Carcere di Torino, un altro suicidio. Impiccato un detenuto da poco dimesso dalla sezione psichiatrica
Si tratta di Angelo Libero, 44 anni.
Angelo Libero aveva 44 anni ed era un uomo fragile. Ieri si è tolto la vita nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino impiccandosi con un cappio rudimentale legato al letto a castello della sua cella nel padiglione B. Una morte atroce che neppure l’intervento della polizia penitenziaria è riuscito a evitare. Si tratta del secondo suicidio in due settimane fa, dopo quello di Grazia Orlarey, 52 anni, che si era impiccata nella sezione femminile a poche settimane dalla sua scarcerazione.
Due storie molto diverse quelle di Angelo e Graziana, accumunate da un tragico destino. Anche Angelo avrebbe lasciato molto presto la casa circondariale delle Vallette. Doveva scontare una pena di un anno e un mese di reclusione per omicidio stradale e inizialmente aveva ottenuto gli arresti domiciliari. Quel lungo periodo di isolamento, però, ha riportato a galla vecchi fantasmi e antiche fragilità che sembravano sopite. Angelo, che lavorava con il padre in un’azienda di verniciatura, non ha rispettato le prescrizioni dell’autorità giudiziaria e per lui si sono spalancate le porte del carcere. Da febbraio, però, era in attesa di essere collocato in una comunità esterna e, in ogni caso, a ottobre sarebbe tornato a essere libero.
«L’ho incontrato la scorsa settimana e domani sarei andato a trovarlo per comunicargli che finalmente una comunità aveva dato la disponibilità a ospitarlo. Purtroppo non ho fatto in tempo — racconta commosso il suo difensore, l’avvocato Pier Lorenzo Tavella —. Gli operatori lo avrebbero incontrato la prossima settimana per un colloquio e ad agosto, con ogni probabilità, sarebbe uscito. Era una persona che non doveva stare in carcere».
Quelli di Graziana e Angelo sono i primi due sucidi dell’anno che si aggiungono ai 4 del 2022, il numero più alto registrato in una struttura penitenziaria italiana se si esclude il carcere di Foggia.
Numeri che devono indurre a una riflessione, come sottolinea il garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà Bruno Mellano: «Sicuramente quest’ultimo atto disperato e drammatico deve interrogare le istituzioni politiche, a cominciare dalla Regione, in quanto responsabile dell’autorità penitenziaria. Lunedì ci sarà la visita in carcere della commissione Sanità, che arriva al termine di un lavoro iniziato a marzo. E credo sia giunto il momento di tradurre la conoscenza del problema in atti e decisioni politiche. Occorre un incontro fra il presidente Alberto Cirio e l’amministrazione penitenziaria per trovare una soluzione. Che non si trovi una comunità per un detenuto che aspetta da mesi una ricollocazione non è accettabile. Lo dico da anni, ma purtroppo non cambia nulla».