La solidarietà con Anan non si ferma! – Sul presidio di oggi a Melfi e sulle prossime iniziative di solidarietà

Oggi, lunedì 13 ottobre si è svolto un presidio davanti al carcere di Melfi, in solidarietà al prigioniero politico Anan Yaeesh e alla resistenza del popolo palestinese. Il presidio, organizzato da Reti per la Palestina di Basilicata, nell’ambito della campagna Free Anan, è stato organizzato in seguito al trasferimento arbitrario di Anan dal carcere di Terni a quello di Melfi, dove vigono regole restrittive molto più severe e contro le quali Anan è entrato in sciopero della fame il 4 ottobre, in coincidenza e in solidarietà con l’enorme manifestazione nazionale a Roma contro il genocidio del popolo palestinese, l’occupazione sionista, la complicità del governo fascista italiano con lo stato criminale di Israele e in solidarietà con la resistenza palestinese. L’onda di quella manifestazione oceanica è così arrivata a Melfi, e respingere il tentativo di isolare Anan in un carcere lontano dalla rete di solidarietà che si è creata in quasi 2 anni intorno a lui, è stato il primo compito di questo presidio.

Venerdì sera Anan Yaeesh ha interrotto lo sciopero della fame perché il carcere di Melfi ha accolto le sue richieste. E questa vittoria, se pur parziale, è anche il risultato delle denunce e della mobilitazione che subito lo ha avvolto con la nostra solidarietà. La campagna “cartoline per Anan”, partita da Terni, passata per L’Aquila e arrivata a Melfi è ancora in corso. Il presidio di solidarietà di oggi, a cui hanno partecipato decine di persone, è stato costruito in pochi giorni ma già ha dato i primi risultati. Anan ha ricevuto la visita di un deputato ed una consigliera regionale M5S stamattina, e ha ricevuto un piumone per richiesta del medico. Ora può usare il computer in laboratorio. Le compagne ed i compagni inoltre hanno portato due cestini di prodotti alimentari per Anan, con una lettera, ed una compagna ha preso appuntamento per consegnarglieli personalmente domani.

Vedremo quanto c’è di vero in tutta questa disponibilità mostrata dalla direttrice del carcere, ma una cosa è certa, insieme siamo stati in grado di rompere il silenzio intorno a questa vicenda in generale e al trasferimento punitivo in particolare, abbiamo mobilitato garante, cappellani, medici, dentisti, avvocati, giornalisti e associazioni. La società civile in Italia ancora una volta ha dato prova di umanità, contro la propaganda sionista e le manovre occulte di questo governo che vorrebbero nascondere la portata di questo movimento e il peso di questo processo e detenzione illegittimi di Anan Yaeesh.

La campagna per la liberazione di Anan deve proseguire su questa rotta ed allargarsi sempre di più, come sta già facendo, investendo i lavoratori – al presidio di oggi erano presenti alcuni operai della Stellantis in lotta per il loro posto di lavoro – nelle vertenze per il miglioramento delle condizioni di vita dei proletari, nelle campagne contro la guerra imperialista ed il riarmo, perché condannare Anan Yaeesh, vuol dire negare il diritto alla resistenza del popolo palestinese, vuol dire negare agli oppressi il diritto alla ribellione, vuol dire schiavitù.

E per far questo lo strumento della controinformazione è sempre più necessario. Anche nelle piazze più consapevoli, come quella di Roma del 4 ottobre, manca una conoscenza del caso Anan, di questo vergognoso processo per procura israeliana che si sta svolgendo a L’Aquila.

