La Resistenza non si arresta e non si processa! Il 26 febbraio giornata di mobilitazione nazionale

La Resistenza non si arresta e non si processa!

Fuori Anan dalle carceri dell’imperialismo!

Mercoledì 26 febbraio dalle ore 9:30, PRESIDIO davanti al Tribunale dell’Aquila

Da oltre un anno Anan Yaeesh, palestinese residente a L’Aquila con protezione speciale in quanto attivo nella Resistenza in Cisgiordania, è stato sequestrato dallo Stato italiano.

E’ stato arrestato il 27 gennaio dello scorso anno a seguito di una richiesta di estradizione da parte dello stato terrorista di Israele, prontamente accolta, sul piano politico, dal governo italiano, complice del genocidio, dell’occupazione militare e dell’apartheid in Palestina.

L’attenzione sollevata sul caso, anche alla luce del genocidio in corso a Gaza, le mobilitazioni che ne sono seguite e soprattutto le relazioni di associazioni come Amnesty International e Human Rights Watch sulle torture sistematiche e le uccisioni dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, hanno fatto sì che quella procedura estradizionale non venisse occultata dalla propaganda sionista e si concludesse, almeno in prima battuta, con la dichiarazione di inestradabilità di Anan da parte della Corte di Appello dell’Aquila, a marzo 2024.

Ma in previsione di tale esito, i massimi organi di polizia e giudiziari italiani si sono affrettati ad avviare un’indagine con il contributo attivo delle autorità israeliane, tenendo in carcere Anan e incarcerando altri 2 palestinesi per sostenere l’accusa di “associazione terroristica anche internazionale”.

Ali e Mansour sono stati successivamente rilasciati, ma rischiano di essere coinvolti nuovamente nel processo, mentre ad Anan, tuttora in carcere nonostante siano decaduti i motivi del suo arresto, viene imputato un ruolo apicale di appoggio e sostegno alla resistenza palestinese, nello specifico in Cisgiordania nel distretto di Tulkarem, la sua città.

Resistenza che lo stesso diritto internazionale riconosce come legittima, poiché esercitata in territori militarmente occupati. Ma l’Italia si è posta al di sopra del diritto internazionale, sostituendosi addirittura alle autorità militari israeliane nel colpire e reprimere chi sostiene la resistenza palestinese.

Il 26 febbraio a L’Aquila, alle 9:30, si terrà l’udienza preliminare per decidere sul rinvio a giudizio, oppure dichiarare il non luogo a procedere.

In occasione dell’udienza noi saremo ancora lì, per rilanciare la mobilitazione per la libertà di Anan e della Palestina, perché siamo con la legittima resistenza di tutti i popoli oppressi, perché siamo contro ogni guerra imperialista e coloniale.

Siamo dalla parte di Anan e della Resistenza del popolo palestinese, che continua a combattere anche in Cisgiordania contro il piano di sterminio della “grande Israele” rilanciato da Trump/Netanyahu, con il sostegno attivo dell’industria bellica italiana.

Siamo dalla parte di Anan e della Resistenza palestinese perché il vero terrorista è l’entità sionista, che dall’inizio della tregua a Gaza ha violato l’accordo di cessate il fuoco più di 350 volte, ha esteso il genocidio in Cisgiordania uccidendo più di 51 palestinesi in gran parte bambini, ha scatenato una massiccia operazione repressiva con arresti di massa e utilizzando scudi umani che dopo gli arresti ha ucciso a sangue freddo, ha distrutto infrastrutture, case, reti idriche, elettriche e di comunicazione, ha sfollato con la forza più di 40mila persone,

Siamo dalla parte di Anan e della Resistenza del popolo palestinese, perché siamo contro ogni forma di antisemitismo e di fascismo, e sappiamo bene quanto il fascismo, oltre che il nazismo, guardando con interesse alla formazione di uno stato sionista in Palestina, abbia sostenuto, ideologicamente e militarmente, il colonialismo di insediamento sionista.

