Soccorso Rosso Proletario

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Lanciata la nuova assemblea proletaria anticapitalista per il fronte unico di classe per il 18 febbraio a Roma

Una riunione telematica tenutasi nella giornata di ieri ha deciso la data della nuova assemblea proletaria anticapitalista che si terrà a Roma il 18 febbraio a Roma – luogo in via di definizione.

Al centro la lotta contro guerra e carovita per dare vita a una campagna nazionale unificata, ma naturalmente le realta operaie, le realtà di lotta sui vari posti di lavoro e territori troveranno in questa assemblea l’occasione per socializzare le loro esperienze di lotta e farle avanzare nella logica del fronte unico di classe.

Importante, in funzione dell’assemblea, lo sviluppo della mobilitazione contro le basi militari e la lotta contro la repressione antiproletaria e contro movimenti e organizzazioni rivoluzionarie.

L’assemblea prevede un lavoro intenso delle diverse forze per discutere e organizzare la partecipazione e nello stesso tempo un invito generale a tutte le forze del sindacalismo di base e di classe e alle forze politiche comuniste e rivoluzionarie che ne sono partecipi.

Il nuovo governo dei padroni, reazionario, venato di fascismo vecchio e nuovo, costituisce una sfida e una opportunità per l’intero movimento di classe e l’assemblea proletaria anticapitalista di Roma è uno spazio per elevare lotta e coscienza comune.

L’avvicinarsi dell’anniversario della invasione dell’Ucraina da parte dell’imperialismo russo, dentro i piani di aggressione/guerra ed espansione dell’imperialismo USA/Nato/Europa, il ruolo dell’imperialismo italiano in tutto questo, l’aumento delle spese militari e i costi dell’energia scaricati sulle masse, permetteranno all’assemblea del 18 a Roma di assumere un ruolo di prima fila nella lotta contro tutto questo.

Pensiamo quindi di concentrare energie e confronto per la buona riuscita di essa.

per gli organizzatori

info/contatti assemproletariaanticapitalista@gmail.com

WA 3519575628

Ancora iniziative in piazza in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito. Domani a Roma, Trento e Genova, sabato a Massa e domenica il presidio al carcere di Bancali a Sassari dove Alfredo è detenuto.

Intanto oggi 19 gennaio 2021 Alfredo è stato visitato in carcere dalla dottoressa di fiducia Angelica Milia: “Dopo 90 giorni di sciopero della fame Alfredo ha perso 40 kg, le condizioni sono stabili rispetto alla settimana scorsa, ma le riserve di grasso e zuccheri sono ormai esaurite”. “Siamo sull’orlo del precipizio – aggiunge – gli ho consigliato di camminare durante l’ora d’aria per quello che gli sarà possibile. In modo da recuperare un po’ di energia”

Sentiamo la stessa Angelica Milia ai microfoni di Radio Onda d’UrtoAscolta o scarica

Alfredo Cospito, ha descritto così al suo avvocato Flavio Albertini Rossi la sua vita al 41 bis. “C’è una finestra nella cella di due metri e mezzo per tre metri e mezzo – racconta il suo legale all’Adnkronos – una finestra schermata dal plexiglass che non si apre quasi mai e che si affaccia, al di là delle sbarre, su un cubicolo interno circondato da muri di cemento alti metri e metri, schiacciati da una rete metallica a chiudere il quadrato di cielo. Cospito vive in quella cella da solo, come impone il regime carcerario al quale è sottoposto, ci passa 21 ore della sua vita. Le restanti tre le divide tra socialità, un colloquio di un’ora con gli altri 3 detenuti del suo gruppo di socialità, e due ore d’aria in quella sorta di cubicolo di cemento dal quale non può vedere un albero, una siepe, un fiore o un filo d’erba, un colore, solo sbarre e cemento“.

