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Gerusalemme: Arrestata la giornalista Lama Ghousheh
La giornalista Lama Ghousheh, del quartiere Sheikh Jarrah a Gerusalemme, è comparsa oggi davanti al tribunale israeliano per la discussione delle accuse avanzate dai servizi di sicurezza e ha prolungato la detenzione della giornalista di altri due giorni con il pretesto di dare più tempo alla polizia per interrogarla.. Il giornalismo sotto l’occupazione militare è una professione ardua.
Ghousheh è accusata di “sostegno ed incitamento al terrorismo”, per aver pubblicato interviste ad ex detenuti politici palestinesi, liberati in operazioni di scambio prigionieri.
Una settimana fa, le forze di occupazione hanno fatto irruzione a casa sua, all’alba, mentre i due figli piccoli (4 e 5 anni) erano a letto, svegliandoli e spaventandoli.
È stata condotta in commissariato ed ha subito – secondo la denuncia del suo legale – interrogatori lunghi fino a 10 ore consecutive.
Le è stata praticata una perquisizione a corpo nudo, per umiliarla.
“Vi affronto a testa alta e l’occupazione finirà”, ha detto in uno degli interrogatori.
Il quartiere Sheikh Jarrah è sotto la mira dei coloni che intendono cacciare i suoi abitanti palestinesi, con le provocazioni e con il ricorso ai tribunali per rivendicare le proprietà precedenti alla Nakba, la cacciata dei palestinesi dalle loro terre nel 1948.
da pressenza
lo hanno picchiato con il bastone e hanno iniziato a dargli i calci.. lo hanno preso dai piedi e lo hanno buttato giù”. Hasib, rom disabile, è ora in coma dopo una perquisizione della polizia
Gli agenti avrebbero fatto irruzione in borghese, senza un mandato. Il 37enne di origini rom ora è in coma, i pm indagano per tentato omicidio La famiglia della vittima chiede verità durante una conferenza stampa della Camera dei Deputati
di Valentina Stella
Un uomo sordomuto in coma, un volo dal balcone, dei poliziotti sulla scena, e tanti punti da chiarire. È questa la sintesi della drammatica vicenda del giovane di etnia rom Hasib Omerovic, disabile di 37 anni, precipitato il 25 luglio dalla finestra di un appartamento di uno stabile di edilizia popolare a Primavalle nel corso di un presunto controllo delle forze dell’ordine. La storia è stata resa nota oggi durante una conferenza stampa convocata dall’onorevole Riccardo Magi, Presidente di +Europa, alla Camera dei deputati. Con lui erano presenti Fatima Sejdovic, la madre della vittima, Carlo Stasolla, portavoce di Associazione 21 luglio, e gli avvocati della famiglia Susanna Zorzi e Arturo Salerni.
«Questa è una vicenda tragica – ha esordito l’onorevole Magi -, resa ancora più sconvolgente dalla mancanza di chiarezza e verità in cui è avvolta. La famiglia ha deciso di renderla nota affinché l’attenzione pubblica aiuti a sapere la verità». Magi ha presentato una interrogazione a risposta scritta rivolta al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, non potendosi utilizzare lo strumento dell’interpellanza urgente essendo sciolte le Camere. Nell’atto di sindacato ispettivo è riassunto l’esposto presentato dalla famiglia alla Procura della Repubblica di Roma, grazie alla testimonianza della sorella di Hasib, presente quel giorno in casa: «Il 25 luglio mattina H., sordomuto, si trovava nella sua abitazione a Roma con sua sorella S., disabile, mentre i genitori e la sorella E. erano fuori casa, quando presso l’abitazione si recano quattro agenti della Polizia in borghese; il giorno precedente, la sorella E. era stata avvicinata dal proprietario di un bar della zona che le aveva riferito che stava girando su Facebook un post “perché H. ha importunato alcune ragazze del quartiere e lo vogliono mandare all’ospedale”, chiedendo di vedersi anche con H. il giorno dopo per parlarne; il post sarebbe stato rimosso, ma i familiari sono in possesso di uno screenshot allegato agli atti; il testo, accompagnato dalla foto del ragazzo, recitava: “FATE ATTENZIONE a questa specie di essere, perché importuna tutte le ragazze bisogna prendere provvedimenti”».
