Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

No al pacifismo italico armato da Leonardo

Da Radio cane, un’intervista ad Antonio Mazzeo

Chi esporta guerra non cerca pace

Mentre il parlamento italiano votava per il progressivo raddoppio delle spese militari, e nell’aeroporto di Pisa venivano trovate armi nascoste in un carico umanitario, abbiamo chiesto ad Antonio Mazzeo – antimilitarista siciliano – cosa ne pensa della decisione europea di inviare armi in Ucraina. Ne abbiamo approfittato anche per farci raccontare dell’esposizione mondiale di tecnologie belliche appena ospitata in Arabia Saudita e per fare il punto sui minacciosi movimenti nei cieli italiani, dove cacciabombardieri e droni s’involano verso l’est Europa cercando la guerra e chiamandola pace.

Da Il Manifesto

L’italiana Leonardo guida il riarmo dell’Unione europea

Dai sistemi satellitari di difesa ai droni, 28,7 milioni all’azienda pubblica. Due ong denunciano: finanziamenti poco trasparenti

di Angelo Mastrandrea

È un’impresa italiana a fare la parte del leone nei nuovi programmi di difesa dell’Unione europea. Dei 600 milioni di euro stanziati per la ricerca e lo sviluppo industriale nel settore delle armi, la società Leonardo – di proprietà del ministero dell’Economia – ne riceverà 28,7, superando di gran lunga la spagnola Indra (22,78) e la francese Airbus (10,17). La società italiana, che è già la più grande compagnia in Europa nel settore delle armi, coordinerà tre dei dieci maggiori progetti: il sistema di navigazione satellitare Galileo, finanziato per 35,5 milioni di euro, Essor, un progetto per la «tecnologia sicura» che ha ricevuto poco meno di 34 milioni, e gli anti-droni Jey Cuas, che riceveranno13 milioni. Inoltre, Leonardo partecipa ad altri consorzi, come quello per la realizzazione di un drone europeo.

Nella distribuzione dei finanziamenti, l’Italia è al secondo posto dopo la Francia, dove il presidente Emmanuel Macron, presentando il programma per le prossime elezioni presidenziali, tre giorni fa ha annunciato che «dobbiamo intensificare i nostri investimenti» in armamenti «per poter affrontare una guerra ad alta intensità che può tornare sul nostro continente». Il nostro paese riceverà 40,36 milioni di euro, contro i 74,24 dei cugini d’oltralpe, superando Spagna e Germania che sfiorano i 40 milioni. A questi quattro paesi andrà quasi il 70 per cento del finanziamento.

Le cifre si leggono in un rapporto diffuso dalla Rete europea contro il commercio di armi e dal Transnational Institute, intitolato «Accendere le fiamme. Come l’Unione europea sta alimentando una nuova corsa agli armamenti». Secondo gli autori, i finanziamenti sono assegnati senza controlli e in maniera non trasparente. «Il processo decisionale è stato indirizzato da aziende altamente lucrative che sfruttano gli spazi politici per il proprio guadagno», ha detto Niamh Ní Bhriain del Transnational Institute. Nove dei 16 rappresentanti dell’organo consultivo dell’Unione europea che ha portato alla creazione del bilancio militare erano infatti affiliati alle aziende di armi Airbus, Bae systems, Indra, Leonardo, Mbda e Saab, agli istituti di ricerca sulle armi Fraunhofer e Tno, e all’organizzazione di lobby dell’industria delle armi AeroSpace and Defence Industries Association of Europe. Il risultato è stato che le grandi compagnie hanno ottenuto in totale 86 milioni di euro di finanziamenti, nonostante alcune di esse abbiano esportato armi verso paesi in guerra o dove sono in vigore regimi autoritari.

Il prossimo business non riguarda però le esportazioni di armi, ma il riarmo europeo. Secondo gli autori del rapporto, l’Ue punta da tempo a diventare una «potenza militare globale» e per questo ha deciso di finanziare la ricerca e lo sviluppo di nuovi armamenti. Come presidente di turno, Macron si è impegnato a dare un forte impulso alla creazione di un esercito europeo. La Commissione Ue ha destinato quasi 8 miliardi di euro alla ricerca e sviluppo delle nuove armi per il periodo 2021-2027. In particolare, gli studi puntano su nuovi sistemi basati su tecnologie «intelligenti», come quelli automatici senza equipaggio o l’intelligenza artificiale.

