Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

Torino – Comunicato sull’operazione di polizia a Torino – tutt* liber*, Palestina libera! – info Denuncia e mobilitazione

Torino rappresaglia di Stato e Governo Meloni contro il movimento  – info Denuncia e mobilitazione

venerdì 10 ottobre 2025

Pubblichiamo il comunicato congiunto scritto da Torino per Gaza, Non Una di Meno Torino, Progetto Palestina e Giovani Palestinesi d’Italia in merito all’operazione di polizia di questa mattina a Torino. Sabato 11 ottobre si torna in piazza per una manifestazione cittadina alle ore 15 con partenza da piazza Castello.

Lo aveva annunciato a mezzo stampa il questore Sirna che ci sarebbe stata una risposta celere da parte della questura di Torino a fronte di due settimane di una inedita mobilitazione per la Palestina. Così, alle prime luci dell’alba, la digos di Torino si è presentata a casa di 13 giovani che hanno preso parte alle iniziative di blocco di queste settimane per effettuare delle perquisizioni e il sequestro dei telefoni. Si tratta di un doppio pacchetto, infatti, contestualmente sono state notificate 10 misure cautelari a diversi studenti e studentesse per manifestazioni che riguardano il 2023 e 2024.

Una cosa va detta subito: il solito modus operandi di questura e procura cittadine sta scricchiolando davanti all’esplosione di un movimento popolare, determinato e di portata storica come quello che abbiamo chiamato “blocchiamo tutto”. Ne è la prova la serata del 7 ottobre quando, nonostante il divieto della questura di manifestare, sono scese in strada 10 mila persone che, a testa alta e con grande dignità, hanno attraversato la città in maniera ferma e risoluta. Il dispositivo è stato superato con la semplice volontà di esserci e camminare ancora una volta insieme. L’aria è cambiata.

Il tentativo di questa mattina si iscrive in un momento particolare e se l’obiettivo è cercare di dare una risposta immediata alle centinaia di migliaia di persone che hanno bloccato davvero tutta la città e tutta l’Italia in queste settimane al momento ci sembra poco efficace. Certo, non va sottovalutato che 13 ragazzi e ragazze vengano utilizzati come capro espiatorio per le iniziative che ci hanno visto in migliaia prenderne parte: gli episodi presi in conto sono infatti il blocco della stazione di Porta Nuova avvenuto durante la prima giornata di sciopero generale del 22 settembre, l’occupazione dei binari di Porta Susa della sera del 24 settembre quando la Global Sumud Flottilla è stata attaccata la prima volta, il blocco all’aeroporto di Caselle del 2 ottobre giornata chiamata per “bloccare tutto” a seguito dell’abbordaggio della flottiglia da parte dell’esercito israeliano e dell’arresto dell’equipaggio e, l’iniziativa alle Officine Grandi Riparazioni della sera precedente al secondo sciopero generale del 3 ottobre che avrebbero visto la presenza di Jeff Besoz e di Ursula Von der Leyen al loro interno. I numeri di quelle giornate parlano da soli.

Le misura cautelari riguardano invece alcune manifestazioni studentesche e universitarie dello scorso anno, in particolare iniziative che avevano contestato l’arrivo di Meloni in città, la riforma scolastica di Valditara, il G7 Clima , Energia e Ambiente di Venaria, la presenza del FUAN in università e che, già allora, tenevano al centro la solidarietà alla Palestina e la necessità di mobilitarsi a partire da qui, dove la guerra e il genocidio partono a causa delle politiche di complicità del nostro governo. Al momento dunque vi sono giovani e giovanissimi che dovranno confrontarsi con l’obbligo di firma, l’obbligo di dimora e i rientri notturni. Avevamo già scritto qui di questa vicenda che ha visto il giudice per le indagini preliminari richiedere interrogatori previa decisione di disporre le misure. Oggi arriva questa decisione, puntuale come un orologio svizzero.

Mentre scriviamo siamo con gli occhi appiccicati agli schermi per avere notizie sugli accordi per il cessate il fuoco, vediamo video dei tank israeliani iniziare lentamente a uscire dai territori palestinesi, seppur resti da vedere quale sarà la famosa “linea gialla” stabilita dal piano americano, sentiamo le bombe che non hanno smesso di cadere anche questa notte e questa mattina su Khan Yunis e su Gaza. I nostri cuori si riempiono vedendo i festeggiamenti di un popolo che ci sta insegnando tutto e davanti alle immagini di chi sventola la bandiera palestinese insieme a quella italiana. Di fronte alla grandezza di questo momento storico sono ancora più miseri i tentativi di chiudere spazi di agibilità, di criminalizzare, di dividere, di silenziare.