Il giorno della tragedia alle 13.12, prosegue l’interrogazione, «la sorella E. riceveva una telefonata della vicina che li invitava a tornare immediatamente a casa e che passava il cellulare a un agente, il quale li avvisava che H. era ferito e si trovava all’ospedale; rientrati a casa, alcuni agenti in borghese li rassicuravano circa le condizioni del figlio, che “aveva solo un braccio rotto”; in realtà H. era ricoverato al Gemelli in rianimazione con prognosi riservata; tuttora è polifratturato, ha subito un intervento chirurgico al volto e si trova in uno stato di coma vigile, tanto che non è gli è possibile comunicare».
Sempre secondo quanto riportato nell’esposto, «nei giorni successivi un agente del commissariato di Primavalle avrebbe riferito informalmente ai familiari che H. avrebbe “infastidito molestandole alcune ragazze del quartiere”, per cui gli agenti si sarebbero recati nella sua abitazione per chiedere l’esibizione dei documenti; secondo il racconto dell’agente, H. sarebbe rimasto tranquillo, tanto che gli stessi gli avevano scattato delle foto, ma mentre stavano andando via, avrebbero sentito alzare la tapparella della finestra della camera da dove H. si sarebbe buttato».
La sorella S., unica testimone oculare della vicenda, pur essendo affetta da disabilità, ha raccontato «in modo chiaro sia ai genitori che all’amministratore di sostegno: “ho sentito suonare e ho aperto la porta… una donna con degli uomini vestiti normalmente sono entrati in casa. La donna ha chiuso la serranda della finestra del salone… hanno chiesto i documenti di H. Hanno fatto le foto… lo hanno picchiato con il bastone, H. è caduto e hanno iniziato a dargli i calci… è scappato in camera e si è chiuso… loro hanno rotto la porta… loro gli hanno dato pugni e calci… lo hanno preso dai piedi e lo hanno buttato giù”».
Nell’esposto i familiari riferiscono, allegando le foto, che «la serratura della porta di ingresso della camera di H. è completamente divelta, la tubatura esterna del termosifone sradicata dal muro, il rinvenimento del bastone di una scopa spezzato e di sangue sul lenzuolo».
Durante la conferenza stampa a domanda di un giornalista, l’avvocato Salerni ha escluso, in base alle testimonianze raccolte, che il volo dalla finestra sia stato preceduto da una spedizione punitiva del quartiere contro Hasib.
E allora, se c’erano solo i poliziotti, perché sono entrati a casa di Hasib? Avevano un mandato? Hasib è stato prima picchiato e poi lanciato dalla finestra dagli agenti? Forse hanno pensato che essendo l’appartamento a piano terra, anche la finestra non avesse un vuoto di 9 metri sotto? C’è un verbale della perquisizione? Sono stati effettuati dei rilievi da parte della polizia giudiziaria? Queste sono alcune delle domande a cui dovrà rispondere il pubblico ministero Stefano Luciani, che ha disposto il sequestro del manico di scopa e delle lenzuola macchiate di sangue. Le indagini sono affidate alla Squadra Mobile di Roma. Si indaga per tentato omicidio in concorso.
Per tutto questo l’onorevole Magi chiede alla ministra «se sia a conoscenza della vicenda riportata in premessa e se, al di là dei profili di competenza dell’autorità giudiziaria, non ritenga di avviare con la massima urgenza un’indagine interna per fare luce sugli obiettivi e le modalità dell’intervento della polizia di Stato e su eventuali violazioni anche disciplinari poste in essere, se vi sia un rapporto di servizio sull’intervento e quale sia il contenuto dello stesso».
Stasolla ha annunciato di aver lanciato con l’Associazione 21 luglio due appelli: «Uno al Comune di Roma per una nuova abitazione per la famiglia di Hasib. Era stata loro regolarmente assegnata ma se ne sono dovuti andare per il clima che c’è intorno. E un altro al Capo della Polizia Lamberto Giannini affinché si adoperi a far luce sulla vicenda».
La madre di Hasib ha concluso: «Voglio sapere la verità e voglio giustizia per mio figlio. Ha 37 anni e non ha precedenti. So che non ha fatto male a nessuno».
da il dubbio
per la liberazione dei prigionieri politici indiani – Roma 17 settembre ore 10.30 – appuntamento in piazza Esquilino e poi….
