storie di ordinaria repressione

Da Gabriella Spada

Le nuove tecniche acab:

( Sono entrato nell’ufficio e sono stato ammanettato e messo a sedere, sulla mia sinistra è stato piantato un treppiedi con una telecamera. Di fronte a me due uomini in camicia della scientifica, dietro di me 5 o 6 agenti della Digos. Due carabinieri in uniforme, infine, a presenziare alla cerimonia.

Comincia lo spettacolo, la telecamera inizia a registrare, viene aperta la busta del Ministero con il materiale, un funzionario di polizia recita una formula di rito a cui io rispondo negativamente. Tale formula ha il sapore della sentenza. Così gli agenti della Digos, aiutati dai carabinieri, si buttano su di me, mani al collo, testa all’indietro, stringono forte, cercano di farmi spalancare la bocca, mi danno colpi nel ventre e con le dita cercano di scavare le guance e nel costato. Intanto si avvicina uno dei due in camice e con il tampone mi preme con forza sulle labbra serrate. Mi tappano il naso, non riesco più a respirare, apro la bocca, l’agente ci ficca dentro il tampone per più volte. Mi lacrimano gli occhi, ho un conato di vomito, sono pieno di bava sulla faccia. L’operazione si ripete una seconda volta, sempre peggio e neanche i presenti, forse novizi della pratica, sembrano gradire la scena.

Finisce tutto, chiuso il sipario, ma senza applausi.

– testimonianza di un compagno di Torino)