Manifestazione per la liberazione di Anan Yaeesh al carcere di Melfi – Foto, interventi, commenti

audio interventi disponibili richiedi a srp srpitalia@gmail.com

 

 

 

Da ORE 12 Controinformazione rossoperaia del 27/10

La manifestazione si è tenuta ieri davanti a carcere di Melfi in solidarietà e per rivendicare la liberazione di Anan, il prigioniero politico palestinese che insieme ad altri è stato arrestato, e viene detenuto e processato nelle carceri italiane in maniera ingiusta e sostanzialmente a servizio degli interessi dello Stato sionista di Israele. Un’espressione tipica della complicità che esiste tra Stato imperialista italiano e Stato israeliano e chiaramente questo governo non ha nessuna intenzione di liberare Anan ma ha tutta l’intenzione di arrivare a un processo che in qualche maniera possa sancire la possibilità per Anan e altri suoi compagni di essere estradati e poi riconsegnati nella mano del mostro sionista.

E’ quindi una battaglia importante.

Una battaglia esemplare in queste ore in cui il sostegno alla resistenza effettiva palestinese ai piani cosiddetti “di pace” dell’imperialismo e del sionismo è determinante per il futuro della resistenza ma in generale per il futuro del popolo palestinese e della sua battaglia prolungata per una Palestina libera, uno Stato palestinese dal fiume al mare.

E’ stata una manifestazione importante perché pur essendo un numero non grande di compagni, era rappresentativa di tutte le realtà attive sulla Palestina da tempo e per la liberazione di Anan.

Al presidio ci sono state, a parte le realtà di Roma, dell’Aquila, di Teramo che stanno conducendo questa battaglia sul campo, là dove si tiene il processo, e da mesi e mesi stanno attivando presidi e iniziative incisive, partecipate, un lavoro massivo di controinformazione sia rispetto a ciò che sta avvenendo nel processo sia perché il movimento per la Palestina nel suo insieme raccolga al suo interno, come di fatto sta avvenendo, la battaglia per la liberazione di Anan, vi sono state realtà da varie parti della Basilicata, dalla Puglia.

Realtà che in generale non si erano ritrovate prima d’ora e quindi la battaglia per Anan ha avuto una capacità di aggregare realtà che non erano collegate. Una manifestazione rappresentativa che dimostra ancora una volta quello che abbiamo detto sempre che la mobilitazione per la Palestina è capace di moltiplicare le energie della mobilitazione su tutti i piani.

E proprio perché si è trattato di raccogliere realtà non collegate, che sono attive da sempre sul territorio, ora è necessario che prendano nelle loro mani la battaglia per Anan e la inseriscono nella battaglia più generale che si sta facendo sui territori di solidarietà con la Palestina, ma non solo, contro gli armi, le industrie belliche, la Leonardo e così via.

Questa assemblea insieme al lato positivo di aver messo i compagni insieme e di aver ribadito con forza la lotta e l’importanza della solidarietà Anan, la valorizzazione della resistenza palestinese, a nostro giudizio non è riuscita però a trovare la forma e il modo perché le realtà che si erano ritrovate potessero pianificare insieme la continuità di questa campagna, sia al carcere di Melfi, dove necessariamente dovrà continuare, sia il suo radicamento nei territori in cui la presenza di Anan ci dà la possibilità di informare, controinformare, sensibilizzare e alla fine mobilitare settori di lavoratori, di studenti.

Su questo non si è fatto abbastanza nell’assemblea che si è tenuta durante il presidio al carcere. Alcuni compagni sono stati troppo incline ai comizi; bisognava far sentire all’interno del carcere forte e chiara la voce solidale dei partecipanti, non serviva tanto uno stile da comizi o interventi molto lunghi che affrontavano tutti i problemi e pensavano di ricondurli a uno. Sono posizioni sbagliate, atteggiamenti sbagliati presenti nei compagni ed espressesi anche nell’iniziativa di Melfi.