La guerra in Ucraina non ha fatto altro che accelerare la corsa agli armamenti nel vecchio continente. Al vertice informale di Versailles, il 10 e 11 marzo, i leader europei hanno stabilito una crescita del le spese per la difesa. «È chiaro che dobbiamo investire molto di più nella sicurezza del nostro Paese», ha detto davanti al Bundestag, il parlamento tedesco, il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz, annunciando lo stanziamento di 100 miliardi di euro per il riarmo. In Italia, la Camera dei deputati ha approvato a larga maggioranza un ordine del giorno proposto dalla Lega al «decreto Ucraina» per aumentare, entro il 2024, le spese militari fino al 2 per cento del Pil. Secondo i dati dell’Osservatorio Milex, vorrebbe dire passare da 25 a 38 miliardi all’anno.

«Questi fondi contribuiranno ad aumentare le esportazioni di armi europee e alimenteranno la corsa globale agli armamenti, che a sua volta porterà a più guerre, maggiore distruzione, una significativa perdita di vite umane e un aumento delle migrazioni forzati», scrivono i ricercatori, «alimentando, piuttosto che arginare, la probabilità di una guerra».

Caccia alle streghe in Ucraina contro giornalisti, attivisti e politici di sinistra

Da Pressenza, di

In questi giorni in Ucraina molti autori preferiscono rimanere anonimi. Alcuni di loro ci hanno fatto arrivare le seguenti storie:

Yuriy Tkachev

Yuriy Tkachev, giornalista di Odessa arrestato dal Servizio di Sicurezza (Foto di Facebook)

Il 19 marzo uno dei giornalisti più noti e popolari in Ucraina è stato arrestato dagli agenti del Servizio di Sicurezza. Purtroppo, la situazione drammatica del paese viene usata per “ripulirlo” dagli oppositori, in aperta violazione di tutte le procedure legali e giuridiche.

Yuriy Tkachev è un giornalista di Odessa, caporedattore della rivista online https://timer-odessa.net/.

È sempre stato molto critico nei confronti del precedente e anche dell’attuale governo ucraino per le sue politiche dopo le proteste della Maidan, dopo il “massacro di Odessa del 2 maggio 2014” a opera di estremisti di destra e i “cecchini della Maidan”; le indagini al riguardo sono state bloccate, rinviate per molti anni e non sono ancora concluse.

Tkachev era nel suo appartamento a Odessa quando verso le 7 del mattino è stato arrestato dagli agenti del Servizio di Sicurezza (SBU in ucraino), che durante la perquisizione, secondo quanto riferito dalla moglie, hanno trovato nel bagno “un esplosivo e una bomba a mano”.

L’ultimo messaggio di Yuriy Tkachev, poco prima di aprire la porta agli agenti dell’SBU, alle 6:34 sul suo gruppo Telegram personale, recita: “Sono venuti a prendermi, è stato un piacere parlare”.

I fatti sono stati pubblicati per la prima volta dall’attivista per i diritti umani Oksana Chelyasheva: https://www.facebook.com/profile.php?id=100008135108849.

Il post su Facebook recita: “Importante! Tutte le affermazioni secondo cui Yuriy Tkachev ha aperto un nuovo canale su Telegram dopo il suo presunto rilascio dall’SBU sono false. Sono riuscita a contattare la moglie di Yuriy, Oksana. Ha raccontato che l’SBU lo sta interrogando e lei non ha avuto la possibilità di entrare negli account del marito, perché tutti i computer e i telefoni cellulari erano nelle mani degli agenti. L’avvocato non ha il permesso di vedere Yuriy. Oksana ha detto che hanno davvero bisogno di sostegno per far conoscere l’accaduto”.

Secondo il suo racconto, Yuriy ha aperto la porta dell’appartamento e non ha opposto alcuna resistenza. Nonostante questo, la SBU lo ha trascinato fuori in corridoio, stendendolo a faccia in giù. Oksana ha dovuto lasciare l’appartamento senza subire violenza.