Continuare a lottare uniti è l’unica risposta che abbiamo e, forse, possiamo dire che abbiamo iniziato a capire come si fa.

“La libertà, non la felicità, è la pietra preziosa”.

Tutti e tutte libere!

Palestina libera!

Aggiornamento su Radio Onda d’Urto

Torino. Dall’alba di venerdì mattina, 10 ottobre, operazione di polizia nei confronti di 13 attivisti e attiviste torinesi nell’ambito delle ampie e partecipate proteste per la Palestina di queste settimane e mesi in città.

A seguito delle perquisizioni domiciliari e del sequestro di materiale, sono state disposte dieci misure cautelari nei confronti di altrettanti indagati, compagne e compagni, per le accuse – tutte da dimostrare – di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, violenza privata aggravata e danneggiamento.

Si tratta di obblighi di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria e di obblighi di dimora con il divieto di uscire di casa dalle 19.30 alle 7.30. Sono state 13 le perquisizioni, relative alle manifestazioni di massa svoltesi a Torino il 22 e 23 settembre e il 2 ottobre.

Liberare Anan, liberare la Palestina! Presidio al Carcere di Melfi lunedì 13 Ottobre

Il prigioniero politico Anan Yaeesh, in custodia cautelare presso la casa circondariale di Melfi, è un partigiano palestinese in sciopero della fame dal 4 Ottobre. Sciopero iniziato in coincidenza e in solidarietà con la potente mobilitazione popolare sfociata nell’oceanica manifestazione per la Palestina libera e per reclamare la fine del genocidio in atto a Gaza e in Cisgiordania. Trasferito senza motivazioni dalla sezione di alta sicurezza del carcere di Terni a quella di Melfi, ad Anan vengono di fatto recisi i punti di riferimento consolidati in quasi due anni di ingiusta detenzione, rendendo ancora più difficili, per motivi logistici, i colloqui e gli incontri con gli avvocati, il personale medico esterno al carcere e persone terze autorizzate ai colloqui. Ciò va ad aggravare ulteriormente la sua condizione sia sul piano difensivo, sia su quello sanitario ed affettivo, in un momento cruciale del processo che lo vede imputato.per 270bis c.p. a causa del suo sostegno, mai rinnegato, alla Resistenza di Tulkarem (Cisgiordania). Un processo, quello di L’Aquila, già segnato da gravi limitazioni del diritto alla difesa e da ricorrenti ingerenze dei servizi segreti israeliani, che rende ancora più allarmante il clima intorno a questa vicenda giudiziaria.

Come perseguitato politico Anan ha ottenuto, nel 2019, la protezione speciale dallo Stato italiano, ma a gennaio 2024 è stato arrestato per essere estradato in Israele. L’attenzione sollevata sul caso, anche alla luce del genocidio in corso a Gaza, le mobilitazioni che ne sono seguite e soprattutto le relazioni di associazioni come Amnesty International e Human Rights Watch sulle torture sistematiche e le uccisioni dei prigionieri palestinesi deportati nelle carceri israeliane e sottoposti a legge marziale, hanno fatto sì che quella procedura estradizionale non venisse occultata dalla propaganda sionista e si concludesse, almeno in prima battuta, con la dichiarazione di inestradabilità di Anan da parte della Corte di Appello dell’Aquila a marzo 2024. Alla vigilia di quella udienza però, Anan è stato nuovamente arrestato per “associazione terroristica anche internazionale”, coinvolgendo altri due palestinesi suoi amici, Ali Irar e Mansour Doghmosh, rilasciati per mancanza di elementi probatori 6 mesi dopo e tuttavia anch’essi sotto processo per sostenere l’impianto accusatorio. Un impianto basato essenzialmente sulle tesi di Tel Aviv, e ci è mancato poco che venissero ammessi al processo 15 verbali di interrogatori condotti su prigionieri palestinesi dallo Shin Bet (i famigerati servizi segreti israeliani) e dalla polizia israeliana; ma tutt’ora sussiste il pericolo che i vertici politici e giudiziari italiani cedano alla richiesta di Israele, che vuole la testa di Anan.