Siamo dalla parte di Anan e della Resistenza palestinese e siamo contro questo governo fascio-atlantista, razzista e imperialista Meloni, che stringe la mano ai peggiori criminali del mondo, sostenendo le loro guerre per il profitto delle proprie multinazionali; che si dichiara pronto a stendere un tappeto d’oro sotto i piedi del criminale di guerra Netanyahu e accoglie a braccia aperte il presidente di uno Stato sotto processo per genocidio. Un governo che non ha avuto remore nello spendere i soldi pubblici per mettere in salvo un altro criminale, il toturatore libico di migranti Almasri. Un governo che fa il garantista con i “suoi”, siano essi imputati o condannati, e dà ancora più potere alla sua polizia, ai suoi assassini in divisa, ai suoi torturatori, mentre butta in carcere chi resiste accusandolo di terrorismo, riempie le prigioni di poveri e immigrati e reprime chi dissente e lotta per i diritti.

Di fronte a tutta questa ingiustizia non possiamo restare in silenzio, dobbiamo essere partigian3!

Perciò invitiamo tutt3 a partecipare e a mobilitarsi, ancora una volta dalla parte giusta della storia, con Anan, con la resistenza palestinese, contro il terrorismo di questo governo fascista, esso sì eversivo dell’ordine democratico.

Invitiamo inoltre tutt* coloro che hanno a cuore i diritti umani e la causa palestinese, ad aderire alla campagna nazionale per la liberazione di Anan Yaeesh, inviando un’e-mail al Comitato Free Anan: comitatofreeanan@gmail.com, o scrivendo su Instagram: @free_anan, o su Facebook: Free Anan

Inferno nelle carceri abruzzesi, un detenuto muore impiccato nel carcere di Pescara, ma per la garante dei diritti dei detenuti (FdI) va tutto ben madama la marchesa

Pescara, 24enne muore in carcere: scoppia la protesta delle persone detenute

da un articolo di Sara Ramzi

Un ragazzo di ventiquattro anni si è tolto la vita nella casa circondariale San Donato di Pescara. È il tredicesimo suicidio avvenuto nelle carceri italiane dall’inizio del 2025: il doppio dei casi rispetto allo stesso periodo nel 2024. Nel carcere di Pescara il sovraffollamento è del 162 per cento

Aveva 24 anni. Nella notte tra il 16 e 17 febbraio un giovane di origine egiziana si è suicidato nel carcere di Pescara. A seguito della sua morte è scoppiata la rabbia delle persone detenute: una persona è salita sul tetto e alcuni materassi – che dovrebbero essere ignifughi – sono stati messi a fuoco in segno di protesta. Ambulanze e vigili del fuoco sono arrivati sul posto. “È una situazione invivibile. Il carcere esplode, le persone che arrivano vengono messe a dormire su materassi per terra per mancanza di spazio. Le celle da sei persone sono diventate da otto, quelle da quattro anche da sette”, dichiara ad Abruzzosera Francesco Lo Piccolo, direttore della rivista Voci Di Dentro, che si occupa di carcere e giustizia. “Il cibo è immangiabile, i prezzi sono alti, i muri pieni di muffa. Nei giorni scorsi, a seguito delle forti piogge, i piani bassi della casa circondariale si sono allagati, comprese le celle al piano terra”, spiega.

Il tasso di sovraffollamento delle carceri, come denunciato dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, è in continuo aumento. Il report più recente – pubblicato il 10 gennaio 2025 – dimostra che nella casa circondariale di Pescara, a fronte di 272 posti disponibili, il numero delle persone detenute è di 443: il 162,87 per cento in più della capienza. In una scheda dell’associazione Antigone, in visita nel carcere di San Donato nell’aprile scorso, viene segnalata una forte carenza del personale penitenziario, difficoltà al comparto salute e la scarsa copertura di attività lavorative e formative dedicate alle persone detenute. “Le attività sono ridotte a zero, le richieste vengono sempre sospese per difficoltà. Mancano gli agenti: ce ne sono circa 100 per una popolazione di 440 persone”, aggiunge Lo Piccolo.

Pochi giorni fa, Irma Conti del collegio nazionale del Garante ha affermato che, in Italia, “19mila detenuti che hanno pene residue fino a tre anni, sulla base nella normativa potrebbero uscire dal carcere optando per misure alternative. Ma la burocrazia e la carenza di risorse creano ostacoli”.