Catania, “foglio di via” per un militante antirazzista – SRP aderisce all’appello
“FRONTEX UCCIDE” e “BASTA MORTI””.
Il giorno 24 agosto, la questura di Catania ha dato un foglio di via di un anno dalla città etnea a un compagno che fa parte di diverse realtà politiche e associative impegnate, in città e in Sicilia, nella lotta antirazzista e per la libertà di movimento delle persone migranti.
Il foglio di via è stato comminato a seguito della notifica di avvio di indagini a suo carico per un reato di deturpamento e imbrattamento. Secondo il verbale, la notte del 19 agosto sulla “facciata principale della sede dell’Agenzia Frontex, sita in questa via Transito nr. 74” a Catania, “veniva lanciata della vernice contenuta in alcune latte e, mediante l’uso di bombolette spray, venivano scritte le seguenti frasi: “FRONTEX UCCIDE” e “BASTA MORTI””.
Conosciamo il ruolo mortifero che l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera Frontex ha nel Mar Mediterraneo e agli altri confini della Fortezza Europa. Se servisse, l’inchiesta del quotidiano Le Monde che ha portato alle dimissioni in aprile scorso dello stesso direttore di Frontex, mostra bene la mancanza di trasparenza e le continue violazioni di diritti umani, come i respingimenti illegali in mare, che contraddistinguono l’operato di quest’agenzia. Non troviamo quindi nulla di strano se la seconda sede che questa ha in Europa, ovvero a Catania, si è ritrovata con delle scritte che indicano alla città che Frontex è complice delle stragi razziste che avvengono in mare.
Sottolineando che il compagno in oggetto di tale provvedimento è meramente un indagato, ci preme riflettere sul senso di questo foglio di via. E’ stato infatti apparentemente dato perché il compagno risulta residente in un’altra regione, ovvero rendendo irrilevante che da quasi due anni la sua vita lavorativa, sociale e affettiva è radicata in questa città siciliana.
Eppure, la misura sembrava già preparata a prescindere dalle risposte date dal compagno in questura rispetto ai propri legami con la città, dato che l’ora del protocollo del foglio di via è ben precedente a quella in cui è stato convocato dalla digos.
Questo atto segnala l’ennesima stretta repressiva in corso. E’ gravissimo che anche a Catania, come in molte altri parti di Italia a carico di attivist* impegnat* su diversi fronti di lotta, le forze di polizia continuino sempre più a scegliere il foglio di via come metodo di censura. Che si leda il diritto alla vita sociale, politica, affettiva e lavorativa con una misura repressiva che pone chi ne viene colpit* in un inaccettabile tempo d’attesa ed esilio. Una misura che richiede ingenti spese legali per poter essere revocata ma che può essere data sulla base di pregiudizi, in modo rapido e ampiamente discrezionale.
Infine, mostriamo l’amaro parallelismo che si viene a creare: nel foglio di via viene infatti ordinato il “rimpatrio” a proprie spese verso il luogo di residenza, così come spesso succede a chi viene colpito da un provvedimento di respingimento alla frontiera. Sappiamo che la solidarietà collettiva coprirà i costi legati a questo spostamento coatto comminato all’attivista noborder e alla sua difesa legale. Chi è invece migrante, e magari anche razzializzat*, non ha quasi mai il privilegio di ricevere questo tipo di supporto.
E’ per questo che non smetteremo di dire che dei fogli di carta non possono decidere dove le persone devono fermarsi o non possono andare. Se pensano di farci paura o di isolarci si sbagliano, la lotta contro ogni tipo di frontiera e per la libertà di movimento e autodeterminazione delle persone continua.
