Poliziotti fascio-razzisti torturatori a Verona: 5 arrestati e 10 indagati. Procura, capo polizia e governo pronti a sostenerli

Le indagini affidate alla stessa Squadra mobile dove gli sbirri torturatori prestavano servizio

Non a caso il capo della Polizia, Vittorio Pisani, ha subito avuto parole chiare:  “Ringrazio la procura della Repubblica di Verona per la fiducia accordata alla Polizia di Stato – dice Pisani – nel delegare alla locale Squadra Mobile le indagini riguardanti gli operatori appartenenti alla stessa Questura. La levatura morale della nostra amministrazione ci consente di affrontare questo momento con la dignità e la compostezza di sempre”.

A difesa degli abusi polizieschi è in prima fila il partito della Meloni che ha presentato una proposta di legge per abolire il reato di tortura perchè “impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro”

Quale lavoro? questo:

Calci, pugni ed umiliazioni contro stranieri o senzatetto, persone in stato di fermo costrette a subire la violenza degli agenti di polizia. 

da Corriere del Veneto

Cinque poliziotti, tra cui un ispettore in servizio alla questura di Verona sono agli arresti domiciliari con accuse che vanno dal reato di tortura a quelli – contestati a vario titolo – di lesioni, falso , omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Altri 20 agenti trasferiti

di Angiola Petronio

In cinque, tra cui un ispettore che degli altri quattro era il capoturno, agli arresti domiciliari con accuse che vanno dal reato di tortura a quelli – contestati a vario titolo – di lesioni, falso , omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Un’altra ventina trasferita in uffici diversi. Due decine di agenti – che, pur non avendo preso parte ai casi di violenza contestati, potrebbero non aver impedito o comunque non aver denunciato i colleghi presunti autori di quegli abusi.

L’organigramma delle volanti cancellato

Ha praticamente cancellato il vecchio organigramma della squadra volanti della questura di Verona, lindagine svolta da altri poliziotti, quelli della squadra mobile scaligera su delega della procura della Repubblica. Indagini portate avanti per 8 mesi e che hanno riguardato il periodo tra luglio 2022 e marzo 2023. Gli 8 mesi, appunto, in cui quelle torture sarebbero state messe in atto verso persone che venivano fermate e che, una volta portate negli uffici per gli accertamenti, venivano sottoposte a vari generi di abusi. Con quei 5 agenti – molti dei quali con un’anzianità di servizio di pochi anni – che quelle crudeltà le avrebbero commesse nel «sancta sanctorum» della legalità che è un commissariato di polizia.  «Atti gravemente lesivi della dignità delle persone sottoposte ad accertamenti di polizia», è scritto in un comunicato stampa della questura veronese. Atti e indagine che hanno portato, nei mesi scorsi, alla repentina rimozione, pochi giorni prima della Festa della Polizia – cosa assolutamente inusuale – dell’allora questora Ivana Petricca e del suo vicario Gugliemo Toscano.

«Repulisti» e nuovo questore

Un «repulisti» che da quell’ufficio che si occupa del controllo del territorio, è arrivato ai piani di alti di una questura che adesso è diretta da Roberto Massucci. È stato lui a disporre l’ultima, in ordine di tempo, rimozione dagli incarichi di una dozzina di agenti – sospettati di aver saputo ma taciuto – che erano ancora in servizio alle volanti. Altri – tra cui i 5 finiti ai domiciliari – erano già stati trasferiti da quelle stanze a fine dicembre. Un ufficio, quello delle volanti della questura scaligera, che conta un’ottantina di agenti «di pattuglia», divisi in 15 per turno su 5 turni. Chi ha dovuto lasciare è stato sostituito da colleghi che lavoravano in altre sezioni.

“Costretti a rotolarsi nell’urina”, il campionario delle violenze

Tra i casi contestati – in tutto 7, avvenuti in gruppi di turno diversi, con 7 parti offese diverse e fermate legittimamente, nessuna delle quali ha presentato una prognosi medica – vi sarebbe quello di un fermato a cui sarebbe stato spruzzato sulle parti intime dello spray al peperoncino e di un altro il cui viso sarebbe stato spinto nell’urina. «Abusi di forza», messi in atto da agenti a cui l’«uso» della forza è comunque consentito.

