
A Roma prossime iniziative al fianco di Alfredo, contro il carcere tortura e assassino

Lacrimogeni, idranti e cariche di polizia ieri sera a Torino contro il corteo degli anarchici che manifestava in solidarieta’ allo sciopero della fame di Alfredo Cospito e contro il regime carcerario del 41 bis. In serata assediata dalle forze dell’ordine anche la sede della radio antagonista Blackout.
“Dopo aver fatto spostare tatticamente la mobilitazione contro l’omicidio di Stato di Alfredo Cospito verso Porta Palazzo, consentendo di dispiegare tutto l’arsenale di idranti e lacrimogeni fuori dal centro e riservandolo alla popolazione sacrificabile, dopo le cariche al Balon una parte del corteo è stata spinta verso via Cecchi e diversi manifestanti sono entrati nel cortile dove ha sede Radio Blackout. A questo punto la celere ha sparato gas lacrimogeni all’interno del cortile, dove erano presenti anche bambini che avevano appena terminato una partita di calcio. La repressione assume sempre di più la dimensione di una guerra sociale a bassa intensità con i suoi morti e le sue vittime collaterali. Ad ora via Cecchi rimame bloccata” racconta Radio Blackout sui canali social.
Reperti dal cortile della radio
Il racconto a Radio Onda d’Urto di Cibele redattore di Radio Blackout di Torino Ascolta o scarica
La corrispondenza di Radio Onda Rossa con Radio Black Aut Ascolta o Scarica
“La mia lotta contro il 41bis è una lotta individuale da anarchico” e perciò “porterò avanti la mia lotta fino alle estreme conseguenze, non per un ricatto ma perché questa non è vita. Se l’obiettivo dello Stato italiano è quello di farmi dissociare dalle azioni degli anarchici fuori, sappia che io ricatti non ne subisco. Sono pronto a morire per far conoscere al mondo cosa è veramente il 41 bis”. Lo scrive di suo pugno Alfredo Cospito, in un passaggio di una lettera scritta nella casa di reclusione milanese a fine gennaio.
il testo della lettera:
La mia lotta contro il 41 bis è una lotta individuale da anarchico, non faccio e non ricevo ricatti. Semplicemente non posso vivere in un regime disumano come quello del 41 bis, dove non posso leggere liberamente quello che voglio, libri, giornali, periodici anarchici, riviste d’arte, scientifiche e di letteratura e storia.
L’unica possibilità che ho di uscire di qua è quella di rinnegare la mia anarchia e vendermi qualcuno da mettere al posto mio. Un regime dove non posso avere alcun contatto umano, dove non posso più vedere o accarezzare un filo d’erba o abbracciare una persona cara. Un regime dove lo foto dei tuoi genitori vengono sequestrate. Seppellito vivo in una tomba, in un luogo di morte. Porterò avanti la mia lotta fino alle estreme conseguenze, non per un “ricatto”, ma perché questa non è vita. Se l’obiettivo dello Stato italiano è quello di farmi “dissociare” dalle azioni degli/e anarchici/e fuori, sappia che io ricatti non ne subisco. Da buon anarchico credo che ognuno è responsabile delle proprie azioni, e da appartenente alla corrente anti-organizzazione, non mi sono mai “associato” ad alcuno e quindi non posso “dissociarmi” da alcuno. L’affinità è un’altra cosa.
Un anarchico/a coerente non prende le distanza da altri anarchici/e per opportunismo o convenienza. Ho sempre rivendicato con orgoglio le mie azioni (anche nei tribunali, per questo mi ritrovo qui) e mai criticato quelle degli altri compagni/e, tanto meno quindi in una situazione come quella in cui mi ritrovo.
Il più grande insulto per un anarchico/a è quello di essere accusato di dare o ricevere ordini. Quando ero al regime di alta sorveglianza avevo comunque la censura, e non ho mai spedito “pizzini”, ma articoli per giornali e riviste anarchiche. E soprattutto ero libero di ricevere libri e riviste e scrivere libri, leggere quello che volevo, insomma mi era permesso di evolvere, vivere.
Oggi sono pronto a morire per far conoscere al mondo cosa è veramente il 41 bis, 750 persone lo subiscono senza fiatare, mostrificati di continuo dai massmedia.
Ora tocca a me, mi avete prima mostrificato come il terrorista sanguinario, poi mi avete santificato come l’anarchico martire che si sacrifica per gli altri, adesso mostrificato di nuovo come capo della terribile “spectra”. Quando tutto sarà finito, non ho dubbi, portato sugli altari del martirio. Grazie, no, non ci sto, ai vostri sporchi giochetti politici non mi presto.