Qual è la finalità di questo trattamento, il 41 bis non dovrebbe servire unicamente a recidere le comunicazioni con gli associati all’esterno del penitenziario? Rappresenta una punizione aggiuntiva oppure il tentativo di indurre il detenuto a fare ciò che volontariamente non farebbe mai? – chiede allora l’avvocato dell’anarchico – Perché rinchiudere queste persone esclusivamente in istituti penitenziari che si trovano su isole, costringendo i parenti a raggiungerli con viaggi-odissee per parlarci una sola ora al mese attraverso un vetro con il citofono? Perché consentirgli una sola telefonata al mese, chiaramente registrata, in alternativa al colloquio visivo, e per soli 10 minuti? Perché – incalza – non consentirgli di sentire e vedere i familiari con maggiore frequenza, quale scopo persegue questa disciplina?”. “Cos’è il 41 bis? Una micro sezione dove si è costretti a vegetare in cella 21 ore al giorno, altro che rieducazione ed articolo 27 della Costituzione. No, Cospito non ha una vocazione suicida, non vuole morire, ha tanta voglia di vivere – dice ancora l’avvocato Albertini Rossi all’Adnkronos – ma vorrebbe farlo degnamente. Solo 204 detenuti su 750 sono condannati all’ergastolo, ciò vuol dire che moltissimi di loro transitano dal 41 bis alla libertà. Ha senso tutto questo? Per i detenuti nemmeno il conforto dei libri, la merce più rara per quanti si trovano al 41 bis: o non li autorizzano, come avvenuto con quelli scritti dalla Cartabia o da Manconi solo per citarne alcuni, o, quando permessi, sono consegnati al con estremo ritardo. La biblioteca di reparto, poi, è composta di soli 170 testi, per lo più puerili e infantili“.

Alfredo Cospito comunica anche al proprio avvocato Flavio Rossi Albertini che si  opporrà con tutte le forze all’alimentazione forzata. Lo afferma dopo che è stata adombrata la possibilitá di un T.S.O. (trattamento sanitario obbligatorio). Alla loro spietatezza ed accanimento, Cospito ribadisce, che opporrà la sua forza, tenacia e la volontá di un anarchico e rivoluzionario cosciente. Andra avanti fino alla fine. Contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo. La vita, ribadisce  non ha senso in questa tomba per vivi.

Parlare di carcere e repressione non è mai facile. In particolare quando si attacca il regime 41 bis in quanto strumento di tortura ci si imbatte nel muro di silenzio eretto attorno al moloch dell’antimafia, che dal 2015 ha accorpato anche l’antiterrorismo. Dobbiamo riconoscere allo sciopero della fame di Alfredo, ai prigionieri che lo hanno sostenuto e alla mobilitazione internazionale iniziata in seguito al suo trasferimento in 41bis la capacità di aver fatto crollare questo muro di silenzio.

Gli ultimi 20 anni hanno visto un aumento esponenziale delle strategie repressive contro qualsiasi forma di protesta. Da migliaia di misure di prevenzione distribuite a tappeto tra sfruttate e sfruttati alle decine e decine di indagini per associazione sovversiva. L’appiattimento culturale e l’erosione delle politiche sociali ha prodotto un contesto acritico e indifferente, humus perfetto per la proliferazione di politiche securitarie. Questa macchina repressiva è cresciuta a dismisura, arrivando oggi a potersi permettere di definire “strage politica” un’azione esplosiva avvenuta in piena notte che non ha causato morti, o a condannare a 28 anni in primo grado un nostro compagno anarchico, Juan, accusato di un’azione simile. L’onda generata dal coraggioso gesto di Alfredo ci impone di provare a porre un freno a questa macchina. Dobbiamo e possiamo, ognuno con le proprie capacità, aprire delle crepe all’interno della narrazione giustizialista dominante.

Il carcere non è riformabile neanche quando parliamo dei singoli aspetti di un regime di tortura come il 41 bis.
Ogni dichiarazione di questi ultimi giorni, a seguito dell’arresto di Messina Denaro, dimostra quanto il regime democratico tenga ai suoi strumenti di tortura: la beatificazione dello stragista Dalla Chiesa, il valore del 41 bis per piegare i nemici pubblici, l’utilità dell’ergastolo ostativo per mettere in sicurezza la popolazione.
Con uno scossone oggi ogni attore è tornato al suo posto dimostrando che ogni revisione riformista si autoannulla.
Per questo è importante che le rivendicazioni di Alfredo contro il 41 bis e l’ergastolo non vengano personalizzate qui fuori, che non si parli di storture e che la critica sia radicale come quella che sta portando avanti lui con il suo sciopero della fame a oltranza.
Alfredo ha superato i 90 giorni di sciopero della fame, noi dobbiamo aumentare e dare maggiore forza alle mobilitazioni in corso.

