Buona e più grande del previsto la partecipazione all’assemblea proletaria anticapitalista di Roma del 17 settembre

Di seguito il Report comune:

L’Assemblea proletaria anticapitalista di Roma ha avuto una buona riuscita. Presenti complessivamente più di 70, in grande maggioranza espressioni di realtà di lotta sindacale, sociale e di organizzazioni politiche anticapitaliste, e provenienti da diverse città, Taranto, Roma, Viterbo, Napoli, Palermo, Viareggio, Bergamo, Milano, l’Aquila, Torino, Ravenna, ecc.

Il luogo in cui si è tenuta, Metropoliz – Museo dell’altro e dell’altrove, è stato un valore aggiunto, e il suo significato, la sua vitalità è stata ben illustrata dagli interventi di presentazione iniziali.

Un risultato che è andato al di là delle previsioni, e che avrebbe richiesto un’intera giornata per permettere l’intervento di tutti, dibattito e conclusioni unitarie.

Ciononostante, tutta l’assemblea si è svolta in un clima di lotta, unità, domanda e condivisione di iniziative e scadenze, analisi e anche proposte sul fronte teorico della formazione operaia.

L’assemblea è stata la manifestazione della realtà necessaria di unire e collegare le lotte, costruire un patto d’azione politico e sociale, avanzare sul fronte unico di classe.

Grande peso hanno avuto nell’assemblea non solo gli interventi delle realtà di fabbrica e del territorio, ma anche la discussione sulla guerra, sulla repressione e più in generale la lotta contro lo Stato del capitale, in una prospettiva rivoluzionaria.

Sia pure in forme differenziate per le realtà di lotta diverse e per la pluralità di riferimenti politici presenti, l’assemblea ha cercato la strada della socializzazione delle lotte, della riflessione sugli aspetti più significativi di esse, del sostegno reciproco e del superamento di limiti di organizzazioni e riferimenti sindacali, soprattutto quando essi sono spesso di autoproclamazione e autoreferenzialità e di visione ristretta delle dinamiche delle lotte sindacali stesse.

L’assemblea ha affermato chiaro che l’unità da costruire è una unità di lotta e un contributo di contenuti e partecipazione da immettere e relazionare con tutte le realtà del sindacalismo di classe e combattivo, dei movimenti sociali e territoriali, del fronte di opposizione politica, antifascista, antimperialista, naturalmente contro il nuovo governo che scaturirà dalle elezioni.

L’assemblea ha cercato negli interventi delle varie realtà di lotta di cogliere in ciascuna di esse l’elemento generale, nello sforzo di trasformare ogni lotta particolare in lotta generale, da sviluppare e scagliare contro padroni, governo, Stato e Istituzioni locali.

Centrali nell’assemblea sono stati gli interventi operai, dalla Tenaris Dalmine alla Tessitura di Mottola, alla Gkn – intervenuta in collegamento telefonico; gli interventi sullo stato attuale della lotta dei migranti dei campi rappresentata nella denuncia e nelle iniziative sviluppate attualmente da Campagne in lotta; le voci dirette di un gruppo di operai indiani di Bergamo sulla realtà dello super sfruttamento dei lavoratori immigrati da parte di cooperative, appalti, e la loro determinazione di lotta. Quindi interventi sul fronte della sanità impegnati in uno scontro quotidiano e nel lavoro per un coordinamento nazionale; poi interventi sulla pesante ristrutturazione in corso nelle Poste, sulla lunga esemplare battaglia dei lavoratori e delle lavoratrici precarie delle cooperative sociali di Palermo, ecc; realtà da comprendere, sostenere e allargare.

Chiaramente è entrata di peso nell’assemblea la questione dei morti sul lavoro, della salute e sicurezza a partire dal saluto emozionato e impegnato contro l’ennesima morte/assassinio di uno studente in formazione-lavoro. Sono seguiti interventi sulla grande battaglia in corso contro le stragi impunite, come quella di Viareggio, e altri interventi che non si sono potuti fare per ragioni di tempo nell’assemblea, di Vito Totire (scritto), della Rete per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territorio e del ricercatore Chiodo su pandemia e sanità

Un peso importante emotivo hanno avuto gli interventi contro la repressione, con un richiamo alla necessità, anche storica, di assumere questa lotta non come mera denuncia, vittimismo o solo, pur indispensabile, azione sul fronte legale dei processi, ma per comprendere anche il salto che lo stato attuale della repressione domanda, con i riferimenti storici aggiornati alle grandi esperienze del ‘68, autunno caldo, anni ‘70.

