Informazioni su soccorso rosso proletario

Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto “merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore. Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi strumenti, una massa di onesti artefici. Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali "elementi di compensazione" che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di "utili" generi di occupazione. Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli scioperi (‘strikes’) sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? ...

La Cassazione dà ragione a Nadia Lioce: inutile e immotivatamente vessatorio negare ai detenuti in 41 bis di poter acquistare al sopravvitto gli stessi generi alimentari previsti per i detenuti comuni

Nadia Lioce è ancora in 41 bis, mentre pluriomicidi mafiosi come Brusca, che hanno sulla coscienza centinaia di morti e bambini sciolti nell’acido sono liberi, protetti e pagati dallo Stato, un’ingiustizia assoluta!

La criminalità mafiosa è un aspetto del capitalismo, è la sua faccia illegale, il suo braccio illegale che sempre più spesso i padroni usano per schiacciare e intimidire i lavoratori.

Ma allora è la ragion di Stato che condanna Nadia Lioce ad un isolamento totale e perenne, dove è vietato leggere, scrivere, parlare, persino ascoltare! E’ la tendenza alla rivoluzione e la solidarietà di classe che Stato e padroni vogliono colpire, attraverso questi compagni e queste compagne! E’ il passato che li tormenta e il futuro che li attende lo scopo dell’applicazione del 41bis sui prigionieri politici!

Cancellare la storia e chiudere ogni prospettiva rivoluzionaria alla lotta di classe, alle lotte sociali, per spegnerle, per allontanare i fantasmi, quelle “ombre rosse” che tanto li hanno fatti tremare….questo è ciò che emerge chiaramente dall’ennesimo decreto ministeriale di proroga del 41bis a Nadia Lioce.

Ecco perché pensiamo che la lotta contro il carcere/assassino e il carcere/tortura sia una lotta che è parte della repressione antiproletaria e riguardi tutti i proletari e le masse popolari e che la difesa delle condizioni di vita dei prigionieri politici debba essere sostenuta e assunta dai lavoratori in lotta.

Dalla stampa:

Lioce e gli altri carcerati al 41-bis possono acquistare il cibo in più

Accolto il ricorso limitatamente alla richiesta di avere generi alimentari come i detenuti comuni  Annullato con rinvio al tribunale di Sorveglianza l’aspetto della cottura dei cibi all’interno della cella

L’AQUILA. I detenuti nel carcere di località Le Costarelle di Preturo in regime di 41 bis possono acquistare (fino a 500 euro al mese), al cosiddetto “sopravvitto”, gli stessi generi alimentari previsti (da un’apposita tabella) per i detenuti comuni (per i quali il limite di spesa è 900 euro). Lo ha stabilito la Corte di Cassazione.

A fare ricorso al Tribunale di Sorveglianza erano stati diversi detenuti tra cui la brigatista rossa Nadia Desdemona Lioce ristretta in una cella unica e con le regole del 41 bis. La Cassazione ha invece annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza un secondo aspetto del ricorso, che riguarda la possibilità di cucinare i generi alimentari di “sopravvitto” al di fuori “delle fasce orarie previste per i detenuti soggetti a regime differenziato”.
La Corte di Cassazione, in realtà, si è pronunciata su un ricorso del ministero della Giustizia che aveva contestato la prima decisione del Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila, Tribunale che aveva dato ragione alla Lioce, e agli altri detenuti, su entrambe le questioni. Secondo i giudici dell’Alta Corte “il Tribunale di sorveglianza ha motivato in modo adeguato e corretto in punto di diritto quanto al rigetto del reclamo proposto dall’Amministrazione in merito alla limitazione dei generi alimentari acquistabili al sopravvitto dalla Lioce, detenuta in regime differenziato, ritenendo la cosa ingiustificata poiché non funzionale alle finalità dell’istituto. Il giudice di merito, infatti, ha osservato che l’argomentazione svolta dall’Amministrazione circa la finalità di prevenzione dei rischi che all’interno delle sezioni del circuito differenziato si possano manifestare, anche attraverso il possesso di determinati generi alimentari – affermative di uno status da parte dei detenuti più facoltosi – non sia affatto fondata ma, al contrario, appaia inutile e immotivatamente vessatoria rispetto alle ordinarie regole. Il Tribunale ha precisato che la detenuta è allocata in cella singola e al massimo può scambiare i prodotti alimentari acquistati con i componenti del proprio gruppo di socialità, e, pertanto, sono da escludere eventuali manifestazioni di supremazia o carisma criminale paventate dall’Amministrazione, anche perché gli alimenti contemplati al sopravvitto in genere non sono prodotti di lusso, né particolarmente costosi”.

