Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

Sabato 29 ore 10,30 Presidio per la Palestina – No alla collaborazione militare tra Italia e “Israele”

PRESIDIO DI SOLIDARIETÀ CON LA PALESTINA E CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA

Con l’intensificazione delle azioni di Resistenza in Cisgiordania e le mobilitazioni nei Territori Occupati del 1948, aumentano le campagne di arresti nei confronti di chi resiste; nelle ultime settimane sono stati decine i palestinesi arrestati dall’esercito sionista e dai servizi di sicurezza della cosiddetta “autorità palestinese”.
Inoltre, dal 25 settembre fino al 13 ottobre, trenta prigionieri politici palestinesi appartenenti al Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, rinchiusi nelle carceri sioniste in regime di detenzione amministrativa, lanciato uno sciopero della fame contro tale pratica e contro le politiche di repressione da parte dell’amministrazione carceraria. Nonostante il cedimento delle autorità sioniste alle istanze dei prigionieri, la lotta contro la detenzione amministrativa va avanti.
In questo contesto le autorità italiane continuano non solamente a tacere ma anche ad essere complici; è di poche settimane fa la notizia che la Leonardo SPA – il cui principale azionista è lo Stato italiano tramite il MEF e di cui l’attuale Presidente è l’ex Direttore dei Servizi Segreti (AISE) – ha intensificato la collaborazione con l’Occupazione sionista tramite l’acquisizione, in cambio di azioni, dell’israeliana RADA Electronic Industries, che fornisce radar tattici e software utilizzati e sperimentati sulla popolazione palestinese.
Il famigerato curriculum del Presidente della Leonardo, anche membro del Consiglio Direttivo e della Giunta dell’Associazione delle Società Italiane per Azioni, del Board del Consiglio per le Relazioni Italia – Stati Uniti, rappresenta una “garanzia” del ruolo centrale che la controllata di Stato svolge nell’apparato militare-industriale italiano e della sua proiezione internazionale guerrafondaia.
Una politica tanto più marcata in questo momento di allargamento della guerra imperialista, con l’obiettivo dell’estrazione di profitti aggiuntivi e lo sgravio dei suoi costi sulle classi subordinate.
Infatti a pagare i costi e le conseguenze di questa politica guerrafondaia, di cui lo Stato italiano è complice, sono le proletarie e i proletari, obbligati a subire ulteriori tagli al salario diretto e indiretto, a dover affrontare una inflazione galoppante che travasa ricchezza dalle classi povere a quelle proprietarie, imponendo alle prime un inverno al freddo e al buio, in nome di una criminale politica bellicista, il cui unico scopo è la difesa degli interessi dei padroni statunitensi, sionisti e della NATO.
Invitiamo quindi tutti a partecipare al presidio davanti alla sede della Leonardo Spa in Piazza Monte Grappa sabato 29 ottobre alle ore 10:30
(Data e ora verranno confermati a breve)
IN SOLIDARIETÀ CON I PRIGIONIERI POLITICI PALESTINESI
CONTRO LA COLLABORAZIONE MILITARE TRA ITALIA E “ISRAELE”
CONTRO LA POLITICA GUERRAFONDAIA ITALIANA E LA GUERRA IMPERIALISTA
CONTRO IL CAROVITA, LA CRISI E LA GUERRA LA PAGHINO I PADRONI
ADESIONI:
– Unione Democratica Arabo-Palestinese (UDAP)
– Giovani Palestinesi d’Italia (GPI)
– Giovani e Palestina (GeP Roma)
– Comitato di Lotta Villa Gordiani
– Comitato di Lotta Quadraro (Nido di Vespe)
– Classe Contro Classe
– Comitato di Lotta Viterbo
(Per adesioni scrivere a udap48@gmail.com)

solidali contro le condizioni di detenzione di alfredo cospito che ha iniziato uno sciopero della fame

 

Aujourd’hui, 20 octobre, au tribunal de surveillance de Sassari, lors d’une audience concernant la saisie de la correspondance, le révolutionnaire anarchiste Alfredo Cospito a déclaré qu’il entamait une grève de la faim contre le régime carcéral 41 bis sous lequel il a été placé le 5 mai . Le 41bis est un régime carcéral d’isolation extrême. Alfredo, qui a fait une déclaration, n’était pas présent dans la salle d’audience mais connecté par vidéoconférence depuis la prison de Bancali.