Il 2024 è stato l’anno record per i suicidi: nelle carceri italiane 90 persone si sono tolte la vita, mai così tante da quando si raccolgono dati. Si tratta quasi sempre di persone con una condanna non definitiva, ed è scesa l’età media di chi si toglie la vita in carcere. Il 46% delle persone era in custodia cautelare, quindi ancora in attesa di una sentenza. La fascia d’età più colpita è tra i 26 e i 39 anni e una parte consistente – secondo Antigone, circa 40 persone – era di origine straniera. In crescita anche gli atti di autolesionismo (+483 nel 2024).

Da Campetto occupato:
Nei giorni scorsi il presidente della commissione sanità e politiche sociali della Regione Abruzzo, Paolo Gatti, e la garante dei detenuti, Monia Scalera, sono stati in “visita” al carcere di Teramo, dove si contano 430 detenuti su 275 posti disponibili.
Visita è un termine orribile, ed è quello che viene comunemente usato, ma in questa situazione forse è confacente, viste le dichiarazioni che costoro hanno rilasciato: “Nel carcere teramano va tutto bene! Vi solo alcune criticità che riguardano esclusivamente il corpo di polizia penitenziaria, ma nessun problema con i detenuti. Non vi è sovraffollamento e non vi sono particolari problemi e non bisogna creare allarmismo “.
Hanno detto.
Queste dichiarazioni, oltre a fare ribrezzo, fanno il paio con altre esternazioni di esponenti di governo, tipo Delmastro sui detenuti. Ma vanno anche “inquadrate” politicamente.
Infatti la “visita” dei due esponenti regionali segue quella di altri politici che hanno sollevato non poche problematiche sul carcere teramano. In poche parole è una diatriba politica a cui i due hanno risposto, ma che si gioca sulla pelle di persone recluse.
E recluse in un inferno!
Perché forse i due non sanno che le carceri sono una polveriera in cui viene ammassata umanità. In cui anche la quotidianità peggiora sempre più e ce lo dicono le lettere di persone recluse.
In cui il numero di suicidi è in continuo drammatico aumento (lo scorso anno è stato il peggiore e quest’anno sta confermando la scia di morte).
In cui la deriva autoritaria e repressiva del nostro paese non fa altro che riempire ancor di più le carceri e soffocare ogni forma di mobilitazione per migliorare le condizioni (il decreto sicurezza in approvazione, non a caso va colpire pesantemente anche proteste in carcere).
Nel caso specifico di Teramo, i drammi sono purtroppo tutti confermati: sovraffollamento, tensioni interne, suicidi e morti, come la morte di Patrick lo scorso anno, che ancora attendono verità.
Il carcere non è una struttura a sé stante.
Ma corpo del meccanismo di oppressione e riflesso della società. Non è un caso che smarrito il collante sociale e solidaristico all’interno delle società, ciò si ripercuote anche dentro le galere.
Al carcere di Teramo, inoltre, hanno cercato da sempre di evitare contatti solidali. Infatti per i diversi presidi effettuati che parlassero ai detenuti (e non di fronte al piazzale dove nessun detenuto può vederti), sono piovute denunce e fogli di via.
Perché i “tutori dell’ordine” non vogliono il contatto solidaristico tra “dentro” e “fuori”. Cionostante la solidarietà, sebbene troppo poca rispetto a quella che meriterebbe la situazione, si è sempre cercato di portarla avanti.
Per concludere, tornando ai due squallidi personaggi con cui eravamo partiti…
Fa veramente impressione che un soggetto come Paolo Gatti, che ha arricchito la sue tasche grazie ad incarichi pubblici (anche inutili, ricordiamolo presidente della Giulianova Patrimonio, in crisi finanziaria, messo lì per marchetta politica), parli in quel modo di persone rinchiuse.
Se avesse provato solo un centesimo di quei drammi, rispetto alla sua comoda vita, saprebbe di cosa si sta parlando.
Ed arriviamo alla garante dei detenuti, tale Monia Scalera. L’Abruzzo ha sempre avuto problemi con tale incarico, infatti era tra le pochissime regioni che non aveva un garante. La nomina di tale soggetto risale a qualche mese fa ed è una nomina prettamente politica, visto che costei è in quota Fratelli D’Italia.
Quindi le sue dichiarazioni parrebbero in linea con le nefandezze del suo partito.
Però e c’è un però molto grande, costei in questa sede ricopre il ruolo di Garante dei detenuti e quindi non può fare quelle dichiarazioni! Perché non sono confacenti con il ruolo di cui è incaricata, ovvero garantire la dignità delle persone recluse.
Costei con tali dichiarazioni, non solo ha fatto un torto ai detenuti, ma anche al ruolo che dovrebbe ricoprire.
Quindi, ben cosci che non sia un ruolo a cambiare lo stato delle cose, ma sapendo anche che le lotte hanno dei passaggi, chiediamo a gran voce che Monia Scalera non sia più garante dei detenuti in Abruzzo.
Che venga sostituita da qualcun che abbia più a cuore le sorti delle persone recluse.
Perché l’attuale garante non fa gli interessi dei detenuti, ma quelli del suo partito.
A questo appello auspichiamo si uniscano più persone possibili, collettivi e gente di buon cuore.
Perché quelle dichiarazioni sono intollerabili e spetta a noi tutte/i fare in modo che le cose cambino.