Antirazzist* catanesi
lo slai cobas per il sindacato di classe aderisce all’appello
Le prime firme che aderiscono all’appello:
-Arci Melquiades APS
-Sorcio Rosso
-Rete Antirazzista Catanese
-Comitato di Solidarietà Popolare “Graziella Giuffrida”
-C.s.a. Officina Rebelde
-Comitato Territoriale ARCI Catania
-Cobas Catania
-Libera Assemblea Degenere Pratiche LGBTQIA+ Catania
-Gruppo Anarchico Galatea FAI Catania
-Associazione Penelope coordinamento solidarietà sociale onlus
-Comitato NoMUOS / NoSigonella
-Potere al Popolo Catania
-Arci Sicilia
-Arci Amari Caltagirone
-Arci Porco Rosso Palermo
-Rete dell’agricoltura contadina e del lavoro in autogestione FM Sicilia
-Casa del mutuo soccorso FM Sicilia
-Contadinazioni
-Associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato Cinisi
-FuoriMercato autogestione in movimento
-Progetto 20k Ventimiglia
-LasciateCIEntrare
-Rete Mai Più Lager – NO ai Cpr – Milano
-Linea d’ombra Trieste
-No Name Kitchen Supporting people on the move
-Laboratoria TQF Udine
-Collettivo Metamorfosi Torino
-CarovaneMigranti
-Melting Pot
-Federazione Del Sociale USB Catania
Per aderire all’appello o se interessatx a organizzare iniziative benefit o supportare direttamente i costi delle spese legali, scrivete a: catanianofrontex@gmail.com
Libertà per Ghassen Ben Khalifa, giornalista e militante sociale e politico tunisino
Mercoledì 7 settembre mattina 12 agenti di polizia in borghese hanno fatto irruzione nella casa del giornalista e militante politico e sociale Ghassen Ben Khalifa a Hammam Chott, Tunisi, senza mandato e tramite effrazione dell’ingresso. Dopo una perquisizione dell’abitazione sono stati seguestrati pc e tablet, anche la casa della madre è stata perquisita.
Ghassen è stato immediatamente arrestato e nella stessa giornata è stato prima trasferito in una caserma della polizia anti-crimine, in cui ha preteso la presenza del suo avvocato, a seguito di tale determinazione è stato quindi portato nella sede del Tribunale che, in assenza di una chiara accusa a suo carico lo ha rimandato al polo giudiziario anti-terrorismo che ne ha convalidato l’arresto per 5 giorni rinnovabili, decidendo anche un’interdizione d’incontro con il suo avvocato per 48 ore, è stato infine trasferito nella caserma dell’anti terrorismo dov’è tuttora detenuto.
Ghassen Ben Khalifa è un militante politico e sociale sempre al fianco degli oppressi, sin da giovane è stato un oppositore del regime di Ben Ali, dopo la Rivolta popolare del 2010 ha messo la sua professione di giornalista d’inchiesta al servizio delle lotte sociali in Tunisia: dal movimento dei disoccupati, a quello dei contadini dell’Oasi di Jemna sino al movimento dei giovani di Kamour nell’estremo sud a Tataouine.
Ha sempre denunciato in maniera lucida e intelligente il decennio di “transizione democratica” (2011-2021) come una nuova forma di regime oppressivo che lungi dal soddisfare le richieste e le esigenze del popolo tunisino, ha perpetrato lo sfruttamento delle classi sociali oppresse, senza quindi cadere nella trappola e nell’illusione di una fantomatica “democrazia progressiva” in costruzione.
Il sito d’informazione indipendente in lingua araba da lui fondato Inhiyez1, pubblica articoli d’inchiesta economica e di approfondimenti politici e sociali che mettono a nudo la vera natura del regime.
Tale denuncia non si è arrestata in seguito ai fatti del 25/07/2021 e l’assunzione di pieni poteri del presidente della repubblica Kais Saied, mettendo a nudo ancora una volta gli elementi di continuità col passato e le misure antipopolari del regime in merito alla dipendenza alimentare, economica e finanziaria del paese dai centri dell’imperialismo tramite il cappio del debito promosso in particolare dal FMI e dalla BM sostenuti dalla classe dominante tunisina rappresentata attualmente dal governo Saied/Bouden.
Ghassen è un giornalista del popolo e tra il popolo si reca regolarmente per ascoltarne le istanze e documentarle, come successo nell’ultimo anno durante il movimento dei contadini nel Nord Ovest in lotta contro l’espropriazione e privatizzazione della terra e lo scorso luglio a sostegno dei lavoratori della catena di fast food Pomme de Pain a cui da mesi non viene corrisposto il salario.