Vorremmo che la presenza sotto al Ministero di giustizia servisse a questo: ad amplificare ulteriormente le rivendicazioni di Alfredo, ad aumentare la pressione nei confronti di coloro che hanno il potere decisionale.

Perché non permettere l’assassinio di Alfredo vuol dire muovere un piccolo passo verso una società che finalmente riesca a fare a meno delle galere.

Compagne e compagni

“Il 41 bis è l’inferno dal quale mai mi faranno tornare a riveder le stelle”

Alfredo Cospito, detenuto al carcere di Bancali, ha descritto così al suo avvocato Flavio Albertini Rossi la sua vita al 41bis. “C’é una finestra nella cella di due metri e mezzo per tre metri e mezzo – racconta il suo legale all’Adnkronos – una finestra schermata dal plexiglass che non si apre quasi mai e che si affaccia, al di là delle sbarre, su un cubicolo interno circondato da muri di cemento alti metri e metri, schiacciati da una rete metallica a chiudere il quadrato di cielo. Cospito vive in quella cella da solo, come impone il regime carcerario al quale è sottoposto, ci passa 21 ore della sua vita. Le restanti tre le divide tra socialità, un colloquio di un’ora con gli altri 3 detenuti del suo gruppo di socialità, e due ore d’aria in quella sorta di cubicolo di cemento dal quale non può vedere un albero, una siepe, un fiore o un filo d’erba, un colore, solo sbarre e cemento”.
Queste le dichiarazioni di Alfredo al suo legale:
Il sottoscritto Alfredo Cospito comunica al proprio avvocato Flavio Rossi Albertini che in pieno possesso delle mie capacitá mentali mi opporró con tutte le forze all’alimentazione forzata. Saranno costretti a legarmi nel letto. Dico questo perché ultimamente mi è stata adombrata la possibilitá di un T.S.O. (trattamento sanitario obbligatorio). Alla loro spietatezza ed accanimento opporró la mia forza, tenacia e la volontá di un anarchico e rivoluzionario cosciente. Andró avanti fino alla fine. Contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo.
La vita non ha senso in questa tomba per vivi.
Cospito Alfredo.

Torino: Sgomberato lo spazio sociale occupato “La Crepa”

Sgomberato questa mattina lo spazio sociale di area anarchica torinese ‘La Crepa’. Sul posto agenti di polizia e della digos di Torino.

Lo spazio era stato aperto a novembre nei locali dove aveva chiuso una filiale di Intesa Sanpaolo in via Forlì. Una occupazione scattata in risposta allo sgombero del centro sociale Edera Squat di via Pianezza. Alle 18.00 appuntamento al Lavatoio Occupato per decidere le iniziative di risposta allo sgombero.

Da Torino Radio Onda d’Urto con Fabrizio compagno del circolo La Crepa Ascolta o scarica

Radio Onda Rossa in collegamento con  un compagno dal presidio di solidarietà vicino al Circolo Ascolta o Scarica

Dal presidio a Teramo in solidarietà ad Alfredo Cospito

Un presidio partecipato da compagni e compagne quello di ieri a Teramo contro il 41 bis ed in solidarietà alla lotta di Alfredo Cospito.
Nonostante la pioggia, abbiamo cercato di dare forza anche a Teramo alla voce di Alfredo, da oltre 90 giorni in sciopero della fame.
Abbiamo ribadito con forza che l’ergastolo ostativo e il 41 bis, una vera e propria forma di tortura, vanno aboliti.
Alfredo è dentro per le sue idee rivoluzionarie, il suo corpo è un mezzo per continuare a lottare e noi che siamo fuori siamo la sua voce.
Sempre al fianco di chi combatte per un mondo migliore, nel cuore l’alto ideale di giustizia sociale che ci dà la forza di continuare a lottare.
Contro il 41bis e l’ergastolo ostativo!
Alfredo libero! Tutti e tutte libere!