La Resistenza non si arresta! – Voci e immagini dal presidio a Terni per Anan Yaeesh

Un presidio bello e ricco di interventi di sentita solidarietà proletaria, quello che si è svolto ieri davanti al carcere di Terni, indetto dai giovani del Coordinamento ternano per la Palestina, che ringraziamo per la bella accoglienza e l’ottima organizzazione.

Qui alcune voci e immagini dal presidio:

Il servizio del tgr:

https://www.rainews.it/tgr/umbria/video/2025/02/tgr-umbria-web-monaldi—manifestazione-carcere-terni-1200-logomp4-24a62eee-459b-4d94-9a4e-022ad536c08a.html

L’intervento di SRP:

L’intervento del Soccorso Rosso Internazionale:

L’intervento di Resistenza Popolare PG:

L’intervento dei Giovani Palestinesi d’Italia (Bologna):

L’intervento di una giovane di un collettivo solidale:

L’intervento dell’UDAP:

L’intervento del Coordinamento romano per la Palestina:

Carcere di Palermo: 400 detenuti in sciopero della fame info

Carcere di Palermo: 400 detenuti in sciopero della fame

giovedì 6 febbraio 2025

400 detenuti in sciopero della fame. L’associazione Yairahia Onlus, attiva per i diritti dei reclusi, spiega i motivi della protesta nel carcere di Palermo : “In una situazione carceraria disastrosa che l’anno scorso ha registrato il record di suicidi, ed in cui il sovraffollamento è una costante, appare assurdo gravare in maniera ancora maggiore sulla vita quotidiana di chi sta dietro le sbarre”

da Osservatorio Repressione

Scoppia la protesta al Pagliarelli: 400 detenuti in sciopero della fame contro le nuove restrizioni. I ribelli sono coloro che si trovano in regime di Alta Sicurezza. L’associazione Yairahia Onlus, attiva per i diritti dei detenuti, spiega i motivi della protesta: “Il 19 novembre del 2024, alle porte dell’inverno, con provvedimento regionale si è dato avvio ad una circolare del Dap, il dipartimento amministrazione penitenziaria, che – con il pretesto ufficiale di prevenire il rischio di incendi nelle celle – prevede importanti restrizioni sui beni che possono ricevere i detenuti. Le restrizioni riguardano principalmente la ricezione di pacchi postali, che non potranno contenere più alimenti, se non con qualche piccola eccezione, ma anche, per far solo un esempio, coperte e maglioni in pile”.

“In una situazione carceraria disastrosa che l’anno scorso ha registrato il record di suicidi, ed in cui il sovraffollamento è una costante, appare assurdo gravare in maniera ancora maggiore sulla vita quotidiana dei detenuti e delle detenute – proeguono dall’associazione Yairahia Onlus -. Questi provvedimenti aumentano la distanza tra chi è dentro e gli affetti fuori, ma soprattutto creano le condizioni per grandi squilibri all’interno degli istituti. Chi avrà i soldi per acquistare i prodotti dentro il carcere, farà un tipo di vita, mentre chi non li avrà non potrà più ricevere da fuori ciò che gli serve”. E aggiungono: “Anche se in Sicilia gli inverni non sono particolarmente freddi non è possibile che si possano creare situazioni in cui chi non ha parenti limitrofi ed è un difficoltà economica potrebbe finire a non avere accesso ad una coperta”. L’avvio della circolare ha infatti già fatto nascere diverse proteste. Nel carcere di Cavadonna, prima, ed al Pagliarelli di Palermo in questi giorni. Dopo alcune battiture fatte con le stoviglie sbattute sulle sbarre, oltre 400 detenuti del regime di Alta Sicurezza del carcere palermitano hanno annunciato l’avvio dello sciopero della fame.

