emergenza – nei passati DPCM. Ciò sta a significare che per il mondo carcerario c’è una preoccupazione maggiore essendo un luogo chiuso, assembrato e dove la distanza minima è di difficile attuazione.  A conferma di ciò, anche per i casi sintomatici dei nuovi ingressi, i quali devono essere posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti, il Governo raccomanda «di valutare la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare».Ma poi il colpo di scena.
A tarda serata arriva la modifica al decreto del presidente del consiglio dei ministri. Una modifica che riguarda esclusivamente l’articolo 1, comma 1, lettera cc), ovvero quella relativa agli istituti penitenziari. Hanno cancellato tutto e sostituito con questo:  «cc) tenuto conto delle indicazioni fornite dal Ministero della salute, d’intesa con il coordinatore degli interventi per il superamento dell’emergenza coronavirus, le articolazioni territoriali del Servizio sanitario nazionale assicurano al Ministero della giustizia idoneo supporto per il contenimento della diffusione del contagio del COVID-19, anche mediante adeguati presidi idonei a garantire, secondo i protocolli sanitari elaborati dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, i nuovi ingressi negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni. I casi sintomatici dei nuovi ingressi sono posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti».
Hanno tolto tutto.  Compreso il passaggio poco chiaro e che sembrava andare in senso contrario al decreto legge del 10 maggio il quale stabilisce una ripresa graduale dei colloqui visivi. Però secondo il nuovo DPCM, i colloqui – salvo rare eccezioni – sospesi sino al 14 giugno prossimo. Infatti si leggeva che «i colloqui visivi si svolgono in modalità telefonica o video, anche in deroga alla durata attualmente prevista dalle disposizioni vigenti», ma «in casi eccezionali può essere autorizzato il colloquio personale, a condizione che si garantisca in modo assoluto una distanza pari a due metri».

A fare un po’ di chiarezza è stato Gennarino de Fazio, leader della UILPA Polizia Penitenziaria Nazionale: «Dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) confermano un disallineamento normativo e precisano che nella gerarchia delle fonti il decreto-legge prevale sul DPCM e che pertanto da oggi (18 maggio, ndr) riprenderanno gradualmente, per come previsto, i colloqui visivi». Il capo della UILPA però si chiede come questo possa accadere «perché è palese – incalza De Fazio – che anche dopo tutto quello che è avvenuto nei penitenziari dal mese di marzo, con 13 morti, evasioni di massa, devastazioni, etc., la disarmonia normativa così come la continua emanazione di decreti-legge rappresentano l’ennesimo sintomo dell’assenza di una visione strategica e di una sostanziale approssimazione di fondo».La UILPA non vuole entrare nel merito degli scontri politici di queste ore, ma ribadisce che, al netto dello spessore e delle capacità individuali dei nuovi vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, «è indispensabile un cambio di passo della politica e una tangibile attenzione da parte del Ministro della Giustizia, che francamente non vediamo da tempo, che mettano le carceri al centro dell’agenda del Governo».
Ma ora il problema, almeno quello relativo ai colloqui, è stato risolto con un tratto di penna. Ma un tratto che ha cancellato anche il suggerimento delle misure alternative.Nel frattempo il Garante Nazionale delle persone private della libertà ha accolto con favore il decreto legge sulla ripesa graduale dei colloqui e ha spiegato che nell’audizione in Commissione giustizia del Senato, ha comunque sottolineato due aspetti. Il primo è che nel testo alcune formulazioni più sfumate circa “la possibilità di utilizzare tecnologie” vengano sostituite da affermazioni che diano certezza di tale utilizzo. Il secondo è che la progressiva riapertura dei colloqui non veda la riduzione del ricorso alle tecnologie stesse, che hanno mostrato di poter avere una ricaduta positiva sugli istituti.

