Giovedì 5 maggio l’anarchico imprigionato Alfredo Cospito ha ricevuto notifica della disposizione nei suoi confronti del regime penitenziario del 41 bis. Al momento Alfredo è ancora detenuto nel carcere di Terni, nell’apposita sezione dedicata. Non sappiamo se questa è una destinazione provvisoria e se ad essa seguirà un trasferimento in altro istituto. Il decreto è stato disposto, come prevede la norma, direttamente dalla ministra della giustizia Marta Cartabia, già presidente della corte costituzionale. Ricordiamo, molto brevemente, che il 41 bis è un regime penitenziario particolarmente afflittivo, che prevede, onde impedire ogni forma di comunicazione, l’isolamento, l’assenza di socialità e di ogni attività interna, il silenzio, la censura della corrispondenza, un’ora di colloquio mensile col vetro divisorio e il «citofono», quindi la registrazione del colloquio stesso, 10 minuti di telefonate al mese con un familiare autorizzato costretto a telefonare dall’interno di una caserma dei carabinieri. Ai reclusi è fatto divieto di ricevere giornali e libri, preventivamente la gran parte della corrispondenza viene bloccata a causa dei suoi contenuti, inoltre, non è possibile acquistare giornali e vi è una forte limitazione nella disponibilità di oggetti all’interno della cella (libri, vestiti, cibo, carta e penna contingentati).
Con questo provvedimento, la ministra Marta Cartabia sembra aver deciso di anticipare di venti giorni la sentenza della cassazione nel processo Scripta Manent, prevista per il 25 maggio, processo nel quale Alfredo è stato condannato in appello a venti anni di reclusione per associazione sovversiva con finalità di terrorismo e strage con finalità di terrorismo (a cui vanno aggiunti i nove anni e mezzo del processo per la gambizzazione dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, l’ing. Adinolfi).
Proprio il reato di strage potrebbe essere stato il grimaldello che ha permesso la disposizione del 41 bis nei confronti di Alfredo. Lo stesso reato di strage è imputato, sempre nel processo Scripta Manent, all’anarchica Anna Beniamino, condannata a 16 anni e 6 mesi, e in un altro processo, all’anarchico Juan Sorroche, a dimostrazione di come il precedente sia già ora potenzialmente gravido di conseguenze per altri compagni.
Non è la prima volta che un provvedimento del genere viene applicato a dei rivoluzionari, nel 2006 quattro prigionieri delle Brigate Rosse furono internati in tali strutture (una tra questi, Diana Blefari, suicidatasi nell’ottobre del 2009, poco tempo dopo essere stata declassificata dal 41 bis). Questo è un precedente che, nonostante le mobilitazioni, non è stato ancora disarticolato.
In Italia il reato di strage è previsto anche senza morti e feriti, in base alla potenzialità di un attacco esplosivo. Ed è qui che si rivela in tutta la sua ipocrisia la politica repressiva dello Stato dell’inversione delle responsabilità-
In vista del 25 maggio, quando la Corte di Cassazione deciderà in merito al processo relativo all’inchiesta Scripta Manent, è stata indetta a Torino una manifestazione per il 21 maggio (ore 10 P.zza Borgo Dora, zona Balon) contro queste logiche repressive, per rispedire al mittente la responsabilità delle stragi, per difendere le pratiche rivoluzionarie
Di seguito il testo completo dell’appello:
Il 25 maggio, la Corte di Cassazione deciderà in merito al processo relativo all’inchiesta Scripta Manent, processo nel quale una compagna, Anna, è stata condannata a 16 anni e 6 mesi, e tre compagni, Nicola, Marco e Alfredo rispettivamente a 13 mesi, 21 mesi e 20 anni.
Fra i reati per cui sono stati condannati, oltre all’associazione sovversiva e i reati fine ad essa collegati, per alcuni di loro vi è quello di strage. Come al solito lo Stato attua la politica dell’inversione delle responsabilità, quando nella realtà è lo stesso Stato che ogni giorno commette stragi impunite nelle guerre, nelle carceri, nei mari, sul lavoro, nelle strade, in una costante pratica affermata del monopolio della violenza.
Quando qualcuno prova a rompere questo monopolio, restituendo un’infinitesimale parte della violenza statale, viene duramente represso. Per questo, sotto processo ci sono le pratiche rivoluzionarie che gli anarchici e le anarchiche hanno sempre sostenuto e che da sempre fanno parte del loro percorso.
Dietro a questa, come ad altre vicende giudiziarie, c’è il tentativo degli inquirenti di voler rileggere sotto la loro lente di ingrandimento la storia del mondo anarchico, dividendolo tra buoni e cattivi.
Finalità del processo è la volontà di zittire i compagni distribuendo anni di galera. A conferma di tutto ciò, dallo scorso 5 maggio ad Alfredo è stata applicata la tortura legalizzata del 41-Bis, il più pesante regime di isolamento previsto dallo Stato italiano.
Opponiamoci a queste logiche repressive, rimandiamo al mittente la responsabilità delle stragi, difendiamo le pratiche rivoluzionarie.
No al 41-Bis, liber* tutt*!
Sabato 21 maggio saremo in strada a Torino, ore 10 P.zza Borgo Dora, zona Balon.
Cassa Antirepressione Alpi Occidentali