Noi da parte nostra che ci abbiamo partecipato e chiaramente abbiamo intenzione di contribuire allo sviluppo effettivo di questo movimento abbiamo cercato di sottolineare in termini costruttivi la necessità di sviluppare la mobilitazione in questo senso; e naturalmente lo faremo innanzitutto noi, perché la battaglia di Anan deve essere ben presente in tutto il proseguio della mobilitazione per la Palestina.

La rivendicazione della liberazione di Anan è di valore locale, nazionale e anche internazionale. In questo senso pensiamo che là dove noi siamo presenti in questo caso nella zona di Taranto, verso i complessi industriali in cui interveniamo, l’Ilva ma anche la Leonardo dove è in atto un’iniziativa dei lavoratori attraverso una petizione che sta raccogliendo parecchio successo, ci sono le forze che hanno interesse a una mobilitazione per Anan perché essa si lega alla mobilitazione che viene fatta contro la guerra, il razzismo, l’imperialismo, lo sfruttamento e la ricaduta sui territori del razzismo, dell’economia di guerra, dello sfruttamento.

Quindi pensiamo che questa manifestazione a Melfi possa servire in questa direzione.

Ma il percorso richiede che avanzi lo spirito unitario e la chiarezza, la capacità di includere piuttosto che di autoproclamarsi come in certi interventi in questa manifestazione è stato fatto.

Quando si dice la continuità collettiva evidentemente bisogna trovare le forme di questa continuità, i presidi al carcere sono sempre stati significativi e simbolici, ma chiaramente la forma principale con cui si possono coinvolgere associazioni, masse e realtà è il corteo. Per cui riteniamo che effettivamente la proposta del corteo fatta in uno degli interventi iniziali al carcere vada raccolto e quindi si deve costruire un nuovo presidio a Melfi e un corteo, a Melfi stesso o in altra realtà vicine. E’ un problema che bisogna risolvere con il confronto e il parere di tutti. Chiaramente per realizzare un nuovo presidio di questa natura comprensivo di un corteo occorre almeno un mese di mobilitazione e di propaganda, agitazione e costruzione delle relazioni necessarie perché riesca.

Questa è la nostra intenzione e questo continueremo a fare sin da subito, affinché questo corteo possa segnare un passo avanti della mobilitazione sia per la liberazione di Anan sia per il grande significato che queste battaglie hanno per la crescita della coscienza e del movimento generale che metta in discussione l’imperialismo, i suoi governi, i suoi stati

ntervento di proletari comunisti di Taranto all’assemblea del presidio al carcere

Compagni, dobbiamo utilizzare questa opportunità che ci siamo ritrovati grazie ad Anan. Abbiamo un dovere di organizzare una lotta vera a partire dalla ragione per cui siamo qui. La

solidarietà ad Anan ha bisogno di un supporto popolare che possiamo trovare se ci uniamo a tutte le realtà popolari che in Puglia come in Basilicata sono impegnate, hanno di fronte gli stessi nemici. Ma è necessario che ogni lotta venga fatta davvero e venga fatta con le caratteristiche che hanno queste lotte. Noi dobbiamo liberare Anan, dobbiamo estendere la solidarietà Anan in ogni luogo, e utilizzare il fatto che l’hanno rinchiuso in questo carcere per sviluppare una campagna sui nostri territori, di conoscenza e di solidarietà, per costruire una nuova manifestazione che ci veda crescere sia come numero, sia come livello di investimento delle realtà del territorio.

 

Siamo d’accordo sulla necessità di fare un corteo, di costruire un corteo che vada oltre i presidi che continueremo naturalmente a fare qui finché Anan sarà qui, perché se ci siamo venuti oggi, ci verremo sempre, e sempre vuol dire anche cercare di portare ogni volta più compagni. Il corteo, che è da organizzare secondo le caratteristiche che possiamo decidere insieme, è importante, perché il passo in più che possiamo fare per poter far crescere il movimento di solidarietà.