Appello contro la repressione politica in Turchia e canzone di solidarietà con Grup Yorum

Dalla pagina fb del Comitato solidale Grup Yorum Italia, pubblichiamo l’appello, da sottoscrivere e diffondere, contro la repressione politica in Turchia



APPELLO CONTRO LA REPRESSIONE POLITICA IN TURCHIA


L’8 maggio, nel pieno della crisi sanitaria mondiale, è diventato martire il nostro compagno Ibrahim Gökçek, bassista e attivista rivoluzionario turco, membro di Grup Yorum, che insieme ad altri compagni musicisti, avvocati e prigionieri politici ha portato avanti una eroica lotta con lo sciopero della fame fino alla morte, denunciando la persecuzione politica e i mezzi repressivi che lo stato turco sta applicando contro il popolo ed in particolare contro l’attività artistica di Grup Yorum.

Durante le onoranze funebri il Governo turco ha spiegato ingenti forze di polizia con mezzi blindati, usando lacrimogeni e sparando contro il popolo che si era radunato per omaggiarlo. Non sono mancati arresti, ancora tra i membri di Grup Yorum e gli avvocati del popolo, nonché tra i sostenitori del gruppo musicale. La salma è stata riconsegnata solo per la tumulazione, ma ancora oggi ci sono minacce da parte dei gruppi fascisti che continuano a sostenere che ruberanno il corpo di Ibrahim Gokçek per poi bruciarlo.

Allo stesso modo sono diventati martiri il 3 aprile scorso, la compagna Helin Bölek, solista di Grup Yorum, dopo 288 giorni di sciopero della fame, e il 24 aprile il prigioniero politico Mustafa Koçak, dopo 297 giorni di sciopero della fame.

Sebbene Helin Bolek e Ibrahim Gokçek siano stati liberati rispettivamente a novembre e a febbraio, comunque le persecuzioni a loro carico sono continuate nei messi successivi e antecedenti la loro morte a causa della loro perseveranza nella lotta.

Oggi, ancora una volta vediamo tangibili le prove di come il regime dello stato turco continua la sua guerra contro il popolo e i rivoluzionari, come parte di una politica di repressione e persecuzione politica che l’imperialismo applica nel mondo.

La responsabilità di queste morti è del governo turco, sostenuto dai complici governi occidentali e di tutte le associazioni che non si sono schierate in modo netto contro lo stato terrorista.

In particolare il nostro appello va alle organizzazioni democratiche e rivoluzionarie, ma anche ai singoli cittadini italiani, che ripudiano la guerra, come scritto nella nostra Costituzione, a pronunciarsi e ad esprimere la loro solidarietà con la lotta del popolo turco.


Scrivendo o telefonando al Ministero degli affari esteri e della Cooperazione Internazionale

Telefono: +39 – 06.36911


Scrivendo o telefonando all’Ambasciatore della Repubblica di Turchia presso la Repubblica italiana Murat Salim Esenli

Telefono: +39 – 06.445941


BASTA ALLEGARE IL SEGUENTE TESTO NELL’EMAIL:


Sosteniamo le richieste di Grup Yorum

– La fine delle incursioni della polizia nel Centro Culturale İdil

– La cancellazione dalla lista dei ricercati dei membri del Grup Yorum

– La rimozione del divieto dei concerti di Grup Yorum

– La cessazione delle accuse contro i membri di Grup Yorum

– Il rilascio di tutti i membri di Grup Yorum attualmente in carcere


Sosteniamo le richieste degli Avvocati del popoloche chiedono di poter difendere i loro clienti!


PER LA LIBERTÀ DEI PRIGIONIERI POLITICI!

CONTRO LA PERSECUZIONE POLITICA!

PER LA DIFESA DELLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE!

SOLIDARIETÀ CON GRUP YORUM!

SOLIDARIETÀ CON GLI AVVOCATI DEL POPOLO!

SOLIDARIETÀ CON I PRIGIONIERI POLITICI!


Continuiamo a raccogliere il vostro consenso anche con le foto o qualsiasi altra espressione di solidarietà. Scrivete e scriveteci!