Forte è stata la denuncia e in certi casi l’analisi della guerra interimperialista in corso e della sua dinamica, dell’economia di guerra che ne consegue scaricata sui proletari e masse popolari, e sulle iniziative necessarie di parte proletaria: lotta per più salario meno orario, salario garantito ai disoccupati, non pagare le bollette, opposizione alle Basi militari,- con intervento inviato e condiviso del Movimento NO MUOS – lotta contro il proprio governo imperialista, unità internazionalista con tutti i proletari e i popoli in lotta nel mondo.

Tutta l’assemblea ha sostenuto l’indispensabile unità tra lotta economica e lotta politica e il rifiuto di ogni fiducia al sindacalismo confederale, ai partiti parlamentari e alla via elettorale.

Interessante è stato lo sforzo di alcuni intellettuali marxisti di introdurre elementi della formazione teorica dei proletari nell’analisi del modo di produzione capitalista, base e fondamento per affrontare tutte le questioni della società, dal lavoro all’ambiente, al carovita, ai tagli della spesa pubblica, alla questione delle lotte delle donne.

Su quest’ultimo tema l’assemblea ha avuto una forte impronta con gli interventi delle compagne, che sono state la maggioranza, che hanno portato la marcia in più delle lotte delle donne lavoratrici, ultima la Beretta di Trezzo, l’esperienza agente di unità/collegamento dell’Assemblea nazionale donne/lavoratrici, e soprattutto la doppia lettura femminista e proletaria su tutti i terreni, dal lavoro all’aborto, contro ogni generica questione di genere e contro ogni forma di concessione al femminismo istituzionale e piccolo borghese; dichiarando già da ora “guerra” ad un possibile governo diretto da una donna fascista, la Meloni

Tanta carne a cuocere in questa assemblea, dentro una visione combattiva ed ottimista (tranne un solo intervento) che dimostra che il cammino dell’unità delle lotte e del fronte unico di classe è necessario e ha ripreso la sua marcia.

L’assemblea non ha avuto una conclusione e un piano di lavoro comune, per i tempi ma soprattutto per la necessità di approfondire le questioni e trovare i punti di convergenza praticabili come Assemblea proletaria anticapitalista e come parte del movimento proletario e popolare generale in questo autunno, anche nell’orizzonte dello sciopero generale che viene proposto per dicembre; affermando però che la questione principale ora è accendere e alimentare i tanti “fuochi” possibili e necessari di lotta proletaria, estenderli e collegarli, “scagliare” ogni singola lotta, vertenza nella battaglia generale contro il governo.

Sono disponibili le registrazioni di tutti gli interventi, saranno pubblicate le trascrizioni di alcuni di essi, come di altri che non sono potuti intervenire ma hanno inviato loro testi all’assemblea.

Assemblea proletaria anticapitalista

17-9-2022

Gerusalemme: Arrestata la giornalista Lama Ghousheh

La giornalista Lama Ghousheh, del quartiere Sheikh Jarrah a Gerusalemme, è comparsa oggi davanti al tribunale israeliano  per la discussione delle accuse avanzate dai servizi di sicurezza e ha prolungato la detenzione della giornalista di altri due giorni con il pretesto di dare più tempo alla polizia per interrogarla.. Il giornalismo sotto l’occupazione militare è una professione ardua.

Ghousheh è accusata di “sostegno ed incitamento al terrorismo”, per aver pubblicato interviste ad ex detenuti politici palestinesi, liberati in operazioni di scambio prigionieri.

Una settimana fa, le forze di occupazione hanno fatto irruzione a casa sua, all’alba, mentre i due figli piccoli (4 e 5 anni) erano a letto, svegliandoli e spaventandoli.
È stata condotta in commissariato ed ha subito – secondo la denuncia del suo legale – interrogatori lunghi fino a 10 ore consecutive.
Le è stata praticata una perquisizione a corpo nudo, per umiliarla.
Vi affronto a testa alta e l’occupazione finirà”, ha detto in uno degli interrogatori.

