Dana resta in carcere ma continua a lottare. La solidarietà non si arresta

è ormai terminato il mio primo mese di detenzione. Di come sto e dei miei pensieri più personali vi scriverò dopo, ora vorrei dedicare qualche riga alle emergenza pandemica Covid-19.
Ieri sera in moltie abbiamo ascoltato il discorso di Conte e ogni giorno sfogliamo i giornali alla ricerca di qualche notizia sulle carceri e sulla tutela di noi detenute. Niente. Non vi riporto gli sfottò che girano su Bonafede, dal mio punto di vista sicuramente non un grande giurista, ma soprattutto un ministro che non sta facendo nulla per le carceri, luogo di assembramento per antonomasia.
Qui, dove le distanze di sicurezza anti-contagio non possono essere rispettate, il covid incombe come una minaccia fatale. Si spera, consapevoli e con il timore. Un paese civile attento alle fasce più deboli della popolazione (la popolazione detenuta è una di queste) si attrezzerebbe in maniera diversa. Il carcere non è un luogo isolato, decine se non centinaia di persone entrano ed escono ogni giorno per permettere il funzionamento, così come è organizzato.

Come si può pensare che questa non sia una popolazione ad alto rischio? Anzi mi correggo, sicuramente i nostri governanti lo sanno, ma non interessa perché qualsiasi azione a nostro favore andrebbe a scontrarsi con la pancia più forcaiola di questo paese, importante bacino di voti. E allora si attende e si spera, temendo l’interruzione dei colloqui con i propri cari e di parte delle attività che, col passare dei giorni, appaiono sempre più probabili. Per concludere, dall’alto dovrebbero arrivare dei provvedimenti per ridurre significativamente la popolazione detenuta, bisognerebbe poter essere soli in cella e potenziare i finanziamenti per per la salute di questa popolazione “fragile”. Ovviamente non credo questo accadrà, ma credo sia importante almeno dircelo.

Rispetto a me vi dico che sto bene. Ammetto di aver avuto qualche momento di sconforto, come potrebbe essere altrimenti, ma ora i giorni, poco alla volta, diventano più leggeri ed i miei movimenti si stanno adattando a questi spazi ristretti. Penso molto spesso alle due ore di libertà che, appena saputa la notizia della mia imminente carcerazione, mi sono presa andando a Castel Borello. Là avevo guardato dall’alto un pezzo della Valle, respirato a pieni polmoni e mi sono ripromessa, cosa che rinnovo quotidianamente, che non mi avrebbero allontanato dalla Valle e dai miei compagni di lotta. È così è.

Sono lì con voi, spero mi sentiate vicina. Questa forza interiore, che prendo dai ricordi, ma anche dall’affetto che ogni giorno ricevo dalle lettere, mi sta aiutando a costruire un nuovo equilibrio. Continuo a pensare che questa detenzione sia la nostra ennesima vittoria perché il potere è stato costretto a svelare il suo volto più feroce e vendicativo. È stato sotto gli occhi di tutti, non si potrà cancellare. Forse questa consapevolezza non servirà a risolvere la mia situazione attuale, ma resterà impressa in chi domani, insieme a tutti noi, vorrà lottare per una società più giusta. A breve potrò concludere la mia laurea specialistica (mi mancano due esami) e per noi detenute studentesse (siamo in un po’) è stata allestita un’aula studio al quarto piano. Questa cosa mi fa piacere non lo nego!
Frequento la biblioteca, leggo, scrivo, gioco a pallavolo. Insomma, bene così, nonostante tutto.
In questi giorni mi sto facendo grosse risate leggendo dell’affaire Muttone. Vedere i nomi di chi ci accusa da sempre fregiandosi di alte qualità morali, affiancati dal solito tema di corruzione e malaffare non ha prezzo.
Come si dice? La ruota gira! Speriamo giri sempre di più e che in tempi difficili come questi (a causa del covid) si riesca a continuare a lottare per ciò che è giusto, dare voce a chi da solo non ce la fa, difendere dalla devastazione i nostri territori e il nostro pianeta che ci chiede di fare in fretta.

Siate tenaci anche per me!
Un saluto ai Mulini che resistono, vi penso spesso!
Avanti No Tav!
Dana

Dana ha scritto questa lettera prima di ricevere risposta sull’istanza di sospensiva. Pertanto riportiamo un ulteriore commento da parte sua in seguito al rigetto dal parte del Tribunale:
“Il Tribunale di Sorveglianza, come già sapete, ha respinto l’istanza di sospensiva. Prevedibile direi, come anche l’immaginarsi le varie pressioni in gioco per non dover ammettere di aver agito nei miei confronti in maniera ingiusta. Sicuramente farò delle osservazioni più approfondite, per ora vi dico che con serenità affronterò i mesi che mi attendono qui in carcere.
Siamo dalla parte della ragione!”

da notav.info

Il tribunale boccia la sospensiva per Dana: prosegue l’ingiustizia.

