Processo Askatasuna, Zerocalcare interviene in tribunale: «Accusa folle e infondata»

 

 

Processo Askatasuna, Zerocalcare interviene in tribunale: «Accusa folle e infondata»

Il fumettista in aula a Torino su richiesta delle difese. Dopo la testimonianza ha dichiarato ai cronisti: «Per la mia esperienza sono luoghi di dibattito e di attività artistiche molto interessanti»

Ha la faccia stupita di uno caduto dentro i propri fumetti, Zerocalcare: «Mi sembra agghiacciante, nel senso che mi fa proprio paura, l’idea che la critica politica o le manifestazioni di dissenso o di conflitto possano essere trattate neanche più come un problema di ordine pubblico, ma addirittura come l’idea di un’associazione per delinquere». Parla fuori dalla maxi aula del palagiustizia e lo fa dentro, chiamato come testimone dalle difesi degli attivisti di Askatasuna: 28 in tutto, 16 dei quali accusati appunto di associazione per delinquere, in relazione alle violenze scoppiate negli anni, in città e in Val di Susa, per la protesta No Tav.

Morale, del fumettista, all’anagrafe Michele Rech: «È un’accusa infondata: ci possono essere dei fatti specifici su cui uno può discutere nelle sedi giuste, ma associazione per delinquere è completamente folle». Insomma, no alla criminalizzazione del dissenso e, va da sé, all’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Manuela Pedrotta, e nata dalle articolate indagini della Digos. «È un posto che conosco da vent’anni — dice ancora Zerocalcare, riferendosi al centro sociale di corso Regina — e a cui riconosco un ruolo gigantesco, dal punto di vista culturale, non solo sulla città di Torino, ma in questo Paese».

Il senso della citazione lo spiega invece l’avvocato Claudio Novaro, uno dei difensori, insieme ai colleghi Valentina Colletta, Danilo Ghia, Roberto Lamacchia e Gianluca Vitale: «Il nostro intento è di dimostrare che in realtà quel centro sociale è del tutto assimilabile agli altri. E quindi abbiamo invitato dei personaggi che possano venire a raccontare che tipo di relazioni ha quel centro sociale, anche istituzionali, e che tipo di iniziative culturali vivono dentro Askatasuna e il centro sociale Murazzi».

Del tutto diversa la ricostruzione dell’accusa, che ha messo in fila 72 capi d’imputazione per altrettanti episodi, 66 dei quali in Val di Susa. Riassumendo — per gli investigatori — Askatasuna è la base di un «sodalizio criminale» che contrasta con la violenza lo Stato, e chi lo rappresenta. Con distinzioni, tratteggiate più volte in aula dal pm: non è un processo al centro sociale, ma ad alcuni suoi militanti, e non è il dissenso a essere sotto inchiesta, piuttosto quando questo è espresso assaltando cantieri o le forze dell’ordine. Zerocalcare, che a militanti di Askatasuna dedicò strisce di fumetti, non ci sta: «Chiunque abbia fatto politica sa che una manifestazione a volte può finire in spazi non autorizzati o a occupare una strada. Pensare che questa cosa si possa risolvere seppellendo le persone in galera mi pare gravissimo. Su questo si dovrebbero interrogare a destra e a sinistra».

ancora carcere assassino a Chiavari

hiavari: detenuto 39enne suicida in carcere. Aperta un’inchiesta

 

Un detenuto tunisino di 39 anni si è impiccato ieri alle 19.30 nella sua cella nel carcere di Chiavari. Sul posto è intervenuto il 118 con la Croce Verde di Chiavari,. Ma l’uomo era ormai deceduto. Era stato da poco trasferito dal carcere della Spezia ed era stato messo in cella da solo dopo una lite banale con un altro detenuto.

L’uomo era considerato un detenuto modello, che non aveva mai dato problemi per atteggiamenti aggressivi né aveva mai manifestato apparentemente propositi autolesionisti. Era in carcere dalla fine del 2021 per un cumulo pena per reati contro il patrimonio e avrebbe dovuto restare in carcere fino al 2026.