Diversa è la questione della cottura dei cibi. La Cassazione scrive: “Il Tribunale di sorveglianza ha affermato che la cottura di cibi in orari diversi non recherebbe fastidio o disagio ad altri detenuti, in quanto avviene all’interno della cella singola occupata dalla detenuta Lioce che, sempre da sola, li consumerebbe all’interno della propria camera. In realtà, il giudice di merito non ha fornito, al riguardo, una motivazione effettiva circa la ragione per la quale l’aver definito le fasce orarie nel corso delle quali è consentito cucinare ai detenuti assoggettati al regime differenziato, costituirebbe una scelta esorbitante dal ragionevole contemperamento tra il riconoscimento della possibilità di riscaldare liquidi e cibi già cotti e di preparare cibi di facile e rapido approntamento nella camera detentiva e le eventuali concrete esigenze organizzative vigenti all’interno della sezione 41-bis dell’istituto dove è ristretta la Lioce”. La Sorveglianza deve approfondire meglio il caso.

Lo Stato borghese, governo e polizia, ai fasci e no vax lasciano fare tutto quello che gli pare, agli operai che scioperano repressione!

Ancora repressione delle lotte operaie: denunciati 8 “promotori” della manifestazione dell’11/10 ad Amazon

LA REPRESSIONE CONTRO LE LOTTE OPERAIE E A DIFESA DEI PROFITTI NON CONOSCE SOSTA.

8 partecipanti alla manifestazione di lunedì 11 ottobre fuori ai cancelli Amazon, in occasione dello sciopero generale nazionale, sono stati denunciati. Stando alle veline della questura, sarebbe inoltre in preparazione un’altra ondata di provvedimenti amministrativi e fogli di via.

Da il Piacenza

A due giorni dalla maxi manifestazione al Logistic Park di Castelsangiovanni ecco che arrivano le conseguenze. La polizia ha denunciato per violenza privata e manifestazione non autorizzata i promotori dei blocchi al magazzino Amazon e dei due cortei non autorizzati per un totale di 8 denunce ma potrebbero arrivarne altre. Alcuni di questi 8 e anche altri saranno anche destinatari di fogli di via o dell’avviso orale. Tutti sono appartenenti al sindacato SI Cobas. Si legge in una nota della questura: «Questi (i promotori), oltre a non aver rispettato l’obbligo di preavviso (la normativa di settore prevede che le manifestazioni debbano essere preavvisate almeno tre giorni prima all’autorità locale di pubblica sicurezza), hanno dato vita a due cortei non autorizzati: sul tratto di strada che collega il Logistic Park al magazzino Amazon, mentre all’interno del parcheggio della multinazionale era in atto un ulteriore corteo da parte dei manifestanti provenienti da fuori provincia». «I manifestanti  – continua la nota – dopo i due cortei – si sono attestati all’ingresso del magazzino dove hanno impedito il transito ad alcuni mezzi diretti ad Amazon, rendendosi dunque autori del reato di violenza privata». Inoltre: «La divisione anticrimine sta analizzando la posizione di alcuni manifestanti per i queli saranno emanate le misure di prevenzione del foglio di via obbligatorio e dell’avviso orale. I destinatari di quest’ultima misura, già indagati, vedono così la propria posizione aggravarsi ulteriormente». Allo sciopero hanno aderito quasi 3mila persone.

Metadone? “Una macelleria mai vista!”, così la definisce un detenuto scampato alla mattanza del 9 marzo 2020 avvenuta nel carcere di Modena

«A Sant’Anna denudato e picchiato contro il muro. Ci ammazzavano di botte» Un carcerato scrive al Garante raccontando di pestaggi e di effetti mai restituiti

di Carlo Gregori

«Siamo stati ammazzati di botte». «La più grande macelleria che ho visto nella mia vita». Un’altra drammatica denuncia di pestaggi, maltrattamenti e in questo caso di mancata restituzione di documenti e beni preziosi è stata resa pubblica da un detenuto che era presente a Sant’Anna l’8 marzo 2020 durante e dopo la rivolta è che poi è stato trasferito al carcere di Ascoli dove è morto anche Sasà Piscitelli. La lettera è stata mandata al garante nazionale per i detenuti Mauro Palma e ora circola anche pubblicamente. L’ha scritta un detenuto straniero che dice di aver subito vessazioni non solo nella serata dopo la rivolta e nei giorni successivi.