Riteniamo assurdo, anticostituzionale e contrario alle norme del diritto internazionale, che il diritto di resistenza sia trattato come “terrorismo”, sulla base di accuse formulate dagli organi operativi di uno stato sionista occupante come Israele, il cui governo ed il cui esercito sono condannati dalla Corte Internazionale di Giustizia e suoi esponenti di primo piano sono ricercati dalla Corte Penale Internazionale per genocidio! E’ come se l’ex Presidente della Repubblica italiana Pertini, da esule partigiano, fosse stato consegnato ai nazifascisti sulla base di dichiarazioni estorte in via Tasso. Anan è allo stesso tempo testimonianza vivente della violenza genocida coloniale (nel suo corpo ci sono undici proiettili e quaranta schegge, non gli è stata risparmiata la frantumazione di alcun osso) e della servile logica del doppio standard con cui gli stati “amici” di Israele trattano il diritto internazionale (vedi i reiterati atti di abuso e di pirateria nei confronti degli stessi membri della Global Sumud Flotilla). La storia ha finora dimostrato che la Resistenza non si processa.

Per far sentire la nostra voce solidale ad Anan e per rafforzare il contributo culturale, politico, sociale, per la conquista del sacrosanto diritto alla terra, al cibo, all’acqua, alla vita, alla libertà del popolo palestinese, invitiamo a partecipare al presidio sotto il carcere di Melfi, in via Lecce snc, a partire dalle ore 15,30 di lunedì 13 Ottobre.

Reti per la Palestina di Basilicata

Potenza, li 10 Ottobre 2025

Anan Yaeesh è in sciopero della fame

Dal 4 ottobre Anan Yaeesh è entrato in sciopero della fame in solidarietà alle mobilitazioni per la Palestina che in queste settimane hanno attraversato l’Italia.

La scelta del giorno non è casuale, come probabilmente non lo è stata quella di trasferirlo lontano da Roma, dove risiedono i suoi difensori, e da L’Aquila, dove si svolge il processo, proprio a ridosso della grande manifestazione nazionale a Roma, quando oltre un milione di persone sono scese in piazza contro il genocidio del popolo palestinese e la complicità del governo italiano nell’occupazione israeliana e nei crimini sionisti.

Ma Anan è sceso in sciopero anche per rivendicare i propri diritti violati, in quanto perseguitato politico palestinese detenuto in una prigione italiana.

Sottoposto a un arresto e a un processo illegittimi, in uno Stato che si dichiara sovrano, ma affida anche la giustizia ai servizi segreti di un governo sotto accusa internazionale per crimini contro l’umanità, da quasi 2 settimane Anan è stato trasferito al carcere di Melfi come misura punitiva per i presidi di solidarietà organizzati davanti al carcere di Terni. Questo trasferimento, oltre a minare pesantemente il suo diritto alla difesa, mira ad isolarlo, umiliarlo, spezzarne la resistenza e l’identità palestinese.

Anan di fatto è già in isolamento nel carcere di Melfi; il cibo fornito dal carcere è estremamente scarso e privo di frutta e verdura, se i detenuti vogliono più cibo, o cibo più ricco devono comprarselo. Il cibo palestinese non è ammesso, neanche tramite pacchi, e hanno sequestrato quasi tutto ad Anan, anche le penne per scrivere.

Delle altre privazioni subite in seguito al suo trasferimento a Melfi se ne è già parlato in un precedente comunicato del soccorso rosso proletario.

Quello che ora ci preme rilanciare è una risposta solidale e di massa alla lotta di un resistente palestinese che continua a combattere contro l’ingiustizia.

Di seguito il comunicato del Comitato Free Anan:

ANAN YAEESH IN SCIOPERO DELLA FAME

IN SOLIDARIETÀ CON LE MOBILITAZIONI PER LA PALESTINA E PER DENUNCIARE LE VIOLAZIONI DEI SUOI ​​DIRITTI

Sabato 4 ottobre 2025, il prigioniero politico palestinese Anan Yaeesh è entrato in sciopero della fame. Questa sua decisione si affianca alla solidarietà con le mobilitazioni per la Palestina che nelle ultime settimane hanno attraversato l’Italia e, in particolare, nel giorno della manifestazione nazionale a Roma, quando oltre un milione di persone è sceso in piazza contro il genocidio del popolo palestinese e contro la collaborazione e la complicità del governo italiano con l’occupazione israeliana.

Attraverso lo sciopero della fame Anan Yaeesh intende anche riaffermare i propri diritti violati.