Comitato Solidale Grup Yorum



La  canzone di solidarietà con Grup Yorum, BEAT OF RESISTANCE, denuncia la repressione Turca ai danni del Grup Yorum, band che da anni si oppone con la propria musica allo stato di dittatura di Erdogan.
Il video che segue è prodotto da Yeahjasi-BRINDISI https://www.facebook.com/Yeahjasi/ 

Gli ITALIAN FREEDOM FIGHTERS si formano spontaneamente rispondendo ad una “chiamata alle armi” del Comitato Solidale Grup Yorum che, avendo l’esigenza di estendere la lotta contro la repressione del fascista Erdogan a 360°, decide di coinvolgere gli artisti.

Si uniscono così quattordici voci: TREBLE LU PROFESSORE(The Dangeroots), JULIA LENTI, TONY (Cattivo Sangue), GIULIO FERRANTE (Radici nel Cemento), LIZARD (Shock very noise), ROCKY GANJAVOX (The Dangeroots), CHALA DZ CHAM (The Dangeroots), SPEAKER TEX, NUR-GUL, SAM D, FILOMENA DE LEO (Medinabox), FIDO GUIDO, TINA MINERVA (La Rocha), RIFLE E cinque musicisti: RAINA (Villa Ada Posse), ADRIANO BONO (Reggae Circus), POPPY CIRCUITELEMENT (Shock very noise), LUIGI MIACOLA The navigator trumpet(TheDangeroots), COSIMO MIACOLA Young t bone,(The Dangeroots)
L’ obiettivo comune è esprimere solidarietà a Grup Yorum, che nella sua costante RESISTENZA, ha appena perso purtroppo Ibrahim ed Helin, e agli avvocati del popolo, tutt’ora in sciopero della fame. Inoltre è una chiara denuncia dela violazione delle libertà di espressione e di pensiero di cui Grup Yorum e tutto il popolo Turco sono vittime.
Progetto artistico di Valentina Rubino Artwork di Daniele “Speaker Tex” Francioso + info @ www.reggae.it/yorum -Musiche di Tony Cattivo Sangue, Treble Lu Professore, Raina, Luigi e Cosimo Miacola, Adriano Bono, Poppy Circuitelement -Mix e Master: Treblestudio #yorum #treblestudio

Processo a 41 compagni e compagne per il G7 di Taormina

Mass media (Giornali e Tg3) puntano a criminalizzare il contingente maoista di quella importante manifestazione: Se il nemico ti attacca vuol dire che sei sulla via giusta…

Riportiamo ampi stralci di uno degli articoli fatti subito dopo quella manifestazione – del blog proletari comunisti.

*****

Il G7 dei grandi è fallito, l’anti/G7 dei “piccoli” è sostanzialmente riuscito. Questo è il giudizio di fondo da cui bisogna partire, se si vuol dare una valutazione serena e precisa su quello che è avvenuto nell’asse Taormina-Giardini Naxos.
La nostra parola d’ordine, che sin dal primo momento abbiamo portato in tutte le forme e in tutti i luoghi in cui siamo riusciti ad essere, è stata “rompiamo la vetrina dell’imperialismo”… E questo è avvenuto…
…la prima rottura l’ha prodotta lo Stato imperialista italiano che in maniera un po’ strumentale, ma
anche prendendolo sul serio, ha scatenato la più clamorosa, finora, campagna di criminalizzazione preventiva a cui il nostro paese abbia assistito – ricordando in tante forme quelle del famigerato G8 del 2001 a Genova, solo che qui la prevenzione è stata molto più determinata da parte dello Stato, perchè si è concentrata nel voler impedire la realizzazione di ogni manifestazione, anche la più innocua e di impedire l’arrivo materiale alla manifestazione.
In questa maniera, lo Stato imperialista non ha fatto altro che auto affermare che il G7 era una fortezza assediata, che i 7 erano davvero 7, che bisognava preservare anche da una scritta o da una protesta simbolica. Sono arrivati quindi a sequestrare Taormina e i Giardini Naxos e a mettere i loro check point sin dalla Calabria.