L’aspetto più inquietante, in questo caso, è proprio la sparizione di suoi effetti prelevati al momento del trasferimento e dopo quello che ha definito un pestaggio a un uomo denudato. Scrive (abbiamo corretto gli errori grammaticali): “Vogliamo sapere che fine hanno fatto i miei oggetti di valore. Trecento grammi di oro. Braccialetti, anelli, collane alla mia moglie (sic!). Documenti di valore (patente di guida rumena, carta di credito, postapay rimaste in carcere a Modena). Il sequestro del cellulare. I documenti di mio padre sono rimasti a Modena. Rivoglio i documenti di identità di mia moglie”. La lettera, scritta a mano con una grafia curata, denuncia una serie di gravissimi abusi. A cominciare dal giorno della rivolta: “Mi hanno messo al muro con la testa giù, spogliato tutto nudo davanti alla gente. Picchiato con pugni e calci vicino al muro e tenuto su col manganello alla gola. Sputavo sangue dalla bocca. Mi hanno operato la mano, fatto la coronografia, ho ancora male al braccio sinistro”. E poi la rivendicazione: “Vogliamo i nostri diritti. Siamo delle persone. Degli animali sonio picchiati coi manganelli in terra. Per cosa portano i vestiti dello Stato? Per ammazzare la gente”.

Racconta anche il suo trasferimento ad Ascoli, insieme con Sasà, morto poche ore dopo. «Ho visto della gente lì morire davanti ai miei occhi. Vedevi la squadra. Ho problemi alla gola da quando mi hanno tenuto col manganello alla gola. È il più grande massacro. Siamo stati senza vestiti e scarpe. Ci hanno fatto magiare un panino duro come un sasso. Andavamo alla doccia con l’acqua sporca (…) Non potevi aprire la bocca e ti ammazzava di botte. La più grande macelleria che ho visto nella mia vita. Ti massacravano di botte. Andavo a telefonare e staccava la linea. Ecco cosa facevano. Potenza sopra i detenuti. Siamo ammazzati di botte. Denuncio tutto». La lettera è firmata ed è molto simile alla lettera anonima inviata in luglio. E anonima anche la lettera inviata al procuratore di Modena Luca Masini per denunciare altri abusi ai quali avrebbero partecipato i massimi dirigenti delle istituzioni penitenziarie regionali. E’ la prima volta che un detenuto, anche se anonimo (e quindi un teste privo di valore), scrive direttamente alla Procura di Modena. «Per favore, signor procuratore, accerti la verità».

aggiornamento adesioni all’appello internazionale per Georges Abdallah

in spagnolo facilmente leggibile


Primeros signatarios:

