“Report” su 41bis una puntata ambigua e tendenziosa, da cancellare

Da Proletari comunisti

Potremmo noi chiedere a Report: chi sta dietro, chi ha manovrato gli autori dell’inchiesta “Ombre nere”? 

La trasmissione di lunedi’ scorso è iniziata dalla vicenda di Alfredo Cospito, ma è proseguita dando tutto lo spazio ai capi mafiosi e infine ai fascisti stragisti. Facendo una squallida operazione di mettere tutti sullo stesso piano  

Si è trattato di una aperta strumentalizzazione della chiara e giusta battaglia di Alfredo, sostenendo una tesi (la lotta di Alfredo fa il gioco della mafia ed è sostenuta dai mafiosi in 41bis) che fa il paio con quella del governo Meloni/e Donzelli FdI.

Nella trasmissione di Report si è sostenuto che “tutta la vicenda Cospito indubbiamente potrebbe avere un riflesso anche per il futuro del regime di detenzione applicato ai mafiosi”; sostenendo a conferma di questo “che ad osservare la situazione, infatti, vi sarebbe anche la criminalità organizzata” e a dimostrazione, si dice “che dopo appena 65 giorni di sciopero della fame Cospito è stato spostato in un gruppo di socialità differente ed è in questo ambito che si sono sviluppati i dialoghi con soggetti di ‘Ndrangheta e Camorra che lo esortavano a proseguire nella protesta contro il regime detentivo”.

Una ricostruzione falsa e tendenziosa.

Una trasmissione che, coscientemente o incoscientemente, ha di fatto dato un contributo alla “condanna a morte” decisa da Nordio e governo Meloni, contro Alfredo Cospito, che da sempre rivendica le sue idee di rivoluzionario contro questo sistema borghese/mafioso, e che non scambia la sua vita con la rinuncia alla sua identita’ politica.

“Ergastolo ostativo e 41bis, nel frullatore di Report” ha giustamente titolato il suo articolo su Il Manifesto Patrizio Gonnella, denunciando che la ricostruzione fatta da Report è stata palesemente allusiva, sostenendo che anche la Corte di Strasburgo sui diritti umani è più o meno manovrata dalla mafia, “Dopo che per anni le destre sovraniste hanno, in giro per l’Europa, attaccato le ingerenze dei giudici di Strasburgo… anche Report ha provato a dare il suo contributo alla delegittimazione della Corte europea dei diritti umani”.

Ma, signori di Report, chi ha manovrato, chi?

L’Aquila, portata via di peso mentre contesta La Russa

“La Russa vergogna, non sei degno della memoria di questa città, di questo paese, dei nostri morti, sgrammaticato istituzionale, e non lo dico io, lo dice la tua capa”.05

Queste le parole che è riuscita a urlare la compagna del MFPR mentre le veniva strappato il cartello in foto e una decina di sbirri e altrettanti digossini, tutti maschi, la portassero via di peso. C’erano solo loro, oltre alla feccia di questo Governo, Comune e Regione fascista. I giornalisti confinati in un angolo per riprendere le “autorità” e pochissime persone “civili” confinate fuori del parco della memoria. Parco fortemente voluto da Antonietta Centofanti, dove le abbiamo dato l’ultimo saluto al canto di bella ciao e che questo essere trucido è venuto a infangare.

Pochissimi i cittadini e i familiari delle vittime presenti, tenuti a debita distanza dalle “autorità”, che a gamba tesa hanno occupato un luogo che per la città ha un grande valore simbolico. Quello di una strage annunciata quando La Russa era ministro della difesa col governo Berlusconi IV, e anziché portare aiuto alla popolazione terremotata ne militarizzava il territorio e ne gestiva i campi con i suoi kapo, affiancato dalla protezione civile di Bertolaso (ministro degli interni il leghista Maroni).

In quei campi c’era la zona a luci rosse e la zona spaccio. La polizia sapeva tutto ma chiudeva entrambi gli occhi, anzi, nei giorni del G8, andava dalle sfollate e diceva: “drogatevi, vendetevi, consumate, basta che non facciate casino”.