Il Tribunale di sorveglianza di Torino ha bocciato la richiesta di sospensiva della carcerazione di Dana, presentata dai suoi legali, che hanno contestato accuratamente le motivazioni che hanno portato lo stesso tribunale a scegliere l’esecuzione della pena in carcere, bocciando qualsiasi forma alternativa, nonostante vi fossero tutte le condizioni. E’ l’ennesimo fatto grave ed ingiusto nei confronti di Dana, che risulta quindi l’unica, ad oggi, del gruppo dei 12 condannati ad essere stata mandata in carcere.

La giusta opposizione che i legali hanno mosso nei confronti della scelta del tribunale, ha preso in considerazione tutti gli aspetti più illogici di questa vicenda, che vedono “premiare” le segnalazioni della Digos rispetto a tutti i presupposti per scontare in altre forme, come ad esempio la posizione lavorativa, la relazione dei servizi sociali, il reato di per sè.

La Digos ha minuziosamente ricostruito ogni partecipazione di Dana alle iniziative degli ultimi 10 anni, e il tribunale ha dato lo stesso peso ad alcune segnalazioni come se fossero condanne definitive di un processo, con il fatto che…la maggior parte di esse non hanno visto nemmeno un processo aprirsi nel merito ed altre si trovano nello stato di condanne di primo grado.

Sono inquietanti le motivazioni che spingono il tribunale a sostenere la detenzione in carcere come “urgenza di un trattamento rieducativo” nei confronti di Dana, che non “merita” le misure alternative non solo per “la gravita dei delitti di cui la condanna” (parlava ad un megafono!) ma anche perché la sua attività politica, è sintomatica di “una contrapposizione all’ordine democratico e alle sue istituzioni .

Insomma in barba al diritto di dissenso, alla dialettica politica, alla tanto decantata democrazia che i tribunali si ergono a difendere, partendo da un reato irrisorio arrivano a sostenere la pericolosità di Dana e delle sue/nostre idee, che quindi meritano la rieducazione in carcere.

Non solo, nel bocciare la richiesta vi è un ennesimo fatto gravissimo: viene annotata dal tribunale, nel difendere la sentenza precedente emessa: “cui per inciso seguite reazioni scomposte e gravi atti di intimidazione”

 Questo significa che il collegio ha preso in considerazione, nel bocciare la richiesta di sospensiva, dei fatti che non possono essere imputati a Dana (quelli delle solite buste di proiettili che qualcuno in cerca di visibilità si diverte a mandare in giro da tempo), ma che nella fattispecie ricadono su di lei e sulla sua posizione.

Questo ci sembra inaudito! Dana è in carcere per aver parlato ad un megafono durante una manifestazione, per questo fatto ha subito una condanna spropositata a 2 anni. Poi viene mandata in carcere con motivazioni più che discutibili ed ora queste, non vengono prese in considerazione perché “sono seguite reazioni composte e fatti gravi” non imputabili in nessun modo a lei o ai notav.

E’ palese la forzatura in atto che vuole Dana in carcere (per essere rieducata bene, scrivono i magistrati, e solo il carcere può farlo e non gli arresti domiciliari!) per chi è, per quello che rappresenta e non per quello che ha fatto.

Inoltre ci sembra molto chiaro che il tribunale di sorveglianza non sia nella condizione di giudicare “serenamente” e “imparzialmente” perché, visto che lo scrive nero su bianco, si lascia influenzare da fatti esterni al processo.

Evidentemente il tribunale soffre la pressione che gli viene fatta da più parti, con la Digos che, in cerca di visibilità e prospettive di carriera per i suoi dirigenti, fornisce dossier e faldoni ogni giorno, rappresentando ogni forma di protesta come la più pericolosa dal secolo, e la Procura che continua a percorrere la strada tracciata da Caselli/Padalino/Rinaudo che hanno trasformato in un vera e propria crociata, l’attività giudiziaria contro i notav.

Quindi è chiaro che non vi siano le condizioni per giudicare Dana e i notav, serenamente e imparzialmente, ed è ora di prenderne atto.

Ogni giorno che Dana passa in carcere è un giorno in più che alimenta un’ingiustizia palese, una vendetta nei suoi confronti e nei confronti di un movimento che non ha mai abbassato la testa, del quale Dana è stata la voce tante volte, con coraggio e con la determinazione che ci ha sempre contraddistinto.

Da notav.info