Tra gli strumenti di controinformazione è ora disponibile il documentario “Colpevoli di Palestina”, che racconta la vicenda giudiziaria di Anan, Ali e Mansour e denuncia il tentativo di criminalizzare la resistenza del popolo palestinese contro un’occupazione militare che perdura oltre 77 anni. Il documentario è disponibile gratuitamente per la proiezione facendone richiesta a info@freeanan.it

La deportazione di Anan a centinaia di chilometri dal foro competente e dal suo avvocato, lo svolgimento e i tempi del processo alterati in maniera anomala che compromettono gravemente il suo diritto alla difesa, le irrituali e reiterate richieste del Pubblico Ministero di far rientrare nel processo annotazioni provenienti dai servizi segreti israeliani e statunitensi, il rigetto di quasi tutti i testimoni della difesa, stanno a dimostrare che non bisogna abbassare la guardia e che questo processo va conosciuto e seguito da vicino, e non solo da esperti del diritto, ma da chiunque abbia a cuore la democrazia. Perché questo è un processo politico, basato essenzialmente sulle tesi dello stato criminale israeliano, che mira a criminalizzare la solidarietà e la resistenza palestinese. Un processo assurdo, in cui l’accusa non è riuscita a dimostrare alcun coinvolgimento di Anan e dei suoi due amici palestinesi in azioni violente, né contro civili né contro coloni israeliani. Tanto meno è riuscita a provare che le azioni contestate si siano mai verificate. I 15 verbali di interrogatori estorti sotto tortura dallo Shin Bet sono stati esclusi dal processo solo per ragioni codicistiche, quindi la vigilanza democratica deve essere alta intorno a questo processo, perché, come affermano le Reti per la Palestina di Basilicata, tutt’ora sussiste il pericolo che i vertici politici e giudiziari italiani cedano alla richiesta di Israele, che vuole la testa di Anan.

Qui il report di Reti per la Palestina di Basilicata sul presidio di oggi e sull’assemblea che contestualmente si è tenuta:

Dopo il suo improvviso trasferimento dal carcere di Terni, oggi, davanti la casa circondariale di Melfi, si è tenuto il primo presidio locale di supporto per il Partigiano Palestinese Anan Yaeesh. La nutrita partecipazione di un centinaio di sostenitori provenienti da tutto il centro sud è dimostrazione di come la catena di sostegno per la Causa Palestinese e i suoi Difensori non possa essere spezzata da pretestuose ed ingiustificate direttive della politica di palazzo.
In questa occasione – ed in ottica delle due importanti udienze del 21 e del 28 novembre – si è valutata una chiamata su scala nazionale per la data del 15 novembre, di modo tale da potenziare e fare eco delle motivazioni per le quali debba essere immediatamente scarcerato.
Si è pensato che nella mattinata ci si poteva incontrare in un luogo che funga da punto di incontro e di discussione per quanti vogliano partecipare, di modo tale che nel pomeriggio ci si possa muovere in corteo verso il carcere per far sentire ad Anan tutta la vicinanza che merita sia lui che la sua invitta terra.
Per questo motivo sarebbe opportuno definire quanto prima una videochiamata con tutte le realtà che abbiano voglia di cooperare.
Si ricorda, inoltre, che prima di tale data si terrà un altro presidio (sempre davanti il carcere di Melfi) il 26 del mese corrente.
LA RESISTENZA NON SI PROCESSA, INSIEME FINO ALLA LIBERAZIONE DELLA PALESTINA E DEI SUOI PARTIGIANI!

Prossime mobilitazioni già fissate che si terranno a L’Aquila saranno in occasione delle successive udienze del processo: 31 ottobre per la conclusione dell’istruttoria, 21 novembre per la requisitoria del PM, 28 novembre per le arringhe della difesa, le dichiarazioni degli imputati ed eventualmente per la sentenza, se non ci saranno altri rinvii.

A Perugia è previsto un presidio per Sabato 18 giugno

Qui una corrispondenza con Radio Onda Rossa da un compagno di Potenza:

https://www.ondarossa.info/newsredazione/2025/10/melfi-oggi-pomeriggio-presidio-anan

Liberare Anan, liberare la Palestina! Presidio al Carcere di Melfi lunedì 13 Ottobre

 

 

Liberare Anan, liberare la Palestina!

