Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

Turchia: Libertà di Sibel Balac e Ģökhan Yildrim

Riprendiamo e rilanciamo l’appello del “Coordinamento per la Libertà degli Attivisti Turchi”, in solidarietà con i prigionieri nelle carceri di Erdogan in sciopero della fame da dicembre 2021.

Dopo il sit-in tenutosi a Martano (Lecce) mercoledì 29 giugno scorso, e in previsione della SERATA SOLIDALE programmata per giovedì 7 luglio a LECCE, presso Tagghiate Urban Factory, come Coordinamento per la Libertà degli Attivisti Turchi

vi invitiamo a manifestare e ad ESPRIMERE SOLIDARIETÀ con Sibel BALAÇ e Gökhan YILDIRIM, inviandoci, a partire già da oggi, un documento solidale, una foto o un brevissimo video che riporti la seguente dicitura: IO STO con Sibel BALAÇ e Gökhan YILDIRIM e con TUTT* LE/I PRIGIONIER* POLITIC* TURCH*!

Sibel BALAÇ e Gökhan YILDIRIM sono due attivist* politic* turch* ingiustamente condannat*, dai tribunali di Ankara e di Istanbul, rispettivamente ad otto anni e mezzo e a quarantasei di carcere.

Sibel è un’ex insegnante turca che, più volte, ad Ankara, ha manifestato il proprio dissenso contro il provvedimento di licenziamento di centomila persone fra insegnanti e impiegat* pubblic* voluto da Erdogan.

Contro tutto ciò, Sibel BALAÇ, dal 19 dicembre 2021, è in sciopero della fame.

Cosa chiede Sibel?

– un processo equo;

– il reintegro delle/dei centomila docenti ed impiegat* licenziat*;

– la liberazione di tutte/i le/i prigionier* politic*, a partire da quell* malat*.

Gökhan, invece, è un attivista turco che, nel quartiere di Gazi (Istanbul), denunciava il traffico di droga e gli spacciatori della zona, fin quando un curdo, impiegato dal governo come “guardiano del villaggio” contro gli stessi Kurdi, non lo ha denunciato come sobillatore e fomentatore di proteste contro il governo di Erdogan.

Anche Gökhan che, come Sibel, è in regime di detenzione, ha seguito l’esempio della compagna e, sei giorni dopo quest’ultima, dal 25 dicembre 2021, è in sciopero della fame con le sue stesse rivendicazioni.

Il professor Pati Luceri, di Martano (Lecce), membro del Coordinamento, è in sciopero della fame dal 23 giugno 2022 in solidarietà con Sibel e Gökhan.

Alla voce di Pati, oggi, è doveroso aggiungere quella di tutt* noi.

Attendiamo, dunque, le vostre foto/i vostri video tramite WhatsApp al numero 3398277593.

Viva la Solidarietà Internazionalista, oggi e sempre!

Libertà per Sibel BALAÇ, Gökhan YILDIRIM e per TUTT* le/i PRIGIONIER* POLITIC* TURCH*!

La pagina FBGiustizia per Sibel e Gökhan  qui

 

Lettera di Sibel Balac del marzo 2022   qui

Le proteste nel quartiere di Gazi ad Istambul  Proteste in Turchia 2013

https://www.balcanicaucaso.org/Dossier/Turchia-la-rivolta-di-Gezi-Park

i licenziamenti politici in Turchia 130.000 licenziati dal settore pubblico attendono giustizia

gli scioperi del 2017  due insegnanti in sciopero della fame contro le purghe

allora almeno…                    consiglio d’europa chiede liberazione insegnanti

l’anniversario un mese fa istanbul-proteste-e-scontri-nel-9-anniversario-delle-manifestazioni-del-parco-gezi

sull’iniziativa pugliese  condanne-ingiuste-in-turchia-anche-in-salento-ce-chi-si-ribella/

In Bottega abbiamo scritto e riportato spesso sulle carceri e repressioni turche dei dissidenti, curdi e non solo:

Grup Yorum grup-yorum-vengono-a-visitarci/

il-lager-turchia-continua-a-uccidere/     il-fascista-erdogan-la-resistenza-in-turchia-e-noi/

Roma: Denunce a pioggia dopo le proteste di marzo degli abitanti di San Basilio

La macchina repressiva dello stato lavora a pieno regime: notificate decine di denunce agli attivisti di asia e agli abitanti del quartiere per le proteste di marzo 2022. Alla richiesta della tutela dei diritti da parte dei cittadini, lo stato risponde con le denunce.

di Asia USB Roma

Sono state notificate, negli ultimi giorni, alcune decine di denunce agli abitanti di San Basilio ed agli attivisti di Asia-Usb per le manifestazioni di marzo 2022. I reati contestati sono svariati: radunata sediziosa, manifestazione non autorizzata, disturbo della quiete etc. Si tratta dell’ennesimo tentativo di sopprimere sul nascere qualsiasi forma di opposizione sociale con l’uso, nemmeno tanto mirato vista la pioggia di denunce e atti di accusa, della repressione poliziesca. Riassumiamo brevemente i fatti per capirlo.

Il 09/03/2022 gli abitanti di San Basilio, uomini e donne che vivono all’interno dei lotti popolari, hanno dato vita a una manifestazione spontanea in segno di dissenso verso i numerosi sgomberi che la prefettura aveva eseguito nelle settimane precedenti nella borgata romana con modalità militari: blitz all’alba da parte delle forze dell’ordine con camionette disposte lungo tutto il perimetro dei lotti per impedire l’accesso o l’uscita a chiunque. Il tutto per liberare una manciata di alloggi di proprietà dell’Ater (ancora oggi sotto sequestro e non riassegnati). L’operazione è stata poi presentata ai media come atta a contrastare la “criminalità organizzata dei clan”, ma questa versione preparata ad hoc per la stampa è stata smontata dall’intervento nel dibattito pubblico di questo sindacato. Asia-Usb infatti seguiva e sta seguendo due dei nuclei sgomberati. Famiglie di lavoratori oneste che erano entrate negli alloggi in seguito a gravi difficoltà economiche e abitative.

La protesta spontanea messa in atto dagli abitanti di San Basilio è stata pacifica e all’insegna della non violenza, solo l’intervento della Polizia ha surriscaldato gli animi, subito placatisi in seguito all’intervento organizzativo di Asia-Usb, che ha proposto un’assemblea e due manifestazioni per portare le istanze dei manifestanti presso i palazzi che, almeno in teoria, avrebbero il compito di ascoltare i cittadini e risolvere le tensioni.

Le notifiche e le contestazioni ricevute in questi giorni sono dunque gravissime. In primis poiché non colpiscono solo gli attivisti sindacali dell’Asia, ma anche i residenti del quartiere. Cittadini e cittadine che per paura ed esasperazione sono scesi in strada per difendere la propria dignità. Inoltre, va registrato che in questo paese vi è il palese tentativo di bloccare ogni forma di dissenso stroncandola sul nascere. In questo senso, oltre che gli articoli del codice più datati, i vari decreti sicurezza varati da tutti i governi fin qui succedutisi (dai decreti Minniti-Orlando ai decreti Salvini) si stanno dimostrando degli strumenti mortiferi nei confronti della libertà di manifestare ed esprimere il semplice dissenso. A pagarne il prezzo saranno tutte quelle fasce deboli che nel dibattito pubblico non hanno né rappresentanza politica né voce in capitolo. Questi cittadini che hanno nella mobilitazione e nella contestazione l’unico loro strumento politico di ascolto, ora rischiano di essere definitivamente silenziati dall’apparato repressivo dello stato.

Per questo nei quartieri è necessario organizzare gli abitanti ed i cittadini, rendendoli in grado di difendersi dall’ondata repressiva in corso, sia con strumenti conflittuali che legali. Questa necessità fa il paio con quella di continuare a ribellarsi di fronte alle disastrose politiche economiche del Governo Draghi, il quale si sta rilevando inerme di fronte all’impoverimento generale della popolazione, per colpa dell’inflazione fuori controllo, in piena stagnazione economica, e dell’imminente crisi energetica (il tutto accompagnato dalle solite politiche compiacenti ai padroni dell’economia nostrana).

