India: Liberare il compagno Rejaz Immediatamente!

Rejaz Sydeek

Il 7 maggio, Rejaz Sydeek, giornalista indiano e membro dell’associazione comunista Democratic Student Association, è stato arrestato dalla polizia di Nagpur in base all’Unlawful Activities Prevention Act (UAPA) mentre si recava a una conferenza stampa a New Delhi a sostegno dei giornalisti incarcerati in India. L’UAPA è una legge composta da una serie di leggi “antiterrorismo” introdotte nel 1967, anno della rivolta di Naxalbari. Oltre il 97% delle persone arrestate in base all’UAPA sono rimaste in carcere senza che sia stata dimostrata la loro colpevolezza. Il governo indiano lo accusa di diffondere propaganda antinazionalista, adducendo come prova il possesso di una serie di testi e pamphlet rivoluzionari, oltre a un post su Instagram in cui condannava le azioni guerrafondaie dell’India nel Kashmir occupato. Uno dei documenti trovati in possesso di Rejaz era un opuscolo della rivista maoista Nazariya, che condannava l’operazione Kagaar dell’India contro i naxaliti. Attualmente è ancora detenuto in Maharashtra, dove gli è stata concessa la custodia cautelare fino al 2 giugno.

Stand Against Witch Hunting of Activists!
Journalism Is Not Terrorism!
Release All Incarcerated Journalists!
Release All Political Prisoners!

L’Aquila – Rinviata l’udienza del processo ad Anan, Ali e Mansour, presidio solidale davanti al Tribunale

Nessuna attività istruttoria nell’udienza di oggi, dove erano stati chiamati tutti i testimoni del PM, perché la perita non è riuscita nell’attività di traduzione in italiano, soprattutto delle chat, redatte in lingua araba. Per cui oggi è stato sostanzialmente rimodulato il calendario delle udienze, inserendone ancora altre a distanza ravvicinata, per arrivare il 10 luglio a sentenza.

Giugno: 18 (h 13:00) per sentire un teste della Digos; 25 (h 9:30), 26 (h 10:30) e 27 (h 9:30) per sentire tutti gli altri testi dell’accusa.

Luglio: 9 (h 9:30) per sentire gli imputati, i testi della difesa e la requisitoria del PM; 10 (10:30) discussione delle difese e sentenza.

Le dichiarazioni dell’avvocato Flavio Rossi Albertini

E’ chiaro che una simile calendarizzazione renderà impossibile la partecipazione solidale di tutti a tutte le udienze. Ma cercheremo comunque di stare vicino agli imputati, soprattutto ad Anan, anche attraverso la corrispondenza.

Ricordiamo a tal proposito l’indirizzo per scrivergli:

Anan Yaeesh, c/o Casa circondariale di Terni, Strada delle Campore 32, 05100 Terni (TR)

E il conto che gli è stato aperto in carcere per l’acquisto di beni di prima necessità:

DIREZIONE CASA CIRCONDARIALE DI TERNI

Iban: IT30P0760114400000010269058. Specificare nella causale: “a beneficio di Anan Yaeesh, nato il 20/09/1987, da parte di -Nome e Cognome di chi effettua il bonifico-”

– L’Aquila

Fuori del Tribunale si è svolto un presidio di solidarietà, che ha visto la presenza di circa 70 persone, con la partecipazione di compagne e compagni anche da Roma, Viterbo, Napoli, Bologna, Milano, Trento, Ascoli oltre che dall’Abruzzo, mentre a Torino si è svolto questo pomeriggio un presidio davanti la  prefettura.

Torino

La Resistenza non è terrorismo, la Resistenza non si arresta e non si processa, tanto più oggi, quando il popolo palestinese può contare solo sulle proprie forze e sulla sua Resistenza. A livello internazionale in tanti si stanno rendendo conto che c’è un genocidio in atto, che c’è uno Stato illegittimo e criminale, Israele, che vuole annettere completamente Gaza e la Cisgiordania ed edificarvi un proprio Stato esclusivamente ebraico, ma i complici italiani del genocidio e i media mainstream fanno tutt’al più lacrime di coccodrillo per autoassolversi, mentre vorrebbero criminalizzare chi ad esso si oppone e chi ha lottato contro l’apartheid e l’occupazione coloniale sionista.

Compagni anche in aula, che al termine dell’udienza hanno fatto sentire la loro solidarietà ad Anan, presente in videoconferenza, gridando più volte Anan libero, La Resistenza non è reato, Anan Yaeesh va liberato.!

Segue rassegna stampa:

news-town

LaQTV

ansa.it/abruzzo/

Rete8

www.ilcapoluogo.it

gaeta.it

Radiondadurto

Radiondarossa

L’uso dei reati associativi per contrastare il conflitto sociale – un contributo

da InfoAut

Secondo quanto riporta Il Post:

“Almasri era stato dapprima fermato per un rapido controllo d’ordinanza mentre era in macchina nel centro di Torino insieme ad altri tre amici (due libici e uno statunitense), la mattina del 18 gennaio; poi, dopo ulteriori accertamenti, era stato raggiunto nell’hotel dove alloggiava, in Piazza Massaua, alle 3 e mezza del mattino seguente, e da lì portato negli uffici della DIGOS della Questura di Torino.