Ghassen è un sincero anti imperialista e internazionalista: è un noto attivista della causa palestinese e per la liberazione dei prigionieri politici come Georges Ibrahim Abdallah, allo stesso modo sostiene anche la causa della lotta di liberazione nazionale del Sahara Occidentale spesso “dimenticata” anche dagli attivisti pro-Palestina. Inhiyez e tra le poche voci che in Tunisia sostiene le cause e le rivoluzioni di popoli lontani e al di fuori del mondo arabo e solo per citare l’esempio più recente, il sostegno ai martiri della rivoluzione in India e ai suoi prigionieri politici repressi dall’attuale governo Modi.
Alla notizia del suo arresto vi è stata una mobilitazione immediata davanti la caserma di El Gorjani dov’era stato inizialmente tradotto, il Sindacato Nazionale dei Giornalisti Tunisini, oltre a chiederne l’immediata liberazione, mercoledì 7 settembre ha indetto un’assemblea pubblica che ha prodotto come risultato la nascita del Comitato Nazionale per la Liberazione di Ghassen Ben Khalifa, questi ha rilasciato un comunicato (da noi tradotto e riportato sotto) e successivamente ha indetto una manifestazione di protesta per venerdì 9 settembre nel centro di Tunisi.
Intanto più passano le ore e più si moltiplicano i comunicati di solidarietà dal Marocco al Canada, dalla Francia, al Libano, dagli USA all’Italia; una mobilitazione è stata indetta a Montreal per sabato 10 settembre.
Come Soccorso Rosso Proletario Italia denunciamo l’arresto del compagno Ghassen Ben Khalifa e l’assurda montatura repressiva che vorrebbe far passare l’opposizione politica e sociale nell’interesse delle classi oppresse come terrorismo.
Libertà immediata per Ghassen Ben Khalifa!
L’impegno politico e sociale non è terrorismo!
Terrorista è chi opprime affama e uccide i figli delle classi sociali popolari!
Soccorso Rosso Proletario – Italia
Dichiarazione del Comitato nazionale per la liberazione di Ghassan Ben Khalifa
Tunisi 07 settembre 2022
Martedì 6 settembre l’opinione pubblica civile e politica è stata sorpresa dall’arresto del giornalista e attivista di sinistra Ghassan bin Khalifa e dal suo fascicolo sul polo giudiziario per la lotta al terrorismo.
Quando un gruppo di oltre 12 agenti di polizia in uniforme civile ha fatto irruzione a casa sua e di sua madre, ha effettuato un’operazione di perquisizione e sequestrato le sue forniture giornalistiche da due computer e telefoni cellulari.
Tutto è stato fatto, senza autorizzazione giudiziaria e senza dare alcuna spiegazione ai familiari del compagno, che lo hanno mandato direttamente nell’area anticrimine.
Queste pratiche arbitrarie di polizia sono continuate privando Ghassan del suo diritto di comunicare con gli avvocati. Sul posto sono giunte le camionette. È stato trasferito senza perquisizione alla procura della corte di Bab Banat a Tunisi, che lo ha trasferito direttamente al polo giudiziario per la lotta al terrorismo, che ha autorizzato su di lui la perquisizione nella caserma di Al-Awina. Dopo una lunga attesa, è stato appreso nelle ore tarde della notte, e la squadra di difesa ha informato della decisione di tenere il nostro amico sotto arresto per un’inchiesta non ha alcun collegamento: il suo sospetto di essere collegato a una pagina Facebook progressista che chiede il rovesciamento di Qais Saeed attraverso la violenza e le lotte interne.
L’agente della repubblica ha permesso di arrestare l’attivista e giornalista Ghassan bin Khalifa per 5 giorni rinnovabili, negandogli il diritto di comunicare con la squadra di difesa per 48 ore, nonostante il suo fascicolo vacante.
In risposta a questa montatura verso il nostro compagno Ghassan ben Khalifa, che si è sempre interessato riguardo ai problemi dei poveri e degli emarginati, per di più anche alla causa palestinese, unisciti, poiché la causa è giusta, noi siamo la comunità.