All’apparato di controllo e punizione messo a punto dallo Stato, opponiamo la cultura della lotta e della contestazione, col fine di iniziare a riconquistare il terreno fin qui perso: più dignità e più diritti, cominciando da quelli alla casa ed a un reddito dignitoso.

Da Osservatorio repressione

Le orribili condizioni dei migranti nei Cpr sono responsabilità dello Stato e del Governo imperialista italiano

«Migranti nel totale degrado» Le visite dei parlamentari Nugnes, Sarli, Suriano e De Falco. Acqua non potabile, caldo soffocante, zero socialità, abuso di psicofarmaci

di Giansandro Merli

Deliri psicotici, lamette ingerite, suicidi tentati, fiumi di psicofarmaci, acqua non potabile, mancanza di cure, degrado igienico-sanitario, socialità negata. E poi il caldo, che sta colpendo tutto il paese ma nei luoghi di coscrizione moltiplica le sofferenze, trasforma le celle in serre e il cibo precotto in poltiglia maleodorante. Sono alcune delle istantanee scattate dai parlamentari che nelle ultime settimane hanno visitato i Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Caltanissetta, Gradisca d’Isonzo e Milano. Al loro interno hanno potuto ascoltare le storie individuali dei migranti trattenuti e verificare i problemi delle singole strutture, ma anche comporre una fotografia d’insieme del sistema della detenzione amministrativa.

Un unicum tra le ipotesi di privazione della libertà personale per due ragioni: non è motivata da reati o da finalità di prevenzione; è affidata a privati, sul modello statunitense, che nella gestione delle strutture perseguono i loro interessi economici. Secondo i dati del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale, resi disponibili dal Garante nazionale, al 30 giugno scorso i reclusi nei dieci Cpr italiani erano 667 uomini e 5 donne. In tutto il 2021 sono stati 5.147. Di questi è stato espulso il 49%.

«LA SITUAZIONE è drammatica. Il caldo in questa parte di Sicilia è devastante e nella struttura non c’è un albero, un luogo dove prendere un po’ di fresco. Non ci sono tv, possibilità di distrarsi, leggere un libro», dice Simona Suriano, deputata del gruppo Manifesta. Giovedì è entrata nel Cpr di Pian del Lago, provincia di Caltanissetta, mentre fuori si teneva un presidio di solidarietà con i reclusi organizzato da Lasciatecientrare e altre associazioni. «Nei giorni scorsi ci sono state delle proteste. Ho visto persone con gli arti fasciati. N., 25 anni, ha pianto tutto il tempo. Diceva di essere stato picchiato. Le forze dell’ordine negano, ma interrogherò la ministra Lamorgese», continua.

ALL’ALTRO CAPO DELL’ITALIA, mille chilometri a nord-est, c’è il Cpr di Gradisca d’Isonzo. Ha riaperto a gennaio 2020 e da allora sono morte già tre persone: Vakhtang Enukidze, Orgest Turia e Anani Ezzeddine. Il 17 giugno scorso la senatrice Paola Nugnes (Misto) e la deputata Doriana Sarli (Manifesta) hanno effettuato un’ispezione. «Le persone sono chiuse in gabbie da sei. Non escono mai. Le finestre sono sbarrate da pannelli di plexigas che creano un calore assurdo. La situazione è oltre ogni limite», dice Nugnes. L’ispezione è durata otto ore. Non c’era il medico, ma solo un infermiere che secondo quanto riferito dall’ente gestore, la cooperativa Ekene che ha anche il Cpr di Macomer, rimarrebbe dentro per due-tre giorni con turni continui.

LE PARLAMENTARI hanno riscontrato molte difformità con il regolamento d’appalto. «Dal Viminale alla prefettura, dalla questura alle forze dell’ordine presenti c’è una catena di comando che dovrebbe rendersi conto della situazione. Che le cose non sono a norma non è un’ipotesi, è evidente alla vista», denuncia Nugnes. «La Ekene si chiama Onlus ma segue il modello del profitto: meno ti dà, più guadagna», sostiene Sarli.