Il quartiere Sheikh Jarrah è sotto la mira dei coloni che intendono cacciare i suoi abitanti palestinesi, con le provocazioni e con il ricorso ai tribunali per rivendicare le proprietà precedenti alla Nakba, la cacciata dei palestinesi dalle loro terre nel 1948.

da pressenza

lo hanno picchiato con il bastone e hanno iniziato a dargli i calci.. lo hanno preso dai piedi e lo hanno buttato giù”. Hasib, rom disabile, è ora in coma dopo una perquisizione della polizia

Gli agenti avrebbero fatto irruzione in borghese, senza un mandato. Il 37enne di origini rom ora è in coma, i pm indagano per tentato omicidio  La famiglia della vittima chiede verità durante una conferenza stampa della Camera dei Deputati

di Valentina Stella

Verità-per-Hasib-appello

Un uomo sordomuto in coma, un volo dal balcone, dei poliziotti sulla scena, e tanti punti da chiarire. È questa la sintesi della drammatica vicenda del giovane di etnia rom Hasib Omerovic, disabile di 37 anni, precipitato il 25 luglio dalla finestra di un appartamento di uno stabile di edilizia popolare a Primavalle nel corso di un presunto controllo delle forze dell’ordine. La storia è stata resa nota oggi durante una conferenza stampa convocata dall’onorevole Riccardo Magi, Presidente di +Europa, alla Camera dei deputati. Con lui erano presenti Fatima Sejdovic, la madre della vittima, Carlo Stasolla, portavoce di Associazione 21 luglio, e gli avvocati della famiglia Susanna Zorzi e Arturo Salerni.

«Questa è una vicenda tragica – ha esordito l’onorevole Magi -, resa ancora più sconvolgente dalla mancanza di chiarezza e verità in cui è avvolta. La famiglia ha deciso di renderla nota affinché l’attenzione pubblica aiuti a sapere la verità». Magi ha presentato una interrogazione a risposta scritta rivolta al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, non potendosi utilizzare lo strumento dell’interpellanza urgente essendo sciolte le Camere. Nell’atto di sindacato ispettivo è riassunto l’esposto presentato dalla famiglia alla Procura della Repubblica di Roma, grazie alla testimonianza della sorella di Hasib, presente quel giorno in casa: «Il 25 luglio mattina H., sordomuto, si trovava nella sua abitazione a Roma con sua sorella S., disabile, mentre i genitori e la sorella E. erano fuori casa, quando presso l’abitazione si recano quattro agenti della Polizia in borghese; il giorno precedente, la sorella E. era stata avvicinata dal proprietario di un bar della zona che le aveva riferito che stava girando su Facebook un post “perché H. ha importunato alcune ragazze del quartiere e lo vogliono mandare all’ospedale”, chiedendo di vedersi anche con H. il giorno dopo per parlarne; il post sarebbe stato rimosso, ma i familiari sono in possesso di uno screenshot allegato agli atti; il testo, accompagnato dalla foto del ragazzo, recitava: “FATE ATTENZIONE a questa specie di essere, perché importuna tutte le ragazze bisogna prendere provvedimenti”».

Il giorno della tragedia alle 13.12, prosegue l’interrogazione, «la sorella E. riceveva una telefonata della vicina che li invitava a tornare immediatamente a casa e che passava il cellulare a un agente, il quale li avvisava che H. era ferito e si trovava all’ospedale; rientrati a casa, alcuni agenti in borghese li rassicuravano circa le condizioni del figlio, che “aveva solo un braccio rotto”; in realtà H. era ricoverato al Gemelli in rianimazione con prognosi riservata; tuttora è polifratturato, ha subito un intervento chirurgico al volto e si trova in uno stato di coma vigile, tanto che non è gli è possibile comunicare».

Sempre secondo quanto riportato nell’esposto, «nei giorni successivi un agente del commissariato di Primavalle avrebbe riferito informalmente ai familiari che H. avrebbe “infastidito molestandole alcune ragazze del quartiere”, per cui gli agenti si sarebbero recati nella sua abitazione per chiedere l’esibizione dei documenti; secondo il racconto dell’agente, H. sarebbe rimasto tranquillo, tanto che gli stessi gli avevano scattato delle foto, ma mentre stavano andando via, avrebbero sentito alzare la tapparella della finestra della camera da dove H. si sarebbe buttato».

