Per capire qualcosa dell’amministrazione della giustizia, delle carceri e in definitiva di questo paese va considerato che il prossimo 14 settembre davanti al tribunale circondariale di Torino sarà celebrata un’udienza apposita per stabilire se l’anarchico Alfredo Cospito abbia diritto o meno di tenere in cella, nel carcere di Sassari Bancali, le foto dei suoi genitori defunti.
Cospito, recentemente condannato a 23 anni di reclusione per i pacchi bomba di Fossano dalla Corte di assise di appello di Torino (di qui la competenza anche su foto sì è foto no), aveva la disponibilità delle immagini, poi tolte e restituite quando era ospite del supercarcere di Opera.
Una volta tornato dopo il lunghissimo sciopero della fame a Sassari arrivava la decisione di toglierle da parte della direzione che le mandava alla Corte del capoluogo piemontese. Qui i giudici decidevano di trattenerle.
Il difensore avvocato Flavio Rossi Albertini presentava reclamo. Se ne discuterà il 14 settembre insieme alla possibilità per Cospito di poter avere due lettere in entrata.
Non c’è ancora una motivazione del “trattenimento” da parte dei giudici, ma solo le scarne ragioni descritte dai responsabili del carcere di Sassari che l’avvocato definisce “risibili”.
Insomma bisogna discutere della “pericolosità” delle foto equiparate di fatto a pistole coltelli e fucili.
Tutto ovviamente rientra nell’applicazione dell’articolo 41bis del regolamento penitenziario disposto dal ministro Marta Cartabia nel maggio dell’anno scorso, confermato dal Tribunale di Sorveglianza di Roma dove prima o poi si svolgerà una nuova udienza perché il ministro Carlo Nordio non ha risposto all’istanza della difesa di revocare il carcere più duro.
Siamo ben oltre anche la tortura del 41bis perché si tratta di un accanimento per far pagare a Cospito la battaglia con il digiuno (che ha portato danni neurologici guaribili solo in parte), fatta non solo per sé ma soprattutto per gli altri 750 reclusi murati vivi.
Per giunta, giusto adesso che di Alfredo Cospito non si parla più, tranne un breve accenno dei giornali nella vicenda dell’imputazione coatta per il sottosegretario Andrea Del Mastro, imputato di aver violato il segreto in una indagine nata da un esposto presentato in procura a Roma da Sinistra e Verdi.
Una sorta di regolamento di conti tra i partiti sulla pelle di un anarchico detenuto condannato persino a non potersi ricordare dei volti dei genitori.
Dunque una pena accessoria, come se non bastassero impossibilità di leggere tutto quello che vuole e di scrivere articoli per le riviste dell’area anarchica oltre alle pochissime ore d’aria.