«Un signore diabetico vomitava sangue. Non era curato e aveva smesso di mangiare per paura che gli salisse la glicemia. Un altro ragazzo non parla con nessuno, è inavvicinabile, ma urla tutta la notte: come può un paziente psichiatrico in uno stato psicotico così forte essere tenuto lì?», continua la deputata. Le parlamentari stanno preparando un esposto in procura e una relazione al Garante nazionale.

Il CPR DI VIA CORELLI, a Milano, è stato visitato il 29 maggio scorso dal senatore Gregorio De Falco (Misto) e dall’infettivologo Nicola Cocco, esperto di medicina penitenziaria. Rispetto alla precedente ispezione di giugno 2021 è cambiato il gestore, da Engel Italia a Martinina (peraltro con una procedura poco chiara), ma sono rimasti i problemi già denunciati nel rapporto Delle pene senza delitti. Tra questi: mancanza di visite specialistiche, assenza di medicinali, cibo scadente, limitazione del diritto alla difesa. Particolare degno di nota: l’ispezione non ha potuto accertare se l’acqua della struttura è potabile o meno, come farebbe pensare un cartello sul lavandino dell’infermeria. Il direttore del centro non ha trovato, né poi fatto avere, la certificazione di potabilità dell’acqua.

TRA LE PERSONE incontrate dalla delegazione tre ragazzi finiti dietro le sbarre dopo aver chiesto asilo in questura, un uomo che ha moglie e sei figli e risiede in Italia dal 1993, altri due che ci vivono da 22 anni. Emblematica la storia di D. D., egiziano di 28 anni. Il ragazzo ha terminato di scontare un periodo di detenzione nel carcere di Trento il 18 maggio scorso. Scarcerato per buona condotta non è stato rimesso in libertà, ma portato senza preavviso al Cpr di Milano. Qui non ha ricevuto le cure per la malattia di cui soffre, l’epilessia, e in 48 ore ha avuto due violente crisi. Una gli ha causato un trauma facciale.

In prigione D. D. aveva ottenuto la certificazione di italiano A2 e superato la terza classe dell’educazione per adulti. Aveva anche studiato tutto l’anno per un esame che avrebbe dovuto fare all’uscita. Alla data della prova, però, ha capito che dal Cpr non sarebbe stato portato a Rovereto per sostenerla. E ha tentato di uccidersi. Il caso si è chiuso solo grazie all’intervento del Garante nazionale, quattro giorni prima dell’ispezione di De Falco. Così D. D. è stato liberato, ha superato l’esame e si è ricongiunto con moglie e figlio. Ma resta irregolare e in qualsiasi momento può finire di nuovo al Cpr.

NUGNES, SARLI, SURIANO E DE FALCO concordano sul fatto che la detenzione amministrativa vada superata. I problemi non dipendono solo dalle singole strutture, ma da un sistema che toglie la libertà a chi non ha commesso reati. L’ultimo tassello del più ampio mosaico delle politiche anti-migranti che hanno creato i lager in Libia, trasformato il Mediterraneo in un cimitero e portato le frontiere fin dentro le città, intorno ai corpi degli «irregolari». I Cpr, si legge in un’anticipazione del report curato da De Falco che sarà pubblicato nei prossimi giorni, sono «la chiusura del cerchio di un preciso progetto di razzismo istituzionale di costante respingimento e rifiuto, che pretende di sanzionare con la privazione della libertà individuale un mero illecito amministrativo».

da il manifesto

carcere di genova – basta pestaggi

 

Interrogatorio con pestaggio in carcere, Cassazione conferma la condanna del vice ispettore: “Ingiustificabile”

L’episodio era successo a Marassi: “dopo averlo fatto denudare, dapprima colpendolo con schiaffi in faccia, poi dopo che la vittima si era rannicchiata a terra con le braccia sulla testa per proteggersi dai colpi” gli aveva sferrato “calci sulla schiena, sulla testa e sul braccio sinistro”

Genova. E’ stata confermata dalla Cassazione la condanna per lesioni a carico di un vice ispettore della polizia penitenziaria per aver picchiato pesantemente un detenuto inerme nel carcere ‘Marassi’ di Genova, in concorso con un assistente capo verso il quale si è proceduto separatamente.

