Torino, la lettera denuncia delle detenute:

 «Questa galera non serve a nessuno»

L’istituto ha una capienza di 76 posti, ma normalmente ospita un centinaio di recluse nel padiglione F, oltre a quelle collocate nell’istituto a custodia attenuata. Il sovraffollamento annuale medio supera il 25%

«La soluzione non è più la repressione, il controllo sociale o il castigo, ma riportare la legittimità in questo “non-luogo”». Lo scrivono le detenute casa circondariale Lorusso di Torino in una lettera aperta in cui chiedono il rispetto dei diritti di tutti reclusi.

I problemi del carcere torinese sono tanti: dalle strutture fatiscenti alla mancanza di personale, passando per le poche possibilità di svolgere corsi e attività propedeutiche al reinserimento sociale. La criticità maggiore è però rappresentata dal cronico sovraffollamento. La sezione femminile, dove lo scorso anno due donne si sono tolte la vita nel giro di poche ore, ha una capienza di 76 posti, ma normalmente ospita un centinaio di recluse nel padiglione F, oltre a quelle collocate nell’istituto a custodia attenuata. Il sovraffollamento annuale medio supera il 25% e secondo le «ragazze di Torino» i corridoi del carcere somigliano più a un girone dantesco, con una grande percentuale di detenute con problemi psichiatrici che avrebbero bisogno di cure e trattamenti differenziati. Ieri una delegazione dell’associazione Nessuno Tocchi Caino ha visitato il Lorusso e Cotugno, in mattinata ispezionerà il carcere di Aosta e nel pomeriggio terrà una conferenza con il Dipartimento Carceri del Movimento Forense, la Camera Penale « Vittorio Chiusano» e il garante regionale dei detenuti Bruno Mellano.

Per le detenute torinesi è un’occasione importante per portare la loro voce oltre le sbarre: «Sono passati due anni dagli applausi di tutti i parlamentari al Presidente Mattarella che chiedeva che le carcere non fossero sovraffollate, ma nulla è stato fatto — scrivono le donne recluse alle Vallette —. Chiediamo che venga varata con urgenza una misura deflattiva e vogliamo dare impulso alle proposta di legge di modifica della liberazione anticipata». E sul sovraffollamento aggiungono: «È fuorilegge, benzina sul fuoco in una situazione esplosiva e vanifica la condizione di trattamento utile al reinserimento. Questa galera non serve a nessuno».

padroni assassini assolti – chi protesta è condannato info SRP

Nel 2022 lanciarono vernice rossa contro la sede di Confindustria a Torino: 8 persone condannate

Manifestavano contro la morte di Lorenzo Parelli, colpito da una putrella mentre svolgeva un’attività di scuola-lavoro

TORINO – 3 assoluzioni e 8 condanne: è questo l’esito del processo contro gli studenti che, protestando per la morte di Lorenzo Parelli e chiedendo più sicurezza nel percorso di alternanza scuola-lavoro, nel febbraio 2022 avevano lanciato uova con vernice rossa contro la sede dell’Unione Industriale di Torino.

Le accuse

Il pubblico ministero Paolo Scafi ha contestato agli imputati i reati di lesione, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. Durante il processo i ragazzi e le ragazze, insieme ai loro avvocati, avevano sostenuto che l’azione davanti a Confindustria fosse simbolica e che non c’era mai stata la vera volontà di fare irruzione nei locali.

L’azione violenta non era condivisa

Il presidio sotto Confindustria non era stato concordato con tutto il corteo. Come era emerso qualche giorno dopo i fatti, l’irruzione simbolica era stata avviata in autonomia da una parte minoritaria dei manifestanti; questo repertorio di protesta era stato condannato dal coordinamento principale del corteo.

Otto mesi con la condizionale al 25enne arrestato a Berlino al corteo Pro Palestina – info

 

Il giovane era stato poi arrestato per aver colpito alla schiena un agente lanciando un grosso sanpietrino e aver scalciato mentre veniva portato via

È stato condannato a otto mesi sospesi con la condizionale il 25enne italiano, L.M.C., tatuatore nato a Torino, fermato il mese scorso a Berlino durante una manifestazione filopalestinese. Il giovane era stato poi arrestato per aver colpito alla schiena un agente lanciando un grosso sanpietrino e aver scalciato mentre veniva portato via.