Oksana sostiene che attraverso la porta d’ingresso rimasta aperta ha visto uno degli ufficiali dell’SBU entrare nel bagno, dove è rimasto per diversi minuti, per poi sostenere di avervi “scoperto” una “granata e una bomba al tritolo”.

Dopo che quest’uomo è uscito dal bagno, gli agenti dell’SBU hanno riportato Yuriy e Oksana nell’appartamento, dove è iniziata la perquisizione. Allo stesso tempo, hanno costretto Yuriy a togliersi i vestiti, permettendogli di rivestirsi solo prima di portarlo via.

Dall’inizio della guerra in Ucraina, i rappresentanti della destra e del nazionalismo, tra cui diversi noti intellettuali, hanno iniziato a invocare la violenza e persino l’omicidio di coloro che sostenevano pubblicamente gli accordi di Minsk, coloro che protestavano contro la “de-comunistizzazione” (la politica ufficiale dello Stato ucraino per cancellare ogni traccia di ideologia comunista nel paese) e la soluzione politica del conflitto nel Donbass. I primi obiettivi degli attacchi sono stati i gruppi di sinistra.

Sono apparse delle liste nere e alcuni “attivisti di sinistra” hanno iniziato a collaborare alla compilazione di liste di esponenti della “sinistra sbagliata”.

Il 3 marzo, nella città di Dnepr (ex Dnepropetrovsk, da cui la parte “Petrovsk” è stata rimossa anni fa come “russa”, in quanto si riferisce storicamente allo zar Pietro il Grande), i membri dell’SBU con la partecipazione dei neonazisti del gruppo paramilitare Azov hanno arrestato l’attivista dell’organizzazione di sinistra Livytsia Aleksandr Matiushenko. È stato accusato ai sensi dell’articolo 437 del codice penale di “partecipazione alla guerra aggressiva”. Poiché i tribunali al momento non funzionano, il procuratore ha deciso di trattenerlo per 30 giorni senza processo. I dettagli del caso legale non sono noti, perché la SBU li comunica solo all’avvocato. La maggior parte degli avvocati si rifiuta di difenderlo, per non venire accusata di essere un “agente del nemico” o chiede un onorario di 3.000 dollari, una somma molto alta per l’Ucraina di oggi.

Lo stesso giorno a Dnepr altre 12 persone sono state arrestate con accuse simili. Il 4 marzo sono state arrestate 14 persone e il 5 marzo 11.

A Kiev, gli arresti sono iniziati ancora prima. Il 27 febbraio sono stati arrestati i fratelli Mikhail e Aleksandr Kononovich, leader della Gioventù Comunista Ucraina, etnicamente bielorussi. Non si sa dove siano e di cosa siano accusati. Tutte le comunicazioni con loro sono state interrotte.

Il 4 marzo è scomparso Vladimir Ivanov, un attivista di sinistra della città di Zaporozhie. Non si sa dove si trovi e il suo account Telegram contiene post che chiaramente non sono suoi.

Vengono arrestati oppositori politici, rappresentanti della Chiesa che hanno lottato per la pace in tutti questi anni e chiunque abbia opinioni critiche.

Il 4 marzo nella città di Lutsk l’SBU ha arrestato Oleg Smetanin, violinista della filarmonica regionale Volyñ, accusandolo di aver passato alla Russia informazioni sull’aeroporto di Lutsk.

Il 7 marzo a Kiev sono stati arrestati il noto giornalista Dmitry Dzhanguirov, membro del partito “Novyi Sotcialism” (“Nuovo socialismo”), Vasily Volga, ex leader dell’Unione delle forze di sinistra, il giornalista Yury Dudkiny e lo scrittore Aleksandr Karevin, che ha scritto sulla sua pagina FB: “L’SBU è arrivato”. Sulla pagina Facebook di Dzhanguirov è comparso un video, in cui probabilmente sotto tortura dice cose che non affermerebbe mai. Non si sa dove si trovino e di cosa siano accusati. Non si sa nemmeno dove siano i difensori dei diritti umani del mondo.

Il 9 marzo, vicino alla città di Khmelnitsk, Oleg Pankartiev, assistente di un deputato del partito di opposizione “OPZZH (Piattaforma di opposizione per la vita)”, è stato arrestato e brutalmente picchiato ed è ancora detenuto dall’SBU.