Senza successo, la difesa dell’imputato – Salvatore G., genovese di 42 anni – ha provato a sostenere che non si era trattato di una aggressione violenta ai danni di Dziri S. – questo il nome della vittima – ma “dell’esercizio di un dovere di perquisizione, sconfinato involontariamente in lesioni a causa del comportamento di opposizione” assunto dal detenuto. Al vice ispettore della polizia penitenziaria, è contestato di aver condotto il detenuto nella stanza delle perquisizioni “dopo averlo fatto denudare, dapprima colpendolo con schiaffi in faccia, poi dopo che la vittima si era rannicchiata a terra con le braccia sulla testa per proteggersi dai colpi” gli aveva sferrato “calci sulla schiena, sulla testa e sul braccio sinistro”.

Il pestaggio aveva causato lesioni, edema, escoriazioni, eritema, con circa venti giorni di prognosi. Ad avviso degli ‘ermellini’, “la tesi dell’adempimento del dovere non riesce ad estendersi alla condotta effettivamente addebitata all’imputato, perchè, anche a voler ammettere che la perquisizione fosse legittima, è la successiva, violenta aggressione fisica contro un soggetto inerme (riferita anche da due testimoni oculari esterni di cui l’imputato sembra dimenticarsi) a non trovare alcuna giustificazione”.

Roma: Nuovo sgombero per Berta Cáceres

All’alba di martedi 5 luglio, i carabinieri hanno dato esecuzione a un nuovo decreto di sequestro preventivo dell’immobile di via della Caffarella a Roma

“In questo luglio rovente di siccità e incendi, con una crisi climatica ormai sotto gli occhi di tutt3, la priorità sembra essere sgomberare chi sta portando avanti questi temi per una lotta ecologista di e per tutt3, anche per i biechi paladini della proprietà e della finanziarizzazione dei beni comuni.

Conosciamo già cosa ne sarà di Via della Caffarella 13, è la sceneggiatura già scritta di tanti sgomberi: abbandono, aste inevase e privilegio dei privati.

Ma conosciamo bene anche quale sarà nostra risposta e ne vedrete delle belle: Appuntamento H 17.30 davanti alla Regione Lazio, saremo acqua che scorre in questi tempi di siccità.”

Così replicano allo sgombero l3 attivist3 della Laboratoria Ecologista Berta Cáceres che nel giro di pochi mesi si trovano a fronteggiare un nuovo sgombero dopo quello del 24 marzo.

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Berta in questi mesi ha favorito l’incontro e lo sviluppo delle lotte e dei conflitti nella città di Roma sui temi climatici, ambientali e transfemministi. Oggi per l’ennesima volta si trova di fronte la risposta delle istituzioni, tutta improntata sull’ordine pubblico per garantire la continuità della speculazione e del profitto sull’immobile di via della Caffarella.

Ma la Laboratoria non si arrende e promette di continuare a portare avanti le istanze di una necessaria rivoluzione ecologica.

https://www.facebook.com/reel/1294647021064382

Lanciato un appuntamento, per oggi 5 luglio alle ore 17.30, sotto la Regione Lazio.