Di recente, come misura punitiva per i presidi di solidarietà organizzati davanti al carcere di Terni, è stato trasferito al carcere di Melfi, in Basilicata. Una decisione arbitraria e punitiva che ha ulteriormente aggravato la sua condizione: la distanza dal tribunale dell’Aquila, dove si svolgono i processi, e da Roma, dove si trovano i suoi avvocati difensori, compromette gravemente il suo diritto alla difesa.

Nel nuovo istituto penitenziario, infatti, gli incontri con i legali sono diventati sempre più difficili e rari, rendendo quasi impossibile concordare la strategia difensiva. II trasferimento, privo di giustificazioni oggettive, rappresenta un atto di rappresaglia nei confronti della solidarietà e un tentativo di isolamento politico e umano.

Lo sciopero della fame di Anan Yaeesh è un atto di resistenza e dignità, che chiama alla mobilitazione e alla vigilanza di quanti abbiano a cuore la giustizia, la libertà e i diritti del popolo palestinese. Chiediamo il rispetto dei diritti di Anan Yaeesh, la fine delle misure punitive e la sua immediata ricollocazione in un carcere che garantisca il pieno esercizio del diritto alla difesa.

Ribadiamo inoltre che non sarà certo un trasferimento a minare o recidere la solidarietà che il popolo italiano ha espresso nei confronti di Anan nel corso di quasi due anni; precisiamo quindi a chiunque si celi dietro queste decisioni, che ovunque Anan verrà trasferito, continuerà a godere dell’ampio sostegno e delle mobilitazioni in sostegno alla sua causa.

La resistenza non si arresta! La resistenza non si processa!

Dal presidio in Piazzale Clodio, sul processo per direttissima a 2 manifestanti arrestati il 4 ottobre a Roma

Dopo le violente cariche della polizia al termine del grandissimo corteo a Roma del 4 ottobre, 2 manifestanti sono stati arrestati e processati oggi per direttissima.

Per il manifestante a cui è stato contestato il reato di resistenza semplice e lesioni l’udienza è stata rinviata al 26 aprile, per quello accusato di resistenza aggravata, l’udienza è rimandata al 12 maggio.

Entrambi sono stati rilasciati, e questo non può che farci felici, ma la cosa non finisce qua, quindi non abbassiamo la guardia!

Massima solidarietà e massimo sostegno, la resistenza non è reato, la complicità nel genocidio sì

Il Coordinamento ternano per la Palestina lancia l’iniziativa “Cartoline per Anan”

“Cartoline per Anan”

Anan Yaeesh è un partigiano palestinese che è stato arrestato, torturato nelle carceri israeliane per aver resistito all’occupazione delle terre del suo popolo.

ANAN in Italia ha ottenuto la protezione speciale, ma oggi è sotto processo all’Aquila su richiesta dello stato terrorista di Israele ed è stato stato a lungo detenuto nel carcere di Terni, dove migliaia di persone hanno partecipato ai presidi per gridare che la resistenza è un diritto dei popoli sotto occupazione e che Anan deve essere liberato.

Inoltre a fine luglio è partita una campagna nazionale di sottoscrizione per garantire le spese mediche e carcerarie ad Anan, una campagna che ha raccolto quasi 10.000 euro in due mesi.

Dal 23 settembre, per la forte solidarietà che la città di Terni ha espresso, Anan è stato deportato nel carcere di Melfi (PZ). Denunciamo questo tentativo di ulteriore isolamento e questa inqualificabile azione di desolidarizzazione che insieme all’allungamento del processo per questioni “tecniche”, ci fa temere sulla tenuta di questo processo, che rischia di eseguire il lavoro sporco per lo stato terrorista di Israele e condannare il diritto dei popoli a resistere all’occupazione militare, alla pulizia etnica, al colonialismo di insediamento, al genocidio.

Per questo invitiamo docenti e studenti a produrre cartoline o lettere per ANAN e invitiamo tutti e tutte i cittadini all’iniziativa CARTOLINE PER ANAN al prossimo presidio di Mercoledì 1 ottobre che si terrà a largo Villa Glori a Terni, presso la sede dell’accampata permanente per la Palestina e la Sumud FLOTILLA.

Portate lettere, cartoline che verranno spedite nel carcere di Melfi dove è stato deportato ANAN, per fargli sentire ancora la vicinanza e il calore della città di Terni.

PER AFFERMARE CHE LA RESISTENZA È UN DIRITTO E NON SI ARRESTA!