Ma, come dice Marx, quando il potere borghese vede in ogni stormir di fronda un pericolo, allora ogni stormir di fronda diventa un pericolo.
Tenacemente l’opposizione al G7, quella sul territorio e quella che dalle altre città l’ha sostenuta, ha resistito e ha reagito, in questa condizione in certi momenti allucinante – a Taormina non si poteva entrare, anzi gli stessi abitanti dovevano o uscire o considerarsi ‘prigionieri in casa’, ai Giardini Naxos il sindaco ha ordinato di chiudere tutto, quasi a voler desertificare la città e prendere per fame i manifestanti considerati tout court “terroristi”, “sfascia vetrine” (uno slogan ironico gridato da gruppi di giovani diceva: “ci credevate terroristi siam meglio dei turisti” – ed è arrivata a migliaia ai Giardini Naxos, superando controlli, posti di blocco e ogni tipo di intimidazione. E si è presa prima il concentramento, in un clima di allegria, combattivo, ognuno che arrivava veniva accolto dall’entusiasmo e portava entusiasmo, il concentramento si è riempito di rosso e i manifestanti si sono fusi comunque in un tutt’uno, aspettando che i compagni fermati arrivassero; poi ha dato vita a quel lungo serpentone che si è ripreso Giardini Naxos e che ha chiamato la popolazione a partecipare dai lati, dai balconi, entrando nel corteo, esprimendo in tutti i microfoni che gli venivano posti dallo sterminato esercito di giornalisti, operatori, fotografi, tutta la propria solidarietà ai manifestanti e tutta la propria denuncia, per mille e svariati motivi, del G7, dei sindaci, dei politici e di tutta l’oscena accozzaglia che da Roma a Giardini aveva vessato, violentato, imperversato fino alla manifestazione.

E così a Giardini i 7 sono diventati ridicoli, impegnati a scannarsi di parole, mentre le grottesche mogli davano tutta l’immagine della “Grande bellezza” Sorrentino style.
Mentre il corteo strada facendo guadagnava entusiasmo, il camion alla testa fondeva bene musica, slogan e un’infinità di interventi, ognuno dei quali aggiungeva una parola di denuncia, portava la sua lotta e si armonizzava.

In questo spiccava il contingente maoista, che con striscioni e parole d’ordini portati da una fusione proletaria, femminista, rivoluzionaria, dava il senso di questa manifestazione…
Era del tutto naturale che questo corteo non potesse, non si dovesse fermare laddove la sbirraglia di Minniti lo voleva bloccato, e che comunque una parte della manifestazione, quella più viva, quella più determinata e anche, permetteteci di dire, quella più organizzata allo scopo, mentalmente attrezzata, non ci stesse a non dare un segnale che i divieti non vanno accettati ma vanno sfidati con coraggio e autodeterminazione, facendo il passo necessario perchè si restasse comunque avanguardia di tutta la manifestazione, perchè tutti vi hanno partecipato allo scopo di rendere forte l’opposizione.
Certo che l’ultima sfida è quella che segna il tempo, perchè non è solo una conclusione, ma un’indicazione su come combattere lo stato di cose esistente nel tempo del fascio-imperialismo, da Trump a Minniti, il segno del tempo che loro hanno torto e noi ragione, e che è necessaria la forza per affermare le ragioni e i diritti dei proletari, dei popoli, da Taormina al Medio Oriente, all’America Latina, dal cuore dei paesi imperialisti alla Turchia, all’India, ecc.

Un altro mondo è possibile! Oggi più che mai dobbiamo fare nostra questa parola d’ordine. E dall’arma della critica di questo mondo, impugnata a Giardini Naxos, così esemplarmente rappresentato dal G7 di Taormina, occorre passare alla critica delle armi impugnata dai proletari e dalle masse.