La sorella S., unica testimone oculare della vicenda, pur essendo affetta da disabilità, ha raccontato «in modo chiaro sia ai genitori che all’amministratore di sostegno: “ho sentito suonare e ho aperto la porta… una donna con degli uomini vestiti normalmente sono entrati in casa. La donna ha chiuso la serranda della finestra del salone… hanno chiesto i documenti di H. Hanno fatto le foto… lo hanno picchiato con il bastone, H. è caduto e hanno iniziato a dargli i calci… è scappato in camera e si è chiuso… loro hanno rotto la porta… loro gli hanno dato pugni e calci… lo hanno preso dai piedi e lo hanno buttato giù”».

Nell’esposto i familiari riferiscono, allegando le foto, che «la serratura della porta di ingresso della camera di H. è completamente divelta, la tubatura esterna del termosifone sradicata dal muro, il rinvenimento del bastone di una scopa spezzato e di sangue sul lenzuolo».

Durante la conferenza stampa a domanda di un giornalista, l’avvocato Salerni ha escluso, in base alle testimonianze raccolte, che il volo dalla finestra sia stato preceduto da una spedizione punitiva del quartiere contro Hasib.

E allora, se c’erano solo i poliziotti, perché sono entrati a casa di Hasib? Avevano un mandato? Hasib è stato prima picchiato e poi lanciato dalla finestra dagli agenti? Forse hanno pensato che essendo l’appartamento a piano terra, anche la finestra non avesse un vuoto di 9 metri sotto? C’è un verbale della perquisizione? Sono stati effettuati dei rilievi da parte della polizia giudiziaria? Queste sono alcune delle domande a cui dovrà rispondere il pubblico ministero Stefano Luciani, che ha disposto il sequestro del manico di scopa e delle lenzuola macchiate di sangue. Le indagini sono affidate alla Squadra Mobile di Roma. Si indaga per tentato omicidio in concorso.

Per tutto questo l’onorevole Magi chiede alla ministra «se sia a conoscenza della vicenda riportata in premessa e se, al di là dei profili di competenza dell’autorità giudiziaria, non ritenga di avviare con la massima urgenza un’indagine interna per fare luce sugli obiettivi e le modalità dell’intervento della polizia di Stato e su eventuali violazioni anche disciplinari poste in essere, se vi sia un rapporto di servizio sull’intervento e quale sia il contenuto dello stesso».

Stasolla ha annunciato di aver lanciato con l’Associazione 21 luglio due appelli: «Uno al Comune di Roma per una nuova abitazione per la famiglia di Hasib. Era stata loro regolarmente assegnata ma se ne sono dovuti andare per il clima che c’è intorno. E un altro al Capo della Polizia Lamberto Giannini affinché si adoperi a far luce sulla vicenda».

La madre di Hasib ha concluso: «Voglio sapere la verità e voglio giustizia per mio figlio. Ha 37 anni e non ha precedenti. So che non ha fatto male a nessuno».

da il dubbio

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Catania, “foglio di via” per un militante antirazzista – SRP aderisce all’appello

“FRONTEX UCCIDE” e “BASTA MORTI””.

Il giorno 24 agosto, la questura di Catania ha dato un foglio di via di un anno dalla città etnea a un compagno che fa parte di diverse realtà politiche e associative impegnate, in città e in Sicilia, nella lotta antirazzista e per la libertà di movimento delle persone migranti.

Il foglio di via è stato comminato a seguito della notifica di avvio di indagini a suo carico per un reato di deturpamento e imbrattamento. Secondo il verbale, la notte del 19 agosto sulla “facciata principale della sede dell’Agenzia Frontex, sita in questa via Transito nr. 74” a Catania, “veniva lanciata della vernice contenuta in alcune latte e, mediante l’uso di bombolette spray, venivano scritte le seguenti frasi: “FRONTEX UCCIDE” e “BASTA MORTI””.

Conosciamo il ruolo mortifero che l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera Frontex ha nel Mar Mediterraneo e agli altri confini della Fortezza Europa. Se servisse, l’inchiesta del quotidiano Le Monde che ha portato alle dimissioni in aprile scorso dello stesso direttore di Frontex, mostra bene la mancanza di trasparenza e le continue violazioni di diritti umani, come i respingimenti illegali in mare, che contraddistinguono l’operato di quest’agenzia. Non troviamo quindi nulla di strano se la seconda sede che questa ha in Europa, ovvero a Catania, si è ritrovata con delle scritte che indicano alla città che Frontex è complice delle stragi razziste che avvengono in mare.