La corrispondenza di Radio Onda d’Urto con Francesca, compagna della LEA Caceres, dall’interno dello stabile.Ascolta o scarica

Le autorità italiane hanno fornito alla polizia e agli apparati di sicurezza del Cairo mezzi, strumentazione e formazione

Da Osservatorio Repressione

La denuncia della rete di attivisti EgyptWide

Tra il 2010 e il 2020 l’Italia ha fornito gratuitamente all’Egitto elicotteri e altri equipaggiamenti per le forze di polizia, ha erogato corsi di formazione agli apparati di sicurezza, compreso il famigerato Servizio di sicurezza nazionale, organismo accusato anche dalle Agenzie Onu di violazioni dei diritti umani e della repressione del dissenso nel Paese. Una collaborazione che è diventata sempre più stretta con il passare del tempo e che è proseguita nonostante l’Egitto abbia conosciuto, proprio nel decennio preso in considerazione, la repressione più dura nella storia recente del Paese. L’accusa è contenuta nel report “Complici ufficiali. L’impatto della cooperazione di polizia Italia-Egitto sui diritti umani” curato da EgyptWide, iniziativa egiziana-italiana per i diritti umani e le libertà civili. “Riteniamo che l’Italia, il suo ministero dell’Interno e i vertici della Polizia di stato abbiano gravi, seppur indirette, responsabilità nel deterioramento dello stato dei diritti umani in Egitto”, si legge nella conclusione del documento.

Esemplificativa di questa collaborazione è la cessione -come detto a titolo gratuito- alla polizia egiziana di quattro elicotteri Augusta Bell da utilizzare “ai fini di contrasto dell’immigrazione clandestina”; velivoli che in Italia sono in dotazione alla polizia per l’ambito civile ma sono progettati anche per

opzioni di tipo militare. La consegna è avvenuta nel 2013, un anno cruciale nella storia recente dell’Egitto che ha visto i massacri di Rabaa al-Adweya e piazza Nahda con un bilancio di 904 vittime accertate: secondo la denuncia di Human Rights Watch in quelle occasioni l’operato delle forze di polizia egiziana -che hanno aperto il fuoco sparando sulla folla- può essere considerato un “crimine contro l’umanità”. Il 2013 ha segnato anche l’avvio di una violenta campagna di repressione del dissenso, anche pacifico, e di “operazioni antiterrorismo” volute dal presidente Abdel Fattah al-Sisi che hanno portato all’arresto e all’incarcerazione di decine di migliaia di persone.

Il rapporto analizza l’evoluzione delle relazioni di cooperazione di polizia e in materia di sicurezza tra i due Paesi (compreso il tema dell’immigrazione) tra il 2010 e il 2020: periodo in cui, nonostante il crescente numero di denunce sul deterioramento del rispetto dei diritti umani in Egitto, i rapporti tra i due Paesi in questi ambiti si sono fatti sempre più solidi. Una cooperazione disciplinata a livello regionale nel quadro della difesa comune europea e, a livello bilaterale, dalla legge 76/2003 cui nel corso degli anni si sono sommati una serie di memorandum di intesa tra i due governi.

L’analisi contenuta nel report si concentra sul decennio 2010-2020, una scelta dettata da un lato dalla forte concentrazione di iniziative di cooperazione, oltre che dalla difficoltà di reperire dati o informazioni attendibili al di fuori di quegli anni. Tra le fonti prese in esame, il rapporto cita la “Relazione sull’attività delle forze di polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica” a partire dal 2013 e i dati pubblici forniti da ministeri, funzionari della polizia di stato e informazioni presenti sui siti internet ufficiali dell’Unione europea dedicati alle diverse iniziative di cooperazione regionale che hanno visto il coinvolgimento di Italia ed Egitto. Avere un quadro organico e completo delle attività di collaborazione svolte dai due Paesi e dei budget stanziati, tuttavia, è particolarmente complesso a causa del carattere frammentato di queste iniziative e dalla scarsa trasparenza da parte del ministero dell’Interno.