Oggi le “autorità” hanno bloccato e allontanato subito la compagna. “Drogatevi, vendetevi, consumate, basta che non facciate casino”

Oggi il poliziotto “buono” ha inseguito la donna dicendole che così ha perso la possibilità di frequentare certi luoghi… staremo a vedere

Di seguito una rassegna stampa:

https://www.lastampa.it/politica/2023/04/05/news/la_russa_contestato_a_laquila_non_sei_degno_dei_nostri_morti-12739575/

https://www.repubblica.it/politica/2023/04/05/news/aquila_la_russa_anniversario_terremoto-395080804/

https://abruzzoweb.it/laquila-la-russa-contestato-fermata-una-donna/

https://abruzzoweb.it/terremoto-laquila-pochi-cittadini-a-cerimonia-parco-della-memoria/

https://www.tag24.it/565127-terremoto-laquila-2009-contestato-gesto-la-russa/

https://nuovavenezia.gelocal.it/italia-mondo/2023/04/05/news/la_russa_contestato_a_laquila_non_sei_degno_dei_nostri_morti-12739575/?ref=NUVE-M22-S2-T1

https://www.ilcapoluogo.it/2023/04/05/terremoto-6-aprile-laquila-la-fiaccolata-illumina-la-notte-piu-lunga/

NO alla sorveglianza speciale, NO allo sgombero del Campetto occupato! Socialmente pericoloso è questo Stato

Oggi, 4 aprile, al Tribunale de L’Aquila, si è discusso dell’applicazione della Sorveglianza speciale, richiesta dalla Questura di Teramo, a un compagno del Campetto occupato, uno dei pochi spazi sociali ancora presenti in Abruzzo e del quale, nella stessa richiesta di sorveglianza, è annunciato lo sgombero, subito dopo l’applicazione della misura.

La Sorveglianza speciale è una “misura di prevenzione” che l’Italia ha ereditato dal fascismo ed è fortemente lesiva delle libertà personali. Basata sulla presunta pericolosità sociale dell’individuo per l’ordine pubblico, in totale assenza di reato e di formalizzazione di accuse, la sorveglianza speciale è in contrasto con la stessa Costituzione italiana e stigmatizzata dalla Corte Europea per i Diritti Umani (CEDU). Essa prevede arresti domiciliari la sera, divieto di frequentazioni di luoghi e persone, obbligo di dimora con conseguente perdita del lavoro, se chi ne è colpito lavora fuori del territorio di dimora abituale, come nel caso del compagno in questione.

E’ quindi una misura molto restrittiva e tesa a colpire la persona per quel che é, per le sue idee e per le lotte che conduce. E oggi va a colpire un compagno del Campetto occupato per le numerose attività portate avanti in quello spazio di libertà.

Uno spazio recuperato al degrado e all’incuria per essere restituito alla collettività con molteplici iniziative, da quelle culturali e sociali alle iniziative di solidarietà, dalle raccolte fondi all’accoglienza di chi non ha una casa e ha trovato nel Campetto uno spazio abitativo, fino al sostegno a tutte le varie forme di mobilitazione, da quelle antifasciste, antirazziste e in difesa dell’ambiente, a quelle contro le discriminazioni e la violenza sulle donne, da quelle operaie a quelle contro la repressione.

Tutte queste attività possono risultare “socialmente pericolose” soltanto per questo Stato di polizia, per la società borghese che detiene il potere e si illude che “tagliando le teste” le lotte si arrestino, usando la sorveglianza speciale anche come un monito per tutte e tutti.

Per questo oggi siamo stati/e a fianco del nostro fratello, per dire no alla sorveglianza speciale, no allo sgombero del Campetto occupato, no alla repressione delle lotte!

L’udienza si è tenuta a porte chiuse, in camera di consiglio. Il PM ha chiesto da 1 a 5 anni con l’obbligo di dimora, la giudice, la stessa che ha condannato le vittime del sisma per essere state rassicurate dallo Stato, si è presa qualche giorno di tempo per decidere (ascolta l’intervista di ieri a radio onda rossa del compagno).

l’intervista di ieri a radio onda rossa del compagno

Fuori del tribunale si è tenuto un presidio di solidarietà compatto e numeroso. Presenti tutte le realtà abruzzesi e compagne e compagni di Roma per la Cassa di solidarietà La lima.