Nel pronunciare la sentenza, il giudice ha detto che l’arresto è stato revocato e l’imputato può lasciare il carcere. La manifestazione si era tenuta lo scorso 18 ottobre durante una manifestazione filopalestinese nel quartiere di Neukoelln, area multietnica della città, degenerata in scontri tra dimostranti e polizia.

Secondo il quotidiano Der Tagesspiegel si tratterebbe appunto di un tatuatore di Torino residente a Berlino da circa sei mesi. Detenuto dall’arresto, l’imputato era accusato di tentate lesioni gravi, grave turbamento della quiete pubblica e aggressione contro le forze dell’ordine.

Durante il processo apertosi oggi a Berlino,  il primo relativo ai disordini del 18 ottobre, il 25enne ha ammesso di aver lanciato una pietra contro un agente, ma non si è espresso sugli altri reati contestati. Inoltre, ha dichiarato di aver manifestato «per la pace e contro la guerra» e respinta ogni accusa di  antisemitismo.

un appello dalla Francia pervenuto oggi #LibérerMariamABOUDAQQA _ soccorso rosso proletario invita a far girare questo appello

Mariam ABOU' DAQQA à été enlevé dans la nuit du 08 Novembre 2023 à Paris.
Elle etait de retour d'une projection du film Yallah GAZA.
elle est rentrée avec ces amis. Arrivée sur son lieu d'hébergement il y avait 4 hommes en civils qui l'ont interpellé par la force et on bousculé ces amis qui étaient avec elle. Elle est actuellement au commissariat.
Il y a eu un arrêt d'expulsion mais le tribunal ne l'a.pas encore siginifier officiellement .
Somme nous encore dans un état de droit ? 
#LibérerMariamABOUDAQQA
Urgence...
Mariam ABUDAQA 
Féministe, palestinienne emprisonnée dans les geôles israéliennes à 15 ans pour fait de résistance contre l'occupation...
Cette nuit, brutalisée et enfermée à 72 ans en plein Paris.

Mariam Abudaqa a été enlevé en pleine rue cette nuit par une unité de police en civil, et est détenue depuis dans un commisariat.

Haute figure de la résistance palestinienne, l'État français veut la faire taire.
Appel à rassemblement aujourd'hui 9 novembre
à 12:30
devant le commissariat du 12ème arrondissement
22 rue de l'Aubrac, 75012 Paris.
Merci de mobiliser le maximum de monde

solidali con Luca dolce info SRP

Presidio di solidarietà davanti al carcere per l’anarchico Luca Dolce

Il 37enne detto ‘Stecco’, arrestato ieri dal Nocs di Dolceacqua, ha salutato i partecipanti dalla cella mentre i presenti intonavano cori contro carceri e cpr

SANREMO – Una trentina di antagonisti arrivati dal Nord Italia (da Genova i compagni del Grimaldello, n.d.r.) sta effettuando un presidio sotto il carcere di Sanremo per Luca Dolce, l’anarchico latitante arrestato sabato dal Nocs a Dolceacqua (Imperia).

Dolce ha salutato dalla finestra della sua cella i ragazzi che hanno urlato slogan come “Galere e cpr non ne vogliamo più, colpo su colpo le tireremo giù” mostrando striscioni di solidarietà.

I detenuti hanno risposto con un ‘cacerolazo’, ovvero battendo le stoviglie sulle grate. Sul posto il reparto mobile della Guardia di finanza, carabinieri, digos e polizia.

info stampa borghese

 arrestato  a Dolceacqua l’anarchico latitante Luca Dolce

Dolce, classe 1984, ha ricevuto una condanna insieme ad altri 62 anarchici per i reati commessi al valico del Brennero il 7 maggio 2016

IMPERIA – È stato catturato nel centro storico di Dolceacqua, nell’imperiese, il latitante anarchico Lucia Dolce, 37 anni, triestino, che si trova ora nel carcere di Imperia.

