Chiudere un detenuto in uno stanzino costringendolo a stare in piedi faccia al muro per oltre mezzora e successivamente picchiarlo con calci e pugni non è tortura, ma solo “trattamento degradante”.
Con questa tesi è stato quindi rilasciato, dai domiciliari, l’agente di polizia penitenziaria che lavorava presso il carcere le vallette di Torino e che nell’ottobre scorso fu indagato, insieme ad altri 5 poliziotti, per gravi e plurimi episodi di violenza nei confronti di detenuti commessi nel carcere di Torino nel periodo compreso tra aprile 2017 e novembre 2018
Ma come le vogliamo chiamare le violenze perpetrate dalla polizia in celle dedicate alla punizione dei detenuti, dove i prigionieri venivano obbligati a spogliarsi e a gridare frasi come “Sono un pezzo di m…” mentre gli agenti li malmenavano con schiaffi e pugni, attrezzati di guanti per non lasciare i segni?
E quando i detenuti erano troppo malconci e dovevano farsi visitare li minacciavano dicendo loro che “dovevano dichiarare che era stato un altro detenuto a picchiarlo, altrimenti avrebbero usato nuovamente violenza su di lui, così costringendolo il giorno successivo alle violenze a rendere in infermeria questa falsa versione dei fatti”
Non è a questo stato che dobbiamo chiedere giustizia, la giustizia si prende e non si chiede, lo stato borghese si abbatte e non si cambia