All’uscita dalla camera di consiglio il compagno ha letto la sua dichiarazione spontanea che pubblichiamo di seguito:

“Visto l’impegno con cui la Questura cerca, affannosamente, di raccontare la mia storia, qualche parola vorrei spenderla anche io, su di me, dal momento che non é tanto qualche azione ad essere giudicata, quanto la mia persona a voler essere fatta passare come “socialmente pericolosa”.
Il lungo fascicolo parte addirittura dai tempi del liceo… E fanno bene!
Perché da allora, per quanto mi riguarda e per la mia visione del mondo, ben poche cose sono cambiate.
Infatti mi sono sempre adoperato, speso e ho lottato affinché esistesse una società più libera, più equa e più giusta. Ogni qualvolta ho visto o percepito vi fosse qualche ingiustizia non mi sono mai voltato dall’altra parte o fatto finta di niente, ma, nel mio piccolo, ho combattuto affinché tali ingiustizie non ci fossero.
Tutte quelle pagine della Questura parlano di questo e, francamente, ho ben poco di cui pentirmi. Anzi.
Credo che se piú persone si adoperassero in tal senso, vivremo tutte e tutti un po’ meglio.
Nella richiesta poi con cui mi si chiede l’applicazione della Sorveglianza, si fa particolarmente riferimento agli ultimi due anni… E di cosa si sta parlando?
Di lotte per dare a tutti un tetto, di recupero di spazi abbandonati per farne luoghi di socialità, cultura e lotta, di presidi in difesa delle donne, di proteste al fianco degli operai, di manifestazioni contro razzismo e discriminazioni, di mobilitazioni a sostegno di compagn*, di giornate per la salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema dove viviamo.
Vedete signori, io non vi parlo della “gravità” o meno giuridica di quello di cui sono accusato. Io vi parlo, di ciò che ho fatto, della sua giustezza etica. E, in tale ambito, ho ben poco da cui difendermi, perché non ci vedo nulla di sbagliato, anzi.
Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto con coscienza, convinzione e pensando fosse per migliorare la condizione di tutti, perché ho sempre pensato che non può esserci liberazione individuale se non c’è anche una liberazione sociale.
Ma l’accusa che oggi mi si muove, quella sí, non l’accetto e la rispedisco al mittente.
L’accusa di essere “socialmente pericoloso” e un “pericolo pubblico”, quella no, non l’accetto.
Non l’accetto perché la realtà dei fatti dimostra il contrario. Perché per quel che concerne la “società” ed il “pubblico” (e fermandoci alla definizione etimologica significano afferenti al popolo), che pericolo potrei essere?
Al contrario, per coloro i quali voi mi vorreste giudicare pericoloso, in realtà mi son sempre speso. E se conosceste un minimo la realtà, i rapporti sociali che vi sono, sapreste bene che é così.
Che per il “sociale” e per il “pubblico” non sono né un nemico né un pericolo, ma semplicemente un individuo che con altri si spende per migliorare le condizioni di tutti, e degli ultimi in particolare.
E il “pubblico” di cui parlate, questi aspetti li conosce e li riconosce, e testimonianza sono i tantissimi attestati di stima, vicinanza, solidarietà, affetto e complicità che ho ricevuto e che riecheggiano anche nelle carte.
Per questo, voglio semplicemente dire e ribadire che l’accusa che mi viene mossa non l’accetto e la rispedisco al mittente.
E dico che il vero pericolo sociale sono chi ci opprime ogni giorno, chi devasta l’ambiente, chi discrimina, chi ti toglie o ti nega un tetto sotto cui stare, chi crea e incentiva guerre tra poveri, chi finanzia e conduce guerre per il mondo, chi ne saccheggia i territori, chi reprime senza scrupoli, chi ci costringe a dover scegliere se fare la spesa o pagare le bollette, chi dopo averti sfruttato una vita ti butta per strada, chi fa morire persone in mare, nei luoghi di lavoro e nelle galere.
Per me, il vero pericolo sociale sono loro.
E questo pericolo io l’ho sempre combattuto.
Per questo, e non per altro, sono giudicato oggi.
E quindi, se dovete condannarmi, siate onesti almeno e dite: “Ti condanniamo perché ti sei sempre opposto all’ingiustizia. Perché, nel tuo piccolo, potresti rappresentare un pericolo per coloro che ogni giorno ci fanno fare una vita di miserie umane, materiali e sociali.”
Ma forse chiedo troppo e queste poche righe, a differenza dell’enormità del fascicolo con cui mi si accusa, sono soprattutto per le persone là fuori da quest’aula, nella società. Persone per cui mi si accusa di essere un pericolo.
Queste poche parole sono per loro.
A dire che, comunque vada, la dignità, la giustizia sociale e la libertà non possono indietreggiare neanche in un’aula di tribunale.
Perché un mondo di liber* e ugual* é il sogno più bello che si possa mai realizzare.”