Campaña Unitaria por la Liberación de Georges Abdallah – Colectivo por la liberación de Georges Ibrahim Abdallah (CLGIA) – ANC (Asociación Nacional de Comunistas) – Partido de los Trabajadores de Turquía (DIP) – Colectivo Rojo Internacionalista para la defensa de los prisioneros revolucionarios (Le CRI Rouge) – Amigos de Palestina contra el imperialismo y el sionismo (Turquía) – Comité de acciones y apoyo a las luchas del pueblo marroquí – Comité de defensa popular de Túnez – Comité de Respeto de las Libertades y Derechos humanos en Túnez – Secours Rouge International – Secours Rouge de Belgique – Secours Rouge árabe – Llamamiento belga para la liberación de Georges Ibrahim Abdallah – Union syndicale solidaire – Collectif 65 pour la liberation de Georges Abdallah – Red de solidaridad con los presos palestinos (Samidoun) – UL CGT Paris 18th – Collectif Palestine Vaincra – The Couserans-Palestine Association – Dimitri Konstantakopoulos, periodista y escritor, ex miembro del Secretariado del Comité Central de SYRIZA (Grecia) – Comité de apoyo internacional a la guerra popular en India (Italia) – Proletari Comunisti (Italia) – Soccorso rosso proletario (Italia) – Aline Pailler – AFPS 63 – Sol idaire 31 – Liga Juvenil Revolucionaria – A2C (Autonomía de clase) – Dominique Grange (Cantante comprometida) – Tardi (Diseñador) – Jean-Pierre Bastid y Emmanuelle de Bagnolet – Alima Boumediene Thiéry – Association Femmes Plurielles – Marie-France Pelletan (Ajaccio) – Helmuth Rudloff (Ginebra) – René Naba, periodista-escritora – Lise Bouzidi Vega, presentadora de radio y activista comunitaria – Association Terre et Liberté pour Arauco – Ismaël Dupont, comunista electo en Morlaix y el departamento de Finisterre, secretario del PCF Finistère – José Navarro – Annick Weiner, profesora emérita – La Red Internacional de Apoyo a Presos Políticos en Chile, (RIAPPECH) – la Plataforma Charleroi-Palestina – Youssef Boussoumah (Cuartel General decolonial) y Houria Bouteldja (Cuartel General decolonial) – Comité Palestino Poitevin – Frente Unido para la Inmigración y barrios populares (FUIQP) – Asociación de residentes de Nanterre (ARENE) – Comité de solidaridad tunecino para la liberación de George s Abdallah – Unión Judía Francesa por la Paz (UJFP) – L’Union Prolétarienne M. L. (U.P.M.L.) – AFPS d’Albertville – AFPS Paris 14-6 -Comisión Árabe de Derechos Humanos- Campaña libanesa para la liberación de Georges Ibrahim Abdallah – Secours Rouge Montreal – Annie Fiore, autora – El colectivo Justicia para Palestina – La orquesta poética de antes de la guerra – OPA, el colectivo contra el abuso policial – CLAP33 y el colectivo Yellows Etc. – Colectivo “Cuenca Minera” para la liberación de Georges Ibrahim Abdallah – Djelloul Khadir – Secours Rouge International Madrid – Asociación Per A Pace, Por la Paz de Córcega – Solidaridad 09 – La Compañía Jolie Môme – El Colectivo 69 en apoyo del pueblo palestino – PRCF – Gabriel Casadesus (Collectif 65) – Corriente del Pueblo Sol Rojo (México) – Secretaría Internacional de la CNT-F – Corsica Palestina – Association des Travailleurs Maghrébins de France (ATMF) – The Frantz Fanon Foundation -PIR – Ali El Baz, activista de inmigración – Charles Hoareau – Movimiento de Solidaridad Internacional (ISM-Francia) – Laurent DE WANGEN, activista antirracista y por lo tanto antisionista – TM Labica, docente, Universidad de Nanterre – Nordine Saidi, miembro activista decolonial de Bruselas Panthères – Movimiento Ciudadano Palestino – Brussels Panthers.

Del 24 de septiembre al 23 de octubre de 2021

El 19 de septiembre de 2020, la Campaña Unitaria por la Liberación de Georges Abdallah convocó a un mes de acción internacional para la liberación de nuestro compañero. Guiados por la firme convicción de que esta lucha tenía que librarse en el terreno político, ya que la negativa del Estado francés a liberar a Georges Abdallah es en efecto una decisión política, muchas organizaciones y colectivos apoyaron entonces este llamado y concretamente, participar en el campo de las luchas, en toda Francia e internacionalmente, con el fin de amplificar la movilización y ayudar a dar a conocer la situación y la lucha de Georges Abdallah.

Este llamado se basó en una clara línea política y una clara línea de defensa de nuestro compañero, la identidad política que el propio Georges Abdallah enuncia en sus declaraciones. Una sólida línea recordando que:

1. Georges Abdallah es un luchador de la resistencia árabe, un comunista libanés, hoy símbolo de la lucha contra el imperialismo, el sionismo, el capitalismo y los estados árabes reaccionarios.

2. Georges Abdallah es un luchador por la causa palestina que luchó contra la guerra sionista de invasión del Líbano y sigue luchando por la liberación de toda Palestina.

3. Georges Abdallah es preso político del Estado francés desde hace más de 37 años, ante la complacencia de Estados Unidos y la entidad sionista.

4. Nos reconocemos plenamente en la lucha de Georges Abdallah. Nos reconocemos en su inquebrantable compromiso revolucionario internacionalista durante sus casi cuatro décadas de encarcelamiento por el fin del colonialismo en todo el mundo, en todas sus formas, por el fin del capitalismo y la explotación y en apoyo de la lucha de los pueblos contra todas las opresiones.

5. Nos reconocemos en su feroz determinación y su inquebrantable conciencia de liderar la lucha por su liberación no sobre la base de las “sutilezas judiciales” de una justicia de clase, sino también al nivel de las autoridades políticas – verdadero lugar donde se decide el peso del acto judicial cuando se trata de presos políticos.

