il presidio al carcere di taranto

Compagne e compagni di diverse realtà, di Taranto e provincia, hanno manifestato davanti al cercare di Taranto, con interventi combattivi, canzoni, slogan. Un carcere noto alle cronache per il suo sovraffolamento, per le condizioni in cui i detenuti sono costretti a stare in celle sporche, infestate da insetti, noto per i detenuti suicidati/assassinati per mancanza di assistenza, ma anche per i casi di corruzione, tangenti che hanno portato al processo della precedente direttrice del carcere.

Abbiamo manifestato contro il Ddl sicurezza 1660, che alla condizione grave nelle carceri unisce la repressione, anche fino a 20 anni, di ogni forma di protesta, anche pacifica, di chi sta incarcerato e verso i solidali, più carcere per donne incinta e madri con bambini fino ai 6 anni; ma chiaramente è stato denunciato negli interventi tutto il resto di questo Ddl, questo Stato di polizia e il governo Meloni fascista, che risponde alle lotte dei giovani, dei movimenti pro Palestina, a chi si batte per l’ambiente, alle giuste e necessarie lotte dei lavoratori, solo e soltanto con più repressione.

Ma è stato denunciato anche il memefreghismo dell’amministrazione comunale di Taranto, con sindaco e assessori che pensano solo ai “cambi di casacca” e occupazioni di poltrone e nulla fanno per la condizione dei detenuti, come per il lavoro, il reddito ai disoccupati, alle donne, ai settori poveri di questa città.

Nonostante la solita presenza esagerata di carabinieri e polizia, ad un certo punto un folto gruppo, soprattutto di compagne, attraversando i campi, è andato vicino alle mura del carcere dove le persone all’interno potevano sentirci e vederci meglio. Slogan forti, sventolio di bandiere, gridati alcuni nomi di


chi era incarcerato, mentre dalle celle i detenuti rispondevano con i loro saluti emozionati, con tutto quello che potevano – Un bel momento di solidarietà “ravvicinata”!

 

Alcuni rinchiusi nelle carceri hanno gridato che le guardie carcerarie volevano impedire che loro si affacciassero alle inferriate per setire e salutare i manifestanti. Chiaramente questo è stato subito fortemente denunciato e la solidarietà/l’unità tra chi era fuori e chi era dentro è continuata

 

Abbiamo lanciato l’appello ai detenuti a ribellarsi, prendendo l’impegno che ogni loro protesta sarà da noi sostenuta, costruendo nella lotta concreta l’unità necessaria tra detenuti e solidali contro la repressione, contro le condizioni nelle carceri.

Nella manifestazione si è ricordata la mobilitazione per la libertà immediata di Anan che lo Stato italiano, complice di Israele, tiene ancora rinchiuso nelle carceri per la sua battaglia per la Palestina, in difesa della resistenza del popolo palestinese. Proprio il giorno dopo (il 10 novembre) si teneva al carcere di Terni, dove Anan è rinchiuso, una nuova manifestazione.

 

 

NO ai fogli di via – strumento di repressione contro palestinesi e attivisti solidali con la Palestina

Solidarietà a Mohammad Hannoun


Abbiamo appena saputo che all’amico e fratello Mohammad Hannoun, esponente dell’ API, è stato notificato un foglio di via da Milano. 
La motivazione sarebbe la sua giustificazione pubblica della risposta dei manifestanti solidali con il popolo palestinese, vittima di un genocidio, a quelle vigliacche e nutrite squadracce sioniste e  fasciste che hanno imperversato per Amsterdam stracciando e bruciando bandiere palestinesi e inneggiando allo sterminio nazisionista dei bambini e delle bambine palestinesi. 
Una reazione che riteniamo comprensibile, legittima, umana e naturale di fronte a un genocidio. 
Ci fa inorridire l’ accostamento all’ antisemitismo di una naturale reazione ad una orribile e disumana apologia di genocidio. 
Un paragone ignobile e strumentale e perché non abbiamo mai sentito la stessa indignazione elevarsi in più di un intero anno di disumano sterminio a Gaza.  
Un’ indignazione ipocrita e miserabile perché rapporta l’ allontanamento da Amsterdam a calci nel sedere dei nazisionisti appartenenti a una tifoseria nota per la loro ideologia razzista, arabofobica, islamofobica e fascista con il contorno dell’ apologia dello stupro delle “donne del nemico”, al genocidio pianificato di un popolo. 
Mohammad è uno di noi, un nostro amico e fratello da tempo oggetto della persecuzione sionista e dei suoi complici al governo italiano sotto la pressione delle comunità sioniste ubriache di odio e di suprematismo. Come risposta a questo atto repressivo e persecutorio vogliamo inviare a Mohammad e alla sua famiglia la nostra massima solidarietà e il nostro affetto. 

A presto ancora insieme in piazza per la Palestina. 
Per una Palestina libera. 
No allo stato di polizia!
Le compagne e i compagni del Csa Vittoria.