Cospito pronto a morire contro la barbarie del 41 bis e Messina Denaro pronto ad entrarvi. Qual’è il vero oggetto del contendere nella trattativa Stato-Mafia?

Alfredo Cospito è all’90° giorno di sciopero della fame contro il regime di 41 bis in cui lo hanno sepolto per criminalizzare le sue idee, annichilire la sua dignità, per sopprimere ogni speranza rivoluzionaria.

La decisione coraggiosa ed estrema di Alfredo stava rompendo, di fatto, il silenzio colpevole e ipocrita sulla vendetta di questo Stato borghese attraverso la tortura del 41bis e la norma, oltretutto incostituzionale, che sancisce l’ergastolo ostativo.

In questo momento storico l’arresto consenziente di Matteo Messina Denaro, dopo 30 anni di latitanza e a 600 mt dalla sede della Direzione Investigativa Antimafia, suona esattamente come un arresto programmato, “un regalino al nuovo governo” della “borghesia mafiosa”, necessario ad un’altra operazione, quella della distrazione di massa dai problemi con i quali il proletariato e le masse popolari hanno a che fare ogni giorno (dalla disoccupazione, al carovita, alle ricadute della partecipazione dell’Italia alla guerra e a quelle della finanziaria che ruba ai poveri per dare ai ricchi) e quella di interrompere in un lampo il dibattito che si era aperto, anche nella cosidetta società civile, sul carattere inquisitorio del 41 bis.

Ecco perché è importante continuare a parlarne, non soltanto dal punto di vista dei diritti umani, ma dal punto di vista di classe.

Perché guerra di classe è anche il riconoscimento, diretto o indiretto, da parte dell’ultimo padrino con la coppola e con poche aspettative di vita, di questo stato borghese e di questo governo fascio-ngranghetista. Governo che con la sua propaganda trionfalistica sull’arresto di Messina Denaro cerca di nascondere la natura stragista e guerrafondaia di questo barbaro sistema capitalista per soffocare la resistenza dei prigionieri politici ed accentuare la repressione che già subiscono proletari e masse popolari in un’ottica controrivoluzionaria.

Stato borghese e mafia non sono altro che 2 facce della stessa medaglia. Con la borghesia imperialista vivono in simbiosi, l’uno è l’espressione “legale”, l’altra quella “illegale” del capitale. Fanno finta di farsi la guerra, ma l’unica guerra che fanno è ai proletari e alle masse impoverite.

Dall’Unità d’Italia agli anni ’60 del secolo scorso in Sicilia, sono oltre settanta i sindacalisti uccisi per le battaglie in difesa dei contadini. E insieme a loro, in molte stragi, anche donne e bambini. La repressione mafiosa del movimento contadino ha sempre goduto dell’appoggio aperto dello Stato. Portella della Ginestra portò a un governo di destra in Sicilia e su di essa vige ancora il segreto di Stato a coprire gli interessi convergenti di mafia, politica, borghesia imperialista, servizi segreti.

Matteo Messina Denaro è certo un assassino senza scrupoli, ma è solo il simbolo ormai di una vecchia mafia, “sacrificato” dallo stato e dalla mafia finanziaria contemporanea, per tranquillizzare l’opinione pubblica, allargare il consenso intorno al nuovo governo, continuare a fare profitti sulla pelle dei proletari e ridare una parvenza di legalità agli abomini repressivi contro i quali Alfredo Cospito sta lottando, al rischio reale, concreto e immediato della sua vita.

Ma il regalo avariato al governo della Meloni dell’ultimo padrino della mafia corleonese ha anche un forte valore ideologico, oltre che simbolico, e serve a rafforzare l’immagine di uno stato moderno fascista, che dopo 40 anni ancora tiene in carcere detenuti e detenute politiche che provengono dalle esperienze rivoluzionarie degli anni 70.

Uno stato che dal 2005 (3° governo Berlusconi) tiene in 41 bis 3 prigionieri politici delle BR-PCC.