Dolce, classe 1984, ha ricevuto una condanna insieme ad altri 62 anarchici per i reati commessi al valico del Brennero il 7 maggio 2016. L’uomo è ritenuto dagli investigatori un punto di riferimento tra gli anarchici del Triveneto e anche un elemento di collegamento con gruppi dell’antagonismo e del marxismo leninismo, anche per la sua produzione di documenti e testi pubblicati sui media d’area anarchica.

L’attività di indagine finalizzata alla localizzazione del latitante è stata caratterizzata da estrema difficoltà operativa a causa delle straordinarie accortezze e dei consolidati atteggiamenti controinvestigativi messi in atto da Dolce e dai suoi fiancheggiatori.

Tali comportamenti e conoscenze sono maturati anche alla luce dell’esperienza fatta – secondo gli investigatori – in occasione dell’aiuto fornito per la latitanza di Juan Antonio Sorroche. Nelle ultime settimane l’area di ricerca è stata ristretta, a questo punto è stato impiegato personale del Nocs, che ha operato unitamente a elementi specializzati delle squadre di pedinatori e tecnici.

Il favoreggiamento della latitanza di Dolce si inserisce nel più ampio quadro d’indagine sul sodalizio di matrice anarco-insurrezionalista trentino, che “rappresenta una delle compagini libertarie più attive in ambito nazionale, per associazione sovversiva con finalità di terrorismo, finalizzata, oltre che al favoreggiamento del latitante, al compimento di specifici episodi delittuosi e dei reati di istigazione ed apologia con finalità di terrorismo”, si legge in una nota.

Secondo gli inquirenti, Dolce rappresenta “una figura di assoluto rilievo dato il suo consolidato carisma riconosciuto trasversalmente da tutte le realtà anarchiche nazionali”. La sua assidua militanza e propaganda sulle tematiche anticarcerarie e antirepressive, che hanno caratterizzato anche la recente campagna di lotta in solidarietà all’anarco-insurrezionalista, Alfredo Cospito lo collocano tra gli elementi più in grado di influenzare e orientare l’intero movimento anarchico nazionale”, conclude la nota.

Pur essendo friulano, dal 2009 “Stecco”, questo il soprannome, ha trascorso molto tempo con il gruppo anarco insurrezionalista trentino, nella zona di Rovereto, dove si è occupato di propaganda e logistica. Secondo gli accertamenti svolti, Dolce avrebbe avuto anche un ruolo di coordinamento, a livello nazionale, nella promozione di attività anti carcerarie e ha intrattenuto corrispondenza con detenuti appartenenti alle Brigate Rosse.

Nel 2021 il 37enne era stato condannato a 2 anni e 4 mesi dopo gli scontri con le forze dell’ordine in occasione di una manifestazione organizzata contro la Lega nel 2018. Sempre nel 2021 l’autorità giudiziaria di Trento aveva emesso un provvedimento che unificava le pene concorrenti stabilendo per Dolce 3 anni e 6 mesi. L’ultima condanna è del 17 marzo scorso, quando la Corte d’appello di Trento lo ha condannato, assieme ad altri 62 anarchici, a tre anni di reclusione per i reati commessi al Brennero il 7 maggio 2016 durante una manifestazione di protesta contro il muro anti migranti annunciato, e mai realizzato, dal governo austriaco.

L’uomo, ricercato dal 2021, è stato individuato al termine di una complessa indagine della Direzione centrale della polizia di prevenzione che aveva costituito un gruppo di lavoro con le Digos di Trento, Treviso, Trieste, Genova e Brescia. L’attività è stata coordinata dalla Procura distrettuale di Trento diretta da Sandro Raimondi.