Sottolineando che il compagno in oggetto di tale provvedimento è meramente un indagato, ci preme riflettere sul senso di questo foglio di via. E’ stato infatti apparentemente dato perché il compagno risulta residente in un’altra regione, ovvero rendendo irrilevante che da quasi due anni la sua vita lavorativa, sociale e affettiva è radicata in questa città siciliana.
Eppure, la misura sembrava già preparata a prescindere dalle risposte date dal compagno in questura rispetto ai propri legami con la città, dato che l’ora del protocollo del foglio di via è ben precedente a quella in cui è stato convocato dalla digos.

Questo atto segnala l’ennesima stretta repressiva in corso. E’ gravissimo che anche a Catania, come in molte altri parti di Italia a carico di attivist* impegnat* su diversi fronti di lotta, le forze di polizia continuino sempre più a scegliere il foglio di via come metodo di censura. Che si leda il diritto alla vita sociale, politica, affettiva e lavorativa con una misura repressiva che pone chi ne viene colpit* in un inaccettabile tempo d’attesa ed esilio. Una misura che richiede ingenti spese legali per poter essere revocata ma che può essere data sulla base di pregiudizi, in modo rapido e ampiamente discrezionale.

Infine, mostriamo l’amaro parallelismo che si viene a creare: nel foglio di via viene infatti ordinato il “rimpatrio” a proprie spese verso il luogo di residenza, così come spesso succede a chi viene colpito da un provvedimento di respingimento alla frontiera. Sappiamo che la solidarietà collettiva coprirà i costi legati a questo spostamento coatto comminato all’attivista noborder e alla sua difesa legale. Chi è invece migrante, e magari anche razzializzat*, non ha quasi mai il privilegio di ricevere questo tipo di supporto.
E’ per questo che non smetteremo di dire che dei fogli di carta non possono decidere dove le persone devono fermarsi o non possono andare. Se pensano di farci paura o di isolarci si sbagliano, la lotta contro ogni tipo di frontiera e per la libertà di movimento e autodeterminazione delle persone continua.

Antirazzist* catanesi

lo slai cobas per il sindacato di classe aderisce all’appello

✍Le prime firme che aderiscono all’appello:
-Arci Melquiades APS
-Sorcio Rosso
-Rete Antirazzista Catanese
-Comitato di Solidarietà Popolare “Graziella Giuffrida”
-C.s.a. Officina Rebelde
-Comitato Territoriale ARCI Catania
-Cobas Catania
-Libera Assemblea Degenere Pratiche LGBTQIA+ Catania
-Gruppo Anarchico Galatea FAI Catania
-Associazione Penelope coordinamento solidarietà sociale onlus
-Comitato NoMUOS / NoSigonella
-Potere al Popolo Catania
-Arci Sicilia
-Arci Amari Caltagirone
-Arci Porco Rosso  Palermo
-Rete dell’agricoltura contadina e del lavoro in autogestione FM Sicilia
-Casa del mutuo soccorso FM Sicilia
-Contadinazioni
-Associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato  Cinisi
-FuoriMercato autogestione in movimento
-Progetto 20k  Ventimiglia
-LasciateCIEntrare
-Rete Mai Più Lager – NO ai Cpr – Milano
-Linea d’ombra Trieste
-No Name Kitchen  Supporting people on the move
-Laboratoria TQF  Udine
-Collettivo Metamorfosi  Torino
-CarovaneMigranti
-Melting Pot
-Federazione Del Sociale USB Catania

 

Per aderire all’appello o se interessatx a organizzare iniziative benefit o supportare direttamente i costi delle spese legali, scrivete a: catanianofrontex@gmail.com

Libertà per Ghassen Ben Khalifa, giornalista e militante sociale e politico tunisino

Mercoledì 7 settembre mattina 12 agenti di polizia in borghese hanno fatto irruzione nella casa del giornalista e militante politico e sociale Ghassen Ben Khalifa a Hammam Chott, Tunisi, senza mandato e tramite effrazione dell’ingresso. Dopo una perquisizione dell’abitazione sono stati seguestrati pc e tablet, anche la casa della madre è stata perquisita.