Il 10 marzo a Kiev, Dmitry Skvortsov, un attivista per la pace della Chiesa ortodossa ucraina, è stato arrestato ed è riuscito solo a scrivere su internet che l’SBU era venuto a prenderlo. Lo stesso giorno, a Kiev, è stato arrestato il poeta settantenne Yan Taksiur, che nel suo programma sul canale youtube “Pervuy Kazatskuy”, denunciava la persecuzione politica della Chiesa ortodossa ucraina da parte del governo. Non si sa dove si trovino e di cosa siano accusati.

L’11 marzo è scomparso a Kharkov l’attivista di sinistra Spartak Golovachiov. L’ultima cosa che è riuscito a scrivere sui social media è stata: “Uomini armati in uniforme ucraina stanno sfondando la mia porta. Addio.” I combattimenti continuano, ma la maggior parte della città rimane sotto il controllo ucraino.

Sempre l’11 marzo a Odessa, l’SBU ha arrestato Elena Viacheslavova, la figlia di Mikhail Viacheslavov, bruciato vivo dai nazisti il 2 maggio 2014 nella Casa dei sindacati di Odessa.

Si sono perse le tracce anche di diversi membri dei partiti di sinistra “Novyi Sotcialism” (“Nuovo Socialismo”) e “Derzhava” (“Potere”). Hanno smesso di rispondere alle chiamate e sono scomparsi dalle reti. È possibile che si nascondano o che siano già detenuti.

Il 12 marzo l’SBU ha arrestato Elena Lysenko, la moglie del volontario di Donetsk Andrey Lysenko. Il 13 marzo è stata rilasciata, ma dopo essere stata costretta a registrare un video in cui calunniava il marito.

Il 13 marzo in un villaggio vicino a Odessa i nazionalisti hanno bruciato la casa di Dmitry Lazarev, un attivista di sinistra.

Il 15 marzo l’SBU ha arrestato e picchiato Artiom Khazan, un rappresentante del partito Shariy nella città di Alessandria della regione di Kirovograd. Il giorno dopo sui social network è apparso un video in cui Khazan calunniava il presidente del partito Anatoli Shariy. Non si sa dove si trovi attualmente Artiom Khazan.

Il 16 marzo nel villaggio di Tomashevka, nella regione di Kiev, un commando armato ha rapito Guennady Batenko, un prete della Chiesa ortodossa ucraina, che il giorno dopo è stato rilasciato dall’SBU.

Il 19 marzo nella città di Krivoi Rog i militari ucraini hanno arrestato a casa sua Yury Bobchenko, presidente del sindacato degli operai e minatori ucraini dell’azienda Arcelor Mittal Krivoi Rog, che appartiene a una multinazionale.

Queste notizie sono ancora incomplete. Nel mezzo della guerra e con il potere assoluto di molti gruppi armati nel paese, è assai difficile raccogliere informazioni e documentazioni su tutti questi orrori. Non sappiamo se ci sono decine o addirittura centinaia di detenuti, ma è chiaro che con ogni nuovo giorno di guerra la repressione contro dissidenti, pacifisti e attivisti di sinistra continuerà a crescere. I media mostrano la loro solita, complice indifferenza. È necessaria una campagna urgente di solidarietà globale.

Violando la Costituzione, il 20 marzo il presidente Volodymyr Zelensky ha bandito tutti i partiti politici di sinistra e di opposizione:

– “Oppozitsion naya platform azazhizñ (Piattaforma dell’opposizione per la vita)”.

– Partiya Sharia (Partito Shariy)”.

– Nashi (I nostri)”.

– Oppozitsionny iblok (Blocco dell’opposizione)”.

– Levaya oppozitsia (Opposizione di sinistra)”.

– Soyuzlevykh sil (Unione delle forze della sinistra)”.

– Derzhava (Potere)”.

– Progressivanaya sotsialisticheskaya partiya Ukrainy (Partito socialista progressista dell’Ucraina)”.

– Sotsialisticheskaya partiya Ukrainy (Partito socialista dell’Ucraina)”.

