Covid nelle carceri, situazione esplosiva e sciopero della fame a Busto Arsizio. Una petizione on line da diffondere

Un centinaio di detenuti del carcere bustocco ha iniziato una protesta con sciopero della fame per chiedere misure alternative e più telefonate con i parenti

La situazione nel carcere di Busto Arsizio sta emergendo in tutta la sua drammaticità. In alcune celle della struttura di via per Cassano Magnago è iniziato uno sciopero della fame da parte di un gruppo di detenuti che, tramite i loro legali, hanno fatto avere alle testate giornalistiche un testo che racconta il grande disagio che si sta vivendo nelle anguste celle delle realtà penitenziarie come quella di Busto Arsizio che già da anni soffre una situazione di sovraffollamento.

I detenuti chiedono la valutazione e l’accelerazione delle decisioni sulle misure alternative al carcere, colloqui telefoni giornalieri con i parenti, scarcerazioni anticipate dove possibile e risoluzione dei problemi di chi ha figli minori a carico.

Il quadro è il seguente: 174 detenuti contagiati, accolti in gran parte nei Covid hub di San Vittore e Bollate, 11 ricoverati e 142 operatori in quarantena fiduciaria per positività o contatti con persone risultate positive.

Qui una petizione da condividere e sottoscrivere:

Il diritto alla salute è di tutti, nessuno escluso.

Fin dall’inizio della pandemia avevamo già rivolto alle SS. VV. un appello affinché venissero adottati provvedimenti straordinari per la popolazione detenuta che la mettesse al riparo dal rischio contagio e diffusione del virus, consapevoli sia dei limiti della sanità penitenziaria -già in condizioni di normalità-, sia del sovraffollamento cronico che impedisce, di fatto, il distanziamento sociale che la trasmissibilità del Covid 19 impone quale misura primaria di prevenzione.

Nell’appello facevamo riferimento soprattutto a quella parte di popolazione detenuta maggiormente vulnerabile se esposta a contatti con soggetti contagiati: anziani e ammalati; d’altra parte, le linee guida elaborate dall’OMS e dal Centro di prevenzione e controllo delle malattie europeo, e le raccomandazioni del CPT sulla gestione dell’emergenza Covid per le persone detenute e internate, sono chiarissime e sottolineano la preminenza del diritto alla salute di ognuno senza distinzioni di sorta.

Preminenza sancita dalla nostra Costituzione all’art. 32 che, ricordiamo, è l’unico diritto qualificato quale fondamentale, e finanche dal Codice Penale del 1930 agli articoli 146 e 147 che determinano la recessione della potestà punitiva dello Stato a fronte del diritto alla salute, ed è azione obbligatoria nei casi individuati ai sensi dell’art. 146.

Sottolineiamo che lo Stato italiano è obbligato ad attenersi alle raccomandazioni elaborate dagli organismi internazionali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione.

Alle indicazioni fornite dagli esperti della realtà penitenziaria sin dalla fine di febbraio (sindacati di polizia penitenziaria, garanti, operatori del diritto e della giustizia, associazioni), ovvero ridurre sensibilmente il sovraffollamento e sostituire la misura detentiva con la detenzione domiciliare o ospedaliera per tutti i soggetti portatori di determinate patologie – sì da poter gestire l’eventuale, e purtroppo verificatasi, emergenza-, questo governo, e questo parlamento, hanno preferito seguire le sirene del populismo penale agitato da alcuni media a scapito dello Stato di diritto e della salute della comunità penitenziaria che oggi, purtroppo, conta oltre 1300 persone contagiate tra detenuti e operatori, con un trend in crescita costante che sta colpendo indistintamente la popolazione detenuta finanche nelle sezioni di 41bis che qualcuno, pretestuosamente, aveva dichiarato immuni da possibili contagi.

I numeri e la velocità con cui si sta diffondendo il virus nelle carceri non possono essere né sottovalutati né subordinati al titolo del reato, trattandosi del diritto alla salute che la nostra Costituzione e le leggi primarie tutelano sopra ogni altro diritto indistintamente per ciascun cittadino; diversamente si andrebbe a configurare la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, cosa per la quale più volte l’Italia è già stata condannata.

Gli istituti di legge per evitare che la situazione degeneri ulteriormente sono già in essere, basta applicarli (senza temere di dover rispondere alle pretestuose campagne portate avanti dai media) rispondendo all’emergenza sanitaria con gli strumenti necessari.

Vista la drammatica emergenza sanitaria che sta colpendo la popolazione tutta riteniamo che le misure di prevenzione adottate rispetto alla popolazione detenuta siano assolutamente inadeguate a fronteggiare una situazione che sta mettendo a rischio l’intera comunità penitenziaria. Va tenuto conto che il 50% circa della popolazione detenuta ha una età compresa tra i 40 e gli 80 anni, oltre il 70% presenta almeno una malattia cronica e il sistema immunitario compromesso. È del tutto evidente che la diffusione del virus all’interno delle carceri rischia di assumere dimensioni catastrofiche. Abbiamo visto che limitare o proibire i colloqui familiari, l’accesso dei volontari e i permessi di uscita non ha messo al riparo dalla diffusione dei contagi. Quello che si è creato, e che va crescendo di ora in ora, è un clima di paura e insicurezza nella popolazione detenuta, fra i familiari e il personale penitenziario che comunque è obbligato a garantire il servizio.

Gli istituti penitenziari sono a tutti gli effetti luoghi pubblici, sovraffollati e promiscui, con un via vai continuo di personale e fornitori che sta scatenando una vera epidemia. Pertanto non bisogna dimenticare che la popolazione detenuta, al pari del resto della popolazione, è tutelata dalla Costituzione e dalle carte internazionali dei diritti umani.

Chiediamo che si intervenga con un provvedimento immediato di sospensione della pena per tutte le persone detenute ammalate ed anziane ai sensi degli articoli di legge; chiediamo che il Parlamento vari urgentemente un’amnistia per la rimanente popolazione detenuta, per poi iniziare a pensare un sistema di pene che non calpesti la dignità umana ma dia senso e sostanza a quell’art. 27 della Costituzione troppo spesso dimenticato e calpestato.

http://www.osservatoriorepressione.info/appello-2/?fbclid=IwAR2hlAmmWK4s5LHsbIpTStb215ATQsffpCssS2HVSXMPrlKHrgR1PEkwraE

16 novembre 2020