Uno stato che adesso si arma di “decreti anti-rave” per colpire ogni forma di dissenso da parte delle realtà sociali in sofferenza, i giovani, gli studenti, i centri sociali, i lavoratori in lotta, e che reagisce con pene esemplari per un po’ di vernice sul senato da parte di gruppi ambientalisti.

Uno stato sempre attento a coprire le sue stragi, da quelle alle stazioni alle stragi sul lavoro, dalle morti da inquinamento alle morti in mare, dai massacri nelle carceri ai pestaggi nelle piazze.

Per tutto questo continuiamo ad esprimere vicinanza e solidarietà ad Alfredo, perché la lotta di Alfredo è una lotta fino all’ultimo respiro contro questa profonda e feroce ingiustizia di classe e non si scambia, né con lo Stato, né con la Mafia.

FUORI ALFREDO, NADIA, MARCO, ROBERTO DAL 41 BIS!

LIBERTA’ PER TUTTI I PRIGIONIERI RIVOLUZIONARI!

Da Il Dubbio

Cospito: “Sono pronto a morire contro la barbarie del 41bis”

Non si arresta lo sciopero della fame,iniziato il 20 ottobre,  contro il 41bis  da parte di Alfredo Cospito. Il suo legale Flavio Rossi Albertini, oggi gli ha fatto visita: “Cospito continua a dimagrire oltrepassando il punto critico della sua protesta. Il ministero continua a serbare un incomprensibile silenzio sull’istanza di revoca inviata dalla difesa»

«Oggi ho visto Alfredo Cospito nel carcere di Bancali, l’ho trovato profondamente dimagrito, ha perso 40 kg passando dai 118 del 20 ottobre scorso agli attuali 78 kg». Lo dice l’avvocato Flavio Rossi Albertini, difensore dell’anarchico al 41bis giunto a tre mesi di digiuno per protestare contro il regime di carcere duro al quale è sottoposto.

Il legale è andato a trovarlo nel carcere di Sassari, dove Cospito è attualmente detenuto, ed è lui stesso ad affermare che il suo sciopero della fame continuerà ad oltranza. «Continua ad affermare che non arresterà la sua protesta – spiega il legale – se non con la revoca del 41bis a cui è sottoposto, consapevole del significato che questa affermazione può rappresentare. Precisa che la vita al 41 bis non è vita e che se tale deve essere tanto vale sacrificarla in una lotta contro la barbarie».

Per il suo difensore «Cospito continua a dimagrire superando, oltrepassando, il punto critico della sua protesta, condotto con e sopra il suo corpo e la sua salute, il ministero continua a serbare un incomprensibile silenzio sull’istanza di revoca inviata dalla difesa. Eppure era stato lo stesso ministro a lamentare in una nota l’assenza di un suo formale coinvolgimento. Ciò detto, anche qualora la decisione ministeriale fosse negativa – spiega Rossi Albertini – Cospito e tutti coloro che si sono mobilitati in questi mesi a sostegno del suo sciopero della fame, hanno il diritto di sapere per quali ragioni l’anarchico debba essere condannato ad espiare la sua pena nel regime detentivo speciale. Non vorremmo che, come spesso avviene, il ministero attendesse lo spirare dei 30 giorni dalla presentazione dell’istanza e quindi omettesse qualsiasi esplicita decisione trincerandosi in un silenzio-diniego privo di motivazioni, di ragioni, di senso dell’umanità».

Nei giorni scorsi infatti il difensore ha presentato un’istanza al ministro della Giustizia per chiedere la revoca del carcere duro fondata sulle motivazioni di una sentenza depositata successivamente alla decisione del tribunale di Sorveglianza di Roma che aveva respinto un reclamo di Rossi Albertini.