Dall’analisi di questi documenti emerge come nel corso di questi dieci anni, l’Italia si sia dimostrata un partner estremamente ben disposto nei confronti dell’Egitto, fornendo alle forze di polizia del Cairo equipaggiamento e mezzi, tecnologie di sorveglianza, decine di corsi di formazione, scambi di esperti e assistenza tecnico-operativa. “Questa intensa attività di cooperazione -scrivono gli autori del report– ha visto il National security service egiziano come interlocutore privilegiato del ministero dell’Interno e dei vertici della polizia di Stato italiani nonostante negli stessi anni si stessero moltiplicando le denunce di organismi delle Nazioni Unite che parlavano di gravissime e sistematiche violazioni dei diritti umani per mano degli apparati di sicurezza

La fornitura di equipaggiamenti per scopi militari, difensivi o di polizia rappresenta una delle costanti di questa collaborazione. Roma, ad esempio, ha fornito al Cairo due motovedette classe 500 e veicoli di terra per il controllo delle frontiere e il pattugliamento delle acque territoriali, fuoristrada, metal detector, computer e altra strumentazione informatica oltre ai già citati elicotteri Augusta Bell. Un flusso di forniture che “non ha subito battute d’arresto nemmeno a seguito della promulgazione dell’embargo sulle forniture di sistemi d’arma al nuovo governo egiziano voluto dal Consiglio europeo nel 2013 a seguito di massicce violazioni dei diritti umani per mano delle forze di sicurezza”, Continua a leggere

Il governo Draghi rafforza l’asse con la Turchia di Erdogan, con nuovi accordi di cooperazione, export di armi, per la guerra in Ucraina e in Libia, per i respingimenti dei migranti

Draghi: “Con i dittatori, chiamiamoli per quello che sono, di cui però si ha bisogno, bisogna essere franchi, ma cooperare”. L’interesse verso la Turchia fin dal suo discorso di insediamento, il 17 febbraio 2021: “Continueremo anche a operare affinché si avvii un dialogo più virtuoso tra l’Unione europea e la Turchia, partner e alleato Nato”.

Per questo governo imperialista, guerrafondaio, si tratterà anche di aiutare il fascio-islamico Erdogan nell’estradizione dei rifugiati curdi in Svezia, nella  repressione degli attivisti e politici curdi, nel supporto alle operazioni turche

Domani si terrà ad Ankara il terzo vertice intergovernativo italo-turco, il primo degli ultimi dieci anni: l’ultimo, infatti, si è svolto a Roma nel maggio 2012. L’incontro si inserisce nell’alveo di un complessivo rilancio della cooperazione bilaterale tra i due Paesi, peraltro già molto intensa su diversi fronti.

Oltre al presidente del Consiglio, Mario Draghi – che ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a margine del G20 di Roma (30 ottobre 2021) e dei vertici Nato di Bruxelles (24 marzo 2022) – saranno presenti ad Ankara anche i ministri Luigi Di Maio (Esteri), Lorenzo Guerini (Difesa), Luciana Lamorgese (Interno), Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico) e Roberto Cingolani (Transizione ecologica).

accordi e protocolli d’intesa in ambiti che vanno dalla cooperazione in materia di affari esteri e difesa al sostegno alle micro, piccole e medie imprese, guerra  in Ucraina, Libia. Altro capitolo delle relazioni bilaterali riguarda la questione migratoria: nel 2021, i migranti irregolari giunti in Italia sulla rotta del Mediterraneo orientale in partenza dalla Turchia sono più che triplicati.

Paese membro dell’Alleanza Atlantica e candidato all’Unione europea, la Turchia è il primo partner per l’Italia in Medio Oriente e Nord Africa. Nel 2021, l’interscambio si è attestato a 19,4 miliardi di euro (+27,7 per cento rispetto all’anno precedente), con esportazioni italiane per 9,5 miliardi (+23,6 per cento). Le relazioni economico-commerciali non si limitano all’interscambio commerciale: gli investimenti diretti italiani in Turchia ammontano a circa 6 miliardi di dollari e, secondo i dati del Ministero del Commercio turco, le aziende con capitale proveniente dall’Italia in Turchia sono oltre 1.500. Il paese è anche un importante partner energetico per l’Italia: il gasdotto Tanap (Trans-Anatolian Pipeline), che lo attraversa da est a ovest per poi collegarsi con la Tap, rappresenta la terza rotta di approvvigionamento di gas per l’Italia dopo i flussi dall’Algeria e dalla Russia, con volumi in aumento del +62,5 per cento.