Ghassen è stato immediatamente arrestato e nella stessa giornata è stato prima trasferito in una caserma della polizia anti-crimine, in cui ha preteso la presenza del suo avvocato, a seguito di tale determinazione è stato quindi portato nella sede del Tribunale che, in assenza di una chiara accusa a suo carico lo ha rimandato al polo giudiziario anti-terrorismo che ne ha convalidato l’arresto per 5 giorni rinnovabili, decidendo anche un’interdizione d’incontro con il suo avvocato per 48 ore, è stato infine trasferito nella caserma dell’anti terrorismo dov’è tuttora detenuto.

Ghassen Ben Khalifa è un militante politico e sociale sempre al fianco degli oppressi, sin da giovane è stato un oppositore del regime di Ben Ali, dopo la Rivolta popolare del 2010 ha messo la sua professione di giornalista d’inchiesta al servizio delle lotte sociali in Tunisia: dal movimento dei disoccupati, a quello dei contadini dell’Oasi di Jemna sino al movimento dei giovani di Kamour nell’estremo sud a Tataouine.

Ha sempre denunciato in maniera lucida e intelligente il decennio di “transizione democratica” (2011-2021) come una nuova forma di regime oppressivo che lungi dal soddisfare le richieste e le esigenze del popolo tunisino, ha perpetrato lo sfruttamento delle classi sociali oppresse, senza quindi cadere nella trappola e nell’illusione di una fantomatica “democrazia progressiva” in costruzione.

Il sito d’informazione indipendente in lingua araba da lui fondato Inhiyez1, pubblica articoli d’inchiesta economica e di approfondimenti politici e sociali che mettono a nudo la vera natura del regime.

Tale denuncia non si è arrestata in seguito ai fatti del 25/07/2021 e l’assunzione di pieni poteri del presidente della repubblica Kais Saied, mettendo a nudo ancora una volta gli elementi di continuità col passato e le misure antipopolari del regime in merito alla dipendenza alimentare, economica e finanziaria del paese dai centri dell’imperialismo tramite il cappio del debito promosso in particolare dal FMI e dalla BM sostenuti dalla classe dominante tunisina rappresentata attualmente dal governo Saied/Bouden.

Ghassen è un giornalista del popolo e tra il popolo si reca regolarmente per ascoltarne le istanze e documentarle, come successo nell’ultimo anno durante il movimento dei contadini nel Nord Ovest in lotta contro l’espropriazione e privatizzazione della terra e lo scorso luglio a sostegno dei lavoratori della catena di fast food Pomme de Pain a cui da mesi non viene corrisposto il salario.

Ghassen è un sincero anti imperialista e internazionalista: è un noto attivista della causa palestinese e per la liberazione dei prigionieri politici come Georges Ibrahim Abdallah, allo stesso modo sostiene anche la causa della lotta di liberazione nazionale del Sahara Occidentale spesso “dimenticata” anche dagli attivisti pro-Palestina. Inhiyez e tra le poche voci che in Tunisia sostiene le cause e le rivoluzioni di popoli lontani e al di fuori del mondo arabo e solo per citare l’esempio più recente, il sostegno ai martiri della rivoluzione in India e ai suoi prigionieri politici repressi dall’attuale governo Modi.

Alla notizia del suo arresto vi è stata una mobilitazione immediata davanti la caserma di El Gorjani dov’era stato inizialmente tradotto, il Sindacato Nazionale dei Giornalisti Tunisini, oltre a chiederne l’immediata liberazione, mercoledì 7 settembre ha indetto un’assemblea pubblica che ha prodotto come risultato la nascita del Comitato Nazionale per la Liberazione di Ghassen Ben Khalifa, questi ha rilasciato un comunicato (da noi tradotto e riportato sotto) e successivamente ha indetto una manifestazione di protesta per venerdì 9 settembre nel centro di Tunisi.

Intanto più passano le ore e più si moltiplicano i comunicati di solidarietà dal Marocco al Canada, dalla Francia, al Libano, dagli USA all’Italia; una mobilitazione è stata indetta a Montreal per sabato 10 settembre.