 

proteste in Iran contro l’esecuzione dei prigionieri politici

 

Suite à l’exécution de Saleh Mirhashemi, Majid Kazemi et Saïd Yaqoubi, trois prisonniers politiques du soulèvement, les Téhéranais ont exprimé leur indignation. Dans plusieurs quartiers de Téhéran, dont Ekbatan, Tehransar, Shahrziba, Neguin-e-Gharb, Tehranpars, Saadat-Abad et Apadana, les gens ont scandé des slogans contre Khamenei. Les cris ont résonné depuis les bâtiments et les toits : « à bas Khamenei l’assassin », « à bas la république des exécutions », « à bas Khamenei, maudit soit Khomeiny », « à bas le pouvoir tueur de la jeunesse » et « à bas le dictateur ». Pour tenter d’étouffer d’éventuelles protestations publiques, le régime a enterré clandestinement les corps de ces hommes dans trois points différents de la province d’Ispahan. Selon les familles, Majid Kazemi a été enterré à Habib Abad, Saïd Yaqoubi dans le village de Kurd Sofla et Saleh Mirhashemi dans le village de Baltaq. Les autorités ont déployé des forces répressives et des agents en civil le long des routes menant à ces cimetières, anticipant d’autres manifestations de protestation.

 

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Continuano le violenze da parte dei fascisti in divisa, a Livorno un carabiniere colpisce con un calcio in faccia un giovane arrestato

Dopo il pestaggio a Milano di una trans brasiliana inerme, a Livorno un carabiniere sferra un calcio in faccia a un giovane arrestato per furto. Ma anche stavolta l’omertà delle forze dell’ordine è stata rotta dal video di un cittadino.

Un calcio in faccia, sferrato da un carabiniere ad un giovane appena fermato e immobilizzato in quel momento da un altro militare dell’Arma. Questo si vede da un video che ha iniziato a girare nella mattinata di ieri, giovedì 25 maggio su Telegram, sul canale ‘Welcome to Favelas’, immagini che nel giro di pochi istanti hanno invaso il web e hanno subito provocato una reazione dell’Arma che adesso “valuterà – spiegano dal comando provinciale – con la massima serenità il comportamento perché non in linea con le procedure”.

Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo nel video aveva rubato delle cuffie per il cellulare e del cibo per cani. Bloccato da uno dei due carabinieri è stato colpito in faccia dal secondo, quindi bloccato a terra e ammanettato. Nelle immagini diffuse si sente anche il ragazzo gridare “così no, mi state facendo male” e chiedere di lasciare la presa, dicendo di essere disposto a seguirli.

“Il pestaggio di una donna inerme è più fascista di mille braccia tese”

Ha ragione il giornalista di fanpage che titola così un suo articolo (vedi sotto) sul pestaggio di oggi a Milano e i metodi fascisti della polizia locale vedi il video, che dimostrano “cosa può arrivare a fare un corpo militare durante una dittatura, quando sente di avere il via libera dal Governo.”  

PER QUESTO E A MAGGIOR RAGIONE SERVE UNA RISPOSTA DI MOBILITAZIONE CONTRO OGNI EPISODIO CHE  RAFFORZA LA MARCIA IDEOLOGICA POLITICA CULTURALE VERSO UN MODERNO FASCISMO,  MA CON LA CONSAPEVOLEZZA CHE QUESTO SISTEMA CAPITALISTA-IMPERIALISTA CHE PRODUCE GUERRA, RAZZISMO, SESSISMO NON SI PUO’ CAMBIARE MA  SI DEVE SOLO ROVESCIARE PER UNA NUOVA SOCIETA’ SOCIALISTA.