Le lotte non si processano! Contro la repressione presidio tribunale di Palermo 6 aprile

Le lotte non si processano!

In occasione della nuova udienza del processo contro i precari delle Coop Sociali, Giovedì 6 aprile dalle ore 10,00 iniziativa di denuncia e lotta davanti il Tribunale di Palermo

Lavoratrici e lavoratori sono sempre più sottoposti a denunce, provvedimenti repressivi, processi perché lottano per difendere il posto di lavoro, perché lottano contro condizioni di salario e di sfruttamento sempre più pesanti…

Ma la repressione di questo Stato colpisce tutti i settori sociali in lotta, e oggi  il governo fascista Meloni accelera l’azione repressiva ad ampio raggio contro chi lotta per avere un reddito in attesa di un lavoro, chi lotta per la casa, in difesa della scuola pubblica, della sanità pubblica, contro la devastazione ambientale, colpisce chi lotta contro la guerra imperialista e gli strumenti di morte e distruzione al servizio della guerra per i profitti dei padroni capitalisti, si accanisce contro chi lotta seriamente per un vero cambiamento sociale…

Invitiamo tutti e tutte ad unirsi, a partecipare.

La solidarietà di classe è un’arma, lottare e fare fronte contro la repressione delle lotte una necessità.

Slai Cobas per il sindacato di classe -Palermo

Contro l’abolizione del reato di tortura, una petizione di Antigone

Nel 2017, dopo quasi 30 anni di ritardo dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, l’Italia ha approvato una norma per punire quello che l’Onu considera un crimine contro l’umanità. Uno di quei crimini che danno la possibilità alla Corte Penale Internazionale di processare dittatori e criminali.
Prima dell’approvazione di quella legge l’Italia era stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per diversi fatti che accaddero nel paese: le torture nel carcere di Asti, nella caserma di Bolzaneto e nella scuola Diaz. In tutti questi casi l’Italia fu condannata perché non aveva una legge che permettesse di fare giustizia nei casi di tortura.
Ad oggi nessun paese nel quale la legge è in vigore la ha abolita.

Da quando la legge fu approvata sono state condannate, imputate, indagate, oltre 200 persone tra agenti, funzionari, operatori, medici, in processi riferibili a casi di presunte o comprovate torture. Tutti abbiamo ancora negli occhi le immagini della “mattanza” avvenuta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Membri di Fratelli d’Italia hanno dichiarato, nel presentare richiesta di abolizione di questa legge, che le maglie troppo larghe rischiano di portare a subire denunce e processi strumentali. La storia di questi primi 6 anni ci dice che questo non sta avvenendo e in molti casi i processi, oltre che dalle testimonanze, sono sorretti anche da immagini che lasciano poco spazio al dubbio che un procedimento sia strumentale. Quelle di Santa Maria Capua Vetere che ricordavamo, quelle di quanto avvenuto nel carcere di San Gimignano, entrambi casi in cui le immagini sono state rese pubbliche. E altri in cui, ad oggi, le immagini sono parte degli elementi probatori nei processi in cui siamo costituiti parte civile.