Alfredo Cospito

 

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PRATO: ALL’ALBA SGOMBERATO IL PRESIDIO DEI 22 LICENZIATI IRONLOGISTICS. Dopo le multe lo sgombero, violento. MASSIMA SOLIDARIETÀ E DENUNCIA

Dal blog Slai cobas sc

I lavoratori che dormivano all’esterno dei cancelli sono stati portati in Questura.

È ora in corso un presidio fuori alla Questura del SI Cobas che, col supporto dei solidali, chiede con forza il rilascio immediato dei fermati.

Seguiranno aggiornamenti.

Le lotte operaie non si arrestano!!!

Sgomberato il presidio dei lavoratori davanti alla Iron &

Logistics. La polizia è arrivata in forze prima dell’alba

in via Ciulli e ha portato via gli operai che protestavano

contro i licenziamenti. Un elicottero ha sorvolato a lungo la

zona.

21 ottobre 2022

PRATO. E’ stato sgomberato prima dell’alba di oggi, 21 ottobre, il presidio degli operai licenziati all’ingresso della Iron & Logistics, l’azienda di via Ciulli davanti alla quale da tre settimane il sindacato Si Cobas aveva organizzato una protesta dopo il licenziamento di 22 lavoratori, in gran parte pachistani.

La polizia, insieme alla guardia di finanza e ai carabinieri, è arrivata in forze alle 6,30 e ha portato via una decina di persone che dormivano nelle tende montate nel piazzale. I lavoratori sono stati portati in Questura. Un elicottero ha sorvolato a lungo la zona di Narnali. Mercoledì era stata invece la polizia municipale a notificare una multa di 173 euro ai manifestanti per l’occupazione del suolo pubblico, contestando la presenza di un bagno chimico.

Dopo lo sgombero, le forze dell’ordine sono rimaste a presidiare la zona di via Ciulli impedendo ai sindacalisti e ai simpatizzanti del Si Cobas di avvicinarsi all’azienda. Sarah Caudiero, sindacalista del Si Cobas, è stata portata in Questura.

Il Si Cobas parla di “sospensione della democrazia”. Alcune decine di simpatizzanti del sindacato si sono radunati davanti alla Questura e si sono fronteggiati coi poliziotti del reparto mobile.

Svizzera – Andi liberata! massimo sostegno

Lundi 10 octobre dernier, l’audience d’appel dans le procès contre Andi, secrétaire du Secours Rouge International, à propos de l’attaque du consulat turc de Zurich en 2017, a eu lieu au Tribunal pénal fédéral de Bellinzone. Le verdict vient de tomber: après avoir été condamnée à 14 mois (sans sursis ni possibilité d’aménagement de peine) en première instance en novembre 2021, elle a été acquittée. En première instance le Tribunal pénal fédéral avait prononcé une condamnation sans preuve, ouvertement politique, basé uniquement sur l’histoire politique, l’identité d’Andi et de son organisation (Revolutionarer Aufbau), son influence sur la jeunesse radicale etc. Une large campagne politique avait remplie de plusieurs événements et actions de solidarité dirigée contre le fascisme turc et ses complices avait eu lieu à cette occasion

Torino – Gli Extinction Rebellion tornano a manifestare: con lo scotch sulla bocca per dire no ai fogli di via

 

La protesta di fronte al Palazzo della Regione in piazza Castello in solidarietà con gli altri attivisti che erano stati denunciati

A due mesi di distanza, Extinction Rebellion torna in piazza con un presidio “silenzioso”, in solidarietà con le persone del movimento colpite da numerose denunce e fogli di via.