I rappresentanti di fratelli d’Italia si schierano a difesa della polizia come il deputato Stefano Maullu: “Stupisce che dopo un fermo effettuato nei confronti di un trans brasiliano che, evidentemente fuori di sé…..ha compiuto atti di autolesionismo e di aggressione nei confronti degli agenti. Desidero esprimere piena solidarietà ai vigili che hanno fatto il loro dovere, evitando che quella persona potesse dare seguito alle minacce ai bambini di una scuola milanese”, e il vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Riccardo De Corato: “Le immagini del video, che girano sui social e su alcuni siti, non sono chiare poiché mostrano solo alcuni momenti della dinamica avvenuta. Sala, prima di condannare gli Agenti, ascolti bene le parti direttamente interessate e, soprattutto, il Sindacato Unitario dei Lavoratori della Polizia Locale”….”all’agente che ha riportato una prognosi di 15 giorni a cui rivolgo la mia più  totale solidarietà e lo ringrazio molto per il prezioso lavoro che svolge per la nostra città”. 

Il sindaco-manager di Milano Sala (PD) con le sue ipocrite dichiarazione non condanna ma si schiera a copertura della polizia locale, preoccupato di non sporcare l’immagina della sua città vetrina tra affari e turismo  “mi sembra un fatto veramente grave. Però per potere formalmente intervenire è necessario che la polizia locale faccia una relazione, nelle more di questa relazione i vigili in questione sono stati messi in servizi interni”, poi “si potranno fare due cose: prendere provvedimenti come ad esempio la sospensione o anche arrivare a fare una denuncia, cosa da non escludere, da parte nostra all’autorità giudiziaria”. 

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 Il pestaggio di una donna inerme è più fascista di mille braccia tese

I fatti di Milano sono inquietanti, al punto da spingerci a riflettere sulla deriva di questo Paese.

A cura di Saverio Tommasi

Agenti a Milano picchiano una donna

Scusate, mi sono perso il momento preciso in cui siamo diventati la succursale di Pinochet. Cioè ora la Polizia Locale può picchiare una donna inerme? Si può spruzzarle il peperoncino anche se ha le braccia alzate? È possibile prenderla a calci, davvero? Non lo sapevo. Pensavo fosse reato, invece vedo che uomini in divisa, a Milano e in pieno giorno, lo fanno certi dell’impunità. E poi quelle bastonate in testa e sul corpo, pensavo fossero una prerogativa dei poliziotti americani sulle minoranze del Paese. E’ ovvio che mi sia sbagliato, vi chiedo scusa. Lo capisco solo ora.

La polizia colpisce con violenza una donna per strada a Milano: manganellate e spray al peperoncino

Avevo sbagliato qualche tempo fa a prendermela con chi ha i busti del duce esposti in casa, commemora a braccia tese, parla di razze.

I primi sono decorativi, ai secondi prudeva l’ascella destra e i terzi erano pesci: lo sanno tutti quanto sono buone le razze pescate e fritte. O quanto siano accoglienti le case con un Benito in gesso.

Del resto io ho sempre sbagliato nella vita, ho iniziato a sbagliare a Genova 2001, quando alla scuola Diaz i poliziotti entrarono di notte per portare tutti quei libri e tinteggiarono le pareti di rosso che sembrava il tramonto, sciocco io a credere che fosse sangue.

A non credere che Stefano Cucchi fosse caduto dalle scale.

Ho sbagliato a non capire che il pericolo viene dagli ambientalisti e non dalla catastrofe climatica.

Ho sbagliato anche qualche giorno fa, quando ho alzato la mano per dire che denunciare le attiviste per aver contestato una Ministra era sbagliato, perché la Costituzione è nata proprio per garantire le opposizioni. Mi sono sbagliato io, dicevo, perché non avevo inteso che i veri perseguitati oggi sono i medici obiettori, sono i credenti fondamentalisti, sono i Ministri italiani, poverini. Per questo bisogna tutelarli i Ministri, come facciamo con i Panda. Chi è che oggi fischierebbe mai a un Panda?