Poi questo lavoro non serve che si ricordino le questioni in maniera generica. Per esempio la Leonardo a Taranto non è un fenomeno strano da leggere sui giornali; ci sono state assemblee, cortei per poter sensibilizzare il paese e indirettamente i lavoratori. Noi ci siamo andati, abbiamo rotto con questa storia che alle fabbriche, come la Leonardo, si va il sabato a protestare come l’industria bellica come se i lavoratori in queste fabbriche non esistono. Siamo stati nei giorni feriali alla Leonardo di Grottaglie, abbiamo parlato con gli operai e abbiamo visto che non è come viene descritta la situazione anche tra gli operai delle fabbriche belliche; e da tutto questo nasce che poi un gruppo di lavoratori ha fatto l’iniziativa lodevole dell’appello “Stop alle forniture belliche ad Israele”, questo è il frutto di un lavoro, non è il frutto di un’idea.

Quindi il nostro compito è lavorare realmente. Questo riguarda anche la questione Stellantis a Melfi, non si va alla Stellantis una volta ogni tanto; la battaglia sulla Palestina bisogna portarla alla Stellantis. Alle portinerie dell’Ilva, e sappiamo bene com’è la situazione all’Ilva, ci sono i manifesti di questa manifestazione al carecre per Anan; alcune volte gli operai ci dicono: voi ve ne venite con la Palestina…, ma è attraverso questo lavoro che oggi anche all’Ilva ci sono lavoratori che seguono l’attività di solidarietà con la Palestina.

Quindi il nostro problema è di organizzare il lavoro che dobbiamo fare, non possiamo fare comizi, francamente non è lo stile che ci serve. Nè siamo d’accordo quando si fa della demagogia, quando si dice: noi siamo qui e gli altri…, come se si fosse assolutamente ingenui e superficiali e non si capisce che non è che le masse vengono perché fai un fischio, ma perché le organizzi, fai le lotte, sei riconosciuto, masse si organizzano in sindacati, in comitati, in organizzazioni che devi sensibilizzare e raccogliere. Non sono un popolo che deve venire dietro a te.

Capendo anche che le persone che riempiono le piazze non sono già convinte che bisogna opporre alla guerra imperialista la guerra rivoluzionaria, non sono già convinte che la Palestina è il simbolo della lotta di tutti i popoli oppressi contro questo sistema. Lo comprendono attraverso dieci, cento iniziative che fanno. E per questo non hanno bisogno di sentirsi dire che non serve a niente la Corte di Giustizia Internazionale. Dire questo è demagogia. Il nostro problema è per costruire un movimento reale, abbiamo bisogno di unire tutte le energie necessarie, certo intorno alla prospettiva della resistenza, della liberazione e della rivoluzione che alla fine è l’unica soluzione.

Quindi organizziamo una nuova manifestazione facendo un lavoro sul territorio perché finalmente possiamo anche essere di più.

 

Quindi non sprechiamo questa occasione, costruiamo le prossime scadenze a livello locale come a livello nazionale.

no al foglio di via per Hannoun-denuncia e mobilitazione nazionale – Soccorso Rosso Proletario

no al foglio di via per Hannoun-denuncia e mobilitazione – proletari comunisti

info stampa

Milano, foglio di via di un anno per il presidente dell’Associazione Palestinesi in Italia: “Istigazione alla violenza”

Mohammad Hannoun ha ricevuto il foglio di via firmato dal questore per alcuni commenti sulle esecuzioni di Hamas, che per lui hanno colpito “i collaborazionisti di Israele”. L’associazione: “Tentativo di intimidire chi denuncia i crimini contro il popolo palestinese”
Milano, foglio di via di un anno per il presidente dell’Associazione Palestinesi in Italia: “Istigazione alla violenza”

Mohammad Hannoun, il presidente dell’Associazione Palestinesi in Italia (Api), è stato bandito da Milano. Per un anno non potrà mettere piede in città, come previsto dal foglio di via, firmato dal questore Bruno Megale, che gli è stato notificato oggi, non appena sceso dall’aereo che da Roma lo portava a Linate, per partecipare alla manifestazione pro-Pal in programma nel pomeriggio. Oltre all’allontanamento dalla città, ad Hannoun è stata notificata anche una denuncia “per istigazione alla violenza”.