Immagini riferite a quanto accaduto nel carcere di San Gimignano

Il Comitato per la Prevenzione della Tortura (CPT), nel report pubblicato lo stesso giorno in cui è stata presentata la proposta di legge aveva ribadito come in tutte le carceri visitate erano stati riferiti episodi di maltrattamenti e violenze. Sottolineando però come i detenuti abbiano chiarito che la maggior parte degli operatori li abbiano trattati nel pieno rispetto dei loro diritti. Mantenere la legge che punisce la tortura significa stare anche con questi operatori che svolgono un lavoro difficile e delicato, che spesso non riceve il giusto riconoscimento.

Sono questi i motivi per cui siamo convinti che l’impegno delle istituzioni, in un paese dove lo Stato di diritti sia solido, sia quello di contrastare la tortura e non la legge che permette di perseguire chi si macchia di questo crimine.

Per firmare la petizione: https://chng.it/mVhsTHhMLx

Piena solidarietà ai 29 attivisti No Muos processati

Giovedì 30 marzo è iniziato al tribunale di Gela il procedimento contro 29 attiviste/i NO MUOS, un nuovo processo di questo Stato borghese, che si unisce ad altri  procedimenti giudiziari in corso, denunce contro attivisti, militanti sociali e politici,  che lottano da anni contro le basi militari e tutti gli strumenti di morte e di distruzione al servizio della guerra imperialista che oggi, nella fase del nero governo Meloni, sono ancora più che in azione, vedi proprio il Muos di Niscemi al servizio della guerra in Ucraina.

Esprimiamo piena solidarietà di classe ai compagni processati!

La lotta contro la guerra imperialista e i suoi strumenti di morte come il Muos, contro i governi che si sono succeduti, e oggi contro il guerrafondaio e fascista  governo Meloni al servizio del Capitale, per cui conta sempre più spendere miliardi di euro per le spese militari e per la guerra imperialista è più che giusta e non si ferma, neanche nelle aule dei tribunali.

Diventa necessario  e urgente costruire un fronte unico di classe e contribuire alla battaglia nazionale contro i padroni, questo nero governo  dei padroni, questo Stato borghese al servizio del Capitale, della guerra imperialista e della repressione delle lotte.

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La guerra un “servizio pubblico”? No Muos a Processo

Si è conclusa la fase delle indagini preliminari e il 30 marzo ci sarà la prima udienza in tribunale a Gela contro 29 attiviste e attivisti NO MUOS.
Si tratta dell’ennesimo processo in cui il tentativo è quello di criminalizzare un movimento antimilitarista, antimperialista e internazionalista che da anni si oppone alla nocività di una delle più grandi basi militari statunitensi, la base M. U. O. S. (Mobile User Objective Sistem): abusiva, situata in Sicilia nella sughereta di Niscemi, serve a coordinare le guerre agite dai più potenti governi mondiali mediante i droni che partono da Sigonella e, come se non bastasse, per via delle enormi emissioni elettromagnetiche emanate, arreca quotidianamente danni gravi alle terre e alla salute di chi abita nei pressi del largo raggio d’azione (di almeno 180 km) in Sud Italia.
Prima che le 3 megaparabole venissero installate all’interno della base NRTF, in cui dagli anni ’90 sorgevano 46 antenne già di per sé nocive e mortifere, le mobilitazioni riuscirono, occupando la base militare, a bloccarne il funzionamento: le accuse che ci venivano rivolte erano di “interruzione di pubblico servizio, per aver impedito le comunicazioni belliche tra 4 continenti”.
Ribadiamo che per noi la guerra non è un pubblico servizio bensì un crimine e continuiamo ad avanzare a testa alta la nostra contrarietà alle politiche belliciste di cui l’Italia si fa promotrice attraverso la produzione e lo spaccio di armi e munizioni, ultima in Ucraina.
Oggi ancor più vediamo gli effetti prodotti da basi militari come quella di Niscemi nelle guerre che la NATO e i governi imperialisti stanno portando avanti nel mondo. Attualmente 59 i conflitti: un circolo vizioso in cui sono condannate alla fuga, nella migliore delle ipotesi, intere popolazioni che respinte alle frontiere rischiano la morte in mare come è successo a Cutro, e, se riescono a sbarcare, vengono criminalizzate e costrette alla clandestinità per essere sfruttate bestialmente al limite della schiavitù.
Inoltre siamo consapevoli di quanto le guerre combattute abbiano un immediato riflesso anche sulla nostra vita con la guerra che i governi al servizio delle multinazionali ci fanno attraverso la dismissione e la svalutazione di servizi pubblici essenziali come sanità e formazione e portando avanti politiche economiche basate sull’estrattivismo, sullo sgretolamento del tessuto sociale e la criminalizzazione del dissenso.
Respingiamo le accuse false e pretestuose che ci vengono dirette ancora una volta in questa circostanza e rivendichiamo con forza la nostra presenza in quel territorio, per lo smantellamento del Muostro e di tutte le basi militari, per una società senza guerre e senza sfruttamento, per la liberazione da tutte le oppressioni.
NO MUOS FINO ALLA VITTORIA!