Ho sbagliato ad aver temuto il fascismo come metodo, prima ancora che come fenomeno. Sono solo parole.

E oggi di nuovo, in pieno giorno, ho sbagliato per l’ennesima volta quando sono sobbalzato vedendo la Polizia Locale picchiare una donna transgender, inerme, con le braccia alzate, prendendola a calci, a bastonate, più volte, da soli e in gruppo. Ma è ovvio che in realtà fosse una scena teatrale, che stessero rappresentando cosa può arrivare a fare un corpo militare durante una dittatura, quando sente di avere il via libera dal Governo. Ma era un’ipotesi, una finzione. Cioè, dai, è chiaro. Quella è una rappresentazione fascista, ma è teatro. Non è successo nella realtà, dico bene? Perché se fosse successo veramente, dai, v’immaginate che casino? Vorrebbe dire che anche tutti gli altri erano tasselli, preparazione, fughe in avanti, avamposti, avanscoperte fasciste.

Ma se abbiamo detto che mi sono sempre sbagliato, che ci siamo sempre sbagliati, anche quella di oggi era finzione e non c’entra niente con i “metodi fascisti”. O forse è davvero soltanto un altro passo verso l’irrigidimento democratico. Delle due, l’una.

https://www.fanpage.it/

No tav – ma il lavoro socialmente utile degli attivisti è la lotta sociale, politica e territoriale contro la TAV

notizia stampa

Scontri No Tav in Val Susa, per 6 attivisti niente carcere ma lavori socialmente utili

Le difese hanno presentato la proposta per gli antagonisti che devono scontare pene inferiori a 3 anni. La Procura generale ha dato parere favorevole

Lavori socialmente utili al posto del carcere. Così un gruppo di 6 attivisti No Tav sconterà la condanna per gli scontri avvenuti in Val di Susa nell’estate 2011, quando venne aperto il cantiere per la realizzazione del tunnel geognostico della Torino-Lione.

Gli imputati sono stati condannati in via definitiva a pene inferiori a tre anni di reclusione e i loro legali hanno chiesto alla Corte di appello di Torino di convertire il periodo detentivo in lavori socialmente utili in strutture e associazioni convenzionate con gli uffici giudiziari. Un beneficio inserito dalla recente riforma Cartabia, che ha aperto la strada a misure alternative per una certa tipologia di reati. La richiesta — discussa il 24 maggio — davanti alla Corte d’appello ha già ottenuto il parere positivo della Procura generale.

Fra i condannati figura il toscano Antonio Ginetti, 71 anni, indicato dalle forze dell’ordine come ex appartenente a Prima Linea (ma nel corso del maxi-processo No Tav, all’udienza del 29 giugno 2014, sottolineò che nel 1990 era stato assolto a Firenze), che ha proposto di lavorare a Pistoia in una cooperativa che si occupa di cura del verde pubblico e di sicurezza dei parchi. Un altro No Tav si è offerto di prestare servizio a Torino nel centro studi Sereno Regis, spazio culturale che opera nel settore della peace research, della peace education e della nonviolenza. «Il nostro — ha spiegato il suo legale — è un gesto di forte valenza simbolica, visto che si tratta di un’attività che va in direzione opposta rispetto a quanto affermato dai giudici nella sentenza di condanna». La Corte d’appello deciderà nei prossimi giorni: i richiedenti abitano in diverse località italiane e bisogna verificare se le strutture che hanno indicato sono convenzionate con i Tribunali della zona di competenza.

Il processo è quello che riguarda le due giornate di lotta, il 26 giugno e il 3 luglio 2011, sfociate in violentissimi scontri tra i boschi di Chiomonte: una vera e propria guerriglia al termine della quale si contarono centinaia di feriti tra le forze dell’ordine e i manifestanti. Alla prima udienza dibattimentale, nel 2014, sul banco degli imputati c’erano più di cinquanta attivisti. L’udienza che si è celebrata oggi rappresenta una delle ultime appendici di quel maxi procedimento.