Il questore

«Questa vicenda – le parole del questore Roberto Massucci – dimostra come la Polizia di Stato non sia disposta a macchiare la propria reputazione nè con la reticenza nè con la poca trasparenza. Abbiamo messo a disposizione dell’autorità giudiziaria tutti gli elementi di prova oggettivi per sviluppare l’attività processuale e, sul fronte interno, appena si sono chiuse le indagini abbiamo spostato in uffici “burocratici” gli agenti che si presume non abbiano impedito o non abbiano denunciato i presunti abusi, per evitare l’eventuale reiterazione del reato». Una professionalità, quella della Polizia di Verona evidenziata dal Gip nell’ordinanza che ha disposto le misure cautelari «in riferimento all’encomiabile efficienza e sollecitudine dimostrata nello svolgimento delle investigazioni». A dire che la questura di Verona è stata in grado di generarsi gli anticorpi. E a indagare su se stessa.

I sindacati
Così i sindacati veronesi di polizia, in una nota congiunta: «Va evidenziato come l’attività di accertamento sia stata posta in essere dalla stessa Squadra mobile scaligera, segno eloquente dell’assoluta linea di trasparenza e d’imparzialità che caratterizza le donne e gli uomini che quotidianamente prestano servizio presso la Questura di Verona. Confidiamo invero che gli sviluppi processuali possano consentire di individuare e perseguire, laddove siano comprovate, le rispettive responsabilità e in pari tempo le estraneità alle configurate ipotesi accusatorie, auspicando che nelle more del giudicato si possano evitare processi mediatici che rischiano di infliggere pene e frustrazioni morali che nessuna eventuale assoluzione futura potrà riparare»

Alfredo Cospito trasferito nuovamente al carcere di Bancali (Sassari)

L’anarchico Alfredo Cospito è stato trasferito nuovamente al carcere di Bancali, sempre in regime di 41 bis. A quel carcere fu assegnato il 4 maggio 2022, quando l’allora ministro della giustizia Marta Cartabia decise di sottoporre Alfredo al regime di 41 bis.

di Frank Cimini

Ormai è come il gioco dell’oca perché si torna al punto di partenza. L’anarchico Alfredo Cospito è stato ritrasferito al carcere di Sassari Bancali da quello di Milano Opera dove era stato messo a causa delle condizioni di salute per il lunghissimo sciopero della fame.

“Non sussistono più le ragioni che avevano determinato il suo trasferimento a Milano” spiega l’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini che andrà domani in Sardegna per il colloquio settimanale, un appuntamento fisso. Intanto il 19 giugno riprenderà il processo davanti alla Corte di assise di appello di Torino per i pacchi bomba di Fossano dove dopo la decisione della Corte Costituzionale Alfredo Cospito non dovrebbe più rischiare l’ergastolo per strage politica e attentato alla sicurezza dello Stato.

La Corte Costituzionale alla quale i giudici del capoluogo piemontese avevano spedito gli atti del processo ha in pratica sancito il diritto alla concessione delle attenuanti a causa dei pochissimi danni provocati dall’azione di cui rispondono Alfredo Cospito e Anna Beniamino.

Il procuratore generale di Torino Piero Saluzzo aveva chiesto l’ergastolo per Cospito che ora rischia dopo la scelta della Consulta una condanna tra i 20 e i 24 anni di reclusione. Ma Cospito e il suo difensore aspettano che il Tribunale di Sorveglianza di Roma fissi l’udienza in cui discutere il ricorso per la revoca dell’articolo 41 bis del regolamento penitenziario presentato dopo che il Ministro della Giustizia Carlo Nordio non aveva risposto all’istanza per la fine del carcere duro.

Il 41bis non dipende direttamente dalla sentenza che sarà emessa a Torino il 19 giugno, ma va considerato che evitare l’ergastolo potrebbe aiutare e portare Alfredo Cospito nel circuito dell’alta sicurezza, un gradino inferiore. L’applicazione della forma di carcere più dura era stata decisa dal ministro Marta Cartabia a maggio dell’anno scorso.