“Mi dispiace di questo atto di aggressione nei mie confronti, mentre il nostro governo è complice diretto del genocidio a Gaza, dove fornisce armi per sterminare i gazawi”, ha commentato il presidente di Api. “All’uscita dell’aeromobile gli agenti della polizia mi hanno identificato e mi hanno portato in ufficio a Linate per darmi due notifiche – ha raccontato – . La prima era l’allontanamento dalla città per un anno, l’altra una denuncia per istigazione alla violenza”. Hannoun da Linate è tornato a Genova, dove vive, con il figlio che era arrivato a prenderlo all’aeroporto milanese

La ragione dei provvedimenti è da rintracciare in alcune frasi che Hannoun avrebbe pronunciato durante il corteo di Milano del 18 ottobre scorso. Frasi pro Hamas per cui la Digos lo ha denunciato. “Tutte le rivoluzioni del mondo hanno le loro leggi. Chi uccide va ucciso, i collaborazionisti vanno uccisi. Oggi l’Occidente piange questi criminali, dicono che i palestinesi hanno ucciso poveri ragazzi. Ma chi lo dice che sono poveri ragazzi?”, disse Hannoun in quella occasione, in merito alle esecuzioni messe in atto da Hamas a Gaza dopo il cessate il fuoco. Il 29 novembre 2024 Hannoun aveva ricevuto un foglio di via da Milano, per sei mesi.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, rispondendo al question time di giovedì al Senato, aveva detto che “in ragione delle sue esternazioni, è attentamente monitorato dalle autorità competenti, le quali non mancheranno di adottare nei suoi confronti le misure di rigore previste dalla legge, laddove ne sussistano i presupposti applicativi”. “Risulta che Hannoun – aveva detto il ministro – abbia preso la parola per esprimere dichiarazioni a carattere istigatorio, sostanzialmente approvando i sanguinosi abusi commessi da miliziani di Hamas nei confronti di altri cittadini palestinesi ritenuti collaborazionisti dell’esercito israeliano”.

 

 

NAPOLI: 4 FERMI E ABUSI DELLA POLIZIA DURANTE L’INIZIATIVA DI CONTESTAZIONE ALLA AZIENDA ISRAELIANA TEVA

A Napoli stamattina, dopo la manifestazione statica e pacifica contro il colosso farmaceutico Teva, complice del genocidio contro il popolo palestinese, alcune attivisti e attivisti che hanno inscenato un flash mob con striscioni, canti e slogan, mentre si avviavano all’uscita sono stati bloccati e identificati dalla forze dell’ordine, circondati e malmenati da decine di agenti in tenuta antisommossa. Quattro persone sono state condotte in questura. Ora i manifestanti sono sotto la Questura di via Medina per chiedere immediata liberazione degli attivisti fermati

Violente cariche della polizia a Torino

25 ottobre – A Torino la polizia ha caricato violentemente i manifestanti all’altezza del Museo Egizio. Si segnala un ferito alla testa tra i partecipanti. Il corteo cercava di raggiungere Piazza Carignano, dove si sta svolgendo un evento di Forza Italia con Tajani e Bernini sul tema del diritto alla casa.