Protesta contro denunce e fogli di via

Siamo tornati simbolicamente sotto il Palazzo della Regione Piemonte, lì dove – il 25 luglio – due attiviste si sono arrampicate sul balcone dell’ufficio del presidente Cirio, per appendere uno striscione con scritto “Benvenuti nella crisi climatica. Siccità è solo l’inizio”. L’obiettivo quel giorno era denunciare, ancora una volta, la responsabilità e l’inazione della Regione Piemonte davanti alla siccità devastante di quest’estate“, hanno detto i manifestanti in una nota.

Durante il presidio, alcuni attivisti con la bocca chiusa da un pezzo di scotch nero, si sono posizionati al centro della piazza con un cartello sulla schiena riportante il nome di una delle persone colpite dalle denunce e/o  fogli di via, delle quali sono stati letti discorsi e testimonianze.

una petizione piattaforma dei detenuti – info

Riceviamo e pubblichiamo volentieri questa petizione dei detenuti al Ministro Cartabia. L’appello raccoglie i bisogni dei detenuti di fronte al sovraffollamento, alla mancanza di affettività e all’utilizzo di strumenti detentivi inutilmente crudeli che negli ultimi anni sono stati ampiamente applicati nel diritto penale e penitenziario.

Petizione dei detenuti al Ministro Cartabia

Al Ministro della Giustizia

Dott.ssa Marta Cartabia

OGGETTO: petizione ad opera dei detenuti firmatari della C.C.-C.R. di richiesta di interpellanza parlamentare volta a vagliare le seguenti richieste:

A) Abolizione ergastolo ostativo;

B) Abolizione e/o eventuale riforma art. 41bis;

C) Abolizione recidiva specifica infra-quinquennale ex art.99 – Legge Cirielli;

D) Inserimento, ampliamento corsi professionali interni;

E) Ripristino gg.75 di liberazione anticipata per tutte le fasce, 4 bis compreso;

F) Concessione permanente n.10 telefonate mensili;

G) Elezione di un detenuto ad opera di altri detenuti che vada a ricoprire il ruolo di “garante interno”;

H) Pieno reinserimento del detenuto in ambito lavorativo e sociale dopo l’espiazione della pena;

I) Introduzione colloquio intimo con il proprio coniuge.

Ecc.mo Ministro, siamo tutti coscienti della crisi che ha esacerbato il nostro paese negli ultimi anni. L’Italia si trova ad affrontare un periodo storico di cambiamento, una rivoluzione interiore che ha cambiato le dinamiche quotidiane. Lei come altri è stata chiamata a far parte di questo percorso di cambiamento, fautrice di una giustizia più celere e garantista si è adoperata affinché ciò avvenisse. Credendo in questo momento La invitiamo ad un confronto aperto su tematiche a noi care. Convinti che si possa andare verso una riforma nuova, che tuteli l’individuo, Le chiediamo di portare la nostra petizione in Parlamento, facendovi portavoce di richieste di giustizia ed umanità.

CAPO A) ABOLIZIONE ERGASTOLO OSTATIVO

La legge del 26 luglio 1975 n.354 sull’Ordinamento Penitenziario pone come elemento fondamentale l’obiettivo di rendere esecutivo il principio rieducativo della pena. Tale principio perde la sua funzione davanti a quella che di fatto è una pena perpetua. L’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario esclude dai benefici alcune categorie di reato:

  1. Reati di particolare pericolosità
  2. Reati commessi all’interno di Organizzazioni Criminali o Terroristiche
  3. Che presuppongono il rifiuto del condannato a collaborare con la giustizia. Tale esclusione “osta” alla concessione delle misure alternative, rendendo di fatto inammissibile ogni richiesta del detenuto, a meno che il detenuto non chieda l’applicazione dell’art.58 ter O.P. Al di là di quelle che sono le norme giuridiche è nostro intento mettere in risalto l’aspetto civico. A fine ‘800 in Italia venne abolita la pena “capitale”, succesivamente ripristinata nel 1926, nel 1944 fu nuovamente abolita a seguito di un “referendum popolare”. Nel nostro paese, sino al 2018 ultimi dati da noi raccolti, si contavano 1700 detenuti condannati a vita o condannati a morte, il che non è solo anticostituzionale, ma è l’antitesi stessa del principio della pena. Oggi non vogliamo porre l’accento sul reato in sé, che porta a una condanna all’ergastolo ostativo. Siamo consapevoli che chi commette degli errori dovrà assumersene la responsabilità dinanzi alla legge. Quello che chiediamo non è l’impunità, ma la speranza nell’individuo e nel cambiamento. Condannare un essere umano ad una lenta ed inesorabile pena di morte, dare per scontato che per alcune persone non vi sia spazio per un recupero, per un “vero” reinserimento, anche quando non vi sia nulla da offrire o da barattare, significa il fallimento stesso della società in cui viviamo. Tra gli esseri viventi siamo l’unica specie in grado di rinchiudere i propri simili […] “L’assassinio legale è assai più spaventoso di quello perpetrato da un brigante”, F. Dostoevskij. Nessun cittadino si vorrebbe macchiare di questo delitto, ma in molti chiedono allo Stato di perpetrarlo. Una giustizia sana non può punire chi ha ucciso con l’uccisione, in una logica più di vendetta che di giustizia. Avallare un delitto ci rende tacitamente partecipi del delitto stesso.

Pertanto chiediamo l’abolizione dell’ergastolo ostativo adeguandoci a molti Paesi dell’Unione Europea.

CAPO B) ABOLIZIONE E/O RIFORMA ART. 41 BIS

Legge 10/10/1986 n.633, la riforma Gozzini introduce l’art. 41 bis O.P. Tale articolo venne inzialmente studiato per i detenuti con reati di terrorismo e coloro che organizzavano rivolte carcerarie, sino al 1992, anno in cui venne esteso ai detenuti indagati o condannati per reati di criminalità organizzata, quindi per reati esterni al contesto carcerario. Ciò che era nato come un isolamento totale, sospendendo il trattamento al fine di annichilire i più facinorosi e rivoltosi, diventa di fatto uno strumento dello Stato per abbattere la criminalità organizzata puntando ad una vera e propria destrutturazione della mente umana. Più volte la Corte Europea dei Diritti Umani ha riscontrato le violazioni della norma che vieta trattamenti inumani e degradanti nella misura in cui il regime di 41 bis veniva applicato. Più volte tale regime è stato considerato alle soglie della tortura. Chi ne è sottoposto vive costrizioni e restrizioni perenni. La restrizione della corrispondenza dà agli agenti ampia discrezionalità nella valutazione dei contenuti, ossia nel decidere quale frase o parola può apparire “pericolosa”. Restrizioni sulle telefonate, si fa presente a codesto Ecc.mo Parlamento, che i famigliari dei detenuti reclusi al regime del 41 bis, devono recarsi nel carcere più vicino alla propria abitazione per effettuare la telefonata con il proprio famigliare qualora venisse accettata. Ciò crea una limitazione non da poco per i detenuti con le famiglie residenti all’estero. Poiché anche le telefonate ricevute dal detenuto sono ascoltate e registrate dall’Amministrazione il bisogno di far recare il famigliare in un istituto non sussiste. Restrizioni dei colloqui. I colloqui visivi per i detenuti al 41 bis sono nella misura di uno o due colloqui mensili, a seconda delle disposizioni. Vorremmo portare all’attenzione di questo Parlamento che i detenuti sottoposti al regime di 41 bis sono sottoposti ad una completa separazione dai famigliari, a mezzo vetro alto sino al soffitto o gabbiotto isolato, i contatti fisici sono assolutamente vietati, il controllo audio-visivo è costante e gli standard di sicurezza sono altissimi. A questo punto ci chiediamo a cosa serve la restrizione del numero dei colloqui se non ad incidere sui già flebili rapporti famigliari, dove si colloca la rieducazione? Decurtare i colloqui consiste più in una punizione che in un contesto di recupero sociale. Anche il non potersi cucinare un semplice piatto di pasta, le limitazioni del vestiario fini a se stesse, le limitazioni dei canali televisivi assumono una veste prettamente punitiva. Pertanto sembra doveroso chiedere l’abolizione di tale regime o la sua riforma. Chiediamo che vengano fissati dei canoni per la valutazione della corrispondenza. Che venga ampliato il numero delle telefonate e dei colloqui mensili, la concessione del fornellino in cella come previsto anche per i detenuti in regime di A.S. e la concessione di un maggior numero di ore destinate ai passeggi, migliorando di fatto le condizioni di vita del condannato.