Intanto la Cassazione dovrà fissare una data per trattare il ricorso presentato dopo la decisione della Sorveglianza. Il 9 gennaio all’attenzione dei Supremi giudici è arrivato l’incartamento con gli atti del tribunale di piazzale Clodio. Nel motivare il “no” all’istanza, i giudici capitolini sostengono che l’anarchico debba restare in regime di 41 bis perché possa continuare ad esercitare “il suo ruolo apicale” nella Fai (Federazione anarchica informale) anche dal carcere. In questo ambito la dotazione ordinaria anche “in regime di alta sicurezza, non consente di contrastare adeguatamente l’elevato rischio di comportamenti orientati all’esercizio” del suo ruolo all’interno dell’associazione di appartenenza. Per i magistrati le comunicazioni di Cospito “con le realtà anarchiche all’esterno del circuito carcerario appaiono assidue e producono l’effetto di contribuire ad identificare obiettivi strategici e a stimolare azioni dirette di attacco alle istituzioni”.

La Corte di Assise di appello di Torino, davanti ai quali si celebra il processo contro Cospito e la compagna Anna Beniamino accusati di strage politica per aver piazzato nel 2006 due ordigni nelle vicinanze della caserma degli allievi carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, hanno accolto una richiesta dei legali dell’uomo, sollevando una questione di legittimità costituzionale. Gli atti sono stati trasmessi alla Consulta, di cui si attende la pronuncia.

Roma: La questura vieta il corteo per ricordare i morti di alternanza scuola-lavoro

Il prossimo 21 gennaio l’anniversario della scomparsa di Lorenzo Parelli, schiacciato da una trave durante uno stage. Gli studenti chiedono di poter fare una manifestazione a Roma per ricordarlo, ma gli viene rifiutata: “Saremo in piazza lo stesso, anche senza autorizzazione”.

Da Osservatorio Repressione

di Chiara Sgreccia

“Abbiamo chiesto l’autorizzazione per organizzare un corteo il prossimo 21 gennaio, a un anno dalla morte di Lorenzo Parelli”. Lo studente schiacciato da una trave durante l’ultimo giorno di stage in un’azienda vicino Udine. “Un nostro coetaneo che vogliamo ricordare. Insieme a Giuseppe Lenoci e Giuliano De Seta, vittime dello stesso sistema. Ma ci hanno detto di no. Senza dare spiegazioni”. È il racconto di Daniele Agostini del Fronte della gioventù comunista che, con un rappresentante del liceo Socrate di Roma, lunedì scorso è andato in Questura per la richiesta.

Vogliamo creare un appuntamento annuale per ricordare gli studenti che sono morti durante l’ex alternanza scuola-lavoro. Sia per commemorarli, sia per tenere acceso il dibattito. Perché l’anno scorso siamo scesi in piazza quasi ogni settimana per denunciare il sistema malsano che collega istruzione e il settore dell’occupazione, per chiedere giustizia. Ma non è successo niente. Anzi, altri due ragazzi sono morti dopo Lorenzo. E il Governo e le istituzioni hanno risposto reprimendo le manifestazioni che ci sono state in tutta Italia”, spiega Agostini che si fa portavoce di un’esigenza condivisa da molte scuole nell’area di Roma, come gli istituti superiori Socrate, Enriques, Labriola, Montale, Faraday, Avogadro, Archimede, Rosseau.

Un elenco che cresce man mano che gli istituti aderiscono all’appello lanciato dalla Rete degli studenti romani. Gli stessi che il 22 gennaio 2022, all’indomani della morte di Lorenzo, avevano organizzato il corteo che dal Pantheon, nel centro storico della Capitale, puntava verso il Ministero dell’Istruzione, durante il quale studenti e forze dell’ordine erano arrivati agli scontri. “Non abbiamo capito il perché la Questura abbia detto no all’organizzazione della manifestazione quest’anno. Se è perché abbiamo riproposto lo stesso percorso del 2022, se per ragioni di sicurezza o per altro. Ma ci auguriamo che ci vengano date delle spiegazioni. Anzi speriamo di essere riconvocati e di ricevere l’autorizzazione”, conclude Agostini.

Anche perché molti studenti, docenti, lavoratori della scuola il prossimo 21 gennaio scenderanno in piazza in ogni caso. Ma non vorrebbero che la giornata diventasse un’occasione di repressione. Piuttosto un momento per ricordare i ragazzi che sono morti. E di confrontarsi sui limiti di un sistema che non tutela né garantisce sicurezza ai ragazzi.

da L’Espresso