In realtà il vero problema dello Stato italiano è quello che non si venga a sapere tutti i diritti umani che vengono violati in questo regime, il 41 bis, in nome di una “sicurezza” per la quale sacrificare tutto. Be’! Ci dovevate pensare prima di mettere un anarchico qui dentro, non so le reali motivazioni o le manovre politiche che ci sono dietro. Il perché qualcuno mi abbia usato come “polpetta avvelenata” in questo regime. Era abbastanza difficile non prevedere quali sarebbero state le mie reazioni davanti a questa “non vita”. Uno Stato quello italiano degno rappresentante di un’ipocrisia di un occidente che dà continue lezioni di “moralità” al resto del mondo. Il 41 bis ha dato lezioni repressive ben accolte da stati “democratici” come quello turco (i compagni/e curdi ne sanno qualcosa) e quello polacco.
Sono convinto che la mia morte porrà un intoppo a questo regime e che i 750 che lo subiscono da decenni possano vivere una vita degna di essere vissuta, qualunque cosa abbiano fatto.
Amo la vita, sono un uomo felice, non vorrei scambiare la mia vita con quella di un altro. E proprio perché la amo, non posso accettare questa non vita senza speranza.
Grazie compagni/e del vostro amore
Sempre per l’anarchia
Mai piegato
Alfredo
L’Alto commissariato Onu per i diritti umani ha inviato mercoledì 1 marzo all’Italia la richiesta di applicazione di misure temporanee cautelative relative alla detenzione al 41bis di Alfredo Cospito.
La notizia è stata diffusa questa mattina dall’avvocato del detenuto anarchico Flavio Rossi Albertini e dal presidente dell’associazione A Buon Diritto, Luigi Manconi. Il documento è stato notificato alla rappresentanza del governo italiano a Ginevra e all’avvocato Rossi Albertini, che dopo il rigetto del ricorso per Cospito in Cassazione aveva inoltrato una comunicazione individuale alla Commissione diritti umani, denunciando le condizioni di detenzione del proprio assistito.
“In attesa della decisione sul merito della petizione individuale presentata per Cospito – spiega Rossi Albertini – il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha deciso di applicare una misura provvisoria che consiste nel richiedere all’Italia di assicurare il rispetto degli standard internazionali e degli articoli 7 (divieto di tortura e trattamenti o punizioni disumane o degradanti e divieto di sottoposizione, senza libero consenso, a sperimentazioni mediche o scientifiche) e 10 (umanità di trattamento e rispetto della dignità umana di ogni persona privata della libertà personale) del Patto internazionale sui diritti civili e politici in relazione alle condizioni detentive di Alfredo Cospito“.
Nonostante la richiesta dell’Onu di adottare misure urgenti, sono trascorsi quasi due giorni dalla notifica del provvedimento, ma nessuna iniziativa è stata assunta dal ministro della giustizia Nordio. Eppure, nel rispetto dei propri obblighi internazionali (assunti con la ratifica del Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite), l’Italia è obbligata a dare esecuzione a questa misura. “Rappresenterebbe un grave precedente – spiegano Rossi Albertini e Manconi – se la decisione adottata dal Comitato rimanesse lettera morta, se l’Italia emulasse l’indifferenza dimostrata per l’Onu dai regimi autocratici”.
Va specificato che le “misure urgenti” vengono adottate dal Comitato quando sussiste il rischio imminente per la tutela dei diritti essenziali della persona e al fine di evitare danni irreparabili al ricorrente. Danno irreparabile come potrebbe essere la morte di Alfredo Cospito durante la detenzione al 41bis. Indirettamente, con questa azione la Commissione sta per la prima volta mettendo in dubbio la legittimità stessa del regime del cosiddetto “carcere duro” rispetto alle convenzioni internazionali. “È molto difficile – continuano Rossi Albertini e Manconi – che l’Italia possa dimostrare che una detenzione a vita e in un regime di estremo isolamento stia garantendo il fine essenziale di ravvedimento e riabilitazione sociale”.
Contestualmente alla comunicazione sulle misure urgenti, il Comitato ha informato l’Italia di aver registrato il caso di Alfredo Cospito con il numero di registro, e di essere in attesa di ottenere maggiori informazioni per raggiungere una decisione finale sul caso.