CAPO C) ABOLIZIONE DELLA RECIDIVA SPECIFICA INFRA-QUINQUENNALE EX ART.49

Altra causa del sovraffollamento è da sempre l’applicazione della legge ex Cirielli, ex art.99. Entrata in vigore nel 2005 collocava il soggetto all’interno di un gruppo identitario tracciando vari tipi d’autore: “il terrorista, l’affiliato, il recidivo, ecc.”, aumentando di fatto la pena del condannato da un terzo fino a due terzi e portando l’accesso ai benefici di legge sino a tre quarti della pena per i recidivi già reduci di tale applicazione. Tale norma non si limita a valutare una singola incriminazione condannandone il “reo”, ma si estende al contesto e allo storico del detenuto, valutando non il reato in sé ma tutta la sua backstory in un’ottica di diritto d’autore. Questo approccio oscura le garanzie del diritto penale diventando l’antitesi del garantismo, valutando la persona non per ciò che ha commesso, ma per chi è stato. La legge Cirielli ha di fatto contribuito in maniera perspicua al sovraffollamento carcerario raggiungendo livelli catastrofici. Pertanto ne chiediamo la revoca in virtù di una massima forma di garantismo.

CAPO D) AMPLIAMENTO CORSI PROFESSIONALI ALL’INTERNO DEGLI ISTITUTI DI PENA

Non possiamo non portare come problematica concreta la carenza di corsi con qualifiche professionali all’interno degli stituti di pena italiani. Sebbene nell’ultimo ventennio tali corsi siano aumentati, ad oggi il sistema presenta ancora grandi lacune nell’offrire gli strumenti necessari affinché il detenuto possa intraprendere un proficuo percorso di reinserimento. Spesso si parla di principio rieducativo della pena come punto cardine per abbattere la recidiva. Noi crediamo che sia doveroso aiutare il detenuto a costruirsi una seconda opportunità. In Italia sono pochi gli istituti di pena che offrono un lavoro e una crescita professionale durante il percorso detentivo. Un detenuto che si trova a scontare una condanna, lunga o breve che sia, se lasciato a se stesso e non motivato avrà un’alta probabilità di tornare a fare esattamente quello che faceva prima del suo ingresso. Offrire un percorso professionale interno e seguire il detenuto durante le fasi del reinserimento, offrirgli una collocazione lavorativa, di fatto può incidere sulla recidiva abbassandone il tasso. In consulto chiediamo un aumento dei corsi professionali interni agli Istituti; un aumento delle collocazioni lavorative interne ove sia possibile con un ingresso di un’azienda; seguire il detenuto in un percorso lavorativo che lo conduca dall’interno all’esterno.