Dolce, che al momento della cattura aveva una carta di identità falsa, ha diversi precedenti ed è stato in carcere a Tolmezzo, Ferrara – dove è stato detenuto assieme ad Alfredo Cospito – e Modena.

solidarietà a Abdou Mohammed e Amadou – soccorso rosso proletario

4 g 
Processo contro le proteste nel centro di accoglienza Ex Caserma Serena (Treviso): richieste condanne oltre i 6 anni. Solidarietà a Abdou, Mohammed e Amadou!
Il 6 ottobre si è tenuta presso il tribunale di Treviso un’altra udienza del processo contro Mohammed, Amadou e Abdourahamane. Chaka Ouattara, il quarto imputato di questo processo, è morto nel carcere di Verona, in isolamento in regime di 14bis, il 7 novembre 2020.
I tre sono accusati di devastazione e saccheggio, sequestro di persona e resistenza a pubblico ufficiale per le proteste scoppiate a giugno 2020 nel CAS (centro di accoglienza straordinaria) di Treviso, Ex Caserma Serena, allora gestita dalla cooperativa Nova Facility.
Per ciascuno di loro, il PM ha chiesto condanne oltre i 6 anni di reclusione. E’ stata fissata al 20 ottobre l’udienza per la sentenza di primo grado.
Ricordiamo che la protesta nell’ex Caserma Serena dell’11 e 12 giugno 2020 scoppiò per denunciare la malagestione della pandemia covid all’interno del CAS da parte della cooperativa Nova Facility, insieme a Prefettura e Ulss di Treviso. Un protesta che parlava però anche delle condizioni di vita in generale dentro la struttura, già denunciate anche in precedenza dalle persone costrette a viverci: le condizioni igieniche degradanti, le cure mediche assenti, le camere-dormitorio, la rigidissima disciplina con cui sono applicate le regole dell’accoglienza, la collaborazione tra operatori e polizia, il lavoro volontario all’interno del centro.
Quella protesta è scoppiata nel contesto di un’ondata di rivolte -restata decisamente invisibile per tant- che in realtà hanno attraversato decine di centri di accoglienza, hotspot e navi quarantena nell’estate del 2020. Da allora gli apparati repressivi dello Stato hanno voluto punire in modo esemplare chi ha partecipato alla protesta all’ex caserma serena per dare un segnale a tutti gli altri. La repressione e il carcere hanno ammazzato Chaka.
Su una richiesta di condanna così alta peserebbe in particolare la conferma da parte del PM della sussistenza di devastazione e saccheggio. Un reato utilizzato sempre più sistematicamente dalle procure -anche se spesso caduto in primo grado- per reprimere le rivolte nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (ad esempio la rivolta del 2015 nel CARA di Mineo, quella nel CARA di Borgo Mezzanone nel 2017, quella a Bari nel 2014) e nei centri di permanenza per il rimpatrio (come le rivolte che distrussero il CIE di Crotone e quello di Milano nel 2012, quello di Caltanissetta nel 2017), ma anche in importanti momenti di piazza, alle frontiere (come nel processo del Brennero), e nelle carceri dopo le rivolte del marzo 2020.
Di fronte alle stragi che continuano a consumarsi nel Mediterraneo, di fronte alle morti sempre più quotidiane dentro le carceri, in un momento in cui il governo italiano moltiplica i luoghi della detenzione amministrativa, reprime ancora di più chiunque non obbedisce alle regole imposte dal regime dell’accoglienza, e priva migliaia di persone della possibilità di regolarizzarsi, è necessario più che mai stare al fianco di chi lotta contro tutto questo.
Al coraggio di chi in un centro di accoglienza ha lottato contro le leggi razziste, contro lo sfruttamento, contro la reclusione, deve corrispondere la nostra solidarietà concreta.
Per ricordare Chaka, per sostenere Abdou, Mohammed e Amadou, invitiamo a moltiplicare ovunque le iniziative di solidarietà il giorno dell’udienza, il 20 ottobre.
Contro la repressione e il razzismo, solidarietà agli imputati e libertà per tutt!

Bernardetta Bancone

ACCOGLIENZA ??? NEI MODERNI LAGHER ??? …PERCHE’ QUESTO SONO …