 Tutti e tutte con Alfredo Cospito dichiarazione della conferenza internazionale di SRI

« Tous et toutes avec Alfredo Cospito » – Déclaration de clôture de la Conférence internationale du Secours rouge International (mars 2023)

Conferenza del Soccorso Rosso Internazionale – marzo 2023 

Dichiarazione di chiusura: 

Tutte e tutti con Alfredo Cospito 

I partecipanti alla conferenza semestrale di Soccorso Rosso Internazionale hanno concluso i loro lavori. Si sono concentrati sullo sviluppo e la qualificazione della nostra fratellanza di lotta con il Rojava e la sinistra rivoluzionaria palestinese.  

Si è discusso del prossimo processo del 14 aprile contro un compagno del Secours Rouge di Ginevra. Questo compagno dovrà comparire davanti al tribunale militare di Sion, che lo accusa di aver partecipato come internazionalista alla difesa armata del Rojava.  Processo che sarà l’occasione per riaffermare la legittimità e la necessità di difendere la rivoluzione in Rojava come parte di un processo rivoluzionario internazionale. 

Si è parlato molto della lotta del prigioniero anarchico Alfredo Cospito contro il regime carcerario del 41bis. Da quasi 20 anni l’SRI si batte contro questo regime di isolamento totale a cui sono sottoposti dal 2005 i prigionieri delle Brigate Rosse-PCC Nadia Lioce, Roberto Morandi e Marco Mezzasalma. 

Per questi rivoluzionari, il 41bis non è una misura di sicurezza o un metodo di punizione: è un mezzo di pressione. Tutto ciò che devono fare per uscirne è fare atto di resa e dissociazione. Come dice lui stesso: “L’unico modo per uscire da qui è negare la mia anarchia e vendere qualcuno che prenda il mio posto.” Far soffrire le persone per estorcere un’abiura o informazioni: questa è l’esatta definizione di tortura. 

È anche per rifiutare questa alternativa – il tradimento o il 41bis – che la militante delle Brigate Rosse-PCC Diana Blefari si è suicidata il 31 ottobre 2009. Questo suicidio e lo sciopero della fame fino alla morte di Alfredo Cospito dimostrano quanto il 41bis sia un’insopportabile tortura. 

La scelta di Alfredo Cospito, perfettamente esposta nelle sue dichiarazioni, non è una scelta di disperazione, è una scelta di combattente. È così che va intesa, è così che va sostenuta. 

Nella lettera resa pubblica il 1° marzo, scrive: “Sono convinto che la mia morte porrà un ostacolo a questo regime”. Sta a noi dargli ragione, denunciando in ogni modo la barbarie dello Stato italiano e del suo apparato poliziesco-giudiziario. Questo Stato e questo apparato hanno un pesante curriculum di torture e massacri, è una loro lunga tradizione che affonda le radici nel passato. 

