Dal 16 giugno Natascia Savio è in sciopero della fame contro il trasferimento al carcere di S.M. Capua Vetere. Solidarietà e mobilitazione

“Lucidamente consapevole della strategia punitiva che sta ponendo in essere il DAP nei miei confronti, e contemporaneamente offuscata di rabbia e disgusto, ho deciso che, se non ho mezzi per interpormi concretamente alle loro logiche vendicative, ho perlomeno la possibilità di non lasciarglielo fare con la mia collaborazione. Alla notizia del mio ritorno a S. Maria, alle h. 18.00 del 16.06.21, ho immediatamente comunicato l’inizio di uno sciopero della fame a tempo indeterminato. So che queste decisioni non competono alla direzione del carcere, ma io in questo posto di merda non intendo più mangiare un boccone”

Con queste parole il 16 giugno, alla notizia del nuovo trasferimento nel carcere di S. Maria Capua Vetere, Natascia ha intrapreso uno sciopero della fame a tempo indeterminato.

Natascia si trova in carcere da oltre due anni, accusata assieme ad altri due compagni, Beppe (anche lui imprigionato da oltre due anni) e Robert, dell’invio di buste esplosive all’ex direttore del DAP, Santi Consolo, e a due pm torinesi particolarmente dediti all’accanimento giudiziario nei confronti di compagne e compagni, Rinaudo e Sparagna.

Dal giorno del suo arresto, Natascia non ha mai subito passivamente le angherie dei suoi carcerieri: trasferimenti punitivi in luoghi improbabili e lontani dai propri affetti e dal proprio avvocato, impossibilità di comunicare in maniera adeguata con il proprio legale per riuscire a costruire una qualunque difesa processuale, processi in videoconferenza, censura e trattenimenti arbitrari sulla corrispondenza, strette sui colloqui e sull’ora d’aria, sulla musica, sui libri.

Stanno tentando in ogni modo di fiaccare la forza e la determinazione di Natascia, e nel contempo di lanciare un monito per chiunque decida di porsi di traverso con corpo, testa e cuore alle loro decisioni. Il suo trasferimento nel carcere di S. Maria Capua Vetere è solo l’ultimo degli stratagemmi vendicativi messi in atto dal DAP. Lo stesso carcere noto alle cronache per i brutali pestaggi e per le torture subite e testimoniate da diversi prigionieri e che ebbero luogo nell’aprile del 2020, a freddo e dopo una protesta nata in piena emergenza sanitaria per chiedere tamponi e pretendere le distanze sociali rese impossibili dal sovraffollamento carcerario. Lo stesso carcere che in questi giorni è noto alle cronache per la notizia di 52 misure cautelari emesse nei confronti di altrettante guardie penitenziarie proprio per quegli stessi fatti. (Qui il video dei pestaggi)

Natascia ha deciso di usare il suo corpo per non subire passivamente la lunga sequela di azioni infami che il DAP e la direzione del carcere di Santa Maria Capua Vetere hanno deciso di adottare nei suoi confronti, e che proseguono incessantemente da quasi 4 mesi.

La corte d’assise di Genova ha deciso che il processo per l’op. Prometeo non può rallentare neppure di fronte ad un leso diritto alla difesa: the show must go on.

Venerdì 2 luglio, h: 8,30 vi sarà un presidio di solidarietà davanti al tribunale di Genova e Domenica 4 luglio ore 14, sotto il carcere di Santa Maria Capua Vetere, in solidarietà con la compagna anarchica Natascia in sciopero della fame
e con tutti i detenuti e le detenute di quell’infame galera.

Segue testo di Nat sullo sciopero della fame

 

– E MENO MALE CHE IN CAMPANIA SE MAGN’ BBUONO! –

Ciao ragazzi!

Due righe di aggiornamento al volo.
Senza perdere un minuto, la notte successiva all’ultima udienza preliminare di Scintilla, mi hanno rimessa su un aereo per rispedirmi in questo postaccio di merda, S. Maria Capua Vetere. Sapevo che la trasferta al nord era solo un appoggio temporaneo, ma pensavo sinceramente che avrei avuto un po’ di tempo in più, così come ingenuamente speravo che avrebbero almeno letto le varie istanze presentate, da me e dall’avvocato, per la riassegnazione.