CAPO E) RIPRISTINO GG.75 DI LIBERAZIONE ANTICIPATA PER TUTTE LE FASCE

Tutti siamo consapevoli di come il sovraffollamento carcerario sia stato una tematica ricorrente nell’ultimo ventennio. Più volte sono state adottate misure emergenziali per fronteggiare il problema. Più volte siamo stati invitati dalla Corte Europea a fornire soluzioni efficaci affinché tale problema venisse risolto. In Italia l’articolo 54 C.P. prevede che il detenuto che serbi un buon comportamento possa accedere al beneficio della liberazione anticipata nella misura di giorni 45 per ogni semestre maturato. In realtà non è propriamente esatto. Per maturare il semestre il detenuto deve aspettare il compimento dei sei mesi prima di inoltrare la richiesta, tale richiesta verrà correlata di relazione comportamentale e inoltrata al magistrato competente per la valutazione. Così facendo l’ultimo semestre viene quasi sempre perso in automatico. Portiamo un esempio a sostegno della nostra tesi: il detenuto che si trova a scontare un anno di condanna potrà chiedere, allo scadere del primo semestre, giorni 45 di liberazione anticipata, dovrà in seguito attendere lo scadere dei successivi sei mesi per richiedere il nuovo semestre che di fatto “perderà” perché giunto a fine pena. Così strutturato, il beneficio consentirà a chi deve scontare un anno di carcere di accedere ad un solo semestre nonostante egli abbia serbato un buon comportamento. Ripristinare i 75 giorni di liberazione anticipata garantirebbe a chi sta scontando la pena di recuperare quasi del tutto l’ultimo semestre. Questo beneficio e introdotto all’interno dell’Ordinamento Penitenziario avrebbe una funzione complementare, andando ad incidere sul sovraffollamento da sempre presente nelle carceri. Ciò troverà la sua efficacia solo se il beneficio verrà esteso a tutte le fasce.

CAPO F) CONCESSIONE PERMANENTE DI 10 TELEFONATE MENSILI

Durante la prima fase emergenziale dovuta al Covid-19 che ha portato le direzioni delle carceri ad applicare delle restrizioni in termini di colloqui visivi, restrizioni ancora in vigore, il Dipartimento ha ampliato il numero di video colloqui e telefonate al fine di garantire una maggiore comunicazione con i propri famigliari. Fermo restando che ci auspichiamo di tornare alacremente alla normalità, ripristinando i colloqui in presenza chiediamo: che le dieci telefonate mensili, già in vigore dall’inzio della pandemia, diventino effettive, inserendole a pieno titolo nell’Ordinamento Penitenziario migliorando di fatto la comunicazione detenuto-famiglia.

CAPO G) ELEZIONE DI UN DETENUTO AD OPERA DI ALTRI DETENUTI CHE VADA A RICOPRIRE IL RUOLO DI GARANTE INTERNO

Da molti anni a questa parte lo Stato ha inserito a tutela del detenuto la figura del “garante delle persone  sottoposte a limitazioni della libertà personale”. Ad ogni istituto fa capo un Garante, i vari Garanti in ordine piramidale fanno capo al Garante Regionale, il quale fa capo al Garante Nazionale. Ci duole dire che, da informazioni ricevute dai vari compagni collocati in vari istituti tale figura è a volte latente. Non sempre la figura del garante riesce ad imporre la propria presenza, inoltre non vivendo personalmente la realtà quotidiana interna all’istituto, la sua prospettiva e il criterio di valutazione sarà generato tramite le informazioni ricevute, sia da parte dei detenuti che del Corpo della Penitenziaria. Al fine di fornire una maggiore forma di tutela del detenuto, la nostra proposta è quella di inserire la figura complementare del Garante Interno in supporto a quella già esistente. Ossia, un detenuto eletto dai detenuti stessi dell’Istituto in totale democrazia. Tale detenuto dovrà sicuramente avere dei requisiti, dalla conoscenza dell’ordinamento al fine pena on imminente, al fine di garantirne la presenza. Dovrà essere autorizzato a spostarsi per i vari reparti, rapportandosi con gli altri detenuti, verificando quali siano le problematiche e vagliando le loro istanze. Dovrà relazionare e comunicare con il Garante esterno fungendo da trait d’union tra il detenuto e l’esterno. Potrà, in caso di assenza o inadempienza del Garante di ruolo, rivolgere formale reclamo al Garante Regionale al fine di dipanare eventuali problematiche causa di nocumento. Tale figura non si va assolutamente a sostituire a quella già in vigore. I Garanti interni degli Istituti dovrebbero poter comunicare tra di loro in ambito regionale a mezzo video-colloquio, al fine di valutare e protare all’attenzione problematiche comuni. Tale figura dovrà essere inquadrata e retribuita a “norma di legge” in maniera “eguale” per ogni Istituto. Questo obbiettivo consente un approccio più garantista che sicuramente si affaccia ad una vera riformabilità del sistema.