CRESCE LA REPRESSIONE DEL DISSENSO FILO-PALESTINESE IN EUROPA

Mentre in Italia la Lega di Salvini ha presentato un ddl per reprimere ogni critica al governo terrorista israeliano, a Monaco lo scrittore tedesco Jürgen Todenhöfer, 84 anni, ex deputato CDU e noto critico della politica israeliana, è stato arrestato per “istigazione all’odio” e “banalizzazione dell’Olocausto” dopo aver pubblicato su X un post in cui paragonava Benjamin Netanyahu ai nazisti.
La sua casa è stata sorvegliata e perquisita, e la polizia ha sequestrato telefoni e dispositivi digitali.
Todenhöfer, autore di libri su Afghanistan, Iraq e ISIS, ha denunciato la repressione del dissenso filo-palestinese in Germania, dove ogni critica a Israele è spesso assimilata all’antisemitismo.
Ha dichiarato: «Se sarò condannato, sarà un onore: difendere la libertà e la pace in Palestina è un dovere»
________________________________________
VAROUFAKIS BANDITO, MANIFESTANTI ARRESTATI, ARTISTI CENSURATI
Il caso Todenhöfer si inserisce in un clima sempre più restrittivo. Il politico greco Yanis Varoufakis è stato bandito da eventi pubblici in Germania dopo aver definito “apartheid” il trattamento dei palestinesi.
Negli ultimi mesi, centinaia di manifestanti pro-Palestina sono stati arrestati o dispersi con la forza durante cortei pacifici a Berlino, Amburgo e Francoforte.
Anche artisti e accademici che avevano espresso solidarietà ai civili di Gaza sono stati esclusi da festival e università, segno di una deriva censoria sempre più evidente.
________________________________________
LA LIBERTÀ D’OPINIONE EUROPEA SOTTO ATTACCO
Il fenomeno rischia di estendersi come un contagio: la criminalizzazione del pensiero critico si sta lentamente infiltrando anche in altri Paesi europei, dove si moltiplicano i tentativi di limitare la libertà d’espressione in nome della “lotta all’odio”.
È come se la parentesi di libertà costituzionali aperta nel dopoguerra si stesse chiudendo, lasciando il posto a una nuova stagione di conformismo ideologico, censura preventiva e paura di dissentire.
________________________________________
UNA DOMANDA PERSONALE, MA POLITICA
A questo punto mi domando seriamente cosa mi accadrebbe oggi se mettessi piede in Germania, dopo aver scritto un libro come “Contro il ‘Sionismo Reale’”.
Un libro chiarissimo nel condannare le classi dirigenti sioniste, ma altrettanto rigoroso nel respingere l’antisemitismo sotto ogni punto di vista — e tuttavia, pare, non abbastanza per la postura stolida e “strutturalmente ignorante” scelta dai legislatori teutonici.
Mi arresterebbero? Arresterebbero anche Moni Ovadia e Alessandro Di Battista? A suo tempo avrebbero magari arrestato il deputato ebreo ortodosso britannico Gerald Kaufman, che pronunciò le stesse accuse con lo stesso paragone di Todenhöfer?
E non sarà forse opportuno che il Parlamento italiano, invece di approvare le leggi liberticide proposte dall’ex amministratore di società israeliane Maurizio Gasparri, ponga qualche domanda alla Germania a tutela di milioni di cittadini italiani che hanno idee diverse da Merz?
________________________________________
UNO STATO D’ECCEZIONE BELLICO E IDEOLOGICO
Queste manifestazioni di pensiero vengono represse anche per ragioni – per così dire – “preventive”.
I vertici europei e atlantici, da Friedrich Merz a molti altri capi di governo dell’UE e della NATO, stanno infatti preparando un nuovo stato di eccezione permanente, di natura bellica e ideologica, nel quale la Russia è costruita artificialmente come nemico assoluto.
Per sostenere questa narrazione impopolare, si sta creando una struttura giuridica e culturale destinata a reprimere il dissenso pacifista, bollando come “filorussa” o “antisemita” ogni voce non allineata. Todenhöfer è oggetto di una vendetta anche in questo senso: aveva pubblicamente criticato il governo per non fare indagini sull’attentato al gasdotto Nord Stream.
________________________________________
DALLA GUERRA IN MEDIO ORIENTE ALLA GUERRA IN EUROPA
Oggi molti intellettuali e ampie fasce di popolazione si ribellano al genocidio in Medio Oriente: è una ribellione “facile” solo nel senso che la violenza è ormai visibile, palese, incontestabile, e quindi riconoscibile da tutti.
Più difficile è invece cogliere i fili geopolitici che ci stanno trascinando verso una guerra più grande, destinata a distruggere le società europee come le abbiamo conosciute.
Ma quel momento arriverà: e allora lo sguardo dei popoli si sposterà da “Bibi il Genocida” a Merz il distruttore delle classi medie, fino a tutti gli altri architetti della guerra europea.
È per questo che stanno accelerando: per blindare, come ha detto il cancelliere prediletto da BlackRock, “quelli che fanno il lavoro sporco per noi”.