Dal giorno in cui mi hanno trasferita qui, 3 mesi fa, non ho più potuto comunicare decentemente con il mio avvocato: i colloqui sono stati riaperti, quindi niente video chiamate né chiamate su richiesta del legale, le telefonate sono 1 mensile di 10 minuti, anche per gli imputati e anche per chi sta a 1.000 chilometri dalla sede del processo o da casa. Se è in vena, il direttore può concederne una seconda straordinaria nel corso dello stesso mese, ma ovviamente, in quanto concessione, non ha nessun obbligo di farlo, e in ogni caso è fuori discussione superare le due mensili. 20 minuti al mese, in una stanzetta soffocante, e nell’orario e giorno prestabiliti, augurandosi che il tuo difensore quel giorno sia in studio. 20 minuti al mese, da un mese e mezzo prima che iniziasse il processo, sino ad oggi, che il dibattimento è sostanzialmente giunto al termine. Ci restano 2 udienze, prima della requisitoria, 2 udienze in cui si sarebbe dovuto ragionare di dichiarazioni spontanee, esame e controesame, ma a quanto pare mi toccherà ragionare in solitaria. A pensar male, sembra quasi che si faccia di tutto per impedire una difesa “dignitosa”… anzi: una difesa qualunque… non sia mai che l’iperbolico e morbosetto castello di carte dell’accusa dovesse iniziare a scricchiolare. Molto meglio se questa possibilità, quella di difendersi in aula, è ridotta al lumicino. Non mi dilungherò qui su come la videoconferenza si sposi alla perfezione con questa strategia, di questo si è già discusso molto (anche se forse non abbastanza). Si sa, spesso a pensar male si pensa bene. Dei 20 giorni trascorsi a Vigevano, 15 li ho trascorsi in isolamento sanitario ed 1 in udienza, altri due a fare i bagagli tra andata e ritorno… insomma, nemmeno questa è stata un’occasione per parlare con l’avvocato, visto che gli isolati non possono ricevere visite. Inutile aggiungere che ora sono di nuovo in quarantena.

Insomma, bando alle ciance: lucidamente consapevole della strategia punitiva (e preventiva?) che sta ponendo in essere il DAP nei miei confronti, e contemporaneamente offuscata di rabbia e disgusto, ho deciso che, se non ho mezzi per interpormi concretamente alle loro logiche vendicative, ho perlomeno la possibilità di non lasciarglielo fare con la mia collaborazione. Alla notizia del mio ritorno a S. Maria, alle h. 18.00 del 16.06.21, ho immediatamente comunicato l’inizio di uno sciopero della fame a tempo indeterminato. So che queste decisioni non competono alla direzione del carcere, ma io in questo posto di merda non intendo più mangiare un boccone. E peccato, perché le compagne di gabbia fanno delle pizze… ma mi è passata proprio la fame!
Ad oggi, nessun medico mi ha visitata né pesata.
Alle donne che ho intorno pare un po’ una sciocchezza, ‘na capata!, d’altronde qui c’è gente che rischia il fine pena MAI e si fa andar bene queste condizioni… ma anche questo è un altro discorso.
So che alcuni di voi non hanno mai smesso di riflettere su isolamento e dispersione… mi dispiace non essere in grado di fornire nuovi spunti o idee “innovative”, ma in questo momento, in cui ho deciso molto di pancia di intraprendere questa nuova sfida, non sono riuscita a pensare a nulla di meglio che usare nuovamente il mio corpo, digiunando.

Vi ho scritto queste due righe di getto, sulla scia della stessa ondata emotiva, di ribrezzo assoluto, che mi ha invaso rivedendo queste mura di merda. Spero di non essere stata troppo confusionaria.

Vi abbraccio tutti con molta forza!

A pancia vuota e testa alta,
Salud y Anarquìa

Nat