Dopo le procedure burocratiche di rito, era stato trasferito nel carcere Lorusso e Cutugno, dove era rimasto fino al pomeriggio del 21 gennaio, quando era stato rimpatriato insieme agli altri suoi amici, con un aereo in dotazione ai servizi segreti italiani con un volo da Torino a Tripoli.”

A far emergere la vicenda sarebbero state due improvvise promozioni: quella di Carlo Ambra e di Stefano Carvelli, un dirigente della Polizia di Stato che lavorava allo SCIP (Servizio per la cooperazione internazionale della Polizia). Ambra è stato promosso all’Ufficio centrale ispettivo a Roma, un importante organo di controllo e coordinamento delle indagini a livello nazionale incardinato nel dipartimento di Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, tre giorni dopo i fatti che riguardano Almasri. Dopo sette anni in forze alla Questura di Torino l’ex capo della Digos ha assunto una nuova qualifica: consigliere ministeriale aggiunto, che nella gerarchia della Polizia è un grado più giù di questore, e dunque piuttosto in alto.

Carlo Ambra e Stefano Carvelli sono collegati proprio dal caso Almasri. Lo SCIP, di cui Carvelli faceva parte prima della promozione, è infatti “la struttura che ha curato la gestione delle comunicazioni tra la Corte penale internazionale, la questura e la DIGOS di Torino. Era stato proprio lo SCIP, il 19 gennaio, a segnalare alla DIGOS che, in seguito a «intese telefoniche» con la Corte, «la persona in oggetto [cioè Almasri, ndr] risulta ricercata in campo internazionale». E per questo lo SCIP sollecitava formalmente la questura a «valutare la sussistenza delle condizioni e l’opportunità di procedere» all’arresto immediato Almasri. Dopo questa comunicazione la DIGOS aveva deciso di andare all’hotel di Almasri e arrestarlo.”

“Carvelli nello SCIP ricopre un ruolo importante: è l’ufficiale di collegamento con il ministero degli Esteri. Fonti del ministero stesso confermano che Carvelli è a capo di una struttura molto importante, che gestisce le comunicazioni e la condivisione di informazioni per casi come quello di Almasri che riguardano la Corte penale internazionale. La Corte, che ha sede nei Paesi Bassi, comunica in via preliminare con il governo italiano attraverso l’ambasciata italiana all’Aja, che fa capo appunto al ministro degli Esteri, ed è da lì che poi le richieste vengono inoltrate a Roma. L’ufficio di collegamento dello SCIP al ministero degli Esteri è una delle strutture che si sono attivate in quei giorni.”

Anche Carvelli è finito a ricoprire un ruolo particolarmente significativo dopo la promozione: andrà a lavorare alla Direzione centrale della Polizia criminale, uno degli organismi più prestigiosi e delicati nelle attività di indagine e di prevenzione della criminalità, oltre che nella cooperazione con le polizie internazionali.

Il timing di queste promozioni ha suscitato sospetti perché sono avvenute entrambe a pochi giorni dal rilascio del generale libico, responsabile tra l’altro di crimini di guerra. È evidente che l’arresto di Almasri ed il processo di fronte alla corte dell’Aja avrebbe potuto gettare imbarazzo sul governo di Giorgia Meloni e anche sui governi precedenti, quindi se alcuni solerti uomini delle forze dell’ordine avessero “chiuso un occhio” sulla fuga del torturatore probabilmente verrebbero premiati ed allontanati dal loro precedente ruolo come già successo spesso nel nostro paese. Sarà questo il caso?

Carlo Ambra nella sua lunga permanenza alla Questura torinese si è prodigato in una campagna di persecuzione nei confronti dei movimenti sociali. Campagna che è culminata con due inchieste per reati associativi: la prima, l’operazione Scintilla, che portò allo sgombero dell’Asilo Occupato e che si è conclusa con la caduta anche in appello del reato associativo e la seconda contro il movimento No Tav, l’Askatasuna e lo Spazio Popolare Neruda che lunedì 31 marzo andrà a sentenza. Sono state già lungamente sottolineate le anomalie che hanno caratterizzato l’inchiesta contro i No Tav, l’Askatasuna e lo Spazio Popolare Neruda, le strane fughe di notizie che hanno accompagnato lo svolgimento del processo e la particolare convergenza d’interessi tra Procura, Questura, Telt e destra nazionale e locale.

Ambra ha utilizzato ogni mezzo a sua disposizione per tentare di tacitare il dissenso sociale in città con arresti, sequestri, sgomberi e perquisizioni. La sua parentesi come capo della Digos di Torino è stata caratterizzata da una strategia poliziesca e mediatica volta a screditare i movimenti sociali sempre in stretta sinergia con la destra torinese. Se la vicenda che lo vede coinvolto nel caso Almasri si rivelasse vera emergerebbero ulteriori dubbi sul suo operato alla Questura di Torino e sulle inchieste anomale che ha guidato in questi anni.