6. Compartimos su línea de conducta en cuanto al apoyo que se le dará para su liberación: “Es en el campo de la lucha donde podemos y debemos brindar el apoyo más significativo a nuestros compañeros en la embajada”. Y en este caso, en su caso, como él mismo dice muy claramente, “no basta con que el Estado del Líbano ‘exija’ o más bien ‘exija’ mi liberación, también es necesario que el equilibrio de poder realmente existente pueda hacer que los representantes del imperialismo francés entiendan que mi encarcelamiento empieza a pesar más que las posibles amenazas inherentes a mi liberación. Solo entonces no habrá oposición a la orden de deportación al Líbano. Por eso, queridos amigos y camaradas, la solidaridad más adecuada que podemos brindar a cualquier protagonista revolucionario encarcelado, es la que desarrollamos cada vez más en el campo de la lucha contra el sistema de explotación y dominación”. (Lannemezan, 19 de octubre de 2019).

Esta línea de defensa de nuestro compañero, sobre esta base política suya, fue nuestra en años pasados ​​y sigue siéndolo hoy.

Es más relevante que nunca en un momento en que el estado francés sigue manteniendo en prisión a Georges Abdallah sin que el Ministro del Interior firme el aviso de extradición sobre su liberación. También es más relevante que nunca en un momento en el que Georges Abdallah sigue enfrentándose a sus carceleros, para no ceder, para resistir y donde la movilización por su liberación es cada vez más fuerte, día tras día: en todas partes de Francia hay iniciativas para exigir su liberación; esta se realiza ante los funcionarios, en el corazón de las ciudades y frente a las autoridades del Estado, durante las campañas solidarias con carteles, clubes y mesas que se realizan, durante las reuniones, comidas y celebraciones, mediante convocatorias de firmas y cartas enviadas a las más altas autoridades representantes del Estado, durante las celebraciones de los partidos políticos de izquierda, y naturalmente dentro de las marchas de todas las luchas sociales y políticas.

Georges Abdallah es una de nuestras luchas cotidianas y no se lleva a cabo ningún acto militante sin que reafirmemos que somos parte de su lucha. Este compromiso en la región y a nivel nacional es ahora también amplio a nivel internacional donde Georges Abdallah tiene seguidores en casi todos los continentes (en América Latina – en Brasil, México, Argentina, Chile, Estados Unidos, en el Magreb y en el Oriente árabe, en particular en Palestina y el Líbano, India, Europa).

Ahora es el momento de garantizar que Georges Abdallah sea justo, como dijo Leila Khaled “un símbolo para los revolucionarios en todo el mundo” pero un símbolo de resistencia reconocido unánimemente, por el que todos reclaman su liberación en nombre del justo y legítimo derecho a rebelarse y resistir. Ha llegado el momento de que se reconozca a Georges Abdallah como un símbolo de resistencia, reconocido unánimemente en un momento en el que en todo el mundo las contradicciones ciertamente se agudizan, pero también la resistencia de los pueblos, que ahora entran en confrontación directa con el poder y reclaman por medio de la revuelta lo que les pertence; en un momento en que la resistencia del pueblo palestino en su lucha por la liberación nacional se desarrolla de asalto por asalto contra el ocupante sionista, llevando sus golpes al corazón mismo de los asentamientos más seguros o sus cárceles de máxima seguridad; en un momento en el que ya es hora de exigir responsabilidades y hacer que el miedo cambie de bando.

Ahora que en el Líbano se acaba de formar un nuevo gobierno teniendo como cabeza al Primer Ministro, el Sr. Najib Mikati, quien en 2012 había exigido la liberación de Georges Abdallah y solicitado su regreso al país como ciudadano libanés, ha llegado el tiempo por tanto, de endurecer el equilibrio de poder aumentando la movilización por la liberación de nuestro compañero.

Es en este sentido y por todos estos motivos, sin dejar de ser fieles a los principios de acción y a la línea política aquí recordados, que hoy llamamos a un nuevo mes de acción, del 24 de septiembre al 23 de octubre de 2021, para que todos nosotros, los partidarios de nuestro compañero, no dejemos un espacio político libre a nivel local, regional, nacional e internacional sin poner en la agenda la demanda de su liberación.