*COORDINAMENTO TERNANO PER LA PALESTINA*

Di seguito Francesca Albanese sul processo ad Anan, Ali e Mansour

Francesca Albanese, Relatrice Speciale ONU sui diritti umani nei Territori Palestinesi occupati, è anche una dei tanti testimoni indicati dalla difesa per comprendere il contesto degli eventi contestati e non ammessi al processo contro Anan, Ali e Mansour.
Il documentario “Colpevoli di Palestina” dà voce a queste testimonianze escluse, restituendo uno spazio di verità che in aula è stato negato.
🤝 Per organizzare una proiezione: info@freeanan.it

Anan Yaeesh deportato nel carcere di Melfi, mentre si allungano i tempi di un processo infame

Anan Yaeesh, partigiano palestinese sotto processo a L’Aquila su mandato del governo genocida di Israele, è stato trasferito il 23 settembre, dal carcere di Terni a quello di Melfi.
Il trasferimento, del tutto strumentale perché Anan non ha commesso alcuna infrazione disciplinare in 19 mesi di detenzione a Terni, è stato deciso all’indomani di un presidio partecipatissimo sotto quel carcere, dove persone di tutte le età hanno voluto esprimere, con la loro presenza, i loro interventi, i loro slogan, piena solidarietà ad Anan Yaeesh e alla resistenza palestinese, ribadendo che il diritto internazionale riconosce ai popoli sotto occupazione militare, come quello palestinese, il diritto alla resistenza anche armata, e che quindi Anan non può essere processato ma deve essere liberato.
La solidarietà popolare che si è espressa in quel presidio è tornata amplificata all’ennesima potenza il giorno dopo, quando nelle piazze di tutta Italia, ma in particolare in quelle del centro, centinaia di migliaia di manifestanti hanno aderito allo sciopero generale indetto dai sindacati di base, bloccando strade, ferrovie e porti al grido di “Palestina Libera”, “La Resistenza non è reato, Anan Yaeesh va liberato”.
Alla solidarietà di massa espressa ad Anan e alla resistenza palestinese, lo Stato italiano, con tutti i suoi apparati, ha risposto deportandolo lontano dalla comunità che lo sostiene ed alterando in maniera anomala lo svolgimento e i tempi del processo, prima accelerandoli, poi dilatandoli, quasi ad evitare che la pronuncia della sentenza avvenga a ridosso del 7 ottobre e in un momento di alta e intensa mobilitazione per la Palestina.
Le udienze fissate per il 19 e il 26 settembre sono state annullate a causa del trasferimento del giudice a latere. Nonostante questo fosse noto da tempo (il decreto è datato 8 settembre), non è mai stata inviata alcuna richiesta al CSM per garantire la conclusione del processo con lo stesso collegio giudicante. Le udienze sono slittate al 31 ottobre per la conclusione dell’istruttoria, al 21 novembre per la requisitoria del PM, al 28 novembre per le arringhe della difesa, le dichiarazioni degli imputati ed eventualmente per la sentenza, salvo fissare la conclusione del processo ad un’altra data. Un allungamento che compromette il diritto costituzionalmente sancito dell’imputato alla ragionevole durata del processo. Anche il trasferimento di Anan a centinaia di chilometri dal foro competente e dal suo avvocato, incide pesantemente sul suo diritto alla difesa, rendendo più difficili e onerosi i contatti con il legale in una fase processuale decisiva. Sotto il profilo giuridico è stata presentata al Ministro della Giustizia un’interrogazione parlamentare per verificare la responsabilità e l’inerzia del Tribunale dell’Aquila nella gestione del procedimento e valutare il ritorno di Anan Yaeesh presso il carcere di Terni.
Ma questo è un processo politico, celebrato in Italia per conto di Israele, che mira a criminalizzare la solidarietà e la resistenza palestinese. Un processo assurdo, in cui la difesa è stata privata pressoché di tutti i testimoni e in cui l’accusa non è riuscita a dimostrare alcun coinvolgimento di Anan e dei suoi due amici palestinesi in azioni violente, né contro civili né contro coloni israeliani. Tantomeno è riuscita a provare che le azioni contestate si siano mai verificate. Questo processo è diventato uno dei punti centrali della piattaforma della grande manifestazione nazionale del 4 ottobre a Roma, ed è di questa mobilitazione, di questa solidarietà, che lo stato israeliano genocida e il governo italiano complice hanno evidentemente paura.
La preoccupazione dell’entità sionista per le mobilitazioni in Italia, d’altronde, emerge chiaramente dall’attività di dossieraggio del governo israeliano, che su ogni manifestazione per la Palestina fornisce un quadro molto dettagliato, indicando orari, luoghi, coordinate geografiche, livelli di rischio assegnati a ciascuna piazza, gruppi promotori.
La nostra preoccupazione, come soccorso rosso proletario, va anche alle condizioni di vita di Anan nel nuovo carcere, perciò anche a Melfi stiamo cercando di costruire una rete di solidarietà attorno ad Anan, per contrastare il piano di desolidarizzazione contro di lui da parte dello Stato italiano.
Il carcere di Melfi ha regole molto più restrittive di quelle di Terni. Anan si trova di fatto solo in una stanza singola, e molte delle cose che prima poteva tenere in cella gli sono state tolte, come il computer e persino l’orologio da polso. A Terni la presenza di un Imam lo accompagnava nelle sue preghiere, a Melfi è contemplata solo la religione cattolica. Inoltre Anan era iscritto all’Università per Stranieri di Perugia, e questo trasferimento va a ledere, oltre tutto, il suo diritto all’istruzione.
Ma Melfi non ha solo il carcere, Melfi ha la Stellantis, con un ex militare israeliano alla presidenza del gruppo, un accordo di collaborazione industriale con Israele, ma con migliaia di operai che hanno doppie ragioni per lottare contro un padrone che si arricchisce non soltanto sulla loro pelle, ma anche col genocidio del popolo palestinese. E ora che sindacati di base e CGIL aprono allo sciopero generale unitario per la Palestina, anche gli operai della Stellantis sono chiamati a schierarsi. La solidarietà è l’arma degli oppressi, o si sta con la resistenza del popolo palestinese, o si è complici del genocidio.
Facciamo quindi appello a tutti i comitati e le realtà lucane e pugliesi solidali con la Palestina a conoscere e a informare le persone di quei territori sulla vicenda di Anan Yaeesh e sul processo-vendetta che si sta compiendo a L’Aquila su un partigiano palestinese della Cisgiordania per conto di Israele.
Agli operai della fabbrica di Melfi, a tutti i lavoratori che dal nord al sud Italia stanno scioperando e presidiando anche in questi giorni le piazze contro il genocidio in Palestina e in sostegno della Flottilla, diciamo che un pezzo di Palestina e della sua legittima resistenza è illegittimamente detenuto nel carcere di Melfi da un governo complice di genocidio, che vuole processarlo e condannarlo per condannare la lotta per l’autodeterminazione di un intero popolo.
A tutti diciamo che la campagna per la liberazione di Anan Yaeesh va portata in ogni iniziativa, manifestazione, sciopero, blocco per la Palestina, perché Anan è uno di noi e noi siamo parte della resistenza palestinese qui in Italia, perché siamo tutti palestinesi.