– Partiya Sotsialisty (Partito dei socialisti)”.

– Blok Vladimira Saldo (Blocco Vladimir Saldo)”.

Il motivo ufficiale di questa proibizione riguarda i “contatti con la Federazione Russa”. Come se ci fosse qualcuno in Ucraina senza contatti in Russia!

Come parte della politica di guerra, il 20 marzo le medicine bielorusse sono state ufficialmente vietate. Il governo ucraino sta conducendo da anni una guerra contro i malati e i pensionati e ora sembra che stia finalmente per vincere…

Agli abitanti della regione di Kiev è stato vietato di andare nei boschi senza permessi speciali. Non è chiaro se il motivo sia impedirgli di combattere da soli contro i russi, di formare nuovi gruppi di guerriglia con un orientamento politico imprevedibile, di scappare dalle loro case per i bombardamenti e/o per evitare la coscrizione obbligatoria per andare a combattere per gli interessi della NATO.

Nel frattempo, sui social media ucraini stanno apparendo centinaia di video che mostrano in diverse parti del paese persone affamate e stressate intente a sfogare la loro rabbia e frustrazione su ladri, presunti tali o aspiranti tali di entrambi i sessi, legandoli a pali e alberi con i pantaloni abbassati. Al loro fianco si vedono bastoni come strumenti pronti per volenterosi carnefici. L’Ucraina, che solo poche settimane fa sembrava una Colombia d’Europa, ora con la guerra si sta trasformando rapidamente in un’Europa medievale.

da pressenza

Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo

USA: Poliziotto col ginocchio sul collo di una 12enne

Da osservatorio repressione

Una ragazzina, in jeans e felpa colorata, schiacciata a terra. Un agente la sovrasta, premendole schiena e collo per oltre 20 secondi, mentre la ammanetta.

E’ l’ennesimo episodio di brutale violenza da parte della polizia americana che rischiava di finire in tragedia come nel caso di George Floyd e tanti altri prima e dopo di lui. Questa volta la vittima, per fortuna sopravvissuta, è una ragazza afroamericana di 12 anni che si trovava nella mensa della sua scuola media, a Kenosha, in Wisconsin. Dal video ripreso dalle telecamere di sicurezza, si vede la studentessa che spintona un compagno, non si capisce se sia maschio o femmina perché indossa una felpa con un cappuccio e le immagini sono sfocate.

Una lite tra ragazzini ricreazione, come tante. Non per l’agente 37enne Shawn Guetschow, che decide di intervenire prima scaraventando lontano l’altro studente poi buttando a terra la ragazza. La immobilizza e inizia a premerle il ginocchio sul collo per “oltre 20 secondi”, come ha denunciato il suo avvocato. Quindi la solleva da terra con violenza, ammanettata, e la trascina via. L’agente non era in servizio per la polizia in quel momento ma stava lavorando part-time come guardia giurata della scuola media Lincoln, ruolo dal quale si è dimesso. Non ha invece ricevuto nessuna sospensione, per il momento, dalla polizia locale. L’episodio è l’ennesima dimostrazione che tra la polizia americana c’è un uso diffuso e spropositato della violenza, come mostra chiaramente il filmato.

Il poliziotto si lancia con una furia esagerata per sedare una lite tra ragazzini che sono la metà di lui. Il padre della ragazza, Jarel Perez, ha detto alla stampa che “sua figlia è molto traumatizzata e non vuole andare più a scuola”. L’avvocato della famiglia ha denunciato “la violenza crudele e spietata nei confronti di una ragazzina” e ha chiesto alla polizia di licenziare immediatamente l’agente. Il tema di una profonda riforma delle forze di polizia negli Stati Uniti era riemerso anche qualche giorno fa quando era venuto alla luce un altro caso inquietante.