Il 41bis formalmente serve a impedire i contatti con l’organizzazione di appartenenza che nel caso di Cospito anarchico individualista non esiste a maggior ragione adesso. Ma Cospito con è l’unico detenuto politico in questa situazione. Ci sono infatti anche Nadia Lioce, Marco Mezzasalma e Roberto Morandi delle Nuove Brigate Rosse che da ormai vent’anni non ci sono più. Eppure il 41bis viene continuamente prorogato con riferimenti generici a latitanti di altre generazioni che i diretti interessati non hanno peraltro mai conosciuto.

da L’Unità

L’aggiornamento di Radio Onda d’Urto con l’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini. Ascolta o Scarica

Per scrivere ad Alfredo:

Alfredo Cospito
c.c. Giovanni Bacchiddu
str. provinciale 56, n.4
loc. Bancali
07100 Sassari

Lamezia Terme: Tre sindacalisti della USB Calabria sono sotto processo per le lotte di questi anni contro la povertà e il precariato

Da USB Calabria

Si è tenuta infatti a Lamezia Terme la prima udienza di un processo che vede il sindacato USB in aula perché, secondo le indagini delle autorità, si è resa colpevole di difendere i lavoratori dal baratro della povertà.

Le accuse sono di manifestazione non autorizzata e di occupazione della sede stradale per una giornata, quella del 15 giugno del 2021, che ha visto centinaia e centinaia di tirocinanti manifestare per rivendicare una stabilizzazione lavorativa dopo decenni di lavoro nero organizzato dallo Stato italiano, per ottenere i loro diritti e la loro dignità.

In quella data la USB aveva organizzato a proprie spese una assemblea pubblica presso un noto hotel della zona, come diverse altre riunioni con i tirocinanti promosse dalla nostra organizzazione sindacale, per far emergere e far conoscere a tutto il Paese il dramma di oltre 7 mila famiglie calabresi la cui sussistenza era legata ai cosiddetti tirocini, dietro cui si mascherano veri e propri rapporti di lavoro.

Un lavoro nero, anche se pubblico, che consideriamo molto più illegittimo e indegno di una manifestazione – secondo gli inquirenti – non autorizzata e di un blocco stradale.

Oggi, grazie a quelle lotte, sono stati banditi dei concorsi per permettere la contrattualizzazione dei tirocinanti afferenti ai vari ministeri, mentre si studiano emendamenti al decreto PA per dare risposte agli oltre 4mila tirocinanti presenti nei comuni calabresi.

Come USB, diciamo a chi vuole imbavagliare il sindacato che il blocco delle strade di Lamezia è scaturito in modo del tutto spontaneo dopo una serie di interventi infiammati dei lavoratori che hanno fatto montare la rabbia per l’insopportabile precarietà di questi lavoratori nella pubblica amministrazione.

Per questo i nostri dirigenti affronteranno questo processo sapendo di aver fatto il loro dovere di sindacalista e per questo USB fa appello a tutte e tutti per partecipare alle prossime udienze con presidi di solidarietà presso il Tribunale di Lamezia Terme.

Processo Askatasuna, Zerocalcare interviene in tribunale: «Accusa folle e infondata»

 

 

Processo Askatasuna, Zerocalcare interviene in tribunale: «Accusa folle e infondata»

Il fumettista in aula a Torino su richiesta delle difese. Dopo la testimonianza ha dichiarato ai cronisti: «Per la mia esperienza sono luoghi di dibattito e di attività artistiche molto interessanti»

Ha la faccia stupita di uno caduto dentro i propri fumetti, Zerocalcare: «Mi sembra agghiacciante, nel senso che mi fa proprio paura, l’idea che la critica politica o le manifestazioni di dissenso o di conflitto possano essere trattate neanche più come un problema di ordine pubblico, ma addirittura come l’idea di un’associazione per delinquere». Parla fuori dalla maxi aula del palagiustizia e lo fa dentro, chiamato come testimone dalle difesi degli attivisti di Askatasuna: 28 in tutto, 16 dei quali accusati appunto di associazione per delinquere, in relazione alle violenze scoppiate negli anni, in città e in Val di Susa, per la protesta No Tav.