CAPO H) PIENO REINSERIMENTO DEL DETENUTO IN AMBITO LAVORATIVO E SOCIALE AD ESPIAZIONE PENA

Ci teniamo ad un’ulteriore osservazione per noi fondamentale, sulla quale non possiamo non cercare un confronto. Considerato quanto citato al capo D, è importante fornire a chi è stato detenuto una seconda possibilità, come già avviene in molti Paesi della Comunità Europea, al termine della pena il detenuto viene completamente riabilitato e reinserito all’interno del tessuto sociale. Ciò in Italia non avviene. In base ai precedenti e alla tipologia di reato viene applicata un’interdizione ai pubblici uffici che varia da un minimo di cinque a un massimo di dieci anni. Un pregiudicato, in quanto tale, non può accedere a molti albi professionali, né ad alcune tipologie di lavoro. Portiamo un esempio ad avvalorare la nostra tesi: un ex detenuto, gravato da diversi precedenti penali, anche solo contro il patrimonio, escludendo “mafia e terrorismo”, nonostante abbia conseguito una laurea durante il percorso detentivo, che sia in giurisprudenza piuttosto che in architettura, nonostante un ottimo percorso, espiata la pena non potrà di fatto iscriversi all’albo professionale ed esercitare, causa precedenti. Di fatto qualora una persona cercasse di riprendere in mano la propria vita verrebbe comunque ghettizato e relegato in una sorta di girone dei marchiati. Noi crediamo che in un Paese “garantista”, fautore della “libertà”, terminare la pena significh aver pagato il proprio debito e rientrare a pieno titolo nella società. Significa una rinascita, senza dover anteporre il passato al presente.

CAPO I) INTRODUZIONE COLLOQUIO INTIMO CON PROPRIO CONIUGE

In consunto, vogliamo chiudere questa petizione, ricordando ai membri di codesto Parlamento come in molti Paesi della Comunità Europea sia già in vigore da molti anni il colloquio intimo con il proprio coniuge. E’ acclarato come una lunga detenzione abbia effetti devastanti sia sul condannato che sui propri famigliari. Psichiatri, psicologi, medici e studiosi, hanno più volte dimostrato come una lunga detenzione porti ad una destrutturazione e disumanizzazione dell’individuo, producendo effetti negativi sullo stato psico-fisico del detenuto, i quali si ripercuotono sui famigliari. La “violenza” della pena si estende così a tutti i famigliari, la lontananza, la mancanza di rapporto intimo tra coniugi, porta spesso a decisioni dolorose come quella di cessare i rapporti, causando a volta dei gravi stati depressivi nel condannato che, nei casi più estremi, vede nei gesti come il suicidio “l’estrema ratio” della sofferenza. Pertanto crediamo sia fondamentale per chi è sottoposto a lunghe carcerazioni coltivare i rapporti intimi con il proprio partner.

Osserviamo come sia importante una riforma epocale dell’Ordinamento Penitenziario. Vi chiediamo un approccio non di diniego, bensì un’apertura verso un contesto molte volte messo ai margini. Chiediamo che il nostro Paese sia pronto ad assicurarsi la responsabilità di un sistema penitenziario garantista, volto ad un vero reinseriemento del condannato.

Sperando nel dialogo porgiamo cordiali saluti.

I detenuti