En Albertville, Amiens, Annecy, Aubagne, Aubervilliers, Besançon, Burdeos, Clermont-Ferrand, Gennevilliers, Grenay, Grenoble, Lannemezan, Lille, Lyon, Marsella, Montauban, Montpellier, Morlaix, Nanterre, Nimes, París, Pau, Saint-Denis , Saint-Etienne, Tarbes, Thionville, Toulouse, Troyes; en los Alpes Marítimos, en Córcega, en Finisterre, Gers, en Gironde, Haute-Marne, en Hautes-Pyrénées, Hérault, Ile de France, Lot-et-Garonne, en el norte y Pas-de-Calais, en el Pays de Cornouailles, en Poitou-Charentes, en Puy-de-Dôme, en la región de Rhône-Alpes, en Seine-Maritime y en Tarn-et-Garonne. ; en Argelia, Alemania, Inglaterra, Argentina, Bélgica, Brasil, Canadá, España, Grecia, India, Italia, Kurdistán, Líbano, Luxemburgo, Marruecos, Palestina ocupada, Perú, Polonia, Rumanía, Túnez, Turquía – en todas partes en Francia y en el mundo donde se retransmite la lucha de Georges Abdallah y se lleva la exigencia de su liberación, dondequiera que estemos –apoyo solidario activo a nuestro compañero–, INCREMENTAR LAS ACCIONES DE MOVILIZACIÓN E INTENSIFICAR LA PRESIÓN SOBRE LOS REPRESENTANTES Y SEDES DE PODER DEL ESTADO FRANCÉS PARA QUE EL ACTUAL MINISTRO DEL INTERIOR PUEDA FINALMENTE FIRMAR LA ORDEN DE EXPULSIÓN CONDICIONADA A LA LIBERACIÓN DE NUESTRO COMPAÑERO Y QUE SE GANE ESTA LUCHA VENCIENDO A ESTA INICUA INJUSTICIA.

Todos nosotros: anarquistas, autonomistas, antifascistas, antiimperialistas, antisionistas, comunistas, demócratas, ambientalistas, internacionalistas, libertarios, marxista-leninistas, marxista-leninista-maoístas, republicanos rebeldes, revolucionarios, trotskistas; involucrados en partidos, sindicatos, frentes, campañas, asociaciones, colectivos, comités, movimientos y múltiples redes; comprometidos junto a nuestro compañero en las luchas políticas por Palestina, en apoyo de la Intifada y contra la Normalización; por la defensa de las luchas de los pueblos y su resistencia; por la defensa de los presos políticos y revolucionarios; contra el encarcelamiento; contra la violencia policial; por la defensa de la inmigración y los barrios obreros; contra el racismo ; por la defensa de los trabajadores, sus logros y sus derechos; por el de los chalecos amarillos; por la lucha por la emancipación de la mujer; contra la tortura y la pena de muerte – movilicémonos una vez más, todos juntos donde estemos, en esta diversidad que es nuestra, del 24 de septiembre de 2021 al 23 de octubre de 2021 para que para esta fecha, la undécima manifestación en Lannemezan sea la última y que finalmente podamos estar a su lado para continuar la lucha.

¡Una, dos, tres, mil iniciativas para la liberación de Georges Abdallah!

¡Él es parte de nuestras luchas, nosotros somos parte de su lucha!

¡Palestina vivirá, Palestina ganará!

¡Victoria o victoria!

París, 19 de septiembre de 2021

campaign.unitary.gabdallah@gmail.com

La solidarietà con le lotte dei detenuti e la difesa dei prigionieri politici è imprescindibile dalla lotta di classe

testo diffuso all’assemblea nazionale di bologna del 19 settembre

Le migliaia di provvedimenti giudiziari, montature, arresti, multe, condanne, fogli di via, cariche della polizia che colpiscono lavoratori e lavoratrici, protagonisti di lotte sindacali, sociali e del movimento antagonista, rendono la repressione e la prigionia politica un fenomeno potenzialmente di massa.

Oggi, nonostante il prolungato periodo di confusione e di stasi sociale che vive il nostro paese, le ragioni per ribellarsi al sistema capitalistico, per una società senza più classi, sfruttamento, discriminazioni, sono evidenti e tangibili, così come lo è l’obiettivo dei padroni, dello stato e dei governi al loro servizio, che toccano uno per toccare tutti, perché sanno che là dove c’è sfruttamento e oppressione c’è il germe della ribellione, della rivolta.

E dietro ogni rivolta c’è l’idra della rivoluzione, perché la rivoluzione è l’unica soluzione al sistema capitalista e imperialista che ancora oggi sparge il sangue dei nostri fratelli di classe, sia nei paesi oppressi, sia in fuga da essi, sia nelle cittadelle dell’imperialismo, dove si continua a morire sui luoghi di lavoro, in mare, negli ospedali, dove spesso non si riesce neanche ad entrare, nelle carceri.