Presidio al Carcere di Melfi lunedì 13 Ottobre

Il prigioniero politico Anan Yaeesh, in custodia cautelare presso la casa circondariale di Melfi, è un partigiano palestinese in sciopero della fame dal 4 Ottobre. Sciopero iniziato in coincidenza e in solidarietà con la potente mobilitazione popolare sfociata nell’oceanica manifestazione per la Palestina libera e per reclamare la fine del genocidio in atto a Gaza e in Cisgiordania. Trasferito senza motivazioni dalla sezione di alta sicurezza del carcere di Terni a quella di Melfi, ad Anan vengono di fatto recisi i punti di riferimento consolidati in quasi due anni di ingiusta detenzione, rendendo ancora più difficili, per motivi logistici, i colloqui e gli incontri con gli avvocati, il personale medico esterno al carcere e persone terze autorizzate ai colloqui. Ciò va ad aggravare ulteriormente la sua condizione sia sul piano difensivo, sia su quello sanitario ed affettivo, in un momento cruciale del processo che lo vede imputato.per 270bis c.p. a causa del suo sostegno, mai rinnegato, alla Resistenza di Tulkarem (Cisgiordania).


Un processo, quello di L’Aquila, già segnato da gravi limitazioni del diritto alla difesa e da ricorrenti ingerenze dei servizi segreti israeliani, che rende ancora più allarmante il clima intorno a questa vicenda giudiziaria.

 

Come perseguitato politico Anan ha ottenuto, nel 2019, la protezione speciale dallo Stato italiano, ma a gennaio 2024 è stato arrestato per essere estradato in Israele. L’attenzione sollevata sul caso, anche alla luce del genocidio in corso a Gaza, le mobilitazioni che ne sono seguite e soprattutto le relazioni di associazioni come Amnesty International e Human Rights Watch sulle torture sistematiche e le uccisioni dei prigionieri palestinesi deportati nelle carceri israeliane e sottoposti a legge marziale, hanno fatto sì che quella procedura estradizionale non venisse occultata dalla propaganda sionista e si concludesse, almeno in prima battuta, con la dichiarazione di inestradabilità di Anan da parte della Corte di Appello dell’Aquila a marzo 2024. Alla vigilia di quella udienza però, Anan è stato nuovamente arrestato per “associazione terroristica anche internazionale”, coinvolgendo altri due palestinesi suoi amici, Ali Irar e Mansour Doghmosh, rilasciati per mancanza di elementi probatori 6 mesi dopo e tuttavia anch’essi sotto processo per sostenere l’impianto accusatorio. Un impianto basato essenzialmente sulle tesi di Tel Aviv, e ci è mancato poco che venissero ammessi al processo 15 verbali di interrogatori condotti su prigionieri palestinesi dallo Shin Bet (i famigerati servizi segreti israeliani) e dalla polizia israeliana; ma tutt’ora sussiste il pericolo che i vertici politici e giudiziari italiani cedano alla richiesta di Israele, che vuole la testa di Anan.

 

Riteniamo assurdo, anticostituzionale e contrario alle norme del diritto internazionale, che il diritto di resistenza sia trattato come “terrorismo”, sulla base di accuse formulate dagli organi operativi di uno stato sionista occupante come Israele, il cui governo ed il cui esercito sono condannati dalla Corte Internazionale di Giustizia e suoi esponenti di primo piano sono ricercati dalla Corte Penale Internazionale per genocidio! E’ come se l’ex Presidente della Repubblica italiana Pertini, da esule partigiano, fosse stato consegnato ai nazifascisti sulla base di dichiarazioni estorte in via Tasso. Anan è allo stesso tempo testimonianza vivente della violenza genocida coloniale (nel suo corpo ci sono undici proiettili e quaranta schegge, non gli è stata risparmiata la frantumazione di alcun osso) e della servile logica del doppio standard con cui gli stati “amici” di Israele trattano il diritto internazionale (vedi i reiterati atti di abuso e di pirateria nei confronti degli stessi membri della Global Sumud Flotilla). La storia ha finora dimostrato che la Resistenza non si processa.

Per far sentire la nostra voce solidale ad Anan e per rafforzare il contributo culturale, politico, sociale, per la conquista del sacrosanto diritto alla terra, al cibo, all’acqua, alla vita, alla libertà del popolo palestinese, invitiamo a partecipare al presidio sotto il carcere di Melfi, in via Lecce snc, a partire dalle ore 15,30 di lunedì 13 Ottobre.

Reti per la Palestina di Basilicata

Potenza, li 10 Ottobre 2025