Quello di Edward Bronstein, 38enne bianco fermato per un controllo dalla polizia in California a marzo del 2020 e morto soffocato dagli agenti che gli hanno premuto senza pietà le ginocchia sulla schiena mentre ripeteva ‘I can’t breath’. La stessa frase che due mesi dopo, a maggio dello stesso anno, pronunciò per l’ultima volta George Floyd, il 46enne afroamericano ucciso dalla polizia a Minneapolis e diventato il simbolo delle proteste del movimento ‘Black Lives Matter’ contro la brutalità degli agenti.

da Ansa

Filippine: tre maoisti uccisi e uno catturato dall’esercito

Da https://secoursrouge.org/

Tre sospetti membri del New People’s Army (NPA) sono morti venerdì in uno scontro con le forze governative a Claveria, Misamis Oriental. I soldati erano impegnati in un’operazione di contro-guerriglia quando hanno catturato sette sospetti membri dell’NPA a Sitio Solana, Barangay Plaridel. I soldati hanno ucciso tre maoisti, catturato un quarto e recuperato armi, munizioni e documenti.

SULLO SGOMBERO DI VIALE CORSICA

Il 15 marzo 2022 le forze di polizia hanno sgomberato la decennale
occupazione di viale Corsica di Firenze, peraltro con un diversivo che non
solo sembra partorito da un vero genio del male, ma che allude in maniera
sinistra a come con questo sgombero si voglia colpire la solidarietà e la
lotta per la casa in città.

Di seguito il comunicato di solidarietà del Collettivo del fondo comunista

SULLO SGOMBERO DI VIALE CORSICA
Nella città assopita, incapace di agire/reagire a qualsiasi evento,
terrorizzata, da oltre due anni di propaganda di regime sui nemici da
combattere e di stato di emergenza, arriva la zampata ad opera della
questura, questa volta contro il nemico interno, gli occupanti, coloro che
con il loro agire hanno rotto i confini della “proprietà”, coloro che hanno
dato vita ad un luogo in abbandono, in balia della speculazione. Costruendo
socialità, comunità,rapporti umani e sociali al di fuori del consumo e del
pensiero unico. questo è il nemico interno da combattere, coloro che osano
resistere all’oppressione ed allo sfruttamento, e che sognano un mondo e
una vita diversa.
non importa se questa città ha dimostrato il fallimento totale del “loro”
modello, un centro desertificato da decenni di speculazione,ed ora privo di
vita a causa della crisi di cui “loro” incolpano le ultime due guerre
(virus e Russia), non importa se “loro”non trovano soldi per case scuola e
sanità,i n un pomeriggio hanno cambiato una legge e trovato 110 milioni in
armamenti, sempre “loro” ci hanno messo un anno e mezzo per trovare 30
milioni per fare uscire il vaccino anticovid italiano, forse non dovevano
alterare gli umori di qualche multinazionale.
per tutti questi motivi e mille altri saremo sempre a fianco dei compagni
ed occupanti di viale Corsica nella lotta e nella resistenza.

I COMPAGNI DEL COLLETTIVO DEL FONDO COMUNISTA.

Cile: Scontri alla manifestazione per la liberazione dei prigionieri politici

Una nuova giornata di manifestazioni si è svolta questo venerdì pomeriggio intorno a Plaza Baquedano, nel centro di Santiago, per chiedere la liberazione dei “prigionieri della rivolta”. I Carabinieri sono intervenuti più volte con autopompe per disperdere la manifestazione, riportando i manifestanti al Parco Bustamante. Un uomo di 65 anni, inseguito da un gruppo di carabinieri che volevano arrestarlo semplicemente perché portava una bandiera, è caduto a terra ed è stato trasportato privo di sensi al pronto soccorso. Due persone sono state arrestate, tra cui l’uomo che è rimasto ferito e che sarà preso in custodia durante la giornata.

Da Secours rouge

Palestina: decine di manifestanti feriti in Cisgiordania

Decine di manifestanti palestinesi sono rimasti feriti negli scontri con i soldati israeliani in diverse città e villaggi della Cisgiordania. Violenti scontri sono scoppiati venerdì nei villaggi di Beita e Beit Dajan, a sud e ad est della città di Nablus, nel nord della Cisgiordania, nella città meridionale di Hebron, e nel villaggio di Kafr Qaddum, a est di Qaqilya. Tra i feriti, due sono stati colpiti da proiettili veri, 20 da proiettili di gomma e decine hanno sofferto per l’inalazione di dosi eccessive di gas lacrimogeni. Ogni settimana, i palestinesi manifestano nelle città della Cisgiordania contro l’espansione degli insediamenti israeliani.