Morale, del fumettista, all’anagrafe Michele Rech: «È un’accusa infondata: ci possono essere dei fatti specifici su cui uno può discutere nelle sedi giuste, ma associazione per delinquere è completamente folle». Insomma, no alla criminalizzazione del dissenso e, va da sé, all’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Manuela Pedrotta, e nata dalle articolate indagini della Digos. «È un posto che conosco da vent’anni — dice ancora Zerocalcare, riferendosi al centro sociale di corso Regina — e a cui riconosco un ruolo gigantesco, dal punto di vista culturale, non solo sulla città di Torino, ma in questo Paese».

Il senso della citazione lo spiega invece l’avvocato Claudio Novaro, uno dei difensori, insieme ai colleghi Valentina Colletta, Danilo Ghia, Roberto Lamacchia e Gianluca Vitale: «Il nostro intento è di dimostrare che in realtà quel centro sociale è del tutto assimilabile agli altri. E quindi abbiamo invitato dei personaggi che possano venire a raccontare che tipo di relazioni ha quel centro sociale, anche istituzionali, e che tipo di iniziative culturali vivono dentro Askatasuna e il centro sociale Murazzi».

Del tutto diversa la ricostruzione dell’accusa, che ha messo in fila 72 capi d’imputazione per altrettanti episodi, 66 dei quali in Val di Susa. Riassumendo — per gli investigatori — Askatasuna è la base di un «sodalizio criminale» che contrasta con la violenza lo Stato, e chi lo rappresenta. Con distinzioni, tratteggiate più volte in aula dal pm: non è un processo al centro sociale, ma ad alcuni suoi militanti, e non è il dissenso a essere sotto inchiesta, piuttosto quando questo è espresso assaltando cantieri o le forze dell’ordine. Zerocalcare, che a militanti di Askatasuna dedicò strisce di fumetti, non ci sta: «Chiunque abbia fatto politica sa che una manifestazione a volte può finire in spazi non autorizzati o a occupare una strada. Pensare che questa cosa si possa risolvere seppellendo le persone in galera mi pare gravissimo. Su questo si dovrebbero interrogare a destra e a sinistra».

ancora carcere assassino a Chiavari

hiavari: detenuto 39enne suicida in carcere. Aperta un’inchiesta

 

Un detenuto tunisino di 39 anni si è impiccato ieri alle 19.30 nella sua cella nel carcere di Chiavari. Sul posto è intervenuto il 118 con la Croce Verde di Chiavari,. Ma l’uomo era ormai deceduto. Era stato da poco trasferito dal carcere della Spezia ed era stato messo in cella da solo dopo una lite banale con un altro detenuto.

L’uomo era considerato un detenuto modello, che non aveva mai dato problemi per atteggiamenti aggressivi né aveva mai manifestato apparentemente propositi autolesionisti. Era in carcere dalla fine del 2021 per un cumulo pena per reati contro il patrimonio e avrebbe dovuto restare in carcere fino al 2026.

 

proteste in Iran contro l’esecuzione dei prigionieri politici

 

Suite à l’exécution de Saleh Mirhashemi, Majid Kazemi et Saïd Yaqoubi, trois prisonniers politiques du soulèvement, les Téhéranais ont exprimé leur indignation. Dans plusieurs quartiers de Téhéran, dont Ekbatan, Tehransar, Shahrziba, Neguin-e-Gharb, Tehranpars, Saadat-Abad et Apadana, les gens ont scandé des slogans contre Khamenei. Les cris ont résonné depuis les bâtiments et les toits : « à bas Khamenei l’assassin », « à bas la république des exécutions », « à bas Khamenei, maudit soit Khomeiny », « à bas le pouvoir tueur de la jeunesse » et « à bas le dictateur ». Pour tenter d’étouffer d’éventuelles protestations publiques, le régime a enterré clandestinement les corps de ces hommes dans trois points différents de la province d’Ispahan. Selon les familles, Majid Kazemi a été enterré à Habib Abad, Saïd Yaqoubi dans le village de Kurd Sofla et Saleh Mirhashemi dans le village de Baltaq. Les autorités ont déployé des forces répressives et des agents en civil le long des routes menant à ces cimetières, anticipant d’autres manifestations de protestation.

 

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