Come Soccorso Rosso Proletario Italia denunciamo l’arresto del compagno Ghassen Ben Khalifa e l’assurda montatura repressiva che vorrebbe far passare l’opposizione politica e sociale nell’interesse delle classi oppresse come terrorismo.

Libertà immediata per Ghassen Ben Khalifa!

L’impegno politico e sociale non è terrorismo!

Terrorista è chi opprime affama e uccide i figli delle classi sociali popolari!

Soccorso Rosso Proletario – Italia

Dichiarazione del Comitato nazionale per la liberazione di Ghassan Ben Khalifa

Tunisi 07 settembre 2022

Martedì 6 settembre l’opinione pubblica civile e politica è stata sorpresa dall’arresto del giornalista e attivista di sinistra Ghassan bin Khalifa e dal suo fascicolo sul polo giudiziario per la lotta al terrorismo.

Quando un gruppo di oltre 12 agenti di polizia in uniforme civile ha fatto irruzione a casa sua e di sua madre, ha effettuato un’operazione di perquisizione e sequestrato le sue forniture giornalistiche da due computer e telefoni cellulari.

Tutto è stato fatto, senza autorizzazione giudiziaria e senza dare alcuna spiegazione ai familiari del compagno, che lo hanno mandato direttamente nell’area anticrimine.

Queste pratiche arbitrarie di polizia sono continuate privando Ghassan del suo diritto di comunicare con gli avvocati. Sul posto sono giunte le camionette. È stato trasferito senza perquisizione alla procura della corte di Bab Banat a Tunisi, che lo ha trasferito direttamente al polo giudiziario per la lotta al terrorismo, che ha autorizzato su di lui la perquisizione nella caserma di Al-Awina. Dopo una lunga attesa, è stato appreso nelle ore tarde della notte, e la squadra di difesa ha informato della decisione di tenere il nostro amico sotto arresto per un’inchiesta non ha alcun collegamento: il suo sospetto di essere collegato a una pagina Facebook progressista che chiede il rovesciamento di Qais Saeed attraverso la violenza e le lotte interne.

L’agente della repubblica ha permesso di arrestare l’attivista e giornalista Ghassan bin Khalifa per 5 giorni rinnovabili, negandogli il diritto di comunicare con la squadra di difesa per 48 ore, nonostante il suo fascicolo vacante.

In risposta a questa montatura verso il nostro compagno Ghassan ben Khalifa, che si è sempre interessato riguardo ai problemi dei poveri e degli emarginati, per di più anche alla causa palestinese, unisciti, poiché la causa è giusta, noi siamo la comunità.

Oggi mercoledì 7 settembre presso la sede del Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini dichiariamo:

1. Chiediamo l’immediato rilascio di Ghassan Bin Khalifa senza alcuna condizione.

2. Respingiamo l’adozione della politica “Keyalen”, in cui il regime prende di mira i combattenti. Venite gli onesti. VIENI A REALIZZARLE respingiamo le false accuse, e non perdoniamo tutti coloro che commettono crimini contro il popolo e la patria, e oltre a loro i criminali di terrorismo e distruzione.

3. Riteniamo responsabili di tutte le violazioni contro Ghassan bin Khalifa, il Ministro dell’Interno, il Ministro della Giustizia e il Presidente della Repubblica, che si sono intensificate durante il suo governp a colpi di repressione, incriminazioni e accuse contro gli attivisti del movimento sociale, i figli e le figlie del Popolo.

4. Rinnoviamo il nostro fermo rifiuto di utilizzare l’accusa di terrorismo per reprimere i militanti.

5. Annunciamo la nostra piena disponibilità attraverso tutte le forme di lotta pacifica per la liberazione del compagno Ghassan ben Khalifa e per affrontare tutte le forme di oppressione e tirannia, indipendentemente dalla loro origine o dai vari titoli.

Annunciamo inoltre la formazione di un comitato nazionale di sostegno per la liberazione del giornalista e attivista Ghassan bin Khalifa.

Esortiamo tutte le forze attive e i vari gruppi legali e civili, uomini e donne attivisti a partecipare al movimento di protesta venerdì 9 settembre 2022 alle 17:00 da davanti alla sede dell’Union Nationale du Journal Tunisien in manifestazione verso l’Avenue Bourguiba, in solidarietà con il giornalista e attivista Ghassan bin Khalifa.

1https://www.inhiyez.com/