Per scrivere ad Anan: Anan Yaeesh, c/o Casa Circondariale di Melfi, Via Lecce 18, 85025 – Melfi (PZ)

Per contribuire alle spese primarie di Anan:
IBAN: IT95C0200814412000103485396
Intestato a: confederazione Cobas sede provinciale di Terni

Causale: per Anan Yaeesh

Per contribuire alle spese legali di Anan e degli altri due Palestinesi sotto processo:

La solidarietà è la nostra arma, usiamola!

Soccorso rosso proletario – L’Aquila

Con Anan Yaeesh, con la resistenza palestinese, una solidarietà bella e popolare da L’Aquila a Terni oggi sotto il carcere. A cura di srp L’Aquila

Un gemellaggio, come giustamente lo ha definito oggi il compagno del Coordinamento Ternano per la Palestina, tra L’Aquila e Terni. Perché Anan in queste città non ha trovato solo repressione e carcere, ma comunità che lo sostengono, concretamente e da vicino.
Ieri, 20 settembre, Anan ha trascorso il suo secondo compleanno in un carcere italiano. A festeggiarlo sono state queste 2 comunità, ieri a L’Aquila, durante la festa dello United allo stadio Fattori, oggi a Terni, dove i compagni gli hanno mandato gli auguri anche in arabo.

L’Aquila, 20/09/25
E oltre 100 persone oggi erano presenti al presidio a Terni. Tante, se si considera che la provenienza dei solidali era più che altro umbra e del centro Italia. Un presidio che sotto un carcere non si era mai visto. Bello, popolare e variegato, con persone di tutte le età, dai più anziani ai bambini, dagli anarchici all’ANPI, a gridare libertà per Anan, libertà per la Palestina, libertà per tutti i prigionieri e le prigioniere nelle carceri di questo barbaro sistema capitalistico.

L’intervento di srp L’Aquila