E chiaramente il carcere é la pagina finale di questa violenza di stato.

La situazione delle carceri italiane durante l’emergenza covid-19 era esplosiva già prima dell’annuncio del lockdown, e le pessime condizioni oggettive di vita dei detenuti erano ben note: fatiscenza, sovraffollamento, carenza di presìdi sanitari degli istituti penitenziari. A ciò si sono aggiunti il pericolo del coronavirus, senza alcuna protezione per i detenuti, e il blocco dei colloqui con i familiari. E’ su queste infami condizioni di detenzione che sono scoppiate le rivolte della primavera 2020: chi ha deciso di ribellarsi ha avanzato richieste a difesa della propria e altrui salute, all’interno di un luogo già di per sé malsano e sovraffollato, svelando la drammatica situazione delle carceri di questo Paese, tornate ad essere, dopo il ciclo di lotte di 50 anni fà, il buco nero di questa società.

14 – 15 detenuti sono morti in seguito alla feroce repressione di quelle rivolte! Altri si sono ammalati e sono morti per la mancanza di adeguate misure deflattive da parte del governo. Molti hanno avuto il coraggio di denunciare le torture, i pestaggi, le vessazioni, le umiliazioni, sfidando la rappresaglia e i ricatti, anche verso i propri familiari, nel ventre della bestia, a rischio della loro vita. Alcuni di loro, giunti a fine pena, non sono stati scarcerati, ma trasferiti in altre carceri e sottoposti a rigida censura. Di loro, soprattutto gli immigrati, non si hanno più notizie.

Le varie procure, a cominciare da quella di Bologna, si sono affrettate ad archiviare le morti come conseguenza per overdose. Anche le denunce dei detenuti sono state insabbiate ed archiviate, ma i familiari e le associazioni in loro difesa non rinunceranno a fare battaglia per riaprire le indagini. Su questo c’è bisogno di una mobilitazione di massa in loro sostegno, perché i vasi di Pandora, come quello scoperchiato dai video della mattanza al carcere di S. Maria Capua Vetere, vengono immediatamente richiusi, mentre avanza rapidamente la macchina dell’ingiustizia borghese contro i detenuti ribelli,

In carcere si trovano prigioniere e prigionieri delle Brigate Rosse, sequestrati dallo stato borghese perché non hanno rinunciato alla loro identità politica e la loro storica battaglia contro lo stato del capitale! Tre di questi, tra cui Nadia Lioce, sono da 16 anni in 41 bis, un regime odioso di detenzione, che si dice nato per reprimere la mafia e la grande criminalità organizzata, ma viene utilizzato come vero e proprio strumento di tortura, di annientamento psicofisico, teso a piegare, cancellare, l’identità delle prigioniere e dei prigionieri rivoluzionari.

Nadia Lioce è ancora in 41 bis, mentre pluriomicidi mafiosi come Brusca, che hanno sulla coscienza centinaia di morti e bambini sciolti nell’acido sono liberi, protetti e pagati dallo Stato, un’ingiustizia assoluta!

La criminalità mafiosa è un aspetto del capitalismo, è la sua faccia illegale, il suo braccio illegale che sempre più spesso i padroni usano per schiacciare e intimidire i lavoratori.

Ma allora è la ragion di Stato che condanna Nadia Lioce ad un isolamento totale e perenne, dove è vietato leggere, scrivere, parlare, persino ascoltare! E’ la tendenza alla rivoluzione e la solidarietà di classe che Stato e padroni vogliono colpire, attraverso questi compagni e queste compagne! E’ il passato che li tormenta e il futuro che li attende lo scopo dell’applicazione del 41bis sui prigionieri politici!

Cancellare la storia e chiudere ogni prospettiva rivoluzionaria alla lotta di classe, alle lotte sociali, per spegnerle, per allontanare i fantasmi, quelle “ombre rosse” che tanto li hanno fatti tremare….questo è ciò che emerge chiaramente dall’ennesimo decreto ministeriale di proroga del 41bis a Nadia Lioce.

Ecco perché pensiamo che la lotta contro il carcere/assassino e il carcere/tortura sia una lotta che è parte della repressione antiproletaria e riguardi tutti i proletari e le masse popolari e che la difesa delle condizioni di vita dei prigionieri politici debba essere sostenuta e assunta dai lavoratori in lotta.