Oggi mercoledì 7 settembre presso la sede del Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini dichiariamo:
1. Chiediamo l’immediato rilascio di Ghassan Bin Khalifa senza alcuna condizione.
2. Respingiamo l’adozione della politica “Keyalen”, in cui il regime prende di mira i combattenti. Venite gli onesti. VIENI A REALIZZARLE respingiamo le false accuse, e non perdoniamo tutti coloro che commettono crimini contro il popolo e la patria, e oltre a loro i criminali di terrorismo e distruzione.
3. Riteniamo responsabili di tutte le violazioni contro Ghassan bin Khalifa, il Ministro dell’Interno, il Ministro della Giustizia e il Presidente della Repubblica, che si sono intensificate durante il suo governp a colpi di repressione, incriminazioni e accuse contro gli attivisti del movimento sociale, i figli e le figlie del Popolo.
4. Rinnoviamo il nostro fermo rifiuto di utilizzare l’accusa di terrorismo per reprimere i militanti.
5. Annunciamo la nostra piena disponibilità attraverso tutte le forme di lotta pacifica per la liberazione del compagno Ghassan ben Khalifa e per affrontare tutte le forme di oppressione e tirannia, indipendentemente dalla loro origine o dai vari titoli.
Annunciamo inoltre la formazione di un comitato nazionale di sostegno per la liberazione del giornalista e attivista Ghassan bin Khalifa.
Esortiamo tutte le forze attive e i vari gruppi legali e civili, uomini e donne attivisti a partecipare al movimento di protesta venerdì 9 settembre 2022 alle 17:00 da davanti alla sede dell’Union Nationale du Journal Tunisien in manifestazione verso l’Avenue Bourguiba, in solidarietà con il giornalista e attivista Ghassan bin Khalifa.
1https://www.inhiyez.com/
dai compagni turchi
Freedom For All Political Prisoners, No To UCAV Attacks Against Guerrillas And The Use Of Chemical Weapons!
Prisons are one of the tools of violence and intimidation of the ruling classes against the broad masses of workers, labourers and poor people whom they exploit and oppress. Prisons are a means of intimidation not only against the prisoners inside, but also and essentially against the masses of the working people outside. The history of prisons, as old as the history of the class struggle, is full of the oppression, torture and massacres of the ruling classes as well as the resistance of political prisoners.
The prisons of our country have always been a test for the revolutionary and communist vanguards of our people of various nationalities, Kurdish and Turkish, just like all over the world. Revolutionaries and communists have successfully passed this test by a series of resistance methods, from barricade resistances to death fasts. In these resistances, they have fed on the practices of their class and struggle comrades all over the world, and at the same time they have added important values to the world prison resistance.
However, until the victory of the communist struggle, prisons will continue to exist as places of torture and murder for revolutionaries, communists and large masses of the people. As a matter of fact, as the imperialist-capitalist system deepens its economic and political crisis, as the anger of the people grows as a wave from the bottom, they accelerate their torture and massacre policies in prisons. Today we are going through such a process.
On the other hand, the fascist states, the puppets of imperialism, are intensifying their attacks against the guerrillas who are fighting for national and social liberation, especially those waging People’s War. All these are efforts to destroy the struggle that the anger of the people will grow. As a matter of fact, not only the guerrilla but also the civilian population is greatly harmed and massacred in their attacks with armed UCAVs and drones. The most concrete examples of this are being experienced in Rojava. Only in August this year, 40 children were killed in Rojava by the Turkish state’s drone attacks. In addition, especially in Iraqi Kurdistan (Bashur), it has been determined that the Turkish state is using chemical weapons in its attacks on guerrilla areas. The guerrillas, on the other hand, are organising a great resistance in the tunnels they have built against these attacks with UCAVs and drones and the use of chemical weapons. As a result of this resistance, the Turkish state suffered significant losses.
In such a process, our party, TKP-ML, embraces the call of ICSPWI (International Committee to Support the People’s War in India) demanding the release of political prisoners and the cessation of drone attacks on the people and revolutionaries in the revolutionary movement areas in India.
On this occasion, as TKP-ML, we give voice to the call of the Communist Party of India (Maoist) for the worldwide Week of Action between 13-19 September; We say “Freedom for all political prisoners” and “No to UCAV attacks against guerrillas and the use of chemical weapons”. We call on all international forces to take to the streets, especially in front of the Indian and Turkish consulates, between 13-19 September with these demands.
TKP-ML Internationale Bureau
04.09.2022