Hanno la testa dura, sono senza scrupoli e godono della vile complicità di quasi tutta l’intellighenzia italiana ed europea. 

Dovremo agire forte e ripetutamente. 

Soccorso Rosso Internazionale 

Zurigo, 26 marzo 2023 

(Distribuita in allegato la sua dichiarazione, in tedesco, francese, inglese) 

***

Les participant.e.s à la Conférence bisannuelle du Secours Rouge International ont achevé leurs travaux. Ceux-ci ont notamment porté sur le développement et de la qualification de notre fraternité de lutte avec le Rojava et la gauche révolutionnaire palestinienne.

Il a également été question du procès à venir, le 14 avril prochain, contre un camarade du Secours Rouge de Genève. Ce camarade doit comparaître devant le tribunal militaire, à Sion, qui l’accuse d’avoir participé comme internationaliste à la défense armée du Rojava. Ce procès sera l’occasion de réaffirmer la légitimité et la nécessité de défendre la révolution au Rojava comme partie d’un processus révolutionnaire international.

Il a énormément été question de la lutte du prisonnier anarchiste Alfredo Cospito contre le régime carcéral 41bis. Voilà presque 20 ans que le SRI lutte contre ce régime d’isolement total auxquels sont soumis depuis 2003 les prisonniers des Brigades Rouges PCC Nadia Lioce, Roberto Morandi et Marco Mezzasalma.

Le 41bis n’est pas, dans le cas de ces révolutionnaires, une mesure de sécurité ou un mode de châtiment : c’est un moyen de pression. Il leur suffirait de collaborer avec les forces de polices pour en sortir. Comme le dit Alfredo Cospito : « L’unique possibilité que j’ai de sortir d’ici est de renier mon anarchie et de vendre quelqu’un à mettre à ma place. » Faire souffrir pour extorquer un reniement ou des informations : c’est l’exacte définition de la torture.
C’est aussi pour refuser cette alternative – trahison ou 41bis -, que la militante des Brigades Rouges PCC Diana Blefari s’est suicidée le 31 octobre 2009.

Ce suicide et la grève de la faim jusqu’à la mort, si nécessaire, d’Alfredo Cospito montrent combien le 41bis est une insupportable torture.

Le choix d’Alfredo Cospito, parfaitement exposé dans ses déclarations, n’est pas un choix de désespoir, c’est un choix de combattant.
C’est comme cela qu’il faut le comprendre, c’est comme telle qu’il faut le soutenir.

Dans sa lettre rendue publique le 1er mars, Alfredo Cospito déclarait : « Je suis convaincu que ma mort mettra un obstacle à ce régime »
Cette conviction, c’est à nous à lui donner raison, en dénonçant de toutes les manières la barbarie de l’état italien et de son appareil policier-judiciaire. Cet état et cet appareil ont un lourd bilan de tortures et de massacres, c’est pour eux une longue tradition, plongeant ses racines loin dans le passé.

Ils ont la tête dure, ils sont sans scrupule, et ils bénéficient de la lâche complicité de presque toute l’intelligentsia italienne et européenne.

Il faudra frapper fort, et à coups répétés.

Secours Rouge International
Zürich, le 26 mars 2023

Annexe : Déclaration d’Alfredo Cospito lors de l’audience du 14 mars 2023

Tout d’abord, je voulais commencer par une citation de mon instigateur :

« Notre système juridique a introduit cette figure d’isolément mortuaire qu’est le 41 bis, et qui sous certains aspects, est encore plus incivile que cette mutilation pharmacologique. Tout ça pour dire que notre système ne brille pas par sa civilité »

Carlo Nordio, 28 mars 2019

Voilà l’instigateur de la lutte que j’ai commencé. Je n’aurais jamais pensé arriver à ce point, j’ai toujours trouvé le mélodrame ridicule, j’aime davantage la comédie, mais c’est ainsi. Après tout ne sommes-nous pas le pays du mélodrame ? Il faut donc finir en beauté. Si j’y pense, il y a cependant quelque chose d’ironique : dans l’Occident du progrès démocratique je suis le seul couillon qui meurt car on l’empêche de lire et d’étudier ce qu’il veut, des journaux anarchistes, des revues historiques et scientifiques, sans oublier les bandes dessinées que j’aime tant.