Soccorso rosso proletario

settembre 2021

Dava rifugio ai migranti, gomberata ieri la casa cantoniera di Claviere, in alta valle di Susa

Pochi giorni di vita per questo presidio solidale, sulla frontiera tra Italia e Francia, punto essenziale di accoglienza e assistenza per i tanti in fuga dalla guerra e dalla fame, lungo sentieri che dovrebbero essere di speranza, ma che sono invece di fatiche indescrivibili, pericoli, disperazione e, per tanti, morte. Ora la casa è di nuovo chiusa, abbandonata al degrado, mentre gli occupanti sono stati denunciati, ma non si arrendono, perché sono nel giusto.

Basta criminalizzare l’umanità e la solidarietà! E’ ora che tutti quanti hanno espresso la giusta indignazione verso una sentenza infame, quale quella comminata a Mimmo Lucano, faccia altrettanto con gli anarchici denunciati, ai quali va la solidarietà del SRP senza se e senza ma.

Di seguito il comunicato dei compagni e delle compagne sullo sgombero della casa cantoniera di Claviere:

Da passamontagna.info

SULLO SGOMBERO DELLA CASA CANTONIERA DI CLAVIERE

7 Ottobre 2021 Di PASSAMONTAGNA

Ieri hanno sgomberato la casa cantoniera di Claviere, rifugio autogestito occupato da sabato scorso.
Alle prime luci dell’alba, agenti della DIGOS hanno aspettato che venissero aperte le barricate dietro alla porta principale per poi sfondarla e entrare nel rifugio. Le camionette sono arrivate verso le sette, mezz’ora dopo, mentre le 19 persone all’interno venivano identificate e denunciate per occupazione.
I digossini non si sono risparmiati nelle loro provocazioni e atteggiamenti coatti, spintonando e minacciando le compagne accorse in solidarietà.
Il teatrino dell’umanitario si è ripetuto anche stavolta: un mezzo e qualche volontario della croce rossa sono accorsi sul posto insieme alle camionette e hanno osservato le operazioni di sgombero durante tutta la mattinata. Anche i pompieri non sono potuti mancare. Mentre lo sgombero non era ancora completato, quattro mezzi dell’ANAS sono arrivati e hanno subito cominciato a rimuovere le finestre della casa. Abbiamo saputo che l’edificio, ufficialmente abbandonato dal 2012, veniva in realtà usato comodamente come casa vacanza dai dirigenti ANAS fino a poco prima della pandemia.
Nel rifugio non erano presenti persone di passaggio: i numerosi gruppi e famiglie che lo avevano attraversato e vissuto erano partiti durante la notte verso i sentieri di confine.
Un altro sgombero lampo, il terzo negli ultimi sette mesi su questa frontiera. Vogliono distruggere sul nascere ogni esempio di autogestione e organizzazione collettiva. Vogliono nascondere e controllare chi definiscono “illegale”, non tollerano l’esistenza di spazi liberati in cui nessun* è ospite ma ognun* può autodeterminarsi e scegliere come affrontare il proprio viaggio. A Claviere, villaggio semideserto per gran parte dell’anno in cui l’unica cosa che conta è il turismo che riempie le tasche di pochi, tutto questo viene attaccato.
La repressione cresce e aumenta il controllo su questa frontiera che ha già ucciso cinque volte e che continua a mettere a rischio le vite delle persone.
È di poche settimane fa la notizia di due ragazzi afghani che, cercando di raggiungere la Francia, sono precipitati nel torrente Sommeiller, non lontano da Bardonecchia. Nel pomeriggio del 5 ottobre invece, 16 persone sono rimaste bloccate nella zona del Mont de la Plane (oltre Cesana) per poi essere trasportate all’ospedale di Briancon.
Succede sempre più spesso che le persone in viaggio, non conoscendo il territorio e non incontrando le informazioni necessarie, si affidano alle mappe online per raggiungere la Francia, spesso tramite sentieri pericolosi, su montagne troppo alte e troppo fredde.
Paf, sbirri e gendarmi e gli stati che li mandano, difendono questa frontiera e la rendono mortale.
Il business dell’umanitario e il turismo collaborano a tutto questo.
Organizziamoci per contrastare la repressione e il controllo: facciamo un appello alla solidarietà diretta di tutt* e ad azioni spontanee, la risposta sarà forte!
A breve lanceremo un appuntamento per discutere e organizzarci insieme, seguite gli aggiornamenti dal blog per sapere dove e quando.
Fuoco alle frontiere!