“Vediamo queste procedure assolutamente inutili per la sicurezza dei detenuti; alimentano piuttosto l’insicurezza e diminuiscono la poca autonomia, stringendo sempre più la morsa sulla vita quotidiana che in questo modo dipenderà maggiormente dalla gestione dell’istituto penitenziario” continua Yairahia. Anche Pino Apprendi, garante dei detenuti di Palermo, ha espresso perplessità in merito. Concludono da Yairahia: “Ci auspichiamo che al Pagliarelli, e ovunque, come successo a Cavadonna, si abbia una rimodulazione delle restrizioni. Che si agisca per la salute ed il benessere di chi è detenuto e non il contrario. Come associazione ci faremo portavoce delle istanze in tutte le sedi opportune affinché non si applichino misure tanto illogiche quanto dannose”

Pieno sostegno ai compagni del Collectif Palestine Vaincra – SRP condivide questo comunicato

Il 27 gennaio 2025, in Francia, si terrà presso il Consiglio di Stato l’udienza per decidere se convalidare il decreto di scioglimento del Collectif Palestine Vaincra di Toulouse (Francia), emesso dal governo francese nel marzo 2022. Nel febbraio 2022, lo Stato francese ha manifestato l’intenzione di sciogliere il Collectif Palestine Vaincra con l’accusa di “incitamento all’odio, alla violenza e alla discriminazione”, sulla base del lavoro che i compagni hanno sempre portato avanti, anche in coordinamento con altre realtà internazionali, in sostegno della lotta del popolo palestinese e dei suoi prigionieri e contro lo Stato coloniale e razzista israeliano.

È chiaro come un attacco di questo tipo sia finalizzato a criminalizzare ed eliminare dalla scena politica militante un gruppo di compagni particolarmente attivo con l’accusa subdola e pretestuosa di razzismo, quando all’opposto i compagni dell’antirazzismo ne fanno ogni giorno un terreno di lotta. Appare palese la volontà dello Stato francese di equiparare su un piano ideologico l’antisionismo all’antisemitismo al fine di poter impedire le mobilitazioni di solidarietà alla lotta palestinese e di denuncia dello Stato sionista, come tra l’altro è stato tentato anche a Milano con un’operazione giudiziaria, andata a vuoto, nei confronti di alcuni compagni che il 25 Aprile 2018 hanno contestato la presenza in piazza delle bandiere dello Stato di Israele.

È chiaro come in un contesto di grave crisi e di tendenza avanzata alla guerra imperialista, gli Stati debbano sempre più agire facendo leva sul controllo e sulla repressione, anche come arma deterrente, verso tutti coloro che portano avanti delle lotte anticapitaliste, sociali, contro la guerra imperialista e in solidarietà di tutti i popoli che resistono all’imperialismo, come quello palestinese che da 76 anni si batte contro lo Stato sionista, baluardo dell’imperialismo occidentale in quell’area. E l’operazione repressiva contro il Collectif Palestine Vaincra rientra appunto in quest’ultima dinamica repressiva.

È importante sviluppare, facendo fronte comune, la lotta contro una repressione che si è fatta sempre più insistente, e sempre più lo sarà, poiché per la classe dominante con l’accentuarsi della crisi capitalistica ogni forma di conflitto e di lotta deve essere repressa, tanto più in una situazione di guerra come quella attuale, che ha le sue dolorose ricadute oltre che nei paesi devastati dalle guerre imperialiste anche nei confronti dei proletari dei paesi occidentali, costretti a un peggioramento delle loro condizioni sociali, in virtù del fatto che gran parte delle risorse economiche vengono indirizzate verso le spese militari.

Di fronte a un sistema che produce sempre più guerra e repressione, opponiamo la nostra resistenza in un’ottica rivoluzionaria, sosteniamo chi viene colpito dalla repressione perché lotta, come oggi facciamo con i compagni del Collectif Palestine Vaincra, appoggiamo i popoli che resistono e lottano contro l’imperialismo, come quello palestinese.

Gennaio 2025

Collettivo contro la repressione per un Soccorso Rosso Internazionale (CCRSRI)