Vous reconnaîtrez que la chose est paradoxale et aussi un peu drôle, je n’arrive pas à vivre ainsi, je n’y arrive vraiment pas, et j’espère que ceux qui m’aiment me comprennent. Je n’arrive pas à me plier devant cette non-vie, c’est plus fort que moi, peut-être parce que je suis un anarchiste têtu des Abruzzes. Je ne suis bien sûr pas un martyre, les martyres me procurent un certain dégoût. Oui, je suis un terroriste, j’ai tiré sur un homme et j’ai revendiqué avec orgueil ce geste, même si, laissez-moi le dire, cette définition fait un peu rire dans la bouche des représentants d’États ayant sur la conscience des guerres et des millions de morts, et qui parfois, comme l’un de nos ministres, s’enrichissent avec le commerce d’armes. Mais que voulez-vous, ainsi va le monde, du moins tant que l’anarchie n’aura pas triomphé et que le vrai socialisme, celui anti-autoritaire et antiétatique, verra finalement la lumière. Ce n’est pas demain la veille direz-vous, et moi aussi, pour l’instant les seules lueurs de lumière que je vois ce sont les gestes de rébellion de mes frères et mes sœurs révolutionnaires partout dans le monde, et ce n’est vraiment pas rien, car ils sont menés avec le cœur, la passion et le courage, bien qu’ils puissent sembler chétifs et farfelus.

Cela dit, je voulais expliquer le sens de mon acharnement contre le régime 41 bis. Je pense que quelques juristes l’ont plus ou moins perçu, mais ils sont très peu à l’avoir véritablement compris : le 41 bis est une métastase qui risque de menacer l’état de droit, et de fait il est déjà en train de le faire, un cancer qui dans une démocratie un brin plus totalitaire – et avec le gouvernement Meloni nous y sommes presque – pourra être utilisé pour réprimer, faire taire par la terreur toute forme de dissidence politique et toute sorte d’extrémisme hypothétique. Le tribunal qui décide de la condamnation à la muselière moyenâgeuse du 41 bis ressemble énormément au tribunal spécial fasciste, les dynamiques sont identiques : je pourrais sortir de ce cercle dantesque uniquement si je reniais mon credo politique, mon anarchisme, seulement si je livrais quelques compagnons ou compagnonnes. On commence toujours par les Roms, les communistes, les radicaux, les voyous, les subversives et puis par les gauches plus ou moins révolutionnaires.

Comment aurais-je pu ne pas m’opposer à tout cela, certes d’une manière désespérée, et pour un anarchiste, justement parce que nous n’avons pas une organisation, la parole donnée est tout, voilà pourquoi j’irais jusqu’au bout. Pour conclure, comme l’a dit si je me souviens bien l’anarchiste Emile Henry avant qu’on ne lui tranche la tête : quand le spectacle ne me plaira plus j’aurais aussi le droit de le quitter, et de sortir en claquant la porte. Voilà ce que je ferais dans les prochains jours, j’espère avec dignité et sérénité, autant que possible.

Une grande accolade à Domenico qui dans le 41bis de Sassari a commencé la grève de la faim dans l’espoir de pouvoir à nouveau embrasser ses enfants et ses proches, nourrissant mon grand espoir que d’autres damnés du 41bis brisent la résignation et rejoignent la lutte contre ce régime qui fait de la constitution et du soi-disant – pour ce qu’il vaut – état de droit un vieux papier.

Abolition du régime du 41bis.

Abolition de la perpétuité incompressible.

Solidarité avec tous les prisonniers anarchistes, communistes et révolutionnaires dans le monde.

Merci aux frères et aux sœurs pour tout ce que vous avez fait, je vous aime et pardonnez mon obstination illogique. Jamais à genoux, toujours pour l’anarchie.

Vive la vie, à bas la mort.

Alfredo Cospito